venerdì, Aprile 19, 2024
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Il contratto preliminare ad effetti anticipati ed il suo difficile inquadramento giuridico

Sul contratto preliminare in generale

Il contratto preliminare è il contratto ad effetti obbligatori con il quale le parti, reciprocamente, si obbligano alla futura stipulazione  di un susseguente contratto, detto definitivo.

All’interno del nostro codice non è presente una disciplina organica di tale istituto, ma esistono disposizione che ne regolano solamente alcuni aspetti:

–    L’art. 1351 c.c. stabilisce che il contratto preliminare deve essere fatto nella stessa forma del definitivo, pena la nullità del primo (c.d. forma per relationem);

–    L’ art. 2932 c.c. prevede il rimedio dell’esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento dell’obbligo di contrarre scaturente dal preliminare;

–    Gli artt. 2645-bis, 2652, 2775-bis e 2825-bis ne disciplinano gli aspetti pubblicitari.

La lacuna disciplinare ha portato ad una elaborazione perlopiù dottrinale delle caratteristiche strutturali e peculiari del contratto preliminare.

C’è da dire, invero, che l’ammissibilità teorica di tale istituto non ha mai incontrato particolari ostacoli, potendo di certo inquadrare l’assunzione di un obbligo futuro a contrarre nel pieno e libero esercizio dell’autonomia negoziale, esplicabile attraverso la stipulazione di un contratto (art. 1322 c.c.).

Il preliminare, come già asserito, è un contratto ad effetti obbligatori. Esso risulta strumentale rispetto al raggiungimento dei fini perseguiti dalle parti attraverso l’operazione contrattuale globale, culminante nella stipula del definitivo; strumentalità testimoniata dal fatto che il contratto preliminare, oltre all’obbligo di contrarre, impone prestazioni prodromicheall’effettiva e corretta esecuzione del contratto definitivo, quali atti preparatori, conservativi e custodiali[I]. Ciò significa che gli effetti traslativi si produrranno solamente con la stipulazione del definitivo, con il conseguente trasferimento del diritto. Il tipo di effetti prodotti è, per una parte autorevole della dottrina[II], il principale fattore discriminante nella summa divisio tra preliminare e definitivo. Si sono susseguite nel tempo, tuttavia, anche posizioni dottrinali opposte[III], che negano una differenziazione in ordine agli effetti prodotti e che, ex adverso, accordano la produzione di effetti reali già al contratto preliminare, con la possibilità per quest’ultimo di essere fonte di attribuzioni patrimoniali.

I contratti preliminari sono utilizzati di frequente nell’ambito della compravendita di immobili: le parti stipulano un accordo con il quale sorge l’impegno all’alienazione futura del bene. L’atto sarà appunto preliminare e propedeutico alla conclusione del contratto definitivo, che costituirà titolo per il passaggio della proprietà, essendo quest’ultimo produttivo dell’effetto reale.

Il contratto preliminare ad effetti anticipati: un difficile inquadramento giuridico della fattispecie

 Nell’ambito del mercato immobiliare, per esigenze di speditezza e praticità nel traffico economico dei beni immobili, si è intensificato l’utilizzo di figure contrattuali formalmente riconducibili al contratto preliminare di compravendita, ma che presentano degli aspetti peculiari in grado di differenziarle  da questo nella sostanza.

In particolare, sovente, le parti stipulano un contratto preliminare ad effetti anticipati[IV], cioè un preliminare avente ad oggetto, in aggiunta alla conclusione futura del contratto definitivo, l’anticipata esecuzione delle prestazioni finali; ciononostante l’effetto traslativo si produrrà solo con la stipula del definitivo. Per esemplificare: Tizio (promissario acquirente) promette a Caio (promittente alienante) di acquistare un immobile di cui il secondo è proprietario e versa, in virtù di tale promessa, una parte del prezzo del bene; Caio consegna le chiavi a Tizio, con riserva di stipulare il contratto definitivo in un secondo momento.

