giovedì, Marzo 28, 2024
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Il processo di adesione all’UE: i casi di Albania e Macedonia

Nel Consiglio europeo dello scorso 17 ottobre i capi di Stato europei hanno discusso della possibilità di aprire i negoziati per l’adesione all’Unione Europea di Albania e Macedonia del Nord. Come è noto, la raccomandazione della Commissione non è però stata accolta dai capi di Stato europei, con il determinante veto di Francia, Danimarca e Paesi Bassi – questi ultimi paesi contrari solamente all’adesione dell’Albania[1]. Il Presidente francese, Emmanuel Macron, ha dichiarato che tale scelta è stata motivata dalla necessità di riformare la procedura di adesione prima di valutare eventuali nuovi ingressi nell’Unione; al contempo, Macron ha anche bocciato l’idea di ricorrere al c.d. “decoupling”, ossia alla divisione delle due procedure: separare i destini dei due paesi, nell’opinione di Macron, potrebbe causare “problemi con movimenti politici di violenza inaudita non solo in Albania (e in Macedonia, nda.) ma anche negli altri paesi[2].

La decisione è stata apertamente criticata dagli altri membri del Consiglio, non ultimo il nostro Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che ha definito la scelta “un errore storico”, anche alla luce della forte determinazione di questi paesi ad entrare nell’UE: tanto l’Albania quanto la Macedonia del Nord, negli scorsi anni, hanno infatti avviato, seppur con alterne fortune, un processo di radicale riforma del proprio ordinamento interno, al fine di rendere la propria candidatura più solida e credibile agli occhi del consenso europeo.

L’adesione di uno Stato all’Unione è subordinata ad un lungo e complesso processo che comincia, ai sensi dell’art. 49 TUE, con la presentazione di una domanda al Consiglio dell’Unione Europea[3]. La domanda di ammissione può però essere presentata solo da paesi che:

(a) siano parte dell’Europa geografica (criterio che ha in passato reso impossibile – o comunque ostacolato – la possibile adesione di paesi come Israele e Marocco);

(b) si impegnino a rispettare i valori di cui all’art. 2 TUE, ossia “dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, Stato di diritto e rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze”, valori condivisi da tutti gli Stati dell’Unione in quanto paesi caratterizzati da “dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”.

Oltre a questi criteri, il paese richiedente è inoltre chiamato a rispettare i c.d. criteri di Copenaghen, così come definiti durante il Consiglio europeo svoltosi nel 1993 ed integrati dal Consiglio europeo di Madrid del 1995. Perché la candidatura sia considerata ammissibile è necessario che lo Stato: i) sia dotato di “istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti dell’uomo, il rispetto delle minoranze e la loro tutela”; ii)  abbia “un’economia di mercato affidabile” e capace di affrontare la concorrenza all’interno del mercato unico europeo; iii) sia capace di “assumere e attuare efficacemente gli obblighi inerenti all’adesione” su diversi livelli (politico, economico e monetario); iv) sia in grado, infine, di garantire un recepimento efficace delle norme del diritto comunitario nell’ordinamento interno attraverso “adeguate strutture amministrative e giudiziarie”.

La domanda, presentata al Consiglio dell’Unione Europa, viene poi posta all’attenzione del Parlamento europeo e della Commissione, che sono chiamati a dare loro parere favorevole sul riconoscimento, da parte del Consiglio, dello status di candidato. Di seguito, lo stesso Consiglio dell’UE si pronuncia, con decisione unanime, sull’apertura dei negoziati con il paese richiedente; come previsto dall’art. 49 TUE, infatti, “le condizioni per l’ammissione e gli adattamenti dei trattati su cui è fondata l’Unione, da essa determinati, formano l’oggetto di un accordo tra gli Stati membri e lo Stato richiedente”. Questa fase è certamente la più delicata dell’intera procedura: tra il paese candidato e i paesi già membri dell’Unione si svolgono delle conferenze intergovernative per singola area tematico-politica[4] finalizzati a adeguare e armonizzare il diritto interno con l’acquis comunitario[5].

