Il recesso nei contratti conclusi fuori dai locali commerciali con particolare riferimento alla vendita dei prodotti finanziari
Il diritto di recesso è una particolare forma di autotutela riconosciuta dal diritto comunitario al consumatore, affinché quest’ultimo possa ricorrervi in quelle contrattazioni che non consentono allo stesso di ponderare attentamente la convenienza dell’affare concluso.
Tale istituto è giustificato dalla sussistenza di un’asimmetria di poteri contrattuali che informa i rapporti tra professionisti e consumatori ed è teso alla riduzione, nella misura in cui è possibile, dello squilibrio posizionale esistente tra le parti.
La dottrina ha osservato che il tempo concesso al consumatore dal legislatore comunitario è indispensabile per evitare che quelle pattuizioni compiute in ragione di forti impulsi emotivi non possano essere, successivamente, oggetto di scelte più ragionate mediante le quali si perviene alla decisione di sciogliersi dal vincolo contrattuale.
Inoltre, il principio pacta sunt servanda, secondo l’orientamento dottrinale in esame, non subisce un’eccezione in senso proprio, poiché la possibilità riconosciuta al contraente debole del rapporto ha come principale obiettivo la salvaguardia della sua libertà e della sua autonomia contrattuale.
La piena discrezionalità e la gratuità sono gli elementi distintivi dell’istituto di cui si discorre.
Il consumatore, infatti, non deve rendere conto alla controparte delle ragioni per le quali ha deciso di non addivenire più alla stipulazione e non è posto a suo carico il pagamento di nessuna somma per la scelta compiuta.
L’art. 143 del codice del consumo statuisce l’irrinunciabilità del diritto di recesso e la nullità, per violazione di norme imperative, delle clausole che rendano più oneroso il suo esercizio.
Le disposizioni del d.lgs. 205/ 2006 differiscono anche da quanto sancito dall’art. 1373 del codice civile, prevedendo la facoltà di recedere anche durante la fase esecutiva del contratto. Una tale norma, tuttavia, collide con il nostro sistema di tutele, il quale esige che la titolarità delle posizioni giuridiche sia certa e ben definita.
Il conferimento dello ius poenitendi in una fase successiva alla produzione dell’effetto reale di cui all’art 1376. c.c. significherebbe rimettere alla volontà del consumatore e alla sua disponibilità la realizzazione dell’effetto traslativo inerenti i beni oggetto di convenzione, con conseguenze importanti in termini di certezza delle posizioni giuridiche del professionista e di eventuali terzi.
Una parte della dottrina ha indicato le interpretazioni alternative delle disposizioni del codice del consumo dirimenti il problema posto dalle stesse.
Seguendo un primo percorso interpretativo si dovrebbe ritenere che l’art 1376 c.c. viene completamente derogato dalle regole consumeristiche.
Una tale ricostruzione sarebbe difficilmente sostenibile poiché priva di un addentellato normativo, necessario in tale ipotesi, oppure, secondo altro filone interpretativo, si potrebbe considerare il diritto di recesso del consumatore non un elemento successivo della stipulazione contrattuale , ma elemento formativo del
contratto , di cui l’effetto traslativo sarebbe posticipato e il cui perfezionamento avverrebbe solo nel momento in cui lo ius poenitendi non sia stato esercitato nel termine previsto.
Le materie maggiormente interessate dal diritto di ripensamento sono quelle dei contratti a distanza e dei contratti conclusi fuori dai locali commerciali.
Nei contratti a distanza, la possibilità di recedere è giustificata in virtù del fatto che al momento del raggiungimento dell’accordo, dato che allo stesso si perviene quando le parti sono lontane tra di loro, il consumatore potrebbe non rendersi conto della mancanza di alcune caratteristiche e di alcune qualità che il bene venduto deve possedere.
Nei contratti conclusi fuori dai locali commerciali, il diritto di ripensamento è legato all’assenza di volontà del consumatore di pervenire alla stipulazione di un contratto, essendo sollecitato in tal senso dal professionista che si allontana dai luoghi normalmente deputati alla sua attività lavorativa; quest’ultimo, inoltre, potrebbe esercitare una pressione tale da non consentire all’altro contraente di essere sufficientemente preparato in ordine all’opportunità di acquisire il bene o il servizio proposto.
La direttiva n.83 del 2011, il cui articolo 9 disciplina i termini inerenti il diritto di recesso, è stata recepita con il d.lgs. 21 del 2014, il quale ha uniformato le prescrizioni concernenti i contratti a distanza e i contratti conclusi fuori dai locali commerciali.
Il consumatore, ex. art. 53 del d.lgs. richiamato, può pentirsi entro dodici mesi dalla stipulazione del contratto, decorrenti dai 14 giorni iniziali.
La norma non fa più riferimento al termine di 60 e 90 giorni in ragione della diversa tipologia contrattuale.
