giovedì, Marzo 28, 2024
Fashion Law Influencer Marketing

Il copyright e le Instagram stories della top model Emily Ratajkowski

La vita privata di una celebrity può considerarsi davvero privata? Andare a fare la spesa al supermercato, uscire a cena con gli amici: scene di vita quotidiana fotografate da paparazzi che diventano molto spesso copertine di tabloids e articoli di gossip. Tali fotografie vengono scattate senza il consenso del personaggio famoso che viene ritratto nello scatto, eppure i paparazzi ricavano dei profitti da tale attività.

Ma cosa succede se una celebrity decide di pubblicare una foto che la ritrae sui propri profili social senza il consenso del paparazzo, nonché autore della foto in questione? Può essere riconosciuto il copyright e le relative facoltà al paparazzo che ha scattato la foto? E il personaggio famoso in che limiti può disporre della propria immagine e della propria riservatezza?

Temi di tal genere sono emersi in numerose vicende giuridiche che hanno interessato diversi personaggi famosi: dalla modella Gigi Hadid alla pop star Ariana Grande.[1] Di recente, anche la supermodella Emily Ratajkowski è divenuta protagonista di un contenzioso nell’ambito del quale emerge la necessità di riflettere sull’istituto del copyright sui social media e il diritto all’immagine delle celebrities.

  1. Il caso di specie

Emily Ratajkowski non è solo una top model famosa per aver sfilato per noti brand del lusso come Versace e Marc Jacobs ma è anche una vera e propria influencer con più di 27 milioni di follower su Instagram.

Nell’ottobre del 2019 viene intentata contro di lei una causa da parte del fotografo Robert O’Neil, il quale, a seguito della pubblicazione di una sua foto sulle stories Instagram della modella, ha lamentato la violazione del copyright sullo scatto in questione per essere stato diffuso senza la sua preventiva autorizzazione.[2]

Lo scatto oggetto della controversia ritrae la Ratajkowski mentre cammina per strada coprendosi il volto con un mazzo di fiori: più precisamente, nelle Instagram stories della modella lo scatto viene accompagnato dalla didascalia “Mood Forever”. Tale espressione, insieme alla circostanza per cui il volto della modella è coperto da un mazzo di fiori, starebbe ad indicare il comportamento quasi persecutorio del fotografo, il quale si apposta quasi quotidianamente sotto casa della Ratajkowski nella speranza di poter scattare delle sue foto per poi venderle a giornali e media online.

Il fotografo Robert O’Neil, essendo di fatto “autore” dello scatto controverso, ha ritenuto violati i propri diritti esclusivi in quanto titolare del copyright, tra cui quello di pubblicare o autorizzare altri a diffondere la fotografia.

La difesa dell’avvocato della top model statunitense si fonda su un duplice ordine di argomentazioni: a) la foto non avrebbe i requisiti di base necessari per essere protetta dal copyright; e b) seppure fosse riconosciuto il copyright in capo al fotografo O’Neil, l’uso compiuto della modella sul proprio profilo Instagram sarebbe un uso consentito secondo la dottrina del “fair use”.

Rispetto al profilo sub a), la foto in questione sarebbe priva del carattere di originalità e quindi non sarebbe proteggibile dalla legge sul diritto d’autore. Più precisamente, la difesa della modella sostiene che la foto scattata da Robert O’Neil non possiede alcuna “scintilla di creatività necessaria per ottenere la protezione del copyright” [“spark of creativity required to qualify for copyright protection”]. Inoltre, il fotografo avrebbe “semplicemente scattato la foto quando e dove gli è capitato di incontrare la signora Ratajkowski, piuttosto che scegliere il momento, il luogo o la fotografia in base alla propria visione creativa” [O’Neil “merely took the photo when and where he happened to allegedly inadvertently cross paths with Ms. Ratajkowski, rather than choosing the timing or location or the photograph based on any sort of creative vision”].

