venerdì, Marzo 29, 2024
Criminal & Compliance

Il reato di sostituzione di persona online

L’art. 494 c.p. disciplina il reato di sostituzione di persona prevedendo che “chiunque, al fine di procurare a sé o agli altri un vantaggio o di recare agli altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o agli altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, è punito, se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica, con la reclusione fino a un anno.”

Prima dell’introduzione del codice Rocco il reato di sostituzione di persona non era previsto; il fondamento razionale di tale incriminazione stava nella avvertita necessità di tutelare la fiducia che una moltitudine indiscriminata di persone ripone in stati o qualità personali, che sono rilevanti per il diritto e che l’agente simula per i suoi fini illeciti[1]

In via preliminare, si può osservare che il reato di sostituzione di persona è disciplinato nel libro secondo del codice penale al capo IV del titolo settimo ex art. 494 c.p. – come detto – il quale via di trasformazioni ed interventi normativi successivi, è passato dalle cinque fattispecie del 1930 alle attuali nove.

Per ciò che attiene la sostituzione d’identità che avviene online, quindi tramite il social, in un primo momento la giurisprudenza ritenne, valutando gli aspetti connessi alla lesione dei diritti di identità, riservatezza e dignità della persona,  che vicende analoghe a quella di cui in discorso dovessero essere qualificate come illecito trattamento di dati personali, ex art. 167 co. 2 d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196 e soltanto a partire dal 2011 gli Ermellini hanno riconosciuto a questa nuova modalità di reato la classificazione giuridica di sostituzione di persona riconducendo la fattispecie suddetta nella norma cardine ex art. 494 c.p.

Si può quindi asserire che in primis il reato di sostituzione di persona sia un reato plurioffensivo, in quanto preordinato non solo alla tutela di interessi pubblici ma anche di quelli privati, nella sfera dei quali incide l’atto.

In secondo luogo può dirsi che il bene giuridico dalla norma tutelato è da ricondurre alla fede pubblica, in particolare rispetto a quei comportamenti che alterano gli elementi di identificazione personale di un soggetto, oppure le qualità che ne condizionano il suo ruolo nella società civile.

Si impone all’individuo di farsi conoscere per ciò che è realmente non ledendo la fede pubblica con falsità in ordine agli strumenti di identificazione.

Il reato di sostituzione di persona presuppone che l’agente abbia indotto in errore un altro soggetto, da ciò discende in via diretta che l’art. 494 c.p. delinea un reato a forma vincolata commissiva – non convertibile in omissiva[2]- posto che l’altrui errore è punibile solo se si esplica nelle forme tassativamente elencate dalla norma in esame e più precisamente:

  • sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o meglio l’agente inganna il terzo circa la propria identità;
  • attribuendo a sé o ad altri un falso nome, ricomprendendovi con la locuzione falso nome anche le sue generalità, la data ed il luogo di nascita;
  • attribuendo a sé o ad altri un falso stato, con ciò il legislatore ha voluto intendere la cittadinanza, la capacità d’agire;
  • attribuendo a sé o ad altri una qualità cui la legge attribuisce effetti giuridici.

Il soggetto attivo del reato può essere chiunque, quindi l’art. 494 c.p. non appartiene alla categoria dei reati propri essendo appunto un reato cosiddetto comune.

L’elemento soggettivo che richiede la norma è il dolo specifico, mentre per ciò che concerne la manifestazione del reato, giurisprudenza di legittimità costante sostiene che questo è giuridicamente configurabile anche nella forma del tentativo, a condizione che il soggetto agente si sia servito dei mezzi fraudolenti a sua disposizione anche se poi non è riuscito a portare a compimento il reato.

Il delitto di sostituzione di persona quindi si consuma con l’induzione in errore altrui e non è necessario che il beneficio avuto di mira sia stato effettivamente conseguito piuttosto, come anticipato, essendo un reato a dolo specifico, è sufficiente che il soggetto lo abbia perseguito. Questo reato essendo procedibile d’ufficio quindi non è necessario che la vittima sporga querela nei confronti del soggetto agente, è invece sufficiente che l’Autorità giudiziaria, in qualunque modo, abbia notizia di reato.

L’art. 494 c.p., come espressamente statuito dalla norma incriminatrice, ha natura sussidiaria e trova applicazione solo se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica[3]; questo si configura anche qualora il vantaggio a cui mira l’agente non è di tipo patrimoniale potendo, l’utilità ambita, essere di qualsiasi natura.

