giovedì, Aprile 18, 2024
Criminal & Compliance

Il reato di falsa testimonianza: affermare il falso, negare il vero o tacere

La falsa testimonianza è regolata dal codice penale all’art. 372 c.p. e recita: “Chiunque, deponendo come testimone innanzi all’Autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato, è punito con la reclusione da due a sei anni.” Tale fattispecie si configura come delitto contro l’amministrazione della giustizia, posto a tutela del corretto funzionamento dell’attività giudiziaria, in quanto si vuole garantire veridicità e completezza della prova testimoniale. [1]

La falsa testimonianza è un reato che si realizza sia mediante dichiarazioni mendaci sia nel caso di reticenza, in riferimento ai fatti oggetto di deposizione pertinenti e rilevanti ai fini del giudizio. Esso rientra tra i reati di pericolo, dunque è sufficiente che la testimonianza sia idonea ad influire sull’esito del processo e si perfeziona con l’espletamento della prova testimoniale. Non tutte le menzogne integrano il reato, infatti secondo la Corte di Cassazione le dichiarazioni false o reticenti devono essere pertinenti con l’oggetto del procedimento, cioè con i fatti contestati dall’imputato [2]. Nell’ipotesi indicata la condotta non sincera del testimone può integrare il reato di falsa testimonianza. Se la falsa testimonianza, non è decisiva né rilevante per la pronuncia del giudice, chi l’ha commessa risponderà ugualmente del reato in quanto è sufficiente l’idoneità della menzogna o della reticenza a sviare la giustizia. Dunque, il reato si configura in presenza di dichiarazioni contrarie a quanto forma oggetto delle consapevolezze del testimone [3]. Il reato invece, non si realizza quando la testimonianza ha ad oggetto fatti estranei al giudizio, ovvero privi di rilevanza probatoria, poiché in relazione al principio di offensività, la testimonianza è inidonea ad alterare il convincimento del giudice e ad incidere sul normale funzionamento della giustizia.

La falsa testimonianza è altresì un reato proprio, in quanto è ascrivibile solamente a chi riveste la qualifica giuridica di testimone in sede civile o penale; infatti la prova testimoniale rappresenta il mezzo idoneo a fondare il convincimento del giudice. Il soggetto passivo del reato invece, viene individuato nello Stato-collettività e non in un soggetto privato che, può essere eventualmente danneggiato dalla dichiarazione falsa, o dal silenzio del teste.

In relazione all’elemento soggettivo è sufficiente il dolo generico, ovvero la consapevolezza e la volontà di affermare il falso, negare il vero o tacere, ma resta indifferente l’obiettivo concretamente auspicato dall’agente. La Suprema Corte ha più volte precisato che l’integrazione della fattispecie criminosa della falsa testimonianza non richiede il dolo specifico, poichè basta l’intendimento, comunque determinatosi, di dire il falso e resta indifferente l’obiettivo avuto di mira dall’agente. [4]

Riguardo invece l’elemento oggettivo, la condotta è integrabile nella sia nella forma commissiva in quanto è sufficiente la consapevolezza di dichiarazioni non rispondenti al vero, sia nella forma omissiva caratterizzata dal cosciente intendimento di non esporre circostanze rilevanti riguardanti i fatti di causa [5]. Il momento consumativo coincide con l’espletamento della prova e con il conseguente esaurimento di tutte le domande formulate al teste.

In dottrina si è diffusa l’opinione che il precedente logico della deposizione dinnanzi all’autorità giudiziaria è una “percezione sensoriale” di quanto accaduto. Quanto disciplinato dal codice appare inadeguato a far fronte ad un reato di così complesso accertamento, poiché presuppone l’analisi di una situazione psichica. Secondo questa tesi il giudice in realtà è tenuto a ricostruire non un fatto, ma uno status mentale, in relazione alla consapevolezza del teste di voler contraddire con le sue dichiarazioni ciò che ha effettivamente percepito. La dottrina prevalente valuta la non conformità tra dichiarato e percepito in relazione ad una concezione soggettivistica di tale reato. [6] Secondo il Carrara: “ il criterio della falsa testimonianza non dipende dal rapporto tra il delitto e la realtà delle cose, ma dal rapporto tra il delitto e la scienza del testimone” [7]. La tesi soggettivistica conduce però ad alcune antinomie poiché, da un lato sembra inconciliabile con il fatto che lo scopo ultimo del processo penale sia l’accertamento del reale svolgersi dei fatti storici, dall’altro tale teoria è inidonea a risolvere il problema del falso putativo: per tale orientamento risponde di falsa testimonianza chi, pur volendo e consapevole di mentire dichiara qualcosa conforme all’accaduto. Nonostante i sostenitori della tesi soggettivistica, la dottrina non ha mai del tutto escluso la rilevanza del falso in senso oggettivistico.

In conclusione è possibile chiedersi, il testimone “pentito” delle sue false dichiarazioni può ritrattare quanto detto? Ai sensi dell’art. 376 cp quest’ultimo infatti, non è punibile se, nel procedimento penale in cui ha reso le sue dichiarazioni, ritratta il falso e dice il vero non oltre la chiusura del dibattimento. Se si tratta di falsa testimonianza resa in un procedimento civile, il testimone non è punibile se ritratta il falso e dice il vero prima che venga pronunciata sentenza definitiva, anche se non irrevocabile. Poiché svariati sono i riti in sede civile, la giurisprudenza ha altresì stabilito che, qualora il giudizio ha ad oggetto questioni possessorie (come la manutenzione del possesso o la reintegrazione del possesso) deve ritenersi tardiva la ritrattazione fatta dopo la pronuncia dell’ordinanza che ha definito lo stesso. [8]

[1] il reato di falsa testimonianza ex art. 372 del codice penale, tratto da www.studiocataldi.it

[2] Cass. Sentenza n. 20656 del 28.05.2012

[3] Acquaviva M., il reato di falsa testimonianza, articolo del 28.03.18, tratto da www.laleggepertutti.it

[4] Cass. Penale, sentenza n. 37485 del 5.10.2010

[5] Falsa testimonianza, articolo del 13.07.2017, tratto da www.altalex.com

[6] I concetti di “vero” e “falso” nella falsa testimonianza, www.filodiritto.it

[7] Carrara, programma del corso di diritto criminale, V, Lucca, 1881

[8] Cassazione penale sez. VI, 05/10/2017, n.49072

Mariaelena D'Esposito

Mariaelena D'Esposito è nata a Vico Equense nel 1993 e vive in penisola sorrentina. Laureata in giurisprudenza alla Federico II di  Napoli, in penale dell’economia: “bancarotta semplice societaria.” Ha iniziato il tirocinio forense presso uno studio legale di Sorrento e spera di continuare in modo brillante la sua formazione. Collabora con ius in itinere, in particolare per l’area penalistica.

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