In aggiunta, il fotografo al momento dello scatto non aveva alcun tipo di controllo su alcuni elementi fondamentali che rendono originale una fotografia e allo stempo tempo espressione della visione creativa del fotografo, come “i vestiti, l’espressione, la posa, il trucco, lo sfondo, la posizione in strada e quello che la modella teneva in mano” [“clothes, expression, pose, makeup, posture, position on the street, what she was holding, or who else was in the photo”].

A tal proposito pare opportuno richiamare sinteticamente i requisiti previsti dalla normativa italiana per la proteggibilità delle fotografie[3] con il diritto d’autore e la loro interpretazione giurisprudenziale.

Si ricorda in tale sede che la legge sul diritto d’autore (L. 633/41, di seguito “L.A.”) prevede una tutela differenziata delle fotografie, in relazione al loro valore artistico ed al contenuto di originalità e creatività. Le fotografie che risultano dotate di tali requisiti godono della piena protezione della privativa ricompresa nel diritto d’autore. In particolare, a seconda del gradiente di creatività le fotografie possono essere semplici e, quindi, protette con i diritti connessi[4]oppure possono configurarsi come vere e proprie opera fotografica protetta come “opere dell’ingegno”. Se le foto ritraggono, invece, “scritti, documenti, carte di affari, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili” sono escluse anche dalla più limitata tutela dei diritti connessi che consente all’autore della foto il diritto esclusivo di utilizzazione economica.[5]

Tuttavia, rispetto al concetto di originalità delle fotografie che giustifica la concessione del diritto d’autore non vi è una definizione generale e omogenea sia in dottrina che in giurisprudenza.

In generale, pare potersi affermare che la giurisprudenza ha essenzialmente fatto coincidere il requisito di originalità e creatività con la presenza di un apporto personale del fotografo, il quale abbia svolto un’attività ricreativa e individualizzante di un avvenimento, di un luogo o di un oggetto.

L’apporto creativo si concretizzerebbe, ad esempio, sempre ad avviso della giurisprudenza, quando il fotografo è riuscito a conferire “una particolare suggestione” al luogo rappresentato grazie ad “un uso sapiente delle luci”, tale da rivelare “un rilevante contributo artistico nell’uso, originale e di effetto, del rapporto tra luci ed ombre”. [6]

Ritornando al contenzioso che ha coinvolto la modella Emily Ratajkowski, ad avviso della sua difesa sarebbe proprio tale apporto personale del fotografo a non essere ravvisabile nello scatto in questione in ragione della mancanza di un’influenza di qualsivoglia genere del fotografo sulla realtà fotografata.

A tal punto, occorre chiedersi le foto scattate dai paparazzi sono idonee ad accedere alla tutela prevista dal diritto d’autore, dal momento che nella maggior numero dei casi la foto viene scattata senza che il fotografo possa “influire” sulla realtà oggetto dello scatto.

La foto di una celebrity scattata da un paparazzo può essere considerata nell’ambito della normativa italiana sul diritto d’autore come una fotografia semplice, vale a dire un’immagine “di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale o sociale”.[7] Pertanto, in base a tale potenziale riconducibilità della foto scattata dal paparazzo a tale categoria di fotografie e al corrispondente ombrello di protezione previsto dalla legge, lo scatto non può essere liberamente riprodotto da parte di terzi e il fotografo ha un diritto di riproduzione e diffusione. A tal riguardo, come già evidenziato nella nota n. 4, la giurisprudenza si riferisce alle fotografie c.d. semplici come quelle foto che “oltre alla funzione meramente documentale abbiano anche funzioni aggiuntive, quali quella editoriale e commerciale”. In aggiunta, secondo l’art. 97 L.A., è lecita nell’esercizio del diritto di cronaca la riproduzione e diffusione dell’immagine di una persona, ove tale riproduzione e diffusione siano giustificate dalla notorietà̀ della stessa e siano collegate a fatti svoltisi in pubblico, purché́ non venga lesa la reputazione del soggetto ritratto.

