giovedì, Aprile 25, 2024
Criminal & Compliance

Il consenso dell’avente diritto e un caso di giurisprudenza

Il consenso dell’avente diritto ex art. 50 c.p. viene ricompreso tra le cause di giustificazione comuni, tale locuzione viene utilizzata per indicare quelle situazioni particolari in presenza delle quali un fatto, che dovrebbe essere considerato reato, non acquista tale carattere perché la legge lo impone o lo consente.

Un piccolo inciso è di rilevante importanza giusto per chiarire quella che è la differenziazione tra cause di giustificazione, cause di esclusione della colpevolezza e cause di esclusione della punibilità.Per quel che concerne le prime, dette anche scriminanti si può dire che queste operano oggettivamente rendendo lecito un fatto di reato, ponendo come loro fondamento un bilanciamento di interessi; per quanto attiene alle cause di esclusione della colpevolezza si può asserire che incidono sul piano soggettivo rendendo non colpevole un fatto tipico e antigiuridico basandosi sull’inesigibilità della condotta lecita in situazioni anormali tali a impedire all’agente di osservare quanto la legge penale dispone; infine per quel che riguarda le cause di non punibilità permettono, anche se esterne al reato, di non applicare la sanzione penale ad un fatto che è tipico, antigiuridico e colpevole per ragioni di politica-criminale.

L’art. 50 c.p. prevede appunto il consenso dell’avente diritto che permette di non punire chi lede o mette un altrui diritto in pericolo sussistendo il consenso della “vittima”. Il fondamento del consenso risiede certamente nell’assenza di interesse, da parte dell’ordinamento, nel tutelare un bene per il quale il legittimario non ha interesse, tanto da esprimerne il consenso per la sua lesione.

Dibattuta però era la natura di tale istituto giuridico, la dottrina prevalente a riguardo ha asserito che il consenso dell’avente diretto potrà qualificarsi semplicemente come un mero atto giuridico che comporta un’unica conseguenza: quella di poter agire senza creare rapporti corrispettivi di diritto o obblighi ma solamente l’esclusione della illiceità della condotta posta in essere dal soggetto agente per il venir meno dell’interesse.

Il consenso dell’avente diritto dovrà essere prestato non solo per la condotta del soggetto agente ma anche per l’evento che sarà alla condotta appunto legato da un nesso causale. Questo non può però essere desunto da qualsiasi tipo di atteggiamento, per potersi considerare validamente prestato, e quindi avere efficacia di scriminante, deve avere alcuni caratteri: una espressa manifestazione di volontà sia in forma scritta che in forma verbale, con un comportamento concludente e non equivoco; deve inoltre essere attuale cioè sussistere prima che la condotta venga posta in essere; deve essere libero, quindi il consenziente non dovrà trovarsi in circostanze di costrizione in modo da disporre validamente del proprio diritto; informato ciò ad esempio in relazione a quella attività mediche o scientifiche di cui il legittimato non ha particolari conoscenze ed infine dovrà essere specifico, ossia manifestato puntualmente non in maniera vaga. La l. 91/1999 ammette un consento presunto per prelievo di organi da cadavere, sempre che siano cessate tutte le attività encefaliche e con consenso dei familiari della vittima (il consenso dell’avente diritto, che ormai è deceduto però, si ritiene presunto).

Ciò che nel tempo è stato oggetto di dibattito è stata sicuramente la questione relativa alla sua o meno revocabilità. Revocare il consenso vuol dire che si permette al soggetto legittimato di svincolarsi dall’obbligo che questo aveva assunto in relazione alla condotta offensiva dell’agente. La giurisprudenza di legittimità aveva ritenuto che la revoca del consenso fosse possibile fino a quando la stessa condotta lesiva iniziata, avesse posto in essere la lesione prefiguratasi o fino a quando la condotta non potesse essere arrestata utilmente.

Il caso che si intende trattare è particolare e riguarda il consenso di una prostituta alla sottoposizione a giochi erotici pericolosi. In una nota sentenza del 2015, a seguito della morte di una donna sottopostasi a giochi erotici con un cliente, la Corte oltre ad analizzare ed a qualificare la condotta del reo sotto il profilo di omicidio preterintenzionale o come omicidio volontario ha tenuto a precisare in quella circostanza un elemento che era alla base della condotta dell’agente stesso e cioè il consenso della prostituta. Premesso che il consenso si considera validamente prestato unicamente quando ha i caratteri di cui sopra e soprattutto quando sia dato in relazione ad un diritto disponibile, si può quindi dire che la vita certamente non rappresenti un diritto disponibile ossia un diritto del quale la vittima, o semplicemente un individuo può disporne il diritto alla vita viene infatti considerato come un diritto assolutamente indisponibile (tanto è vero che il codice penale punisce anche l’omicidio del consenziente ex art. 579 o l’istigazione al suicidio ex art. 580 c.p.).

