sabato, Aprile 20, 2024
Criminal & Compliance

Il principio di riserva di codice in materia penale

Nella Gazzetta Ufficiale del 22 marzo 2018 è stato pubblicato il Decreto Legislativo 1° marzo 2018, n. 21 recante “Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell’articolo 1, comma 85, lettera q), della Legge 23 giugno 2017, n. 103”, in vigore dal 6 aprile.

Per comprendere l’intervento del legislatore sarà necessaria una premessa, di carattere storico-generale, che dalla fuga dal codice approderà alla riserva di codice.

  1. Fuga dal codice

Il nostro sistema penale, risalente al 1930, è frutto di un’impronta autoritaria e repressiva, costretto a convivere con una Costituzione di impronta liberale, democratica e sociale del 1948; così accade che la fonte principale, la Costituzione, risulta  successiva ad una fonte subordinata come il codice penale. Questo bicefalismo non è mai stato superato da un decisivo intervento innovatore che desse alla luce un codice penale ex novo – come accaduto in Spagna o Portogallo – ma è stato affiancato da sporadici interventi di adattamento volti a recidere i rami di più schietta marca fascista e/o adeguarne l’impianto a nuove esigenze di politica criminale via via avvertite[1]. Le modifiche settoriali della parte speciale, dagli anni ’70 ad oggi, hanno stravolto la fisionomia del codice e ancor più, per operare un processo di continuo adeguamento, si è provveduto ad integrare il sistema penale con le leggi complementari o speciali.

Tutto ciò ha determinato una marginalizzazione della parte speciale del codice nella definizione di quelli che sono i fatti penalmente rilevanti. Questo perché la maggior parte dei reati oggi sono descritti altrove, nelle leggi complementari, in quella legislazione frammentaria a livello penale che è andata a ingolfare e allargare l’area del diritto penale, al punto tale da creare un rapporto di sproporzione enorme tra la parte speciale codicistica e la legislazione complementare, nei termini opposti rispetto a quelli che si potrebbero immaginare. Una legislazione penale ipertrofica, alluvionale e in continua espansione che vede ben 10.000 reati fuori dalle righe del codice tanto da far dubitare della sua stessa funzione di orientamento culturale dei cittadini.

È, pertanto, evidente il motivo dell’espressione “fuga dal codice” che molti studiosi utilizzano per testimoniare questa tendenza alla decodificazione. Ad oggi, infatti, gran parte della materia di recente interesse sociale si colloca nelle leggi speciali o complementari, si pensi alla L. 22 maggio 1978, n. 194 in materia di aborto, alla L. 7 marzo 1996, n. 108 in materia di usura o ancora alla L. 20 febbraio 1958, n. 75 in materia di prostituzione e alla L. 14 dicembre 2000, n. 376 in materia di doping […].

Nel 2017, con la riforma Orlando, legge 23 giugno 2017, n. 103, per far fronte a quanto detto sopra, è stato introdotto il principio della riserva di codice con lo scopo di “una migliore conoscenza dei precetti e delle sanzioni e – dunque – dell’effettività della funzione rieducativa della pena, presupposto indispensabile perché l’intero ordinamento penitenziario sia pienamente conforme ai principi costituzionali, attraverso l’inserimento nel Codice penale di tutte le fattispecie criminose previste da disposizioni di legge in vigore che abbiano a diretto oggetto di tutela beni di rilevanza costituzionale, quali la vita e la protezione della comunità civile”.

  1. La riserva di codice

Con il Decreto Legislativo 1° marzo 2018, n. 21, di cui in apertura, attuativo della delega contenuta nella L. 23 giugno 2017, n. 103, si inserisce nel codice penale il seguente art. 3-bis (Principio della riserva di codice) che dispone: «Nuove disposizioni che prevedono reati possono essere introdotte nell’ordinamento solo se modificano il codice penale ovvero sono inserite in leggi che disciplinano in modo organico la materia».

Così vengono trasposte nel codice penale le seguenti materie:

  • il delitto di sequestro di persona a scopo di coazione;
  • le norme sanzionatorie stabilite per la violazione di misure previste nel codice civile a tutela delle – donne e dei bambini vittime di violenza familiare;
  • le norme sanzionatorie per il mancato pagamento dell’assegno di divorzio e delle somme stabilite in sede di separazione dei coniugi;
  • il delitto in materia di doping;
  • le disposizioni che puniscono l’interruzione di gravidanza non consensuale, dolosa, colposa e preterintenzionale;
  • le disposizioni in materia di tratta delle persone contenute nel codice della navigazione, che prevedono un aggravamento di pena per il comandante della nave e la sanzione penale per il componente dell’equipaggio della nave a tale scopo utilizzata;
  • le norme speciali che combattono il traffico di organi umani;
  • la disciplina relativa alla discriminazione razziale etnica nazionale e religiosa;
  • il delitto di traffico illecito di rifiuti;
  • il delitto di indebito utilizzo di carte di credito o di pagamento o la loro falsificazione;
  • il delitto di trasferimento fraudolento di valori (c.d. intestazione fittizia dei beni);
  • le circostanze aggravanti dei delitti commessi avvalendosi delle modalità mafiose ovvero di delitti con finalità di terrorismo;
  • le attenuanti collegate alla dissociazione;
  • l’aggravante del reato transazionale che opera tutte le volte in cui un certo reato, punito con la pena superiore a 4 anni di reclusione, sia caratterizzato dal contributo offerto nella fase di organizzazione o nella sua esecuzione da un gruppo criminale operante in più Paesi.