Il termine per il ripensamento, in particolare, decorre dal momento della stipulazione per i contratti aventi oggetto la prestazione di servizi; per i contratti aventi ad oggetto beni decorre dal momento in cui il consumatore o un terzo da lui designato acquisisca il possesso fisico degli stessi; per i contratti aventi ad oggetto beni multipli, richiesti con un solo ordine e consegnati separatamente il termine decorre dal momento in cui il consumatore o un terzo da lui designato acquisisca il possesso fisico dell’ultimo bene ricevuto; per i contratti aventi ad oggetto la consegna periodica di beni il consumatore può recedere entro 14 giorni dalla consegna del primo bene ricevuto.
L’ambito applicativo dello ius poenitendi del consumatore è delineato dall’art 59 del d.lgs. 21 del 2014, il quale si preoccupa di indicare tutte le materie in cui quest’ultimo non è operativo.
Gli art. 55, 56, 57 e 58 si occupano, invece, degli effetti derivanti dall’esercizio del recesso.
L’ art. 57, in particolare, statuisce che il consumatore può godere del diritto di recesso anche nei casi in cui, nel termine previsto per il suo eventuale ripensamento, non abbia custodito il bene venduto con la normale dirigenza richiesta.
La possibilità di sciogliersi dal vincolo contrattuale è riconosciuta anche dall’art. 30, comma 6, in ordine alla vendita di prodotti finanziari.
Tale norma statuisce la sospensione dell’efficacia dei contratti con i quali si collocano gli strumenti finanziari o si gestiscono portafogli individuali, in luoghi diversi da quelli normalmente adibiti a tali attività, entro il termine di sette giorni dalla loro sottoscrizione.
Durante tale lasso temporale l’investitore finanziario può recedere dal contratto; l’omessa indicazione di tale facoltà nei formulari predisposti dai promotori finanziari o dai soggetti abilitati a svolgere l’operazione comporta, ai sensi del comma 7 dell’art. 30 del TUF, la nullità dei contratti cui ineriscono.
L’ambito applicativo della norma del TUF è stato oggetto di un importante dibattito dottrinale e giurisprudenziale.
Non era pacifico se quest’ultima dovesse essere interpretata in modo letterale, con riferimento alle sole ipotesi in cui la vendita del prodotto finanziario sia avvenuto da parte dell’intermediario, al di fuori dei locali commerciali a ciò deputati, nell’ambito di un servizio di collocamento prestato dallo stesso intermediario in favore dell’offerente o dell’emittente tale prodotto, oppure se la stessa potesse trovare applicazione anche con riferimento a servizi di investimento diversi da quelli prestasti in favore dei soggetti sopra richiamati, con conseguente interpretazione estensiva della norma.
Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 13905 del 2013 hanno risolto tale dibattito, aderendo ad un’interpretazione estensiva della norma.
I giudici di Piazza Cavour, infatti, hanno affermato che l’unico elemento indefettibile affinché sia operativa la tutela approntata dalla norma del TUF è la conclusione dell’operazione d’investimento al di fuori della sede dell’intermediario.
Una tale circostanza, evidenziano i giudici di legittimità nel percorso argomentativo da loro seguito, rende evincibile che l’investimento non è frutto di un’iniziativa spontanea dell’investitore, essendo piuttosto legato ad un’attività dell’intermediario, con la quale lo stesso ha sollecitato la conclusione dell’affare e ha indotto l’acquirente ad una scelta poco meditata e rispetto alla quale non era sufficientemente preparato.
Il termine di 7 giorni entro il quale viene concesso all’investitore il diritto di ripensamento rimedia a questa carenza di riflessione e di ponderazione circa la convenienza della stipulazione contrattuale.
L’interpretazione estensiva delle norma, secondo le Sezioni Unite, sarebbe confortata anche dai principi generali del TUF, che esigono una tutela effettiva degli investitori, e dall’art 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, la quale impone di interpretare nel modo più favorevole ai consumatori le regole dal significato poco chiaro riguardante quest’ultimi.
Inoltre, un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma, soprattutto il principio di ragionevolezza di cui all’art 3 della Carta Costituzionale , non consentirebbe un trattamento differenziato in ordine all’ipotesi di collocamento di un prodotto finanziario effettuato dall’intermediario nell’ambito di un servizio d’investimento diverso da quello reso in favore dell’emittente o dell’offerente il prodotto stesso, sussistendo anche in tale caso una situazione di debolezza in ragione della quale è stata approntata la tutela di cui all’art 30 , comma 6 e 7, del TUF.
Ho conseguito la laurea in giurisprudenza presso l’Università Federico II di Napoli nel dicembre 2016, discutendo una tesi in Diritto dell’ambiente e dell’urbanistica inerente la tutela dell’ambiente mediante gli strumenti di pianificazione urbanistica. Ho conseguito il diploma di maturità classica presso il liceo A.Diaz di Ottaviano. Sono stato ammesso alla formazione pratico- teorica ex art. 73 del decreto legge 79 del 2013 e frequento un istituto di studi giuridici napoletano per la mia preparazione post universitaria. Sono un amante della lettura. Il mio genere preferito è il romanzo storico. Ho una grande passione anche per lo sport e soprattutto per il calcio.