venerdì, Aprile 19, 2024
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Il public procurement by design: uno strumento di innovazione

La graduale riduzione delle risorse a disposizione dei governi accentuata dalla crisi economica ha contribuito all’impossibilità, da parte di questi, di rispondere in modo appropriato alle necessità e alle aspettative dei cittadini. Come conseguenza si è verificata una graduale riduzione dei servizi di welfare[1]che vengono proposti, nelle loro strutture obsolete, per risolvere problemi sociali sempre più complessi. In un articolo precedente[2] questi fattori sono stati presentati come il presupposto per adottare una nuova ‘cassetta degli attrezzi’ nel settore pubblico che possa aiutare i governi sia locali sia nazionali a proporre nuove soluzioni a problemi di enorme complessità agendo sul modus operandi. In questo articolo si presentano alcuni di questi strumenti che possono aiutare a portare innovazione nel settore pubblico.

Una premessa importante da rimarcare è la differente velocità con cui il mondo privato viaggia rispetto al mondo pubblico ed è impressionante notare come ci sia sempre di più un distacco evidente da parte dei cittadini nei confronti delle istituzioni. Essi si trovano da una parte, a contatto con una realtà rapida e frenetica in cui la tecnologia predomina, cresce in modo esponenziale e diventa pervasiva nelle vite delle persone e, dall’altra, una realtà che segue con affanno l’innovazione e si trova bloccata in strutture fatiscenti, datate e macchinose. I cittadini, in particolare la generazione dei millennials che sta prendendo gradualmente il posto della classe dirigente, percepisce radicalmente la differenza tra servizi che mostrano attenzione per l’esperienza dell’utente e servizi difficili e macchinosi da fruire.

Ad oggi, gli avanzamenti costanti della tecnologia sono possibili grazie ad istituti, imprese e start up che investono nella ricerca e generano innovazione continua. Si configura, quindi uno scenario in cui ci sono a disposizione strumenti avanzati e soggetti in grado di gestire tecnologie e innovazioni, ma al tempo stesso una sostanziale difficoltà nell’utilizzare le potenzialità di questi per risolvere i problemi sociali e soddisfare le necessità del popolo.[3]

In risposta a questa discrepanza alcuni governi stanno rivalutando il public procurement come strumento per incentivare l’innovazione all’interno dell’offerta di servizi pubblici. “Il termine public procurement (PP) è utilizzato per identificare quella parte di spesa pubblica destinata all’acquisto diretto di beni e servizi da parte della Pubblica Amministrazione (costruzioni, servizi di gestioni rifiuti, gestione dell’energia, ecc…)”[4]

Mariel Reed, fondatrice di CoProcure[5] sottolinea come “i governi hanno accesso a questo strumento molto potente ma spesso sottoutilizzato come leva di innovazione. Molte agenzie pubbliche stanno ‘hackerando’ il modo di fare procurement per accedere a nuovi strumenti e tecnologie forniti da nuove categorie di soggetti fornitori. Per i governi locali e nazionali, ristrutturare il processo per fare procurement può avere un impatto significativo sul miglioramento dei servizi pubblici”[6]

Ad oggi, in molti governi, i processi che portano alla formulazione dei contratti pubblici presentano delle carenze che non permettono di affrontare realmente i problemi sociali e di trovare soluzioni efficaci. In particolare, ci sono alcune problematiche legate al modo in cui i bandi vengono strutturati. C’è un approccio che tende a richiedere ai fornitori una soluzione predeterminata e delle attività con caratteristiche specifiche senza la certezza che siano effettivamente quelle che portino al risultato sociale auspicato a lungo termine (es. limitare la disoccupazione giovanile, garantire una riduzione del crimine, ecc…). Molte volte, il modo in cui viene gestita la relazione con i fornitori non fa emergere cosa sta funzionando per raggiungere gli scopi sociali e cosa invece andrebbe proposto diversamente. In questo modo non si raggiunge l’impatto desiderato ma solo soluzioni a breve termine che hanno un effetto poco chiaro sui cittadini.[7]

L’Italia presenta queste ed altre problematiche dal punto di vista dei contratti pubblici sia per la scala locale sia per quella nazionale. C’è una difficoltà oggettiva nell’ingaggiare start-up dovuta ad una normativa limitante che preclude a questi soggetti la partecipazione a molte procedure di appalto. Un’altra problematica deriva dal fatto che il momento in cui il bisogno di innovazione viene percepito e quello in cui viene messo in atto, sono distanti nel tempo e sono due momenti gestiti da persone differenti che non hanno la visione completa che spinge verso quell’azione. Inoltre, c’è una sostanziale mancanza di competenze progettuali sia nel momento della selezione dei progetti sia in quella dell’esecuzione dei lavori.[8]