L’intervento mira a un riordino della materia penale, con l’obiettivo di razionalizzare e rendere, quindi, maggiormente conoscibile e comprensibile la normativa penale e di porre un freno alla eccessiva, caotica e non sempre facilmente intellegibile produzione legislativa di settore.

Si pensi, a titolo esemplificativo, alla materia del doping attratta nel codice penale sull’assunto che il bene tutelato è essenzialmente quello della salute individuale. La collocazione all’interno del codice penale, tra i delitti contro la persona e specificamente a seguire dell’articolo 586 c.p., ha il chiaro significato di una presa di posizione a favore della salvaguardia della integrità fisica del singolo piuttosto che della tutela del fair play sportivo, attribuibile all’incriminazione in esame[2]. O ancora si pensi alla circostanza aggravante della transnazionalità disciplinata sino ad oggi dalla Legge 16 marzo 2006, n. 146 e adesso inserita all’interno del codice penale. Infatti: l’art. 5 comma 1 lett. a) del Decreto Legislativo 1 marzo 2018, n. 21 dispone che dopo l’articolo 61 c.p. è inserito l’art. 61-bis c.p. rubricato “Circostanza aggravante del reato transnazionale”; l’art. 7 lett. p) del Decreto Legislativo 1 marzo 2018, n. 21 dispone conseguentemente l’abrogazione dell’articolo 4 della legge 16 marzo 2006, n. 146.

L’intentio del legislatore appare chiara, tuttavia è certamente vero che una disposizione sulla riserva di codice inserita nel codice penale e non nella Costituzione costituisce un argine alquanto labile all’espansione poco meditata del diritto penale, trattandosi di norma ordinaria e non di rango costituzionale; ma è pur vero che, inserita nella parte generale del codice penale, si eleva a principio generale di cui il futuro legislatore dovrà necessariamente tenere conto, spiegando le ragioni del suo eventuale mancato rispetto.
Si costruisce in tal modo una norma di indirizzo, di sicuro rilievo, in grado di incidere sulla produzione legislativa futura in materia penale[3].

[1] G. Fiandaca, E. Musco, Diritto penale – parte generale, Settima edizione.

[2] www.giustizia.it

[3] www.giustizia.it

Piera Di Guida

Piera Di Guida nasce a Napoli nel 1994. Ha contribuito a fondare “Ius in itinere” e collabora sin dall’inizio con la redazione di articoli. Dopo la maturità scientifica si iscrive alla facoltà di giurisprudenza Federico II di Napoli e nel 2015 diviene socia ELSA Napoli (European Law Student Association). Ha partecipato alla redazione di un volume dal titolo "Cause di esclusione dell'antigiuridicità nella teoria del reato- fondamento politico criminale e inquadramento dogmatico", trattando nello specifico "Lo stato di necessità e il rifiuto di cure sanitarie" grazie ad un progetto ELSA con la collaborazione del prof. Giuseppe Amarelli ordinario della cattedra di diritto penale parte speciale presso l'università Federico II di Napoli. Seguita dallo stesso prof. Amarelli scrive la tesi in materia di colpa medica, ed approfondisce la tematica della responsabilità professionale in generale. Consegue nel 2017 il titolo di dottore magistrale in giurisprudenza con votazione 110/110. Nell’anno 2016 ha sostenuto uno stage di 3 mesi presso lo studio legale Troyer Bagliani & associati, con sede a Milano, affiancando quotidianamente professionisti del settore e imparando a lavorare in particolare su modelli di organizzazione e gestione ex d.lgs. n. 231/01 e white collar crimes. Attualmente collabora con lo Studio Legale Avv. Alfredo Guarino, sito in Napoli. Ha svolto con esito positivo il tirocinio ex art.73, comma 1 d.l. n.69/2013 presso la Corte d'Appello di Napoli, IV Sezione penale. Nell'ottobre 2020 consegue con votazione 399/450 l'abilitazione all'esercizio della professione forense. Dal 27 gennaio 2021 è iscritta all'Albo degli Avvocati presso il Tribunale di Napoli. Un forte spirito critico e grande senso della giustizia e del dovere la contraddistinguono nella vita e nel lavoro. Email: piera.diguida@iusinitinere.it

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