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Il “limite invalicabile” nelle cure con farmaci a fonte biologica

Il principio

Con riferimento ai trattamenti sanitari che prescrivono l’assunzione di farmaci biologici, risulta illegittima la scelta della pubblica amministrazione di imporre, per l’acquisto in deroga di un farmaco biologico non aggiudicato, un meccanismo autorizzatorio fondato su valutazioni di carattere esclusivamente economico in luogo di valutazioni mediche di appropriatezza della cura e di garanzia della continuità terapeutica.

È quanto ha stabilito il T.A.R. Toscana, Firenze, Sez. II, con la sentenza del 21 marzo 2019, n. 400, in senso conforme a quanto affermato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (di seguito “AIFA”), dall’Associazione delle imprese del farmaco (di seguito anche “Farmindustria”) nonché da costante giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sez. III, 11 maggio 2018, n. 2821 e T.A.R. Piemonte, Torino, Sez. I, 14 febbraio 2018, n. 217).

I fatti

Una nota multinazionale del settore farmaceutico impugnava la Deliberazione della Giunta Regionale Toscana del 26 febbraio 2018, n. 194 – unitamente al relativo Allegato A (di seguito, congiuntamente, “DGR”) – con cui la Regione in parola adottava un nuovo protocollo per la gestione degli ordini dei farmaci. Le direttive in tema di acquisti veicolate dalla DGR, imponevano, nella sostanza, di utilizzare esclusivamente i farmaci aggiudicati all’esito di procedure ad evidenza pubblica. Inoltre, in deroga a quanto sopra, potevano essere richiesti ed utilizzati prodotti non aggiudicati solo previa specifica istanza e successiva valutazione da parte del Settore Politiche del farmaco ed appropriatezza, avvalendosi delle competenze dell’OTGC (Organismo Toscano per il Governo Clinico) e dal Gruppo HTA (Health Technology Assessment) di ESTAR[1].

La società ricorrente contestava proprio i criteri imposti dalla DGR per la valutazione all’acquisto di farmaci non aggiudicati. La regolamentazione gravata, infatti, essendo improntata “sulle politiche di governance della spesa e della sostenibilità dell’assistenza farmaceutica regionale”; ovverosia, nella sostanza, su parametri squisitamente di carattere economico e di razionalizzazione della spesa farmaceutica, precluderebbe o comunque ostacolerebbe grandemente la prescrizione di farmaci biologici originators in presenza di biosimilari aggiudicati.

La sentenza in commento, affrontando problematiche connesse alla prescrizione di farmaci biologici e biosimilari consente di svolgere alcune riflessioni sull’ampia e composita categoria dei farmaci da fonte biologica e sulle loro insopprimibili differenze rispetto ai farmaci sintetizzati chimicamente.

I farmaci biologici: definizioni e caratteristiche

Prendono il nome di farmaci biologici i medicinali che contengono una o più sostanze attive derivate non da una sintesi chimica bensì da una fonte biologica e che possono essere presenti nell’organismo umano[2]. Appartengono alla categoria dei farmaci biologici ormoni (ormoni della crescita, insuline, eritropoietine), enzimi prodotti nel corpo umano, anticorpi monoclonali, emoderivati, sieri e vaccini, allergeni e prodotti di tecnologie avanzate utilizzati nelle terapie cellulari e genetiche.

I medicinali biologici differiscono dalle sostanze attive sintetizzate tramite metodiche di chimica farmaceutica tradizionale quanto a dimensione molecolare, complessità strutturale, stabilità del prodotto finale e profilo delle impurezze[3]. Inoltre, mentre i farmaci tradizionali, costituiti da piccole molecole, sono prodotti tramite sintesi chimica, la maggior parte dei farmaci biologici, sono prodotti tramite procedimenti che operano su sistemi viventi (microrganismi o cellule animali). Tali processi introducono elementi di differenziazione e non sono immediatamente trasferibili da un laboratorio ad un altro, contribuendo a determinare l’unicità di ogni prodotto.

La complessità e l’impiego di sistemi cellulari per la produzione dei farmaci biologici non consentono, dunque, la riproduzione di una molecola identica a tutti gli effetti[4]. Il processo di produzione di tali farmaci, infatti, è talmente caratterizzante da potersi affermare che è esso stesso il prodotto[5].