Con l’avvento della tecnologia anche le fattispecie di reato risalenti si sono “piegate” ai tempi correnti, infatti gli Ermellini hanno ammesso soltanto di recente, avvalendosi dell’interpretazione estensiva[4], che il reato di sostituzione di persona possa essere commesso anche qualora il soggetto agente si avvalesse della rete internet.

Il primo episodio in cui i giudici di legittimità riconobbero tale possibilità fu in relazione al caso di creazione di un account di posta elettronica riferibile ad altra persona[5]; in tale fattispecie ci si attribuiva falsamente le generalità di un altro soggetto inducendo in errore i terzi.

Altri casi in cui la Corte aveva ritenuto sussistente la sostituzione di persona possono riferirsi al caso di utilizzo di un nickname riconducibile ad altro soggetto, assieme all’inserimento del numero telefonico di quest’ultimo su un sito di incontri[6] o di creazione di un falso profilo attraverso l’utilizzo dell’immagine di persona inconsapevole[7].

Tale casistica enucleata e riconosciuta dalla Corte di Cassazione al fine di delineare il reato di sostituzione di persona ci dà agio di asserire che all’epoca del social, dove l’immagine, ciò che si mostra – quindi la forma – è più importante della sostanza, dare una percezione fasulla e se si vuole truffaldina all’interlocutore può ingenerare in quest’ultimo false aspettative che giuridicamente traslando danno luogo al reato di sostituzione di persona ex art. 494 c.p. Proprio in conformità a quanto appena asserito, la Cassazione, si è da ultimo pronunciata sul reato di sostituzione di persona ex art. 494 c.p.statuendo che“Va condannato chi sostituisce online alla propria identità quella di altri per la generalità degli utenti in connessione, indipendentemente dalla propalazione all’esterno delle diverse generalità utilizzate”[8].

Il social, come ben noto, è uno strumento anche volto a creare occasioni di conoscenza e di scambi relazionali con altre persone; per tale motivo non è indifferente, per l’interlocutore in buona fede, che il rapporto descritto nella relazione virtuale che intercorre tra due o più soggetti, sia offerto da un soggetto che si riveli poi diverso ed estreano completamente a quello che appare offrirlo.

[1]Chiara Crescioli, Una sentenza della Cassazione sulla sostituzione di persona online in www.dirittopenalecontemporaneo.it

[2]R. Garofoli, Compendio di diritto Penale, Parte Speciale, Nel Diritto Editore, 2018

[3]Cass. Pen., Sez. V del 26 giugno 2008, n. 28630

[4]V. Cass. pen., sez. V, 08 novembre 2007, n.46674

[5]Cass. Pen., Sez. III, 15 dicembre 2011, n. 12479

[6]Cass. Pen., Sez. V, 28 novembre 2012, n. 18826

[7]Cass. Pen., Sez. V, 23 aprile 2014, n. 25774

[8]Cass. Pen., Sez. V, 22 giugno 2018, n.42572

Valeria D'Alessio

Valeria D'Alessio è nata a Sorrento nel 1993. Sin da bambina, ha sognato di intraprendere la carriera forense e ha speso e spende tutt'oggi il suo tempo per coronare il suo sogno. Nel 2012 ha conseguito il diploma al liceo classico statale Publio Virgilio Marone di Meta di Sorrento. Quando non è intenta allo studio dedica il suo tempo ad attività sportive, al lavoro in un'agenzia di incoming tour francese e in viaggi alla scoperta del nostro pianeta. È molto appassionata alla diversità dei popoli, alle differenti culture e stili di vita che li caratterizzano e alla straordinaria bellezza dell'arte. Con il tempo ha imparato discretamente l'inglese e si dedica tutt'oggi allo studio del francese e dello spagnolo. Nel 2017 si è laureata alla facoltà di Giurisprudenza della Federico II di Napoli, e, per l'interesse dimostrato verso la materia del diritto penale, è stata tesista del professor Vincenzo Maiello. Si è occupeta nel corso dell'anno di elaborare una tesi in merito alle funzioni della pena in generale ed in particolar modo dell'escuzione penale differenziata con occhio critico rispetto alla materia dell'ergastolo ostativo. Nel giugno del 2019 si è specializzata presso la SSPL Guglielmo Marconi di Roma, dopo aver svolto la pratica forense - come praticante avvocato abilitato - presso due noti studi legali della penisola Sorrentina al fine di approfondire le sue conoscenze relative al diritto civile ed al diritto amministrativo, si è abilitata all'esercizio della professione Forense nell'Ottobre del 2020. Crede fortemente nel funzionamento della giustizia e nell'evoluzione positiva del diritto in ogni sua forma.

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