giovedì, Marzo 28, 2024
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Il matrimonio celebrato “via Skype”

Il matrimonio è l’atto costitutivo del vincolo coniugale con il quale due persone esprimono la volontà di costituire tra loro una comunione spirituale e materiale attraverso cui realizzare lo sviluppo della propria personalità ex art. 2 Cost. All’interno della Carta fondamentale, il matrimonio trova specifica tutela nell’art. 29 Cost. secondo cui lo stesso è fondato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, tale riferimento costituisce espressione della rilevanza riconosciuta dall’ordinamento costituzionale ad un atto che permette ai nubendi di pervenire ad un’unione basata su legami di tipo affettivo. Per tale ragione, infatti, il matrimonio non può essere assimilato ad un contrattoed il legislatore ordinario ha riservato alla sua disciplina un intero titolo – precisamente il titolo VI, del libro I del c.c. – laddove è dato distinguere il matrimonio-atto dal matrimonio-rapporto[1].

In particolare, è bene specificare che il matrimonio-atto può essere definito quale negozio giuridico connotato da una rigida tipicità, formale e contenutistica, teleologicamente preordinato all’assunzione da parte dei coniugi degli impegni di stabile convivenza e aiuto reciproco, secondo i modi e le forme stabilite dai coniugi. Non può obliterarsi in questo senso che si tratta di atto puro, che non tollera apposizioni di termini o condizioni ex art. 108 c.c., libero, personalissimo[2]e complesso, in quanto necessita della partecipazione dell’ufficiale di stato civile e dei nubendi. Ciò peraltro risulta da una serie di norme dettate dal legislatore nel codice e, in particolare, dall’art. 107 c.c., norma fondamentale in ordine alla forma della celebrazione del matrimonio, il quale detta una previsione alquanto puntuale nonché inderogabile, stabilendo gli elementi costitutivi ed essenziali del momento celebrativo del matrimonio[3].

Ebbene, nella realtà fattuale si possono verificare ipotesi di contrazione di matrimonio che non rispettano perfettamente le norme dettate intra moneta riguardo alla forma della sua celebrazione, in quanto può trattarsi di atti stranieri di matrimonio. A tal proposito le normative di riferimento sono il D.P.R. 396/2000, per la trascrizione degli atti redatti all’estero ad opera dell’ufficiale di stato civile e la l. 281/1995, per i rapporti con le legislazioni straniere in materia privatistica. Tali normative hanno come loro nucleo essenziale il concetto di “ordine pubblico” e, più precisamente, il giudizio di compatibilità con il nostro ordine pubblico, il quale costituisce il discrimina per la trascrizione di atti e sentenze straniere e per la valenza nel nostro ordinamento di legislazioni straniere.

Ciò posto, date le coordinate di massima della disciplina matrimoniale, può ora analizzarsi una recente sentenza della Corte di Cassazione[4]relativa proprio ad una caso di trascrizione dell’atto di matrimonio celebrato all’estero da due cittadini stranieri. In particolare, la Corte di legittimità si è trovata ad affrontare un caso di matrimonio contratto da cittadini stranieri secondo la legge straniera e la loro trascrizione dell’atto di matrimonio estero, negata dall’ufficiale di stato civile italiano.

Il caso riguardava un matrimonio contratto per via telematica, via Skype, e, dunque, secondo una modalità derogatoria della necessaria presenza dei nubendi alla celebrazione del matrimonio, così come previsto dall’art. 107 c.c., che, come si è detto, costituisce norma inderogabile. Difatti, il contrasto con l’ordine pubblico rilevato dall’ufficiale di stato civile ai fini della negata trascrivibilità dell’atto matrimoniale atteneva proprio alle modalità di celebrazione dello stesso ritenendosi, lo strumento telematico, ostativo alla all’espressione di un consenso genuino, libero e consapevole, in quando non permette la presenza fisica e contestuale di entrambi i nubendi, così come richiesto dall’art. 107 c.c. Viceversa, la Corte di Cassazione nella decisione de qua sposa una nozione per così dire elastica del concetto di ordine pubblico, affermando che lo stesso non corrisponde semplicemente alle norme qualificabili come inderogabili nel nostro ordinamento, ma corrisponde ai principi fondanti del nostro ordinamento assolutamente insuperabili ed inderogabili anche dal legislatore interno, senza che si verifichi un’ipotesi di illegittimità costituzionale. L’ordine pubblico, quindi, si identifica con l’insieme dei principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale.

