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Il Fiscal Compact nella governance economica dell’UE

Il Fiscal Compact nella governance economica dell’UE ha assunto sempre più importanza a livello macroeconomico e presenta, inoltre, varie implicazioni politiche nonché sociali. A tal proposito, si ricordi che  il “Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria”, è un documento di diritto internazionale sottoscritto da 25 Stati Membri, ad eccezione del Regno Unito e della Repubblica Ceca, il 2 marzo 2012 a margine del Consiglio Europeo[1]. Quindi, il Fiscal Compact è istituito con regole di diritto internazionale seppur in una cornice di coordinamento economico nell’Unione Europea[2].

L’analisi del Fiscal Compact

Anzitutto, è bene precisare che il Fiscal Compact rappresenta una risposta di politica economica dell’Unione Europea per reagire alle pressioni dei mercati finanziari verso i debiti sovrani dei singoli paesi.

Per quanto riguarda la sua collocazione giuridica, esso è redatto come un trattato internazionale, ma funzionalmente è collegato all’ordinamento giuridico dell’UE. In effetti, da un punto di vista economico e budgetario, il Fiscal Compact riflette la necessità di imporre stringenti vincoli fiscali per salvaguardare i debiti sovrani, e in aggregato, la politica monetaria dell’Eurozona e la moneta unica. Tale Trattato innova l’ampia disciplina europea soprattutto con la cosiddetta “golden rule”.

Specificamente, si tratta di una linea guida per il funzionamento della politica fiscale secondo la teoria della macroeconomia[3]. Infatti, si afferma che nel corso del ciclo economico, il governo prenderà in prestito solo per investire e non per finanziare la spesa corrente. In altri termini, ciò significa che un governo dovrebbe prestare solo per pagare gli investimenti di cui beneficiano le generazioni future. La spesa quotidiana, i cui benefici ricadono sui contribuenti del presente, dovrebbe essere finanziata con le imposte e non con gli investimenti.

Pertanto, il budget corrente, al netto degli investimenti, deve equilibrarsi o essere in avanzo. Di conseguenza, tale regola impone che i bilanci annuali delle amministrazioni pubbliche siano in pareggio o in avanzo. Ciò, unitamente alla clausola di non salvataggio dell’articolo 125 del Trattato sul Funzionamento dell’UE, equivale ad un controllo più restrittivo in termini fiscali. Si tratta di una previsione senza precedenti nella storia istituzionale europea.

Tuttavia, l’obiettivo di garantire la sostenibilità dei bilanci statali si rintraccia già nel Patto di Stabilità e Crescita del 1997 che codifica il disavanzo pubblico al di sotto del tasso annuo del 3% del PIL e del debito pubblico totale al di sotto del 60% del PIL.

La crisi economica del 2008 ha messo in luce, secondo la scuola che propugna l’economia sociale di mercato, le debolezze dei meccanismi di applicazione del PSC, a causa della non conformità diffusa da parte dei paesi dell’Unione Monetaria con i criteri di debito e deficit.

Per cui il Fiscal Compact rappresenta un passo avanti rispetto al PSC. Infatti, l’articolo 3 del Trattato è di fondamentale importanza per comprendere le implicazioni politiche ed economiche. Si richiede l’introduzione di regole specifiche per assicurare dei bilanci pubblici in avanzo o pareggio e sono previste delle misure sanzionatorie nonché un meccanismo automatico di correzione dell’eventuale scostamento dall’obiettivo di medio termine che la Commissione Europea ha il dovere di indicare per ciascuno Stato.

Inoltre, si specifica come l’indicatore fondamentale da considerare sia il saldo strutturale di bilancio, ossia il saldo annuale corretto per il ciclo al netto delle misure temporanee e una tantum. Ancora, si osservi come siano ammesse deroghe solo per circostanze eccezionali per eventi insoliti e al di fuori del controllo dello Stato tale che possa impattare sulla propria economia. Infine, bisogna sottolineare come il Fiscal Compact suggerisca l’incorporazione della “golden rule” nel diritto interno con una norma di rango costituzionale.

Le critiche al Fiscal Compact

Secondo uno studio compiuto dal Parlamento Europeo[4], si dimostra che i risultati per i primi tre anni di vita del Fiscal Compact sono stati altalenanti e solo parzialmente raggiunti. D’altronde, gli sforzi per rispettare i termini del trattato, compreso l’insieme di norme volte a rafforzare la disciplina di bilancio, variano da un Paese all’altro.

In effetti, osservando come alcuni Stati abbiano diminuito i disavanzi pubblici e aumentato allo stesso tempo gli avanzi primari o come altri abbiano ridotto i disavanzi al ritmo previsto dal Trattato, mentre, altri ancora, invece, non ne sono stati capaci, ciò induce a pensare che il Fiscal Compact sia inefficace.

Lo studio in esame prende in considerazione, ad esempio, i bilanci di Francia e Italia del 2015 che erano chiaramente non in linea con il Fiscal Compact. Infatti, a ciò si aggiunga che il Fondo Monetario Internazionale[5] e la stessa Banca Centrale Europea abbiano sottolineato che il rispetto del quadro fiscale dell’UE è rimasto debole, nonostante gli sforzi per promuovere la creazione di politiche per il coordinamento e la convergenza, soprattutto nell’Eurozona.

Con riguardo al coordinamento e alla convergenza delle politiche economiche, le parti contraenti hanno intrapreso alcune misure per rafforzare il funzionamento dell’Unione Monetaria e promuovere la crescita e la competitività.