L’inquadramento giuridico di questo particolare tipo di contratto preliminare è stato molto dibattuto in dottrina e molteplici sono stati anche gli orientamenti giurisprudenziali che si sono susseguiti nel tempo.

In un primo momento la Cassazione aveva inteso il preliminare ad effetti anticipati come contratto complesso o misto[V]. Tale posizione della Suprema Corte aveva dato vita a diverse correnti dottrinali, non sempre concordi sull’esatto inquadramento sistemico della fattispecie. Per alcuni, l’anticipazione degli effetti avrebbe svuotato il preliminare del suo carattere tipico rendendolo un contratto atipico ad effetti parzialmente definitivi e parzialmente futuri[VI]; altri avevano sostenuto la possibilità dell’equiparazione ad un negozio complesso a formazione progressiva, in cui la consegna sarebbe stata solamente un atto innestato in una sequenza procedimentale finalizzata all’effetto traslativo, prodotto con il rogito della compravendita finale[VII]. Successivamente, gli Ermellini hanno orientato l’indagine ermeneutica sulla posizione assunta nella dinamica contrattuale dal promissario acquirente, qualificandolo a volte come possessore, altre come detentore del bene[VIII]. Questi tasselli interpretativi sono confluiti in una innovativa sentenza delle Sezioni Unite del 2008[IX]che ha dato un fortissimo contributo alla composizione delle dissonanze giurisprudenziali, tracciando le linee essenziali dell’istituto.

 

La posizione del promissario acquirente

 Nella sentenza de quosi legge:“[N]ella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilità conseguita dal promissario acquirente si fonda sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori. Pertanto, la relazione con la cosa, da parte del promissorio acquirente, è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso utile “ad usucapionem” salvo la dimostrazione di un’intervenuta ‘interversio possessionis’ nei modi previsti dall’art. 1141 cod.civ.”

Secondo tale impostazione, il contratto preliminare con effetti anticipati sarebbe la risultante tra più schemi tipici tenuti insieme da un collegamento negoziale. Nello specifico, al contratto preliminare vero e proprio farebbero lega, in un rapporto accessorio, due contratti tipici: il comodato (relativo alla consegna della cosa) e il mutuo gratuito (in ordine al pagamento anticipato del prezzo).

Ragionando in tal guisa, la Cassazione ha qualificato il promissario acquirente come mero detentore del bene, escludendo dunque la possibilità di acquisto della proprietà per usucapione, non potendo ricondurre l’immissione nella disponibilità del bene ad una situazione di possesso utile.

Con tale sentenza le S.U. hanno cercato di risolvere in via interpretativa l’annosa questione riguardante la qualificazione giuridica della posizione del promissario acquirente, chiarimento resosi necessario al fine di scongiurare problemi sistemici scaturenti da eventuali situazioni di disponibilità ininterrotta e pacifica per il tempo necessario al prodursi dell’usucapione (nei casi, in sostanza, di mancata stipulazione del definitivo).

La dottrina opposta alla posizione della Cassazione ragionava in questi termini: qualora tra le parti  intercorra un accordo avente ad oggetto l’immissione in godimento di un immobile, ai fini della qualificazione di tale situazione come possesso utile ad usucapionemo mera detenzione, è necessario avere riguardo dell’elemento psicologico assunto dal soggetto ricevente. Se sussiste, quindi, un animus possidendi ci si troverà in una situazione di possesso da cui può derivare l’acquisto della proprietà a mezzo usucapione. Se invece può riscontrarsi solo  un animus detinendi,  l’accordo non sarà produttivo di effetti reali e l’usucapione è esclusa.

La giurisprudenza della Suprema Corte, sebbene concorde con tale impostazione di principio, riconducendo il preliminare ad effetti anticipati ad uno schema contrattuale nel quale accedono al preliminare puro un contratto tipico di comodato e un contratto di mutuo gratuito, ha qualificato il promissario acquirente come mero detentore, essendo egli pienamente consapevole della altruità della cosa e della produzione differita dell’effetto traslativo. In altri termini, le S.U. hanno ricondotto l’atteggiamento psicologico assunto dall’acquirente ad un animus detinendi.