Orbene, l’espressione del consenso a contrarre matrimonio per via telematica da un lato è innegabile che non consente la presenza fisica di uno dei due nubendi, il quale effettivamente si trova a distanza dal luogo di celebrazione del matrimonio, ma dall’altro di per sé non ostacola una libera, effettiva e consapevole espressione di detto consenso, in quanto lo strumento telematico di fatto impedisce la presenza fisica dei nubendi, ma non preclude ex séla possibilità di esprimere la volontà spontaneamente e contestualmente alla celebrazione del matrimonio e non in un momento antecedente o susseguente alla medesima.

A bene vedere, peraltro, è lo stesso codice civile a prevedere una deroga alla presenza fisica e contestuale di uno dei nubendi, consentendo la celebrazione del matrimonio per procura all’art. 111 c.c., ponendo, quindi, leciti dubbi sull’assoluta inderogabilità della previsione dettata dall’art. 107 c.c.

Di talchè, il matrimonio celebrato via Skype non può essere considerato contrastante con l’ordine pubblico per il sol fatto di non rispettare perfettamente la forma dettata dal codice per la celebrazione del matrimonio stesso. Inoltre, si precisa, che il rispetto dell’ordine pubblico deve essere garantito, in sede di delibazione, avendo esclusivo riguardo agli effetti dell’atto straniero senza possibilità di sottoporlo ad un sindacato di tipo contenutistico o di merito né di correttezza della soluzione adottata alla luce dell’ordinamento straniero o di quello italiano. Ne consegue, così, che se l’atto matrimoniale  valido per l’ordinamento straniero, in quanto considerato da esso idoneo a rappresentare il consenso matrimoniale dei nubendi in modo consapevole, libero ed effettivo, esso non può considerarsi contrastante con l’ordine pubblico solo perché celebrato in una forma non prevista dall’ordinamento italiano, ma esclusivamente nel caso in cui il contrasto con la normativa italiana riguardi l’incompatibilità con  i principi fondamentali del nostro ordinamento[5].

[1]Il matrimonio atto attiene alla fase genetica del legame tra i coniugi e risponde ad una serie di formalità dettate al fine di consentire l’espressione di una volontà effettiva e libera da qualsivoglia condizionamento esterno; il matrimonio rapporto invece, attiene all’insieme di diritti e doveri intercorrenti reciprocamente tra gli stessi coniugi previsti dagli artt. 143 e ss. c.c.

[2]Fatte salve le eccezioni di cui agli artt. 110 e 111 c.c.

[3]In questo senso rilevano la presenza dell’ufficiale di stato civile; la presenza dei due testimoni; la lettura a gli sposi da parte dell’ufficiale di stato civile degli artt. 143, 144 1 47 c.c.; la ricezione da parte dell’ufficiale di stato civile della dichiarazione di ciascuna delle parti personalmente, l’una dopo l’altra, di voler contrarre matrimonio; la dichiarazione dell’ufficiale di stato civile con cui i nubendi sono uniti in matrimonio.

[4]Cass., Sent. n. 15343 del 2016.

[5]Tale soluzione, peraltro, pare assolutamente coerente con l’art. 28 della l. 281/1995, laddove si stabilisce che “il matrimonio è valido, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge del luogo di celebrazione o dalla legge nazionale di almeno uno dei coniugi al momento della celebrazione o dalla legge dello Stato di comune residenza in tale momento”.

Elena Ficociello

Elena Ficociello nasce a Benevento il 28 luglio del 1993. Dopo aver conseguito la maturità classica presso l'istituto "P. Giannone" si iscrive alla facoltà di giurisprudenza Federico II di Napoli. Si laurea il 13 luglio del 2017, discutendo una tesi in diritto processuale civile, relativa ad una recente modifica alla legge sulla responsabilità civile dello Stato-giudice, argomento delicato e problematico che le ha dato l'opportunità di concentrarsi sui limiti dello ius dicere. A tal proposito, ha partecipato all'incontro di studio organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura presso la Corte di Appello di Roma sul tema "La responsabilità civile dei magistrati". Nell'estate del 2016, a Stasburgo, ha preso parte al master full time "Corso Robert Shuman" sulla tutela dei diritti fondamentali dell'uomo, accreditato dal Consiglio Nazionale Forense, convinta che un buon avvocato, oggi, non può ignorare gli spunti di riflessione che la giurisprudenza della Corte EDU ci offre. Adora viaggiare e già dai primi anni di liceo ha partecipato a corsi di perfezionamento della lingua inglese, prima a Londra e poi a New York, con la Greenwich viaggi. È molto felice di poter collaborare con Ius in itinere, è sicuramente una grande opportunità di crescita poter approfondire e scrivere di temi di diritto di recente interesse. Contatti: elena.ficociello@iusinitinere.it

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