Il Green Public Procurement
Saggio a cura di Francesca Pedace, vincitrice del Local Essay Competition di ELSA Roma
1. Il Green Public Procurement. Definizione, obiettivi e caratteri
Con l’espressione “Green Public Procurement” (GPP) ci si riferisce a quello strumento di politica ambientale che intende favorire il sistema di acquisti, di prodotti e servizi “verdi” della P.A. e quindi, più precisamente, alle procedure di appalto aventi ad oggetto l’acquisizione di prodotti e servizi che hanno un ridotto effetto sulla salute umana e sull’ambiente.[1]
Questo meccanismo, in Italia, è diventato obbligatorio con il nuovo Codice degli Appalti (D. Lgs. 50/2016) ed è volto ad attuare quanto impostoci dalla Commissione Europea che nel COM 274/2001 (“Il diritto comunitario degli appalti pubblici e le possibilità di integrare le considerazioni ambientali negli appalti”) ha decretato che le P.A. devono integrare i criteri ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto incoraggiando la diffusione di tecnologie ambientali e lo sviluppo di prodotti validi sotto il profilo ambientale attraverso la ricerca e la scelta dei risultati e delle soluzioni che hanno il minore impatto possibile sull’ambiente lungo l’intero ciclo di vita.
Dunque, nel pieno rispetto delle strategie volte a garantire un uso efficiente delle risorse e a favorire meccanismi propri dell’Economia Circolare, le P.A. italiane si stanno impegnando a razionalizzare acquisti e consumi e ad incrementare la qualità ambientale delle proprie forniture. Basti pensare che oggi gli acquisti effettuati dalla Pubblica Amministrazione nel nostro Paese corrispondono al 17% circa del PIL, circa 285 milioni di euro e che, secondo i dati raccolti dall’ANAC nel 2016, ben 111,5 miliardi di euro, valore totale degli appalti con importi pari o superiori a 40mila euro svoltisi durante l’anno, corrispondono ad altrettanti acquisti “verdi”.
Da ciò si evince il duplice ruolo di “fornitore” e di “consumatore” della Pubblica Amministrazione che, in quanto tale, ha una forte capacità di orientamento del mercato nazionale.[2] In particolare, l’inserimento di criteri di preferibilità ambientale nelle procedure di acquisto della Pubblica Amministrazione o di preferenza di servizi a basso impatto ambientale nell’ambito delle procedure ad offerta economicamente più vantaggiosa nonché la possibilità di considerare i sistemi di etichettatura ambientale come mezzi di prova per la verifica dei requisiti ambientali richiesti per partecipare al bando e la possibilità di considerare le certificazioni dei sistemi di gestione ambientale (EMAS – ISO 14001) per la verifica delle capacità tecniche dei fornitori per la corretta esecuzione dell’appalto pubblico costituiscono ottimi mezzi di condizionamento della domanda e dell’offerta.[3]
Quanto agli strumenti di attuazione del GPP, la revisione ecologica delle procedure d’acquisto richiede la realizzazione di una serie di attività propedeutiche alla redazione del bando di gara.
Secondo le indicazioni del Manuale “Acquistare Verde” della Commissione Europea, un ente pubblico per attuare il GPP dovrebbe identificare i prodotti, i servizi o i lavori più adeguati ad essere resi “verdi” sulla base del loro impatto ambientale e di altri fattori quali la presenza di informazioni ambientali, le disponibilità di mercato, le migliori tecnologie disponibili, i costi e la visibilità e poi identificare le proprie esigenze ed esprimerle già nell’oggetto del bando stabilendo dei criteri di selezione e di aggiudicazione chiari per determinare l’offerta economicamente più vantaggiosa che però presenti anche un impatto ambientale trascurabile.
