martedì, Aprile 16, 2024
Criminal & Compliance

Il reato di rapina e rapina impropria: analisi della recente questione di legittimità costituzionale sollevata

L’art. 628 del codice penale disciplina il reato di rapina in entrambe le sue accezioni: rapina “propria” e rapina “impropria”.

Per rapina “propria” intendiamo il reato complesso rappresentato dalla condotta individuata dal c.1 dell’art. 628 nel quale viene disposto che si configura il suddetto reato nel momento in cui un soggetto, per ottenere un ingiusto profitto per sé o per altri, mediante violenza o minaccia, si impossessa di della cosa mobile altrui sottraendola al soggetto che la detiene.

Per tale reato, cosi come descritto, a seguito della recente modifica intervenuta nel 2017, viene prevista la pena della reclusione da quattro a dieci anni e della multa da euro 927 ad euro 2.500[1].

Come sopra rappresentato, la rapina è un reato complesso che prevede la sussistenza della condotta tipica del reato di furto accompagnata dalle condotte previste per i reati di minaccia e violenza (in tal caso lesioni, percosse e violenza privata) finalizzate all’impossessamento della cosa altrui, cosi differenziandosi nettamente dal reato di furto proprio ex art 624 c.p.

Per quanto attiene all’elemento della minaccia la stessa deve essere individuata nella prospettazione di un male ingiusto e notevole, proveniente dal soggetto minacciante.

Invece, con riferimento alla violenza dobbiamo differenziare la violenza “propria” da quella “impropria”.

In riferimento alla violenza “propria” intendiamo quelle condotte aventi ad oggetto l’esercizio di energia fisica, direttamente o per mezzo di uno strumento, sulle persone.

Di diverso tipo è la violenza “impropria” che attiene a tutte quelle condotte, realizzate con qualsiasi mezzo, esclusa la minaccia, idonee a coartare la volontà del soggetto passivo, annullandone la capacità di azione o determinazione.

Pertanto, la violenza o la minaccia sono funzionali al configurare il reato di rapina qualora sono finalizzate a coartare in maniera assoluta la volontà della vittima del reato.

Relativamente all’elemento soggettivo del reato si ritiene, da unanime giurisprudenza e dottrina, che lo stesso si identifica nel dolo specifico poiché la condotta del reo è finalizzata al raggiungimento del possesso della cosa o per garantire a sé o ad altri l’impunità.

Per quanto attiene al momento consumativo il reato di rapina si consuma nel momento in cui la cosa sottratta cade nel dominio esclusivo del soggetto agente, anche se per breve tempo e nello stesso luogo in cui si è verificata la sottrazione, e pur se, subito dopo il breve impossessamento, il soggetto agente sia costretto ad abbandonare la cosa sottratta per l’intervento dell’avente diritto o della Forza pubblica.[2]

Ciò detto sul reato di rapina “propria”, analizziamo di seguito il reato previsto dal c. 2 dell’art. 628.

In proposito, per quanto attiene la rapina “impropria”, il reato si configura nel momento in cui la violenza o minaccia sono poste in essere successivamente alla sottrazione, al fine di assicurare a sé o al altri il possesso della cosa, o per procurare a sé o ad altri l’impunità.

La fattispecie criminosa di cui si tratta si basa sulla sussistenza di un rapporto di immediatezza tra sottrazione della cosa e violenza utilizzata per assicurarsi l’impunità.[3]

Per quanto attiene al profilo sanzionatorio anche la rapina “impropria” viene punita secondo quanto stabilito dall’art. 628 c. 1 c.p.

Proprio tale circostanza è divenuta argomento di recente riflessione giurisprudenziale.

Infatti, recentemente, il Tribunale di Torino ha emesso un’ordinanza di legittimità costituzionale segnalando la questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 628 c. 2 c.p. poiché in contrasto con gli articoli 3, 25, 27 della Costituzione[4].

Sul punto il Giudice di merito ha ritenuto che la cornice edittale di pena prevista per la fattispecie di reato di cui all’art. 628 c. 2 c.p. sia assolutamente eccessiva e sproporzionata rispetto alla condotta che configura il reato di rapina “impropria”.

Infatti, il Tribunale di Torino ha ritenuto che il contrasto con l’art. 3 della Costituzione ha per oggetto l’equiparazione delle condotte sotto il profilo sanzionatorio, tra quanto previsto dall’art. 628 c. 1 e quanto stabilito dall’art. 628 c. 2 c.p.

Sul punto si rappresenta che, nell’art. 628 c. 1, la violenza o la minaccia è strettamente funzionale alla sottrazione della cosa mobile da parte del soggetto detentore mentre nella c.d. rapina “impropria” la violenza e la minaccia sono successiva all’impossessamento clandestino configurando, pertanto, la situazione in cui la violenza sia successiva alla reazione della vittima o di terzi in ausilio della stessa.

Pertanto, secondo l’impostazione del Giudice di merito, appare evidente la totale sproporzione di trattamento relativamente alla condotta prevista dall’art. 628 c. 2 c.p.p. ritenuta meno grave rispetto a quella stabilita dal primo comma.