Durante la fase dei negoziati, ruolo centrale è occupato dalla Commissione, la quale: (a) supporta i paesi candidati a ricorrendo a strumenti, come il Technical Assistance and Information Exchange (TAIEX), pensati per fornire a questi paesi il know-how e il supporto per permettere alle istituzioni e autorità nazionali di adeguare la propria normativa all’ordinamento comunitario[6]; (b) segue lo svolgimento dei negoziati e dei lavori delle conferenze attraverso un processo di vero e proprio screening dei risultati raggiunti e stabilendo modalità ad hoc per lo svolgimento dei negoziati.

In questo senso, Commissione e conferenze intergovernative possono concordare, infatti, non solo di chiudere provvisoriamente determinati “tavoli” di discussione su alcuni specifici temi, ma anche di concordare una normativa speciale o transitoria per permettere un graduale adeguamento della legge nazionale alle previsioni dell’acquis comunitario. Nel corso di questo processo, la Commissione, mediante relazioni annuali sull’avanzamento dei negoziati, mantiene informati Consiglio e Parlamento. Quest’ultimo può presentare osservazioni non solo sulle relazioni della Commissione, ma anche sui programmi di adeguamento stilati dai paesi candidati.

La fase della negoziazione, che può durare anche diversi anni, ha, come obiettivo, la preparazione di un trattato di adesione, concluso tra Commissione e paese candidato. Questo trattato è l’ultimo passo prima della definitiva adesione e deve essere infine discusso e approvato all’unanimità dal Consiglio dell’Unione Europea e l’approvazione del Parlamento Europeo. Il trattato viene poi ratificato non solo dalle istituzioni comunitarie, ma anche dai singoli paesi dell’Unione, oltre che, ovviamente, dal paese candidato all’adesione.

Così come delineata, la procedura, nella sua complessità, ha ancora una natura essenzialmente intergovernativa: le conferenze, infatti, sono composte non da rappresentanti delle istituzioni comunitarie, ma dai ministri dei singoli paesi europei[7]. È su questo punto che si possono cogliere le preoccupazioni di Macron, che spera in una riforma della procedura che valorizzi il ruolo delle istituzioni comunitarie nel discutere dell’adesione di un paese. D’altra parte, a livello politico, lo slittamento dell’inizio dei negoziati ha avuto e avrà forti ripercussioni tanto per i paesi balcanici quanto per l’Europa stessa.

Per l’Unione, infatti, la decisione di rinviare l’inizio dei negoziati rappresenta uno stop in quella politica di apertura dell’UE ai Balcani occidentali già proposta con specifici piani e programmi all’inizio degli anni 2000 e confermata nel 2018 dalla Commissione Juncker[8]. Gli effetti negativi più forti sono però stati subiti dai due paesi balcanici[9].

In Albania, paese in cui l’UE gode di enorme popolarità[10], l’interruzione, seppur momentanea, della procedura rappresenta un mancato riconoscimento degli enormi sforzi riformisti avviati dal governo negli ultimi anni, soprattutto in tema di giustizia e repressione del crimine organizzato e del traffico di droga[11]. Tirana può comunque godere dei benefici di un legame con l’Unione già forte, come confermato anche dall’abolizione, nel 2010, dell’obbligo, per i cittadini albanesi, di ottenere un visto per viaggiare in Europa[12].

La Macedonia del Nord, dal canto suo, risolte le tensioni con la Grecia[13], ha rischiato una forte crisi politica dopo il Consiglio europeo dello scorso ottobre: il premier Zoran Zaev ha annunciato[14] di voler indire elezioni anticipate per rimettere ai cittadini la decisione sul prosieguo delle trattative per l’ingresso in UE o la loro definitiva interruzione.

Le prospettive sono comunque rosee: la neo presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha già sottolineato come i due paesi “[hanno] fatto enormi sforzi per avvicinarsi agli standard europei e meritino un segnale positivo[15].

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[1] Ue, Francia mette veto su adesione di Albania e Macedonia del Nord: negoziati bloccati e discussione rinviata. Conte: “Errore storico”, IlFattoQuotidiano, 18 ottobre 2019 (https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/10/18/ue-francia-mette-veto-su-adesione-di-albania-e-macedonia-del-nord-negoziati-bloccati-e-discussione-rinviata-conte-errore-storico/5520946/)

[2] Ue si spacca su allargamento, Macron chiude ai negoziati, ANSA, 18 ottobre 2019 (http://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/stati/albania/2019/10/18/ue-si-spacca-su-allargamento-macron-chiude-ai-negoziati_28ef5174-ed00-4332-a795-f4a05926aade.html).