  1. Fair use

Il secondo ordine di argomentazioni a difesa della modella riguarda la riconducibilità dell’uso compiuto sulle Instagram stories della Ratajkowski nell’ambito degli usi consentiti o “fair use”.

Più precisamente, il “fair use” è una dottrina americana ormai consolidata in base alla quale, in determinate circostanze, è possibile riutilizzare il materiale protetto dal copyright senza la necessità di ottenere un’autorizzazione preventiva da parte di chi detiene i diritti ricompresi nell’istituito del diritto d’autore.

Lo scopo di tale dottrina statunitense è quello di bilanciare gli interessi dei titolari dei diritti di esclusività conferiti dal copyright con i potenziali vantaggi che possono derivare dalla creazione di opere “derivate”. La giurisprudenza americana ha individuato quattro elementi che devono poter essere ravvisabili dinnanzi a un caso di “fair use”:[8]

  1. L’oggetto e la natura dell’uso: se ha natura commerciale oppure didattica e senza scopo lucrativo;
  2. La natura dell’opera protetta;
  3. La quantità e l’importanza della parte utilizzata, in rapporto all’insieme dell’opera protetta;
  4. Le conseguenze effettive di questo uso sul mercato potenziale o sul valore dell’opera protetta.

Nel caso di specie, l’avvocato della modella ha sostenuto, rispetto ai tali fattori, che lo scopo della pubblicazione sui social non era quello di documentare il luogo in cui si trovava o il proprio abbigliamento, ma era quello di commentare il modo in cui la modella è costantemente seguita dai paparazzi e come nemmeno coprire il suo volto impedirà loro di cercare di sfruttare la sua immagine [“ ”]. La didascalia “Mood forever” avrebbe proprio la funzione di sottolineare tale messaggio.

Pertanto, la foto originariamente scattata e la foto considerata in associazione alla didascalia così come pubblicata sulle stories Instagram della modella avrebbero messaggi e scopi diversi.

Il messaggio sotteso alla pubblicazione della Ratajkowski sarebbe, ad avviso dell’impianto difensivo, indice di un uso non commerciale in quanto non è stato tratto alcun profitto dal post.

Rispetto alla quantità di “opera” utilizzata, viene precisato dalla difesa che l’uso dell’intera l’immagine si rendeva necessario per “mostrare tutto il corpo della signora Ratajkowski, i fiori che coprono il suo viso e lo sfondo per commentare la presenza opprimente dei paparazzi nella sua vita” [“the majority of the image was reproduced, but that was necessary in order to “show Ms. Ratajkowski’s whole body, the flowers covering her face, and the background in order to comment on the oppressive presence of paparazzi in her life.”].[9]

Per quanto riguarda, invece, le conseguenze sul mercato derivanti dall’uso dello scatto effettuato dalla modella, viene sostenuto che la foto non avrebbe avuto un valore sul mercato dal momento la modella non era identificabile in maniera inequivoca e, pertanto, vi era scarse possibilità di ricavare un profitto per il fotografo O’Neil. Il volto coperto dai fiori sarebbe, quindi, una circostanza idonea ad escludere la sussistenza di un danno effettivo per il fotografo.

Nell’attesa di sapere come verrà deciso il caso di specie, sono numerose le ulteriori domande a cui dare risposta in casi analoghi a quello che ha coinvolto la modella Emily Ratajkowski – quali, ad esempio – se l’uso editoriale giustifica ogni “intrusione” nella vita quotidiana dei personaggi famosi, mentre dal punto di vista della tutela autorale, invece, vicende giuridiche di tal genere sollecitano un ripensamento su chi possiede i diritti sulle immagini di persone note e, in particolare, di quelle scattate dai paparazzi. In tal caso il principio generale per cui chi scatta una foto ne è automaticamente “proprietario” potrebbe essere ripensato alla luce del diritto dei personaggi famosi sulla propria immagine sia da un punto di vista morale sia da un punto di vista economico.