 

 La possibile equiparazione alla vendita con riserva di proprietà

 L’art 1523 c.c. disciplina il particolare istituto della vendita con riserva di proprietà. Di seguito il testo:

 Passaggio della proprietà e dei rischi

Nella vendita a rate con riserva della proprietà, il compratore acquista la proprietà della cosa col pagamento dell’ultima rata di prezzo, ma assume i rischi dal momento della consegna.

 In questa particolare forma contrattuale la vendita, e dunque il passaggio della proprietà del bene, è condizionata al pagamento dell’ultima rata del prezzo. La materiale disponibilità e il godimento del bene sono appannaggio dell’acquirente, il quale ne diverrà effettivo proprietario in un momento futuro, ossia alla corresponsione in totodel prezzo pattuito.

E’ facile notare una forte affinità strutturale e funzionale tra questo schema contrattuale e il preliminare di vendita ad effetti anticipati.

In dottrina è diffusa la tesi che vede nella vendita con riserva di proprietà una vendita obbligatoria, cioè avente effetti finali differiti. Inteso in questo modo, tale tipo di contratto risulta essere una compravendita a tutti gli effetti: le parti raggiungono il consenso in merito al trasferimento della proprietà del bene verso il corrispettivo di un prezzo (1470 c.c.); l’efficacia reale è semplicemente differita ma è attuale la volontà delle parti in ordine alla natura definitiva del negozio.

La vendita con riserva di proprietà non è, insomma, un vero e proprio contratto preliminare ma presenta le caratteristiche di un contratto definitivo ad effetti differiti.

In definitiva, una sovrapposizione totale della vendita con riserva al preliminare con effetti anticipati non è attuabile. L’elemento differenziale principale consiste nella reale volontà dei contraenti (intenzione di concludere un contratto che anticipa effetti definitivi, per il preliminare; determinazione alla stipula di un contratto definitivo posticipando l’effetto traslativo, nella riserva di proprietà).

La Cassazione, però, ha contribuito, in una sentenza abbastanza recente, a mettere in luce uno degli elementi in comune alle due fattispecie, statuendo che in entrambi i casi i soggetti immessi nel godimento della res(acquirente semplice o promissario acquirente) non assumono la posizione giuridica di possessori; non sarà quindi possibile per questi l’acquisto della proprietà per usucapione, salvo interversio possessionis[X].

 

[1]Cfr. C. Bianca, Diritto civile [Parte 3, Il contratto], Giuffrè editore, Milano 2000, in nota pp. 182-183

[2]C. Bianca, op. cit, pp. 185-186

[3]S. Satta, L’esecuzione forzata, Editrice torinese, Torino 1952, p.254

[4]La denominazione “contratto preliminare con effetti anticipati” fu coniata dalla Cassazione, v. Cass., sentenza n. 2681, 10 luglio 1929

[5]Per una approfondita disamina dell’evoluzione giurisprudenziale sull’istituto v. F.Bertelli, Concorso per notaio: prova tecnico-pratica, in «Studium Iuris», 7/8 (2017), p. 858

[6]A. Lener,  Contratto “preliminare”, esecuzione anticipata del “definitivo” e rapporto intermedio, in «Foro it.», 1 (1977), p. 669

[7]Cfr. R. De Matteis, La contrattazione del preliminare ad effetti anticipati, promesse di vendita, preliminari per persona da nominare e in favore di terzo, CEDAM, Padova 1991, pp. 51-52

[8]Cass., sentenza n. 3250, 1° dicembre 1962; Cass., sentenza n.3058, 7 maggio 1986

[9]Cass. Civ., sez. un., sentenza n.7930, 27 marzo 2008

[10]Cass.,sentenza n. 4863, 1° marzo 2010

 

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