Tale procedura è senz’altro uno dei maggiori fattori di distinzione che intercorre fra i meccanismi di GPP e le mere pratiche di economia circolare che, piuttosto, possono fungerne da strumento di attuazione. Una Pubblica Amministrazione adotta il GPP quando, attraverso l’adozione di opportuni criteri ecologici nelle forniture pubbliche, ottiene una riduzione degli impatti ambientali associati al loro ciclo di vita o riduce l’uso delle risorse naturali, il consumo energetico, la produzione di rifiuti, le emissioni inquinanti, i pericoli e i rischi sanitari ed ambientali ottimizzando il servizio offerto. Il GPP è quindi un concetto ben più ampio dell’acquisto di un determinato bene che presenta una determinata percentuale di provenienza da materiale riciclato.[4]
Dovendo dunque citare in sintesi i possibili benefici del GPP possiamo distinguerli in tre tipologie: diretti, indiretti e addizionali dove i diretti sono quelli derivanti dalla riduzione degli impatti ambientali associati alle attività di acquisto di beni, servizi e dalla realizzazione delle opere pubbliche; quelli indiretti sono quelli derivanti dal “potere di orientamento del mercato” di cui dispone la P.A. attraverso l’inserimento di criteri ecologici nei bandi e quelli “addizionali” sono quelli derivanti dall’estensione della responsabilità ambientale anche ad altri fattori quali, ad esempio, quelli collegati alla qualità sociale dei beni e servizi acquistati.
2. Evoluzione normativa: dal Libro Verde Europeo al D. Lgs. 50/2016
Il ricorso allo strumento del GPP, introdotto in Italia col Piano Nazionale GPP[5] del 2008, è stato favorito in origine dall’Unione Europea che ne ha parlato diffusamente nel Libro Verde sulla politica integrata dei prodotti del 1996 e nel Sesto Programma d’Azione in campo ambientale. È stata però la Direttiva 2004/18/CE[6] ad aver riconosciuto a livello normativo per la prima volta la possibilità di inserire le variabili ambientali come criterio di valorizzazione dell’offerta. A tal fine l’Italia – dove già esistevano talune norme che imponevano requisiti specifici per i prodotti/servizi da acquistare insite ad esempio nel Decreto Ronchi, nel D.M. del 27/3/98, nella delibera 57/2002 del CIPE e nel D.M. 203/2003[7] – si è ulteriormente adeguata alle disposizioni europee tentando di dare attuazione della strategia europea del COM 2008/397 (Piano d’azione per il Consumo la Produzione Sostenibili e la Politica Industriale Sostenibile)[8] cui l’Italia si è adeguata appunto tramite l’introduzione del “Piano Nazionale GPP” sopracitato. Questo ha previsto l’adozione, con successivi decreti ministeriali, dei “Criteri Ambientali Minimi” (CAM)[9] per ogni categoria di prodotto, servizio e lavoro acquistato dalla P.A. da rispettare obbligatoriamente in tutte le fasi del processo di acquisto. Le novità più importanti riguardano tuttavia il testo definitivo del D. Lgs. 50/2016, emanato in attuazione delle Direttive Comunitarie 23/2014/CE, 24/2014/CE e 25/2014/CE le quali regolano l’aggiudicazione dei contratti di concessione, gli appalti pubblici e le procedure d’appalto degli enti erogatori in alcuni settori specifici ed il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.
La principale novità da esso introdotta consiste nell’aver abrogato parzialmente il Regolamento n. 207/2010 contenente le modalità di attuazione del vecchio Codice degli Appalti (D. Lgs. 163/2006) – ormai del tutto abrogato – rispondendo così positivamente alle osservazioni del Consiglio di Stato che aveva chiesto gradualità nell’annullare le norme sorpassate man mano che se ne fossero approvate di nuove. Ciò è stato attuato grazie al testo dell’art. 216 del Decreto il quale espressamente riferisce che fin tanto che non siano stati emanati i decreti attuativi del nuovo Codice rimangono in vigore le precedenti disposizioni in materia.
