giovedì, Marzo 28, 2024
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Il diritto di accesso in materia ambientale

Sommario: 1. Nozioni in tema di accesso alle informazioni ambientali in ambito nazionale e sovranazionale. – 2. I fatti all’origine della vertenza dinanzi al TAR per la Sicilia – sezione di Catania. – 3. L’interpretazione prospettata dal giudice amministrativo.

 

  1. Nozioni in tema di accesso alle informazioni ambientali in ambito nazionale e sovranazionale.

La Convenzione di Aarhus del 25 giugno 1998, promossa dalla Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite, si compone di tre “pilastri”: l’accesso alle informazioni ambientali, la partecipazione ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale.

Per quanto concerne specificamente il primo pilastro, all’articolo 4 della Convenzione è stabilito il diritto del pubblico di avere, su richiesta, accesso alle informazioni ambientali senza dover dimostrare un interesse qualificato al riguardo, secondo l’assunto che la trasparenza dei processi decisionali possa migliorare e rendere più efficaci la legislazione e le politiche ambientali, incrementando la fiducia nelle pubbliche autorità e sensibilizzando il pubblico. Quest’ultimo è costituito, ai sensi dell’articolo 2, comma 4, della Convenzione, da “una o più persone fisiche o giuridiche e, ai sensi della legislazione o della prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi costituiti da tali persone”.

Ai sensi dell’articolo 2, comma 3, della Convenzione di Aarhus, è informazione ambientale qualsiasi informazione, in forma scritta, visiva, sonora, elettronica e in qualunque altra forma, che riguardi:

  • lo stato degli elementi dell’ambiente, quali l’aria, l’atmosfera, l’acqua e il suolo, il territorio, i paesaggi e i siti naturali, la biodiversità e le sue componenti, compresi gli organismi geneticamente modificati, e l’interazione tra questi elementi;
  • fattori quali le sostanze, l’energia, il rumore e le radiazioni, le attività e i provvedimenti amministrativi, gli accordi ambientali, le politiche, le disposizioni legislative, i piani e i programmi che incidono o possono incidere sullo stato dell’ambiente, nonché le analisi costi-benefici ed altre analisi ed ipotesi economiche utilizzate nei processi decisionali in materia ambientale;
  • lo stato di salute, la sicurezza e le condizioni di vita delle persone, nonché lo stato dei siti e degli edifici d’interesse culturale nella misura in cui siano o possano essere influenzati dallo stato degli elementi ambientali o, attraverso tali elementi, dai fattori, dalle attività o dai provvedimenti di cui al punto precedente.

I commi 3 e 4 dell’articolo 4 della Convenzione elencano tassativamente le ipotesi in cui una richiesta di accesso può essere respinta; nella specie, qualora l’autorità pubblica cui la domanda è rivolta non disponga delle informazioni alle quali si voglia accedere; qualora la richiesta sia manifestamente irragionevole o formulata in termini troppo generici; qualora essa concerna documenti in corso di elaborazione o comunicazioni interne delle pubbliche autorità, se tale deroga è prevista dalla legge o dalla prassi nazionale.

E’ altresì previsto che i motivi di diniego debbano essere interpretati in senso restrittivo e che il rigetto della richiesta sia formulato per iscritto e motivato.

Ai sensi dell’articolo 9 della Convenzione, è garantito l’accesso alla giustizia avverso le violazioni dell’articolo 4 della medesima mediante procedure di ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale o altro organo indipendente e imparziale istituito per legge, che garantisca procedure rapide e poco onerose.

In ambito europeo, la Direttiva n. 2003/4/CE ha recepito le disposizioni della Convenzione di Aarhus sul diritto di accesso alle informazioni ambientali: essa è stata attuata nel nostro ordinamento interno dal d.lgs. 19 agosto 2005, n. 195, al cui articolo 3, comma 1, è prescritto che le autorità pubbliche sono tenute a mettere a disposizione le informazioni ambientali “a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse[1].

Sulla base del corpo normativo nazionale, comunitario e sovranazionale esaminato finora, il diritto di accesso alle informazioni ambientali[2] è disciplinato anche all’art. 3 sexies[3] del codice dell’ambiente (d.lgs. 152/2006).

Sul tema in esame si è recentemente pronunciato il TAR per la Sicilia – sezione staccata di Catania (sez. IV) – con la sentenza 30/11/2020, n. 3199, che si commenterà in questa sede, per i profili d’interesse.

  1. I fatti all’origine della vertenza dinanzi al TAR per la Sicilia – sezione di Catania.

In data 17/02/2020, la società “Commerciale Sicula” srl ha inoltrato al Comune di Valdina un’istanza di accesso agli atti mediante la quale ha chiesto il rilascio di copia dei documenti afferenti l’affidamento e l’esecuzione del servizio di locazione e pulizia-spurgo di bagni mobili ecologici effettuato in occasione della manifestazione “VI Sagra della Ciauna”, affidato alla ditta “Milae Servizi”.

