venerdì, Marzo 29, 2024
Uncategorized

Il concorso di persone nel reato commesso in parte all’estero e giurisdizione italiana

Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione: sentenza n. 57018 del 15 ottobre 2018

Nella sentenza Cass. Pen. sez. VI n. 57018/2018 i giudici di legittimità si sono pronunciati sui limiti della giurisdizione italiana in caso di concorso di persone e reato commesso in parte all’estero[2].

L’imputato era ritenuto responsabile del reato di partecipazione ad associazione con finalità terroristiche internazionali di cui all’art. 270 bis c.p., per aver fatto parte del corpo di polizia stradale dell’autoproclamato Stato Islamico (ISIS) e di essersi portato clandestinamente, sul territorio italiano. Predetto reato rientra tra i reati permanenti di pericolo presunto che si protraggono sino alla recisione del vincolo associativo. Nel caso di specie, lo scioglimento del vincolo associativo non era stato dimostrato, essendo ascrivibile all’imputato il delitto di cui all’art. 497 bis c.p. In particolare, egli si era tenuto in contatto con altri soggetti vicini all’ISIS e aveva conservato nella memoria del proprio cellulare un complesso di dati e contenuti digitali, coerentemente e logicamente interpretabili come strumenti per una campagna di proselitismo in favore dell’organizzazione criminale.

Nel rigettare il ricorso, la Corte di Cassazione ha ritenuto sussistente la giurisdizione italiana su reati commessi all’estero, se anche solo un frammento della condotta ad opera di uno qualsiasi dei concorrenti sia realizzato in Italia, seppur in assenza dei requisiti di idoneità ed inequivocità necessari per il tentativo, purché risulti apprezzabile in modo tale da collegare la parte della condotta realizzata in Italia a quella realizzata in territorio estero.

I giudici di legittimità hanno ricordato numerosi precedenti conformi, tra i quali la sentenza n. 40287 del 28/10/2008, che ha ritenuto commesso in parte in Italia il reato di partecipazione al reato associativo contestato ad alcuni correi che dall’Italia avevano mantenuto contatti telefonici con l’organizzazione criminosa la cui struttura e operatività erano radicate all’estero.

L’ambito di validità spaziale della legge penale: dottrina e giurisprudenza a confronto

L’ordinamento italiano ha accolto il principio di territorialità della legge penale nazionale, in virtù del quale chiunque commetta un reato sul territorio italiano è punito secondo la legge italiana[3].

Il legislatore del ’30 intese estendere l’applicabilità della legge italiana e della giurisdizione italiana, espressione della sovranità nazionale, ispirandosi al criterio dell’ubiquità, secondo il quale il reato si considera commesso nel territorio italiano quando l’azione o l’omissione vi si è prodotta in tutto o in parte, o quando vi si è verificato l’evento conseguenza dell’azione o dell’omissione[4].  In particolare, il principio dell’ubiquità è contenuto nel secondo comma dell’art. 6, espressione dell’interesse dello Stato a reprimere ogni condotta che ricade nell’area su cui insiste la sovranità nazionale[5].

Il criterio del locus commissioni delicti è stato in passato oggetto di dibattito dottrinale. Alcuni autori ne hanno dato un’interpretazione restrittiva, invocando l’applicablità dei requisiti di cui all’art. 56 c.p., in quanto il dettato dell’art. 10 Cost. prevede limitazioni necessarie alla sovranità al fine di assicurare la pace e la giustizia fra le Nazioni[6].

Altri autori osservano che la relazione ministeriale al progetto del codice penale assume una concezione ampia di azione penalmente rilevante. Perché sia applicabile la legge italiana, sarebbe quindi sufficiente che sia stata posta in essere una qualsiasi attività di partecipazione, quale l’istigazione o l’accordo, di un qualsiasi concorrente. In questo caso, anche qualora il reato venga eseguito in un altro Stato, esso è reputato commesso nel territorio italiano, il che determina la punibilità di tutti i concorrenti in Italia[7]. La nozione di reato commesso in Italia ricomprende dunque sia i casi in cui l’azione è iniziata all’estero e proseguita in Italia (o viceversa), sia quando un qualsiasi atto partecipativo è commesso in Italia, mentre il reato si è interamente consumato in un altro Stato[8].