L’emissione di tali decreti da parte del Ministero delle Infrastrutture o del Presidente del Consiglio (previo parere delle competenti commissioni parlamentari), tra l’altro, ha previsto un forte coinvolgimento dell’ANAC cui sono dedicati gli art. 213 e ss. del Decreto. Ad essa è stata associata una vera e propria “Cabina di regia” (art. 212), istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, avente il compito di coordinare l’adozione, da parte dei soggetti competenti, delle norme e linee-guida predisposte dall’ANAC e di segnalare a questa eventuali violazioni.
È tuttavia l’art. 34 del Decreto[10] quello di maggiore interesse: è infatti questo a rendere obbligatoria l’applicazione delle “specifiche tecniche” e delle “clausole contrattuali”, contenute nei CAM nei procedimenti di gara da parte di tutte le stazioni appaltanti con la conseguenza che le P.A. che non li inseriranno nelle proprie procedure di appalto potrebbero essere soggette a ricorso e le imprese che non li rispetteranno escluse dalle procedure di gara di loro interesse. Basti guardarne il dettato normativo di cui al primo comma:«le stazioni appaltanti contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione attraverso l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e conformemente, in riferimento all’acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari, anche a quanto specificamente previsto nell’articolo 144».
Le categorie oggetto di attività economica (inclusi quindi sia beni che opere e servizi) per le quali vanno approvati i CAM sono dunque gli arredi degli edifici dove si svolgono funzioni pubbliche, i materiali da costruzione, la manutenzione delle strade, la gestione del verde pubblico, l’illuminazione cittadina, il riscaldamento dei locali della P.A, l’elettronica, il tessile, la cancelleria, i materiali per l’igiene e la ristorazione a servizio dei dipendenti della P.A. e per l’offerta dei pubblici servizi e infine i trasporti.
È fatta salva una sola eccezione all’obbligatoria predisposizione dei CAM e se ne fa riferimento all’art. 34 co. 3: questa riguarda i lavori di ristrutturazione, inclusi quelli comportanti attività di demolizione e ricostruzione in cui i CAM possono essere presi in considerazione solo tenendo conto della tipologia e della localizzazione dell’opera secondo le apposite indicazioni del Ministero dell’Ambiente.[11]
Lo stesso articolo prevede poi, al comma 2, che si debba tener conto dei CAM anche per la definizione dei “criteri di aggiudicazione dell’appalto” di cui all’art. 95 co. 6 del Codice quali criteri premianti da applicare con riferimento al «maggior punteggio relativo all’offerta (economicamente più vantaggiosa) concernente beni, lavori o servizi che presentano un minore impatto sulla salute e sull’ambiente».[12]
Ciò significa che la stazione appaltante – libera nella scelta delle modalità con cui applicare tale dettato normativo – può inserire nella documentazione di gara uno o più criteri premianti presenti nel documento CAM oppure prevederne di simili nel contenuto ma non esattamente uguali nel testo fermo restando che ne può elaborare anche di nuovi e più stringenti.
In particolare, nell’ambito del Piano d’Azione Nazionale sul Green Public Procurement (PANGPP), è stato adottato il D.M. 13/04/2014 che – con riferimento ai servizi di gestione dei rifiuti urbani – ha fissato i Criteri Ambientali Minimi del settore stabilendo che le stazioni appaltanti non solo dovranno inserire specifiche clausole di recepimento del predetto decreto ministeriale nel capitolato di gara ma anche appositi criteri premiali nella valutazione dell’offerta tecnica per chi adotti misure e soluzioni in linea con quanto previsto dai CAM o addirittura migliorative rispetto agli stessi.[13]
Il Ministero dell’Ambiente nella sezione delle domande più frequenti riguardanti i CAM (sezione News del sito), inoltre, ha chiarito che a differenza dei criteri premiali non è obbligatorio l’inserimento dei criteri per la selezione dei candidati.[14]
3. Il ruolo dell’ANAC dopo la sottoscrizione del Protocollo d’Intesa con Ministero dell’Ambiente
Il 19 marzo 2017 il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha siglato un protocollo di intesa con l’ANAC, valido per tre anni, al fine di dare piena attuazione alle leggi riguardanti la sostenibilità ambientale degli acquisti della P.A.