I farmaci biosimilari e l’esercizio di comparabilità

 Il farmaco c.d. “biosimilare” rappresenta un medicinale che è stato sviluppato a partire da un farmaco biologico, il c.d. originator, già autorizzato nell’Unione Europea ma il quale la copertura brevettuale sia ormai scaduta. Il farmaco biosimilare, tuttavia, a differenza del farmaco generico ed avendo quale medicinale di riferimento un principio attivo di carattere biologico e non chimico, si pone, nei confronti del proprio originator, in un rapporto di similarità – quanto a qualità, sicurezza ed efficacia –  ma non di identità. Questo in quanto il principio attivo di un farmaco biosimilare e del proprio farmaco biologico di riferimento, seppur costituiti, di fatto, dalla stessa sostanza biologica, possono presentare differenze minori dovute alla complessità e all’impiego di sistemi cellulari per la produzione che non consentono, come evidenziato sopra, di riprodurre molecole che possano essere considerate identiche a tutti gli effetti. Ovviamente, un farmaco biosimilare viene approvato quando è dimostrato che tali differenze, in uno alla variabilità naturale che comunque è presente in queste tipologie di farmaci, non influiscono, rispetto al medicinale di riferimento, sulla sicurezza e sulla efficacia[6].

Per tale motivo, a differenza dei farmaci di sintesi chimica e di basso peso molecolare, nel campo dei medicinali biologici, non è utilizzabile il concetto di bioequivalenza; rendendosi invero necessario, al fine di valutare la similarità, porre in essere, tra l’originator e il suo biosimilare, “esercizi di comparabilità” che mettano in atto, tra i due, un “robusto confronto “testa a testa” […] secondo specifici standard di qualità, sicurezza ed efficacia, avendo definito a priori le differenze ritenute accettabili, poiché non clinicamente rilevanti[7].

Il concetto di sostituibilità e intercambiabilità

 È necessario ora soffermarci, breviter, sui concetti di sostituibilità e intercambiabilità tra farmaci, in quanto temi chiave toccati dal T.A.R. Toscana nella decisione in parola.

Il primo fa riferimento alla pratica di sostituire un farmaco con un altro farmaco, spesso più economico per il Servizio Sanitario o per il paziente, che sia bioequivalente con il medicinale di riferimento e abbia la stessa composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive, la stessa forma farmaceutica e la stessa via di somministrazione.

L’intercambiabilità, invece, fa riferimento a quella pratica medica di sostituire un farmaco con un altro, che si preveda produca il medesimo effetto clinico in un determinato contesto clinico in qualsiasi paziente, su iniziativa o con l’accordo del medico prescrittore.

Differente ancora, poi, è il concetto di sostituibilità automatica; intendendosi come tale quella pratica per cui il farmacista, senza consultare il medico prescrittore, ha la facoltà, oppure è tenuto, conformemente a norme nazionali o locali, a dispensare, al posto del medicinale prescritto, un farmaco equivalente e intercambiabile.

Dal punto di vista regolatorio e con riferimento ai farmaci biologici e biosimilari, l’EMA ha lasciato alle Autorità regolatorie nazionali la decisione sull’intercambiabilità e/o sulla sostituibilità.

In tal senso, AIFA ha chiarito come i farmaci biologici e biosimilari non possano essere considerati alla stregua dei prodotti generici o equivalenti, escludendone, pertanto, la loro sostituibilità automatica. Biosimilarità, infatti, non è mai piena sovrapponibilità.

Tale indicazione è stata inoltre fatta propria anche dal legislatore nazionale il quale ha stabilito all’art. 15, comma 11-quater, del Decreto Legge n. 95 del 2012, convertito dalla Legge n. 135 del 2012, come introdotto dall’art. 1, comma 407, della Legge n. 232 del 2017 (Legge di Bilancio 2017) che “non è consentita la sostituibilità automatica tra farmaco biologico di riferimento e un suo biosimilare né tra biosimilari”.

La stessa AIFA, tuttavia, in considerazione del fatto che il rapporto rischio-beneficio dei biosimilari è il medesimo di quello degli originators di riferimento, ha considerato – e considera tutt’ora – i biosimilari come prodotti intercambiabili; valorizzando, per l’effetto, il ruolo che il medico prescrittore ricopre con riferimento a tali tipologie di farmaci.

Il limite invalicabile

Sul punto, in particolare, AIFA[8] ha ribadito come la scelta di trattamento rimanga una decisione clinica affidata alla responsabilità del medico prescrittore.