Tali interventi, però, non sono ascrivibili solo ed esclusivamente al Fiscal Compact, ma anche direttamente in sede UE, complicando il quadro istituzionale per ciò che concerne le riforme in materia di politica economica per affrontare in modo significativo la perdita di competitività dell’UE.

Tuttavia, da un punto di vista del coordinamento istituzionale, i capi di Stato o di governo non hanno rispettato l’impegno a riunirsi in un vertice euro almeno due volte all’anno. Quindi, le uniche riunioni ad aver avuto luogo sono stati gli Euro Summit a margine del Consiglio UE.

Dall’analisi emerge che la variabile fondamentale da tenere in considerazione pare essere proprio il bilancio strutturale. Si tratta di un indicatore ha ricevuto critiche diffuse.

Secondo la visione mainstream, esso indica i saldi di bilancio adeguati al ciclo economico e le misure temporanee. In altri termini, si chiede ai governi di astenersi da taluni comportamenti in tempi economicamente sfavorevoli in modo da non aggravare ulteriormente la situazione economica. Ad esempio, si tratta di non aumentare le tasse o ridurre ulteriormente le spese pubbliche sempre sulla base del saldo strutturale di bilancio.

Al contrario, gli Stati dovrebbero, in tempi economicamente favorevoli, abbassare la pressione fiscale o evitare di aumentare la spesa pubblica.

Tuttavia, la definizione di bilancio strutturale è soggetta a notevoli incertezze, poiché esistono molti metodi distinti per la stima della componente ciclica del bilancio, basata sulla misurazione del gap di produzione, cioè vale a dire la differenza tra il PIL reale e potenziale, e stima delle elasticità delle entrate e delle spese. Gli studi dimostrano che la stima dei livelli di potenziale è altamente volatile[6].

Di conseguenza, basarsi su questo indicatore può condurre ad un’erronea raccomandazione sulla politica di bilancio.

In ultima analisi, quindi si noti come Commissione e Consiglio influenzano l’esistenza di norme rigorose che vincolano le autorità nazionali nell’esercizio del loro bilancio di competenza. Essendo state recepite attraverso misure costituzionali o legislative, il controllo del rispetto della disciplina fiscale risulta essere molto pervasivo da parte di un organismo sovranazionale.

In particolare, nel Semestre europeo[7], si richiede agli Stati di presentare ogni primavera alla Commissione un progetto delle loro leggi di bilancio che tengano conto dei parametri della situazione economica del Paese precedentemente preparata dalla Commissione. Quest’ultima può chiedere modifiche quando ritiene che il progetto di bilancio nazionale sia insufficiente a rispettare i dettami della politica fiscale dell’UE.

Inoltre, in virtù dell’interpretazione conforme del Fiscal Compact al diritto dell’Unione, a norma all’articolo 126 TFUE per la procedura per disavanzi, la Commissione ha il potere di proporre al Consiglio dei ministri l’adozione di misure contro gli Stati che non rispettano i limiti di disavanzo.

Infine, per quanto riguarda la possibilità di inglobare il Fiscal Compact nell’ordinamento UE è in corso tuttora un dibattito sebbene la proposta della Commissione non è stata ancora programmata al Parlamento Europeo. Tuttavia, gli Stati contraenti hanno recepito la disciplina del Fiscal Compact nei propri ordinamenti ed esistono già altre disposizioni di diritto europeo che vincolano i governi al rispetto delle regole fiscali[8].

 

[1] Cfr Dossier n°94 del 16/04/2012 del Servizio Affari Internazionali – Ufficio per i rapporti con le istituzioni dell’Unione Europea del Senato della Repubblica con il Fiscal Compact in allegato.

Disponibile qui: https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00737489.pdf

[2] Tosato L., L’impatto della crisi sull’Istituzione dell’Unione, in il Fiscal Compact, a cura di Bonvicini G. e Brugnoli F., Istituto per gli Affari Internazionali, Roma, 2016, pp.17

[3] Fabbrini F., The Fiscal Compact, the Golden Rule, and the Paradox of European Federalism, in Boston College International and Comparative Law Review, Volume 36, Articolo 1, Boston, marzo 2016, pp 9.

[4] European Parliament Research Service, Fiscal Compact Treaty: scorecard for 2015.How far are EU Members States meeting their European Council Commintments?, Bruxelles, June 2016.

[5] Andrle, M. et al., Reforming Fiscal Governance in the European Union, IMF Staff Discussion Note 15/09, May 2015.

[6] Bonasia M. e Canale R.R., Tagli al bilancio strutturale e sostenibilità della finanza pubblica, in “Economia e luoghi comuni”, a cura di Di Maio A. e Marani U., L’Asino d’Oro Edizioni, Roma, 2015, pp.98.

[7] Per un approfondimento sul ciclo di bilancio, Cfr nota del Centro Studi della Camera dei Deputati.

Disponibile qui: http://www.camera.it/temiap/documentazione/temi/pdf/1104546.pdf

[8] Ufficio Parlamentare di Bilancio, L’inserimento del Fiscal Compact nel diritto UE, Flash n°7, 4 agosto 2017, Roma, pp.2.

Fonte immagine: https://newsmondo.it/cose-leurozona/guide/

Marco Di Domenico

Dottore in Studi Internazionali presso l'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale". Appassionato di politica ed economia internazionale.

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