mercoledì, Aprile 24, 2024
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Il fenomeno corruttivo: aspetti criminologici

Uno degli argomenti di maggiore attualità e interesse, che prende sempre più spazio all’interno del dibattito mediatico, è sicuramente il fenomeno corruttivo.

La corruzione, dal latino corruptio, indica, generalmente parlando, la condotta di un soggetto che agisce contro i propri doveri ed obblighi in cambio di denaro, di favori e/o vantaggi. La scelta è ricaduta su questa specifica definizione di corruzione per sottolinearne l’obsolescenza, specialmente nella parte che fa riferimento allo scambio di denaro. Nel corso dei secoli, infatti, l’oggetto stesso del fenomeno corruttivo si è modificato, passando per l’appunto da ingenti somme di denaro che hanno caratterizzato soprattutto l’era di Tangentopoli, a beni che possiamo definire oggi di utilità, tipici della nostra contemporaneità e di Mafia Capitale, come ad esempio abitazioni, cariche pubbliche, persino prestazioni sessuali.

Il fenomeno corruttivo, in particolare, è sempre stato di grande interesse per la criminologia. Basti pensare alla reazione di numerosi studiosi quando, nel 1893, lo scandalo della Banca Romana[1] portò alle dimissioni del 1° Governo Giolitti, accusato quest’ultimo di aver coperto le irregolarità finanziarie della banca stessa. Fu in questa occasione che Cesare Lombroso[2] ed Enrico Ferri[3] criticarono aspramente i parlamentari che «si adattano a comprare suffragi o a mettersi a servizio dei potenti del luogo».

Con lo scandalo della Banca Romana è facile intuire come il fenomeno corruttivo abbia avviato il suo processo trasformativo. Lo stesso non è più solo legata al concetto di atti posti in essere da persone rispettabili e di elevata condizione sociale, quanto piuttosto al campo di attività, analisi strutturale e delimitazione dell’oggetto. Non è più, quindi, una criminalità economica basata su una devianza individuale, bensì sull’organizzazione stessa dell’economia e sul potere che ne consegue.

Evidente, dunque, la connessione tra crimine organizzato e crimine economico. La criminalità organizzata, invero, ha bisogno del know how della criminalità economica per reinvestire gli introiti illeciti, mentre la criminalità economica necessita dei metodi della criminalità organizzata per controllare il mercato e mantenerne una quota. L’accezione di criminalità economica, infatti, nel tempo ha sostituito quella di criminalità del colletto bianco, non solo per dare più risalto all’azione piuttosto che al soggetto deviante, ma anche per farvi entrare fattispecie eterogenee, compresa quella della criminalità organizzata.

Considerate tali premesse, è a questo punto fondamentale procedere con la distinzione tra la criminalità economica e la criminalità organizzata. La criminalità economica riguarda imprese che nascono in modo lecito e che, pur di arricchirsi, commettono degli illeciti. La criminalità organizzata, quindi di tipo mafioso, invece, si sviluppa ab initio, adottando gli stessi metodi illegali utilizzati per i traffici illeciti (intimidazioni, controllo del mercato del lavoro, ecc.). Le due criminalità, con il tempo, sono peraltro diventate un tutt’uno: i livelli più alti e specializzati delle organizzazioni criminali operano in stretta connessione sia con le strutture economico – finanziarie, sia con quelle politico – amministrative, attraverso la corruzione.

Il fenomeno corruttivo costituisce, dunque, un momento fisiologico e costante dei rapporti tra potere politico, organizzazioni criminali e white collar criminality, tanto che si parla comunemente di “cultura della corruzione”, caratterizzante della gestione degli affari di molti Paesi. Proprio lo strutturarsi della criminalità organizzata come impresa e il suo inserimento nei mercati legali come soggetto attivo ha prodotto un aumento esponenziale delle attività di riciclaggio e di corruzione. Questo ha innescato un meccanismo a catena che ha condotto gli apparati statali ad aumentare la normativa e ad intensificare i controlli formali. Con l’eccesso della burocratizzazione, però, la criminalità non si è ridotta, bensì è aumentata. Dopotutto, già Tacito nel I secolo d. C. disse: «corruptissima re publica plurimae leges», cioè nella somma corruzione della cosa pubblica, infinito numero di leggi.

Dal punto di vista criminologico, il fenomeno corruttivo rileva sotto due aspetti fondamentali:

  • Propedeutico, in quanto prepara il campo per successive violazioni di norme giuridiche;
  • Fisiologico, in quanto la commissione di reati contro la Pubblica Amministrazione (corruzione, concussione[4] e peculato[5]) riveste la caratteristica di sistematicità funzionale, ossia fa parte del funzionamento del sistema come mezzo naturale per la realizzazione di determinati interessi economici[6].

È vero che dovrebbe essere il settore penale a concentrarsi di più su interventi dediti al contrasto del fenomeno corruttivo, ma è anche vero che sono necessarie attività diversificate anche sul piano civile ed amministrativo. Uno degli aspetti più controversi è proprio questo, ossia come colpire il fenomeno. A tal fine, non si possono utilizzare i tradizionali metodi investigativi, come analisi della scena del crimine e della vittima. Il controllo sociale formale deve, piuttosto, basarsi su tecnologie molto sofisticate e su esperti nel campo economico – finanziario.