Questo, operando su tre aspetti principali quali la creazione di programmi formativi per i dipendenti delle P.A (art. 2 lett. c), la vigilanza sul rispetto dei CAM e la condivisione di best practices tra tutti gli uffici amministrativi del Paese per giungere ad un più efficiente uso dell’energia, alla riduzione dei rifiuti e all’ottimizzazione della Spesa Pubblica ha trasferito all’ANAC i compiti e le funzioni svolti dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, contestualmente soppressa.[15] Non a caso all’art. 1 si è imposto alle stazioni appaltanti di contribuire al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano Nazionale GPP per gli affidamenti di qualunque importo attraverso l’inserimento nella documentazione di gara di specifiche clausole contrattuali contenute nei CAM. Di questi si deve tenere conto anche ai fini della stesura dei documenti di gara per l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Rilevante è anche la previsione, all’art. 2, di una forma di collaborazione riguardante il monitoraggio e la vigilanza sull’applicazione dei CAM (art. 2 lett. a) e l’attività regolatoria e di indirizzo dei due enti (art. 2 lett. b) finalizzata alla condivisione di atti di indirizzo, linee guida e clausole-tipo per i bandi.[16]
Se insomma la collaborazione tra Ministero Ambiente ed ANAC fornirà da un lato il supporto alle Stazioni appaltanti dall’altro contribuirà anche a migliorare le competenze delle Stazioni Appaltanti sull’applicazione del nuovo Codice degli Appalti per quanto attiene l’applicazione dei CAM.[17]
Va infine sottolineato che la collaborazione tra MATTM e ANAC rafforza quella sugli stessi temi oggetto del Protocollo di intesa siglato il 21 settembre 2017 tra MATTM e Conferenza delle Regioni al fine di definire e attuare misure omogenee nel settore degli appalti pubblici con particolare riferimento a tematiche relative agli acquisti e alla realizzazione di opere pubbliche sostenibili favorendone la diffusione su base locale.
Obiettivo principale di questo secondo accordo è il rafforzamento delle competenze degli operatori delle P.A. responsabili degli appalti e delle centrali di acquisto nell’utilizzo di procedure di GPP per la reale integrazione di requisiti ambientali nella politica degli acquisti e realizzazione di opere pubbliche attraverso la definizione di una piattaforma comune di azione che favorisca la diffusione di buone prassi e il miglioramento del dialogo tra il Ministero e le Regioni e tra Regione e Regione, anche al fine di garantire maggiore uniformità nei livelli di esperienza e competenza in materia di acquisti e realizzazione di opere pubbliche sostenibili presenti nelle diverse realtà locali.
In particolare costituiranno oggetto di collaborazione lo svolgimento di attività di confronto su tematiche inerenti il Green Public Procurement (il ciclo dei rifiuti, le emissioni, l’economia circolare, lo sviluppo sostenibile, l’uso efficiente delle risorse), la raccolta e condivisione delle informazioni utili per la realizzazione di sistemi di monitoraggio sul GPP, l’analisi dello stato di attuazione dei CAM e sulle difficoltà riscontrate dalle stazioni appaltanti nella fase di applicazione degli stessi, la diffusione e sensibilizzazione presso le pubbliche amministrazioni di temi relativi agli acquisti e alla realizzazione di opere pubbliche sostenibili e la diffusione della conoscenza e dell’utilizzo dei principi del Life Cycle Assessment e Life Cycle Costing.[18]
[1] Green Public Procurement (GPP), Isprambiente.gov
[2] A. BEVILACQUA, Al via il Green Public Procurement per la P.A., pds.it, 24/4/2018
[3] Green Public Procurement (GPP), Isprambiente.gov
[4] Linee Guida per il GPP, Parmaecobio.com