[3] Per un sunto dell’intera procedura si veda Far parte dell’Unione europea: il processo di adesione (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=LEGISSUM%3Al14536).

[4] Sono ben 35 i settori oggetto di discussione delle conferenze; a titolo esemplificativo: libertà di movimento, ambiente, sicurezza di beni e alimenti, tassazione, lavoro e giustizia. Per l’elenco puntuale si veda Chapter of the acquis ).

[5] Per acquis si intende l’insieme delle norme vincolanti per gli Stati membri dell’UE; è un insieme in costante aggiornamento, in quanto ricomprende non solo le fonti del diritto comunitario, ma anche le norme di diritto internazionale derivate dai trattati conclusi dall’UE, nonché tutte le misure specifiche adottate in sede comunitaria per lavoro, sicurezza, ordine pubblico e politica estera (https://eur-lex.europa.eu/summary/glossary/acquis.html).

[6] Per una definizione del TAIEX si veda https://eur-lex.europa.eu/summary/glossary/taiex.html.

[7] European Neighbourhood Policy And Enlargement Negotiations, Steps towards joining ).

[8] Strategy for Western Balcans, 6 febbraio 2018 (https://ec.europa.eu/commission/news/strategy-western-balkans-2018-feb-06_en) e A credible enlargement perspective for and enhanced EU engagement with the Western Balkans (https://ec.europa.eu/commission/sites/beta-political/files/the-enlargement-process_en.pdf).

[9] Fruscione G., Allargamento UE: la Francia spegne le speranze dei Balcani, 19 ottobre 2019 (https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/allargamento-ue-la-francia-spegne-le-speranze-dei-balcani-24205).

[10] Nigro V., Albania, il primo ministro vuole l’Europa: “L’Ue può garantire pace e prosperità”

, La Repubblica, 12 ottobre 2017 (https://www.repubblica.it/esteri/2017/10/12/news/intervista_edi_rama_premier_albanese_albania_e_europeista_nei_balcani_ricordo_della_guerra_ancora_vivo-178038659/).

[11] Albania al bivio comunitario, tra grandi riforme e proteste di piazza, EuroNews, 7 giugno 2019 (https://it.euronews.com/2019/06/07/albania-al-bivio-comunitario-tra-grandi-riforme-e-proteste-di-piazza).

[12] Ai sensi dell’Accordo tra la Comunità europea e la Repubblica d’Albania di facilitazione del rilascio dei visti del 19.12.2007, n. 334/85 ).

[13] Con la conclusione degli accordi di Prespa nel giugno 2018 (si veda Celeghini R., Balcani: La Macedonia ha (finalmente) un nome, EastJournal, 13 giugno 2018, https://www.eastjournal.net/archives/90827).

[14] .

[15] Francia blocca negoziati Ue con Albania e Macedonia del Nord, ANSA, 17 ottobre 2019 (http://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2019/10/17/francia-blocca-negoziati-ue-con-albania-e-macedonia_2df9dd3e-f722-47ff-b182-77611f9c5a02.html).

Fabio Tumminello

30 anni, attualmente attivo nel ramo assicurativo, abilitato all'esercizio della professione forense, laureato in giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Torino con tesi sulla responsabilità medico-sanitaria nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo e vincitore del Premio Sperduti 2017. Vice-responsabile della sezione di diritto internazionale di Ius in itinere, con particolare interesse per diritto internazionale, diritti umani e diritto dell'Unione Europea. Già autore per M.S.O.I. ThePost e per il periodico giuridico Nomodos - Il Cantore delle Leggi, ha collaborato alla stesura di una raccolta di sentenze ed opinioni del Giudice della Corte europea dei diritti dell'uomo Paulo Pinto de Albuquerque ("I diritti umani in una prospettiva europea. Opinioni dissenzienti e concorrenti 2016 - 2020").

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