Il compito, poi, diventa ancora più arduo se si pensa al numero elevato di casi di cui non si conosce nulla. A tal proposito, si parla del cd. “numero oscuro”, il quale dipende da diversi fattori:

  • Potere dei gruppi dominanti, i cui appartenenti sono soprattutto i white-collar criminal, che sono in grado di condizionare le indagini “corrompendo” i professionisti giusti;
  • Molto spesso, assenza di legame diretto tra autore del reato e vittima e, a causa di questo, spesso, non si riesce a risalire all’autore;
  • Dimensione globale del fenomeno;
  • Assenza di stigmatizzazione, non solo per l’indifferenza del pubblico ma anche per lo scarso allarme sociale, non essendo questi crimini violenti (i quali destano più clamore);
  • Prestigio sociale di cui godono i colletti bianchi, i quali sono parte integrante del sistema giuridico, finalizzato a ristabilire l’ordine sociale preesistente.

A tutto ciò si devono aggiungere i tre caratteri criminologici del sistema economico – imprenditoriale che favoriscono non solo il fenomeno corruttivo ma anche il numero oscuro: il primo elemento fa riferimento alla logica del profitto che, più di ogni altra cosa, si sovrappone e prevale sulla logica del comportamento eticamente corretto; il secondo elemento da tenere in considerazione è legato all’articolata struttura delle aziende, dove i processi decisionali sono affidati a più soggetti, permettendo così che la corruzione si annidi più facilmente; infine, l’impresa ha il vantaggio di occultare il patto corruttivo, disponendo di mezzi diversificati dal classico “dazio” in denaro.

Anche le organizzazioni criminali, con la loro natura intimidatoria, svolgono un ruolo fondamentale per neutralizzare la possibilità che le vittime denuncino il reato.

Infine, quando si parla di numero oscuro, non si può non fare riferimento anche all’aspetto economico del fenomeno corruttivo. Vanno considerati, infatti, i costi economici che sono stati stimati dalla Corte dei Conti in diversi miliardi di euro; importanti sono anche i costi economici indiretti legati a fattori di vario tipo, come il cattivo funzionamento degli apparati pubblici e la perdita di competitività e freno alla crescita del Paese, proprio perché la corruzione allontana gli investitori.

In conclusione, alla luce di quanto è stato esposto, si può sostenere che solo con un cambio di rotta del settore pubblico, che dovrebbe essere più incline ad adottare un regime di totale trasparenza e di una maggiore diffusione dell’educazione alla legalità dell’individuo, si potrà sperare di avere quello auspicato cambiamento morale, culturale ed etico, fondamentale per migliorare la qualità di vita nel nostro Paese.

Fonte dell’immagine: www.pixabay.com

[1] Lo scandalo della Banca Romana fu il primo grave scandalo della storia dell’Italia unita ed è stato un caso politico-finanziario di rilevanza nazionale che fu al centro delle cronache italiane dal 1892 al 1894 e che ebbe come elemento centrale la scoperta delle attività illecite, nel decennio precedente, ad opera del governatore della banca stessa. Fu istituita una commissione parlamentare e un’inchiesta penale che videro protagonisti Francesco Crispi e Giovanni Giolitti. Si ritenne necessario istituire un’unica banca centrale per l’emissione della moneta e col potere di decidere la politica monetaria; per questo venne fondata la Banca d’Italia che liquidò la Banca Romana.

[2] Cesare Lombroso, (1835 –1909), è stato un medico, antropologo, accademico filosofo e giurista italiano, da taluni studiosi definito come padre della moderna criminologia. Esponente del positivismo, è stato uno dei pionieri degli studi sulla criminalità, e fondatore dell’antropologia criminale. Il suo lavoro è stato fortemente influenzato dalla fisiognomica, dal darwinismo sociale e dalla frenologia.

[3] Enrico Ferri (1856 – 1929) è stato un criminologo, politico, giornalista, avvocato, politologo e accademico italiano, direttore del quotidiano del PSI Avanti!, segretario del partito nel 1896 e dal 1904 al 1906, allievo di Cesare Lombroso. Nel 1891 aveva fondato la rivista Scuola Positiva. Negli ultimi anni della sua vita divenne mussoliniano, e fu nominato senatore del Regno nel 1929, poco prima di morire.

[4] Commette il delitto di concussioneil pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità” (art. 317 c.p.). Per un maggior approfondimento, si veda qui: https://www.altalex.com/documents/altalexpedia/2017/06/15/concussione.

[5] Commette il delitto di peculatoil pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio, il possesso o comunque la disponibilità di danaro o altra cosa mobile, se ne appropri” (art 314 c.p.). Per un maggior approfondimento, si veda qui: https://www.iusinitinere.it/reato-peculato-le-evoluzioni-giurisprudenziali-tema-peculato-duso-5784.

[6] G. Marotta, Aspetti criminologici del fenomeno corruttivo, Sociologia: Rivista quadrimestrale di scienze storiche e sociali, anno XLIX, n. 3, 2015, pag. 95.

Dott.ssa Chiara Caruso

Chiara Caruso è nata a Benevento l'8 febbraio 1993. Si è laureata al corso triennale di Sociologia e Criminologia e ha poi proseguito gli studi nel corso magistrale di Ricerca Sociale Politiche della Sicurezza e Criminalità presso l'Università degli Studi Gabriele D'Annunzio di Chieti. Durante il percorso di laurea triennale ha iniziato un progetto di tesi dove ha strutturato un'analisi statistica sulla corruzione in sanità, progetto conclusosi nel 2019, alla fine del percorso magistrale dove, non solo ha svolto un'analisi comparativa della corruzione nei paesi europei, ma ha avuto anche modo di intervistare Raffaele Cantone, l'allora Presidente dell'ANAC. Attualmente frequenta il master in Human Resources della 24 Business School e collabora per l'area di Criminologia di Ius in Itinere.

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