[5] Il Piano d’Azione Nazionale rinvia ad appositi decreti emanati dal Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare, l’individuazione di un set di criteri ambientali “minimi” (CAM) per gli acquisti relativi a ciascuna delle seguenti “categorie merceologiche”:
– arredi (mobili per ufficio, arredi scolastici, arredi per sale archiviazione e sale lettura)
– edilizia (costruzioni e ristrutturazioni di edifici con particolare attenzione ai materiali da costruzione, costruzione e manutenzione delle strade)
– gestione dei rifiuti
– servizi urbani e al territorio (gestione del verde pubblico, arredo urbano)
– servizi energetici (illuminazione, riscaldamento e raffrescamento degli edifici, illuminazione pubblica e segnaletica luminosa)
– elettronica (attrezzature elettriche ed elettroniche d’ufficio e relativi materiali di consumo, apparati di telecomunicazione)
– prodotti tessili e calzature
– cancelleria (carta e materiali di consumo)
– ristorazione (servizio mensa e forniture alimenti)
– servizi di gestione degli edifici (servizi di pulizia e materiali per l’igiene)
– trasporti (mezzi e servizi di trasporto, Sistemi di mobilità sostenibile)
[6] “Coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, di servizi e di lavori”
[7] Con esso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio ha individuato “regole e definizioni affinché le regioni adottino disposizioni, destinate agli enti pubblici e alle società a prevalente capitale pubblico, anche di gestione dei servizi, che garantiscano che manufatti e beni realizzati con materiale riciclato coprano almeno il 30% del fabbisogno annuale”. Funge da strumento per la riduzione dell’uso delle risorse naturali e la minimizzazione dei rifiuti.
[8] Green Public Procurement (GPP), Isprambiente.gov
[9] I Criteri Ambientali Minimi (CAM) sono i requisiti ambientali definiti per le varie fasi del processo di acquisto, volti a individuare la soluzione progettuale, il prodotto o il servizio migliore sotto il profilo ambientale lungo il ciclo di vita, tenuto conto della disponibilità di mercato. I CAM sono definiti nell’ambito di quanto stabilito dal Piano per la sostenibilità ambientale dei consumi del settore della pubblica amministrazione e sono adottati con Decreto del Ministro dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del mare. La loro applicazione sistematica ed omogenea consente di diffondere le tecnologie ambientali e i prodotti ambientalmente preferibili e produce un effetto leva sul mercato, inducendo gli operatori economici meno virtuosi ad adeguarsi alle nuove richieste della pubblica amministrazione. Oltre alla valorizzazione della qualità ambientale e al rispetto dei criteri sociali, l’applicazione dei Criteri Ambientali Minimi risponde anche all’esigenza della Pubblica amministrazione di razionalizzare i propri consumi, riducendone ove possibile la spesa. Oggi sono 17 i CAM in vigore: arredi per interni, arredo urbano, ausili per l’incontinenza, cartucce per stampanti, apparecchiature informatiche da ufficio, edilizia, illuminazione pubblica (fornitura e progettazione), illuminazione pubblica (servizio), illuminazione, riscaldamento/raffrescamento per edifici, pulizia per edifici, rifiuti urbani, ristorazione collettiva, sanificazione strutture, sanitarie, tessili, veicoli, verde pubblico.
[10] “Criteri di sostenibilità energetica e ambientale”
[11] Il GPP Obbligatorio, Forumcompraverde.it
[12] Green Public Procurement (GPP), Isprambiente.gov
[13] G. DELFINO, I servizi ambientali, Appaltiecontratti.it
[14] Criteri Ambientali Minimi (CAM): chiarimenti dal Ministero dell’Ambiente, Lavori pubblici.it
[15] A. BEVILACQUA, Op. Cit
[16] Testo del Protocollo d’Intesa ANAC – MATTM del 19/03/18
[17]MinAmbiente – ANAC: firmato il protocollo d’intesa su monitoraggio degli acquisti verdi della PA, lamministrativista.it, 22/03/2018
[18] M. MAURI, Protocolli di promozione degli Appalti verdi: la PA scende in campo, Appaltiecontratti.it