Per superare i limiti attuali, le agenzie pubbliche che stanno cercando di ‘hackerare’ i processi per il public procurement adottano sempre di più le metodologie e i princìpi del design thinking per invertire l’ottica con cui le start up e le imprese vengono coinvolte nei contratti pubblici. Si passa sempre di più da una prospettiva solution-based tipica delle strutture buro-centriche con la logica dell’adempimento ad una problem-based tipica dell’approccio utente-centrico del design. Ovvero, invece di richiedere una soluzione determinata definita a priori, l’amministrazione pubblica propone il problema sociale che vuole risolvere, quindi l’impatto a lungo termine che si vuole ottenere in uno specifico territorio. Ad esempio, una richiesta che oggi viene formulata in questo modo è: ”abbiamo bisogno di un nuovo carcere che abbia queste dimensioni specifiche, questo numero di celle…”, potrebbe essere trasformata in: ”abbiamo un numero crescente di persone che commettono delitti in modo recidivo. Come possiamo evitarlo?” La risposta potrebbe essere: ”un nuovo carcere che possa ospitarli tutti, ma anche un programma scolastico che si rivolga ai minorenni a rischio criminalità o la rivalutazione degli spazi pubblici di un quartiere pericoloso o ancora, un sistema di intelligenza artificiale che identifichi le persone a rischio criminalità e agisca in modo preventivo”.

Questo nuovo modo di intendere il procurement pubblico mette i governi sullo stesso livello delle grandi aziende che introducono l’open innovation nella propria cultura aziendale, ovvero l’attitudine ad aprire i processi di innovazione a soggetti esterni che portano nuove competenze e punti di vista differenti. “I governi, così come le aziende lavorano con le start up per accelerare l’innovazione interna, adottare nuove tecnologie e diventare più agili” afferma Wendy Tan-White, angel investor e membro del U.K. Digital Economy Council and Tech Nation.[9] Tutte le start up che si pongono questo tipo di obiettivo e hanno una natura molto tecnologica sono classificate all’interno del filone Govtech definito come “le tecnologie digitali ed emergenti che i governi utilizzano per migliorare la propria struttura e il modo in cui forniscono i servizi pubblici ai cittadini”. Il valore a livello globale di questo settore è stimato tra i 400 miliardi e 1 trilione di dollari annualmente.[10] 

La città di San Francisco, sin dal 2014, porta avanti il programma STIR (San Francisco’s Startup in Residence) che si pone l’obiettivo di superare le barriere tradizionali al processo di procurement per accedere a soluzioni innovative ai problemi civici. Il programma, della durata di 4 mesi connette delle startup con delle agenzie pubbliche che devono sviluppare nuovi strumenti tecnologici[11] ed ha già dimostrato un’efficacia di un approccio orientato al problema invece che a una soluzione determinata, infatti alle start-up vengono proposti dei bisogni della città piuttosto che dei requisiti specifici da fornire. Il programma ha avuto un grande successo tanto che è stato implementato in altre 11 città statunitensi.[12]

Seguendo lo stesso cambio di prospettiva, il Government Digital Service (GDS) britannico ovvero il dipartimento che si occupa dei servizi pubblici digitali, dal 2017 ha dato vita al Govtech Catalyst, un programma che si occupa di semplificare il modo in cui l’innovazione tecnologica può essere integrata per risolvere problemi collettivi come la gestione dei rifiuti, i servizi di assistenza sociale o la necessità dei trasporti pubblici. Il Catalyst ha a disposizione 20 milioni di sterline in 3 anni dedicate a questo scopo. Il programma si articola in questo modo: il governo centrale o le autorità locali propongono dei problemi a cui vogliono trovare una soluzione; i problemi vengono selezionati dal team del Catalyst e trasformati in competizioni. Le imprese private possono rispondere alla competizione con le loro soluzioni tecnologiche. A questo punto, vengono selezionate 5 imprese che hanno 50.000 sterline ciascuna e 12 settimane a disposizione per creare un prototipo della soluzione. Da qui, in seguito ad una valutazione, vengono scelti i due progetti a cui si affidano 500.000 sterline per la creazione del prodotto finito che sarà accessibile a tutte le pubbliche amministrazione nazionali[13].

Il Procurement by Co-design è un altro esperimento interessante e innovativo che segue l’approccio problem-based. È stato sviluppato a Toronto, in Canada, dal Mars Solution Lab (uno dei laboratori di innovazione pubblica) ed è focalizzato principalmente sul public procurement innovativo nel settore della sanità. Il processo inizia con la pubblicazione della ‘sfida’ da parte dei soggetti sanitari come ospedali e cliniche, che dichiarano i risultati sociali attesi e i criteri di valutazione dei fornitori. Questi ultimi rispondono con la loro proposta di soluzione alla sfida sulla base della quale vengono selezionati e invitati a raccontarla. Da qui inizia un processo di co-design che vede gli ospedali o altri soggetti sanitari lavorare insieme ai possibili fornitori attraverso workshop organizzati dal MaRS.