Invece, per quanto attiene al contrasto con l’art. 25 c. 2 della Costituzione, il Tribunale di Torino ha ritenuto che, sempre con riferimento all’ambito sanzionatorio diretto, i reati di furto e di violenza, ricompresi nell’ambito del reato complesso all’interno dell’art. 628 c. 2 c.p., differentemente da quanto previsto dall’art. 628 c. 1 c.p., possono essere valutati nella loro autonomia criminosa, valutando quindi la condotta non nella sua unicità ma nel concorso di reati.

Difatti, ad esempio, secondo tale principio, nel caso previsto dall’art. 628 c. 2 c.p., quindi di furto e successiva violenza o minaccia, la pena sarebbe spropositata in considerazione al fatto che il reato di cui all’art. 624 c.p. è punito nel minimo edittale a mesi sei di reclusione, il reato di violenza privata è punito nel minimo edittale con quindici giorni di reclusione.

A seguito della suddetta analisi, in considerazione della natura di reato complesso della suddetta fattispecie criminosa, il Tribunale di Torino reputa evidente la violazione dell’art. 25 c. 2 della Costituzione, inteso quale contrasto con il principio di offensività “costituzionalizzato”, ritenendo che l’art. 628 c. 2 c.p. punisca in maniera eccessiva una condotta che, se esaminata in maniera frazionata, appare sensibilmente meno grave rispetto alle modalità previste dall’art. 628 c. 1 c.p.

Infine, il Giudice di Merito ha rilevato un ulteriore possibile contrasto costituzionale dell’art. 628 c. 2 c.p. con l’art. 27 Cost. in ragione del fatto che, la condotta prevista dalla fattispecie criminosa in analisi, appare una condotta “vicina” a quanto già previsto dagli artt. 624 e 625 c.p. che puniscono il furto aggravato.

In proposito, a parere del Tribunale di Torino, la disposizione di cui all’art. 628 c. 2 c.p. appare di per sé “inutile” poiché rappresenta condotte criminose punite, in modalità maggiormente eque, dalle disposizioni relative al furto (tentato e/o aggravato) che, prevedono ipotesi punitive per sottrazione della cosa mobile altrui ritenendo che le condotte di violenza successive possano configurare autonome figure di reato e, pertanto, non rientranti nell’ambito del reato complesso.

In conclusione, il Giudice di merito, ritiene che il reato di rapina deve avere, quale struttura criminosa, esclusivamente quella prevista dall’art. 628 c. 1 c.p. ritenendo incostituzionale la formulazione dell’art. 628 c. 2 c.p. la quale può essere “scomposta” nelle fattispecie criminose autonome di furto, di violenza e di minaccia (337, 336, 610, 612 c.p.) al fine di avere un trattamento sanzionatorio più equo per determinate condotte.

A parere di chi scrive, appare assolutamente un’osservazione di pregio giuridico quella formulata nell’ordinanza del Tribunale di Torino che merita pieno accoglimento in ragione del fatto che, a tutt’oggi, vengono punite con la stessa pena la condotta di cui all’art. 628 c. 1 c.p. (violenza o minaccia finalizzata alla sottrazione della cosa mobile altrui per garantire a sé o ad altri profitto o impunità) e la condotta, sicuramente meno grave, di cui all’art. 628 c. 2 c.p. (sottrazione della cosa mobile e successiva violenza o minaccia per garantire a sé o ad altri il profitto o l’impunità). Sarà sicuramente interessante leggere le conclusioni delle Corte Costituzionale sul punto.

[1] Precedentemente la rapina ex art. 628 c. 1 c.p. (non aggravata) prevedeva la pena della reclusione da tre a dieci anni e alla multa da euro 516 ad euro 2065.

[2] Cass. Sez. II, sentenza del 23 marzo 2017 n. 14305

[3] Cass. Sez. V, sentenza del 15 marzo 2017 n. 12597

[4] Tribunale di Torino, ordinanza del 09 maggio 2019

Avv. Roberto Tedesco

Sono un Avvocato iscritto all’Ordine degli Avvocati di Monza dal 15.10.2014. Ho maturato un’importante esperienza in ambito di diritto penale con particolare riferimento, oltre ai reati contro la persona ed il patrimonio, ai reati di carattere tributario e fallimentare. Sono iscritto nella lista dei difensori d’ufficio ex art. 29 comma 1 bis norme attuazione c.p.p. Durante la mia attività professionale ho avuto modo di affrontare anche problematiche di natura civilistica in ambito di diritto di famiglia e contenzioso civile. Credo molto nella mia professione, mi ritengo fortemente motivato a svolgere con la massima professionalità ciascun incarico, anche in situazioni di urgenza ed emergenza che mi venga assegnato. Mi reputo una persona seria ed affidabile; capace sia di eseguire la propria attività in autonomia che di interagire e collaborare nell'ambito di un lavoro di team. Visita il mio sito web https://avvrobertotedesco.it/

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