Il contratto di transazione
Definire una lite con modalità alternative al canonico ricorso agli organi giurisdizionali statali è di fondamentale importanza per quei soggetti che necessitano di certezza e definizione della loro sfera giuridica. E non stupisce che, per garantire tale possibilità, l’organo legislativo negli ultimi lustri abbia arricchito il panorama della giurisdizione alternativa con istituti più o meno utilizzati. Tuttavia la transazione è un istituto longevo, in quanto introdotto con il codice civile del 1942.
L’ubicazione di questo istituto all’interno del codice civile, più specificamente nel terzo titolo (“dei singoli contratti”) del quarto libro, ci permette di comprendere facilmente che in realtà si tratta di un vero e proprio contratto, a prestazioni corrispettive ed a titolo oneroso (sul punto, parte della dottrina ha tentato di qualificarlo come contratto a titolo gratuito, ma il sacrificio economico sofferto dalle parti che rinunciano a determinati diritti fa protendere per l’onerosità).
Qual è allora il legame tra la transazione e la composizione della lite ?
L’oggetto del contratto di transazione rappresenta il punto di congiunzione, in quanto è la lite l’oggetto. Tuttavia sul punto la giurisprudenza non concorda, ritenendo che “oggetto della transazione non è la lite in atto o che può sorgere – in quanto la lite ne è solo il presupposto ed in quanto ad essa non possono riferirsi i requisiti di cui all’art. 1346 c.c. – ma è la situazione giuridica controversa, cioè la cosa o il comportamento su cui vertono la pretesa e la contestazione delle parti con la precisazione che, poiché la transazione non importa una volizione retrospettiva, come invece nel contratto di accertamento, esso va considerato essenzialmente sul piano della situazione che alla transazione medesima consegue” [1]. Invece, secondo altri autori, la transazione non ha ad oggetto né la lite né il rapporto. Alla lite non può certo riferirsi l’articolo 1346 quando richiede che l’oggetto del contratto debba avere determinati requisiti, e d’altro canto la tesi che ravvisa l’oggetto nel rapporto fa acqua lì dove non considera che la transazione può incidere su rapporti giuridici diversi da quello controverso. Inoltre, se oggetto della transazione fosse il rapporto preesistente ne dovrebbe discendere la nullità del contratto qualora tale rapporto fosse nullo o inesistente, cosa che invece non avviene.
La transazione è inoltre caratterizzata, come detto prima, dalla reciprocità delle concessioni: le parti devono rinunciare a qualcosa delle loro reciproche pretese (anche se ciò non comporti realmente una modificazione oggettiva della situazione preesistente). Ed è questo che differenzia particolarmente la transazione da altri negozi, come quello di accertamento negozio. Come migliore dottrina ha affermato quindi, è proprio la reciprocità delle concessioni che caratterizza il contratto di transazione [2]. Sul punto, una norma chiave del contratto di transazione è il dettato del comma secondo dell’articolo 1966, che definisce la possibilità di creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti con le reciproche concessioni.
La disciplina della transazione è ben tinteggiata dal codice, il quale prevede varie ipotesi di annullabilità (1973 cc – annullabilità per falsità di documenti; 1974 cc – annullabilità per cosa giudicata; 1975 cc – annullabilità per scoperta di documenti). E’ suscettibile di annullamento la transazione conclusa per effetto di violenza o dolo nei confronti dell’altro contraente. Qualora il contratto venga stipulato da una delle parti in seguito ad un errore di diritto, invece, si applica la norma di cui all’art. 1969 cc secondo la quale “la transazione non può essere annullata per errore di diritto relativo alle questioni che sono state oggetto di controversia tra le parti“.
A norma dell’articolo 1966 cc, per transigere le parti devono avere la capacità di disporre dei diritti che formano oggetto della lite; ma ancor più rilevante è la disposizione del secondo comma, il quale stabilisce la nullità delle transazioni che vertono su diritti indisponibili, ricalcando l’impossibilità di negoziare su diritti tolti dalla disponibilità delle parti.
La forma della transazione deve essere scritta ad probationem, salve le transazioni di cui all’articolo 1350 n.1-11, ove si necessita atto pubblico o scrittura privata a pena di nullità. Per ultimo, dal disposto dell’art. 2684 n. 4, per il quale “le transazioni che hanno per oggetto controversie sui diritti indicati dai numeri precedenti” (diritti reali immobiliari), si evince che le transazioni aventi oggetto tali diritti devono essere redatte in forma scritta con atto pubblico o scrittura privata autenticata.
[1]. Cassazione numero 5139/2003
[2]. Sul punto, Santoro Passarelli
Laureato con lode in Giurisprudenza all’Università Federico II di Napoli con una tesi in diritto processuale civile.
Scrivo per Ius In Itinere dal 2016 e sono Responsabile dell’area “Contenzioso”.
Nella vita privata mi dedico essenzialmente allo studio, amo giocare a tennis e seguo il Milan, mia grande passione da quando sono bambino. Il più grande amore della mia vita è Lapo, un meticcio di pastore tedesco.