Queste attività si basano sulla metodologia del design thinking[14] e quella lean[15], tanto da includere un primo momento di ricerca sul campo con gli utenti-cittadini-pazienti per comprendere e costruire empatia con le necessità da considerare. Dopo questa attività è prevista una fase iterativa di progettazione che aiuta a sperimentare diverse strade e comprendere cosa potrebbe funzionare meglio e cosa evitare. Imparando da questi esperimenti, il fornitore e il soggetto sanitario costruiscono insieme un MVP (un primo prodotto-servizio funzionante) e un primo business model. Dopo questa fase, si decide se procedere o meno con la collaborazione.[16]

In conclusione, alla luce di queste nuove sperimentazioni, risulta evidente come i processi tradizionali di public procurement siano obsoleti e non adatti a risolvere in modo efficace i problemi civici. È possibile coinvolgere e includere in modo innovativo e creativo i soggetti portatori di innovazione tecnologica invertendo il punto di vista sul modo in cui vengono sviluppati i contratti pubblici: iniziare dal problema e non dalla soluzione. L’approccio del design thinking risulta uno strumento efficace per delineare questi nuovi processi, garantendo che le soluzioni proposte rispondano effettivamente alle esigenze dei cittadini, e introducendo una logica di sperimentazione iterativa che cerca di capire cosa funziona effettivamente per riuscire a raggiungere un determinato impatto sociale.

 

[1] Grisolia, Ferragina., “Social innovation on the rise: Yet another buzzword in a time of austerity?”, in Salute e Societa, Jan 2015

[2] C. Zampella, “Design e sperimentazione: un nuovo approccio alle politiche pubbliche”, Ius in Itinere, ottobre 2018, https://www.iusinitinere.it/design-e-sperimentazione-un-nuovo-approccio-alle-politiche-pubbliche-13222

[3] Reed, “Public servants are hacking procurement to drive innovation”, Apolitical, Maggio 2018 https://apolitical.co/solution_article/public-servants-are-hacking-procurement-to-drive-innovation/

[4] Guarascio, Crespi, “A cosa serve il public procurement”, Sbilanciamoci, luglio 2016 http://sbilanciamoci.info/cosa-serve-public-procurement/

[5] CoProcure, Sito Web Ufficiale, https://www.coprocure.us/

[6] Ibidem 3, https://apolitical.co/solution_article/public-servants-are-hacking-procurement-to-drive-innovation/

[7] The Australian Center for Social Innovation, “Paying for Outcomes”, TACSI, pagina Bold ideas https://www.tacsi.org.au/bold-ideas/paying-for-outcomes/

[8] VeniceCom“Miglioramento dell’innovazione del Procurement” resoconto 27° edizione del Forum PA, VeniceCom, Agosto 2016

[9] Welsh, “11 Developments In Govtech”, Forbes, Novembre 2018 https://www.forbes.com/sites/johnwelsheurope/2018/11/12/11-developments-in-govtech-that-you-really-need-to-know/#5a50ee627ae3

[10] Filer, “Governing Govtech”, Blog Bennett Institute for public policy, Cambridge University, 2017 https://www.bennettinstitute.cam.ac.uk/blog/governing-govtech/

[11] Ibidem 3, https://apolitical.co/solution_article/public-servants-are-hacking-procurement-to-drive-innovation/

[12] Start Up in Residence, Sito Web ufficiale,

[13] Dale, “How to set up your own GovTech Catalyst”, Blog Government Digital Service, Dicembre 2018 https://gds.blog.gov.uk/2018/12/17/how-to-set-up-your-own-govtech-catalyst/

[14] Ibidem 2, https://www.iusinitinere.it/design-e-sperimentazione-un-nuovo-approccio-alle-politiche-pubbliche-13222

[15] Leankit, “Lean methodology”, Planview Leankit, https://leankit.com/learn/lean/lean-methodology/

[16] “Innovation Partnership: Procurement by Co-Design”, MaRSDD Sito Web Ufficiale

Fonte immagine: https://www.proofhub.com/articles/project-management-startups

Claudia Zampella

nata ad Aversa nel giugno 1992. Laurea al Politecnico di Milano in Product-Service System Design in doppia laurea con la Tongji University di Shanghai e con il Politecnico di Torino. Tesi sul ruolo del design per la progettazione di servizi pubblici in paesi con un basso capitale sociale dal titolo "A design toolkit to engage citizens in innovating public policies within weak contexts" Area di interesse: Politica Economica Interessi: il service design thinking per i servizi e le politiche pubbliche, progettazione cittadino-centrica, sperimentazione nelle politiche pubbliche, public procurement innovation, tecnologia e dati per le decisioni pubbliche, tecnologie civiche, sostenibilità e diritti umani Lavoro attuale: Civic Service Designer presso una Società Benefit che si occupa di design e tecnologia per l'innovazione sociale attraverso la consulenza e la formazione Obiettivi futuri: diffusione delle competenze del design per l'innovazione sociale e pubblica in altri contesti; creazione di una community regionale interessata alla pratica e alla sperimentazione di questi temi.

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