[1] Sul punto si legga A. Valeriani, “La tutela delle fotografie sui social network come Instagram”, Ius in itinere, disponibile al seguente link: https://www.iusinitinere.it/la-tutela-delle-fotografie-su-i-social-network-come-instagram-21432

[2] Il caso è O’Neil contro Ratajkowski et al, 1:19-cv-09769 (Southern District of New York). Disponibile al seguente link:

[3] Sul punto si legga E. Badiali, “La fotografia e il diritto d’autore”, Ius in itinere, disponibile al seguente link: https://www.iusinitinere.it/la-fotografia-e-il-diritto-dautore-17943

[4] Rispetto alle fotografie c.d. semplici si veda a titolo esemplificativo la sentenza 21 giugno 2000, n. 8425 della Corte di Cassazione, sez. I civ. in base alla quale “Le fotografie c.d. semplici, riproducenti oggetti materiali, beneficiano della tutela dei diritti connessi a quelli d’autore quando insieme alla funzione meramente documentale (di tali oggetti) abbiano anche funzioni aggiuntive, quali quella editoriale e commerciale (nella specie è stato riconosciuto il diritto allo sfruttamento economico da parte del fotografo di foto raffiguranti materiale ospedaliero, già inserite in un catalogo).”

[5] Ai sensi dell’art. 87 co. 2 della Legge sul diritto d’autore “Non sono comprese le fotografie di scritti, documenti, carte di affari, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili.

[6] Cfr. Trib. Bari, 7 gennaio 2014, disponibile su Pluris.

[7] Ai sensi dell’art. 87 della L.A. le fotografie c.d. semplici  sono “le immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale e sociale, ottenute col processo fotografico o con processo analogo, comprese le riproduzioni di opere dell’arte figurativa e i fotogrammi delle pellicole cinematografiche”.

[8] 17 U.S. Code § 107 – Limitations on exclusive rights: Fair useIn determining whether the use made of a work in any particular case is a fair use the factors to be considered shall include:

(1) the purpose and character of the use, including whether such use is of a commercial nature or is for nonprofit educational purposes;

(2) the nature of the copyrighted work;

(3) the amount and substantiality of the portion used in relation to the copyrighted work as a whole; and

(4) the effect of the use upon the potential market for or value of the copyrighted work.” (link).

[9] “Emily Ratajkowski Says Instagram Post is Fair Use in “Extortion” Copyright Case”, The Fashion Law, disponibile al seguente link: https://www.thefashionlaw.com/emily-ratajkowski-says-instagram-post-is-fair-use-in-extortion-copyright-case/

Maria Chiara La Spina

Junior Legal Counsel e Legal Researcher in Fashion Law. Maria Chiara La Spina si laurea con il massimo dei voti il 27 Novembre 2018 presso l’Università degli Studi di Catania con una tesi dal titolo “La società benefit” seguita dal Prof. Vincenzo Di Cataldo, nell’ambito della quale approfondisce le implicazioni giuridiche della Corporate Social Responsibility delle imprese in un prospettiva di diritto comparato. Nel 2019 ha conseguito il Diploma di Licenza Magistrale presso la Scuola Superiore di Catania, con una tesi dal titolo “La regolamentazione dei prezzi dei farmaci: il modello italiano e le prospettive europee” dopo aver trascorso un periodo di ricerca presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Subito dopo la laurea si trasferisce a Milano dove comincia la pratica forense in diritto societario presso una law firm internazionale e completa la sua formazione frequentando un corso di specializzazione in “Fashion Law” presso l’Università Cattolica del Sacro di Milano e collaborando con uno studio boutique dove si è occupata prevalentemente di diritto della proprietà intellettuale e delle problematiche connesse alla comunicazione commerciale. Attualmente lavora presso un'azienda di moda italiana in qualità di Junior Legal Counsel e scrive articoli di approfondimento per l’area “Fashion Law” della rivista giuridica online “Ius in itinere”. email: m.chiaralaspina@gmail.com

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