venerdì, Aprile 19, 2024
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Il danno lungolatente cagionato dall’inalazione di agenti biologici

Il sistema comunitario da molto tempo attendeva  una risposta da parte del legislatore italiano per la previsione e l’introduzione di uno strumento di tutela in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro.

La risposta è arrivata nel 2008, con il d.lgs n. 81/2008[1] con il quale il legislatore italiano al fine di adempiere alle direttive europee, nonché in conformità dell’art. 117 della Costituzione, ha provveduto a ridisegnare le norme in materia di sicurezza e salute per i lavoratori.

Il summenzioanto decreto individua le misure generali di tutela che devono essere ottemperate dal dirigente e/o dal responsabile del servizio di prevenzione e protezione.

L’art. 15[2] del decreto n. 81/2008 elenca chiaramente l’iter procedimentale che i soggetti in posizione apicale devono eseguire,  in particolare dovranno effettuare una valutazione dei possibili rischi derivanti dall’attività e stilare un programma di prevenzione atto ad eliminare (o ove non sia possibile) ridurre al minimo i rischi per il lavoratore.

Ad esempio il datore dovrà procedere con la sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, evitare o comunque limitare l’utilizzo di sostanze chimiche, fisiche  o biologiche che possono risultare nocive per il lavoratore.

Vi sono poi, delle attività che si caratterizzano per un alto grado di pericolosità e per le quale l’individuazione delle misure di prevenzione risulta sicuramente più difficile.

Si pensi ai lavoratori che svolgono attività di ricerca e che sono frequentemente esposti all’inalazione di agenti biologici che possono causare (con probabilità più o meno alte) malattie ai soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori.

Il datore di lavoro che intende esercitare attività che richiedono l’utilizzo di agenti biologici[3], deve adempiere agli obblighi previsti dal decreto n. 81/2008 e specificatamente adottare le  misure preventive e protettive e applicare i principi di buona prassi microbiologica, in conformità della situazione lavorativa. Inoltre, laddove sia necessario, si dovrà procedere all’allontanamento temporaneo del lavoratore con la sede lavorativa.

Data l’altra potogenicità che caratterizza detti agenti, presso l’ISPESL è conservato un registro dei casi di malattia e di decesso dei lavoratori causato dall’inalazione di fattori chimici pericolosi.

Giova ricordare che frequentemente accade che danni o malattie causate dal contatto di agenti chimici non si presenti nell’immediatezza, ma si verificano in un momento successivo (si parla a tal proposito di danno lungolatente).

In tal guisa, si riporta come caso esemplificativo la strage di Chernobyl (passata alla storia come la più forte esplosione nuceare), ove benché furono accertate solo tre morti, successivamente i medici chiarirono che vi erano altri soggetti il cui decesso era certamente ricollegabile alle radiazioni dell’esplosione nucleare di Chernobyl,

Riproponendo come esempio di danni lungolatenti la propagazione di radiazioni nocive, la giurisprudenza sempre nel 2008, ha individuato una nuova fattispecie di disastro cd. Innominato ( che ritrova la sua radice normativa nell’art. 434 c.p.)

“Chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, commette un fatto diretto a cagionare il crollo di una costruzione o di una parte di essa ovvero un altro disastro è punito, se dal fatto deriva pericolo per la pubblica incolumità, con la reclusione da uno a cinque anni”.

La particolarità di detta fattispecie criminosa è che può sostanziarsi non solo in disastri imminenti ma ben potendo accadere che i suoi effetti siano celati per un primo tempo, emergendo in un momento successivo.

Gli effetti dannosi causati dal disastro innominato incidono negativamente non solo nell’ecosistema,  ma possono risultare lesivi anche per il genere umano (come ad esempio la diffusione di fattori inquinanti nell’aria, che inalati per un lasso di tempo più o meno lungo, può causare serie ripercussioni sull’uomo.

In merito all’art. 434 c.p., la dottrina aveva evidenziato la presenza di profili di illegittimità, senonché la giurisprudenza riconoscendone la piena compatibilità, in primis con i principi Costituzionali e in  secundis con il “sistema penale” , ha chiarito che il disastro innominato è una species rientrante nella macrocategoria dei disastri ambientali, differenziandosi da quest’ultimo che ha come bene, principalmente tutelato, quello ambientale ( art. 452 c.p.[4]).

Questa distinzione sul piano strutturale è corroborata anche dal dettato codicistico dell’art. 434 c.p., che è posto a tutela non solo del bene ambientale, ma anche ( e soprattutto) della pubblica incolumità.

Inoltre, in un’ottica di anticipazione della tutela, il legislatore punisce anche chi commetta un fatto diretto a cagionare un crollo o un disastro ( art. 434 c.p. c. 1) inteso quale reato di pericolo.

Sicché, alla luce di quanto detto il datore di lavoro dovrà adottare le misure di prevenzione e protezione idonee a salvaguardare la salute dei lavoratori.

[1]  http://www.bosettiegatti.eu

[2] Art. 15., Misure generali di tutela, d.lgs n. 81/2008.

Le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro sono:

a) la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza;
b) la programmazione della prevenzione, mirata ad un complesso che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive dell’azienda nonché l’influenza dei fattori dell’ambiente e dell’organizzazione del lavoro;
c) l’eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico;
d) il rispetto dei principi ergonomici nell’organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo;
e) la riduzione dei rischi alla fonte;
f) la sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso;
g) la limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio;
h) l’utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici sui luoghi di lavoro;
i) la priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;
l) il controllo sanitario dei lavoratori;
m) l’allontanamento del lavoratore dall’esposizione al rischio per motivi sanitari inerenti la sua persona e l’adibizione, ove possibile, ad altra mansione;
n) l’informazione e formazione adeguate per i lavoratori;
o) l’informazione e formazione adeguate per dirigenti e i preposti;
p) l’informazione e formazione adeguate per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
q) l’istruzioni adeguate ai lavoratori;
r) la partecipazione e consultazione dei lavoratori;
s) la partecipazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
t) la programmazione delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, anche attraverso l’adozione di codici di condotta e di buone prassi;
u) le misure di emergenza da attuare in caso di primo soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave e immediato;
v) l’uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
z) la regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti.

[3] Art. 268., Classificazione degli agenti biologici, d. lgs. n. 81/2008.

Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi a seconda del rischio di infezione:

a) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità di causare malattie in soggetti umani;

b) agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabile che si propaga nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;

c) agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l’agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;

d) agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che può provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche.

[4] Articolo 452 c.p.,

Fuori dai casi previsti dall’articolo 434, chiunque abusivamente cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni. Costituiscono disastro ambientale alternativamente:

1) l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema;

2) l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;

3) l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo.

Quando il disastro è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata.

Tayla Jolanda Mirò D'Aniello

Tayla Jolanda Mirò D'aniello nata ad Aversa il 4/12/1993. Attualmente iscritta al V anno della facoltà di Giurisprudenza, presso la Federico II di Napoli. Durante il suo percorso univeristario ha maturato un forte interesse per le materie penalistiche, motivo per cui ha deciso di concludere la sua carriera con una tesi di procedura penale, seguita dalla prof. Maffeo Vania. Da sempre amante del sistema americano, decide di orientarsi nello studio del diritto processuale comparato, analizzando e confrontando i diversi sistemi in vigore. Nel privato lavora in uno studio legale associato occupandosi di piccole mansioni ed è inoltre socia di ELSA "the european law students association" una nota associazione composta da giovani giuristi. Frequenta un corso di lingua inlgese per perfezionarne la padronanza. Conseguita la laurea, intende effettuare un master sui temi dell'anticorruzione e dell'antimafia.

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