Per ciò che concerne il nostro corpo, se sono ammessi atti di disposizione che non importano una diminutio alla propria integrità fisica (es. donazione di sangue), il consenso viene ritenuto causa di giustificazione e potrà essere manifestato liberamente; in casi diversi dove gli atti di disposizione del proprio corpo andrebbero a ledere l’integrità fisica dell’individuo (e della collettività), il consenso non si riterrebbe validamente prestato per cui l’attività posta in essere costituirebbe reato.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello dopo l’impugnazione della sentenza di I° grado, condanna l’imputato per omicidio colposo riconoscendo si,  la presenza del consenso dell’avente diritto ma evidenziando al contempo il superamento dei limiti da parte del soggetto reo con negligenza, imprudenza ed imperizia e condannandolo ex art. 509 c.p. omicidio colposo. Il procuratore generale però, non essendo soddisfatto della sentenza di II grado la impugna ponendo in luce una importante considerazione sulla validità del consenso e cioè: se il consenso dato dalla prostituta è valido dall’inizio, questo deve perdurare per tutta la durata del gioco erotico o è sufficiente sia presente all’inizio dell’attività? Secondo la giurisprudenza di legittimità il consenso validamente prestato all’inizio dell’atto deve perdurare ed è prevedibile certamente che la prostituta non abbia dato consenso alla sua morte, quindi quel consenso così dato  non si ritiene più valido.

In conformità ai principi tutelanti l’integrità fisica, si deve presumere che  i giochi sadomaso non debbano arrivare a toccare l’integrità fisica ma unicamente la libertà sessuale degli individui; c’è alla base un accordo tra reo e vittima stipulato con il consenso a prestazioni erotiche in tal senso ma qualora queste portassero a lesioni del proprio corpo, allora l’accordo non avrebbe più validità perché il consenso su un diritto inviolabile, quale l’integrità fisica e la vita, non potrà essere prestato in quando turpe è la causa in conformità all’art. 5 c.c. La dottrina facente capo ad Antolisei sostiene che c’è causa turpe, contro il buon costume nel fatto sadomaso, la Corte afferma che il consenso deve essere presente durante tutto lo sviluppo della condotta ciò vale anche per le lesioni quando non portino una diminuzione dell’integrità fisica permanente. La Cassazione sposando la teoria di Antolisei, sostiene la validità del consenso prestato inizialmente ma al contempo il suo venir meno quando l’integrità della vittima viene lesa in conformità all’art. 5 c.c.; ciò anche alla luce di quanto ritiene la giurisprudenza la quale asserisce che il consenso, una volta prestato, è revocabile in quanto va a scriminare una determinata azione ma deve necessariamente perdurare per tutto il tempo per cui il diritto viene leso;  un esempio in tal senso è certamente la violazione di domicilio, ove un soggetto consente ad altro di entrare nella propria abitazione e poi decide successivamente di non volerlo più, colui che rifiuti di allontanarsi compie un reato, quale quello di violazione di domicilio, in quanto il consenso inizialmente e validamente prestato è stato revocato nel corso della permanenza dall’avente diritto.

Si può concludere sostenendo che il consenso dell’avente diritto a volte è considerato causa di giustificazione ed altre volte è parte integrante della norma stessa; esempio emblematico è l’Art. 609-bis c.p.. Il dissenso classificato come violenza sessuale in questo caso è parte integrante della fattispecie, questo reato però non si riterrà compiuto qualora vi fosse il consenso della vittima che tale poi non si rivelerebbe mancando il dissenso ed essendovi al contrario consenso. Il soggetto verrebbe quindi assolto perché il fatto non sussiste, la condotta non si conforma appunto alla fattispecie incriminatrice.

 

Valeria D'Alessio

Valeria D'Alessio è nata a Sorrento nel 1993. Sin da bambina, ha sognato di intraprendere la carriera forense e ha speso e spende tutt'oggi il suo tempo per coronare il suo sogno. Nel 2012 ha conseguito il diploma al liceo classico statale Publio Virgilio Marone di Meta di Sorrento. Quando non è intenta allo studio dedica il suo tempo ad attività sportive, al lavoro in un'agenzia di incoming tour francese e in viaggi alla scoperta del nostro pianeta. È molto appassionata alla diversità dei popoli, alle differenti culture e stili di vita che li caratterizzano e alla straordinaria bellezza dell'arte. Con il tempo ha imparato discretamente l'inglese e si dedica tutt'oggi allo studio del francese e dello spagnolo. Nel 2017 si è laureata alla facoltà di Giurisprudenza della Federico II di Napoli, e, per l'interesse dimostrato verso la materia del diritto penale, è stata tesista del professor Vincenzo Maiello. Si è occupeta nel corso dell'anno di elaborare una tesi in merito alle funzioni della pena in generale ed in particolar modo dell'escuzione penale differenziata con occhio critico rispetto alla materia dell'ergastolo ostativo. Nel giugno del 2019 si è specializzata presso la SSPL Guglielmo Marconi di Roma, dopo aver svolto la pratica forense - come praticante avvocato abilitato - presso due noti studi legali della penisola Sorrentina al fine di approfondire le sue conoscenze relative al diritto civile ed al diritto amministrativo, si è abilitata all'esercizio della professione Forense nell'Ottobre del 2020. Crede fortemente nel funzionamento della giustizia e nell'evoluzione positiva del diritto in ogni sua forma.

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