Quest’ultimo, infatti, come affermato da Farmindustria[9], è il solo che può valutare, in scienza e coscienza e sulla base delle caratteristiche individuali del paziente e del miglior approccio terapeutico, la scelta di prescrivere un farmaco originator o un qualsiasi biosimilare.

Tale autonomia decisionale, continua l’Associazione delle imprese del farmaco, non può essere condizionata da sole motivazioni economiche e costituisce, secondo i giudici del collegio toscano, “un limite invalicabile […], che si qualifica in particolare in presenza di pazienti che abbiano iniziato la cura con un farmaco biologico, per i quali si impone l’esigenza di garantire la continuità terapeutica”.

Conclusione

Tornando al caso di specie ed alla luce di tutto quanto sopra, è più agevole comprendere le motivazioni a sostegno delle quali il T.A.R Toscana ha accolto il ricorso presentato dalla nota casa farmaceutica.

Il provvedimento regionale impugnato, infatti, avendo legato l’acquisto di farmaci non aggiudicati a valutazioni di carattere esclusivamente economico ed avendo azzerato l’insopprimibile libertà prescrittiva del medico nel campo dei farmaci biologici, non ha tenuto in debito conto delle peculiarità di quest’ultimi rispetto ai farmaci di sintesi chimica, provvedendo a dettare, nella sostanza, per due categorie ben differenti di medicinali, una disciplina uniforme e, per l’effetto, illegittima.

[1] ESTAR – ovvero Ente di Supporto Tecnico Amministrativo Regionale –  è la centrale di committenza istituita a partire dal 01 ottobre 2014, ai sensi dell’articolo 100 della L.R. 40/2005, per l’esercizio delle funzioni tecniche, amministrative e di supporto delle aziende sanitarie, degli enti del servizio sanitario regionale e delle società della salute in Regione Toscana.

[2] È questa, in estrema sintesi, la nota definizione di medicinale biologico fornita dall’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA/837505/2011), che prosegue affermando come un medicinale biologico “necessita di una rigorosa standardizzazione delle fasi di produzione e di controlli chimico-fisici e biologici integrati” concludendo che “I medicinali biologici sono molecole più grandi e più complesse rispetto ai medicinali non biologici. Soltanto gli organismi viventi sono in grado di riprodurre tale complessità”.

[3] Secondo Position Paper AIFA sui Farmaci Biosimilari, pubblicato in data 11 aprile 2018, pag. 3.

[4] Position Paper Farmindustria “I Biosimilari. La posizione delle Aziende Farmaceutiche”, pubblicato nell’ottobre del 2018, pag. 1.

[5] Karson KL., Nature Biotecnol, 2005.

[6] Sul punto si veda “Questions and Answers on biosimilars medicines EMA/8378052011” del 27 settembre 2012.

[7] Sul punto si veda il Secondo Position Paper AIFA sui Farmaci Biosimilari, pag. 12-13, ai sensi del quale si definisce in senso tecnico “l’esercizio di comparabilità” come “l’insieme di una serie di procedure di confronto graduale (stepwise) che inizia con gli studi di qualità (comparabilità fisico-chimiche e biologiche) e prosegue con la valutazione della comparabilità non-clinica (studi non clinici comparativi) e clinica (studi clinici comparativi) per la valutazione dell’efficacia e della sicurezza”. Infatti, obiettivo fondamentale è dimostrare la similarità (similarity throughout), attraverso studi disegnati in modo tale da individuare le eventuali differenze di qualità tra il biosimilare e il prodotto di riferimento e assicurare che queste non si traducano in differenze cliniche rilevanti in termini di sicurezza ed efficacia tra i due prodotti.

[8] Nel proprio secondo Position Paper AIFA sui Farmaci Biosimilari, pag. 22.

[9] Position Paper Farmindustria, pag. 6.

 

Ugo Attisani

Ugo Attisani nasce a Sondrio il 5 giugno 1989. Avvocato del Foro di Milano, alumni dell'Università Cattolica di Milano, da sempre appassionato di diritto amministrativo e, in particolare, di appalti ed energy, partecipa, dal marzo 2019, al progetto "Ius in itinere" collaborando nel "Dipartimento Diritto Amministrativo". Attualmente collabora con lo studio legale milanese di una Big Four,  occupandosi principalmente di contratti pubblici, energy e Lifescience & Healthcare. Forte passione per il basket, praticato a livello amatoriale per un ventennio, e per manga ed anime. Email: ugo.attisani@iusinitinere.it

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