Nonostante i predetti contrasti in dottrina, la pronuncia in esame mostra come la giurisprudenza abbia da tempo adottato l’interpretazione ampia dell’art. 6 c.p.

La norma non fa infatti riferimento alcuno al requisiti del tentativo, rispetto a cui emerge una differenza rilevante: nel caso di tentativo si opera un giudizio ipotetico ex ante, mentre per la fattispecie di reato interamente consumato deve essere posto in essere un giudizio ex post[9].

Come osserva la dottrina, la pronuncia in oggetto si inserisce nella consolidata giurisprudenza relativa all’art. 6 c.p.[10], secondo cui, come anticipato, la giurisdizione italiana sussiste anche qualora la frazione di condotta realizzata sul territorio nazionale non presenti i requisiti di idoneità e di univocità della fattispecie tentata. E’ però importante notare che la sentenza in esame sottolinea la necessità di effettuare una valutazione a posteriori per verificare la rilevanza della condotta rispetto al reato considerato nel suo complesso.

La questione dell’estensione della giurisdizione italiana è poi particolarmente interessante, se analizzata rispetto ad alcuni tipi di reato, le cui peculiarità potrebbero far sorgere dubbi circa l’applicabilità dell’art. 6 secondo comma c.p.

Si è per esempio osservato che nel caso di reato abituale rileva la realizzazione in Italia di una parte della condotta o il primo degli atti tipici[11].

Inoltre, rispetto al reato omissivo, è necessario che la condotta doverosa omessa debba compiersi in Italia o che in Italia si sia realizzato l’evento non impedito[12].

Infine, è opportuno accennare alle tematiche relative all’interazione tra il principio di ubiquità e la cooperazione giudiziaria e di polizia in ambito comunitario.

In relazione alla cooperazione giudiziaria, la decisione quadro 2009/948/GAI sui conflitti di giurisdizione in materia penale[13] prevede uno scambio obbligatorio di informazioni[14], senza però dettare criteri vincolanti di risoluzione dei conflitti.

Infine, nella pronuncia in esame, i giudici ricordano che questioni inerenti alla determinazione della giurisdizione italiana sono state esaminate in relazione al mandato d’arresto europeo, rispetto a cui è previsto uno specifico motivo di rifiuto della consegna in caso di reati che la legge italiana considera commessi in tutto o in parte nel suo territorio, o in luogo assimilato al suo territorio[15].

 

Fonte dell’immagine: http://www.masterlex.it/diritto-penale/il-reato-transnazionale/

[2] Cass. sez. VI n. 57018/2018, disponibile al link http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snpen&id=./20181218/snpen@s50@a2018@n57018@tS.clean.pdf .

[3] Artt. 3 e 6 comma 1 cp.

[4] Giovanni Fiandaca, Enzo Musco, Diritto penale parte generale, Zanichelli, Bologna, 2016, p. 131.

[5] Roberto Garofoli, Manuale di diritto penale, Giuffré Editore, Milano, 2003, p. 150.

[6] Roberto Garofoli, op. cit., p. 167.

[7] Roberto Garofoli, op. cit., p. 166-7.

[8] Giovanni Fiandaca, Enzo Musco, op. cit., p. 132.

[9] Giovanni Fiandaca, Enzo Musco, op. cit., p. 132.

[10] Roberto Cappitelli, Locus commissioni delicti e giurisdizione dello Stato italiano, in Cassazione Penale, n.7/2019, p. 2453.

[11] Roberto Garofoli, op. cit., p. 168.

[12] Roberto Garofoli, op. cit., p. 168.

[13] Roberto Cappitelli, cit., p. 2460.

[14] Artt. 5, 6 e 8 decisone quadro n. 2009/948/GAI.

[15] Art. 18, comma 1, lett. p), legge 22/4/2005, n. 69.

Lascia un commento