In particolare, l’accesso ex art. 3, d.lgs. 195/2005 concerneva i formulari di identificazione dei rifiuti che, a norma dell’art. 193, d.lgs. 152/2006 e del DM Ambiente 145/1998, sono stati da quest’ultima emessi ad ogni intervento di pulizia-spurgo effettuato per la raccolta dei rifiuti prodotti dall’uso dei bagni mobili. In merito a siffatta richiesta di accesso, si è formato il silenzio-rifiuto dell’amministrazione comunale, avverso il quale la società “Commerciale Sicula” srl ha proposto ricorso giurisdizionale dinanzi al TAR, definito dal medesimo con la sentenza che questo scritto mira a commentare.

  1. L’interpretazione prospettata dal giudice amministrativo.

Il TAR per la Sicilia – sezione staccata di Catania (sez. IV) – accoglie la domanda della società ricorrente, rinvenendone la fondatezza nel combinato disposto degli articoli 3, comma 1 e 2, comma 1, lett. a), n. 2 del d.lgs. 195/2005, il quale ricomprende, nella nozione di “informazione ambientale”, anche “fattori quali le emissioni, gli scarichi ed altri rilasci nell’ambiente”.

Infatti, si rileva che la richiesta ostensiva riguarda l’osservanza della normativa di base del settore speciale di comune appartenenza degli operatori in conflitto, il cui rispetto chiama in causa la rilevanza collettiva della tutela ambientale, derivante dalle norme sull’accesso in tale materia di cui al d.lgs. 195/2005[4], indipendentemente dalla dimostrazione dell’esistenza di un interesse qualificato all’accesso, in ragione della certificata prevalenza normativa – a livello sia costituzionale che comunitario – dell’interesse alla tutela ambientale su eventuali interessi antagonisti[5].

 

[1] In base al disposto di cui all’art. 3, comma 2, d.lgs. 195/2005, l’informazione ambientale è messa a disposizione del richiedente entro 30 giorni dalla richiesta (60 gg. in caso di richiesta complessa); contro le determinazioni dell’autorità pubblica in materia di accesso ambientale e in caso di mancata risposta nei termini pocanzi indicati (ipotesi di silenzio-rifiuto), il richiedente può presentare ricorso giurisdizionale ex art. 116 c.p.a. oppure chiedere il riesame delle determinazioni in questione al difensore civico competente per territorio (nel caso di atti delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali) o alla Commissione per l’accesso prevista all’art. 27, l. n. 241/1990 (nel caso di atti delle amministrazioni centrali o periferiche dello Stato).

[2] Per maggiori approfondimenti, si rinvia a A. Crosetti, R. Ferrara, F. Fracchia, N. Olivetti Rason, Introduzione al diritto dell’ambiente, ediz. 2018, pagg. 194 ss.

[3] Per completezza, si riporta il testo del primo comma: “In attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, e delle previsioni della Convenzione di Aarhus, ratificata dall’Italia con la legge 16 marzo 2001, n. 108, e ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, chiunque, senza essere tenuto a dimostrare la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante, può accedere alle informazioni relative allo stato dell’ambiente e del paesaggio nel territorio nazionale”.

[4] Cfr., sul punto, C.G.A.R.S., sent. 17 gennaio 2018, n. 15.

[5] In questi termini TAR Palermo, sent. 21 luglio 2017, n. 1947.

Pierluigi Mascaro

Mi sono laureato in Giurisprudenza presso l'Università LUISS Guido Carli di Roma lo scorso 23 aprile, discutendo una tesi in Diritto delle autonomie territoriali dal titolo "L'apporto delle Regioni alla formazione del Diritto dell'Unione Europea" - Relatore Prof. Antonio D'Atena. Durante il percorso di studi universitari, ho frequentato il profilo amministrativistico, approfondendo le discipline giuridiche afferenti a questa area del diritto. Mi sono sempre particolarmente interessato al mondo della scrittura, in ambiti differenti e, per quel che riguarda, nello specifico, quello giuridico, mi cimento nella redazione di commenti e note a sentenza del giudice ordinario, amministrativo, della Suprema Corte, del Consiglio di Stato e della Corte costituzionale. A partire dal mese di giugno scorso, ho il piacere e l'onore di collaborare per l'area Diritto Amministrativo della rivista giuridica "Ius in Itinere". Attualmente collaboro, a titolo di cultore della materia, con la Cattedra di Diritto dell'Ambiente presso il Dipartimento di Giurisprudenza della LUISS Guido Carli. Dal prossimo gennaio, inizierò il mio percorso nell'ambito del Master di II livello in Diritto Amministrativo presso l'Università LUISS di Roma.

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