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Il regime di procedibilità d’ufficio del delitto di lesioni stradali al vaglio della Corte Costituzionale

Con sentenza n. 248/2020, la Corte Costituzionale si è pronunciata sulle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Treviso (ordinanza dell’11 aprile 2019), dal Tribunale ordinario di Milano, sezione quinta penale (ordinanza del 24 maggio 2019) e dal Tribunale ordinario di Pisa (ordinanza del 12 luglio 2019) relative al d. lgs.  10 aprile 2018, n. 36, nella parte in cui non prevede tra i reati procedibili a querela di parte il delitto di cui all’art. 590 bis c.p.[1].

Il reato di lezioni stradali gravi o gravissime

La fattispecie di cui all’art. 590 bis c.p. è stata introdotta dalla l. 23 marzo 2016, n. 41. In precedenza, le lesioni colpose cagionate con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale configuravano una circostanza aggravante del reato di lesioni colpose di cui all’art. 590 c.p.

Il primo comma dell’art. 590 bis disciplina la fattispecie base, punendo con reclusione da tre mesi a un anno le condotte da cui derivano lesioni gravi e con reclusione da un anno a tre anni l’ipotesi di lesioni gravissime.

I commi seguenti prevedono circostanze aggravanti, dato il maggior disvalore delle condotte ivi previste. In particolare, la pena subisce un sensibile incremento in caso di guida in stato di ebbrezza o di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti.

L’ultimo comma dell’art 590 bis c.p. contiene un’ipotesi di concorso formale, nel caso in cui il soggetto attivo, con un’unica condotta colposa, cagioni lesioni a più persone. Si prevede il regime sanzionatorio del cumulo giuridico, cioè l’applicazione della pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata fino al triplo.

Sia la fattispecie base che le ipotesi aggravate sono procedibili d’ufficio, questione oggetto delle giudizio di legittimità sollecitato dai giudici rimettenti.

Le questioni di legittimità costituzionale

I giudici a quibus lamentano che il mancato inserimento del delitto di lesioni stradali da parte del legislatore delegato nel novero dei reati procedibili a querela comporterebbe la violazione degli artt. 76 e 77 Cost., per contrasto con la ratio deflattiva sottesa alla legge delega n. 23 giugno 2017, n. 103. In particolare, tale legge aveva delegato il Governo a prevedere la procedibilità a querela per i reati contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria. La mancata inclusione delle lesioni stradali sarebbe contraria alla necessità espressa tramite la legge delega di evitare processi penali ai quali le persone offese non hanno interesse, avendo ricevuto il risarcimento del danno patito.

Si rileva poi che la procedibilità d’ufficio comporterebbe una violazione dell’art. 3 Cost, per l’irragionevole disparità di trattamento rispetto al delitto di lesioni gravi o gravissime commesse nell’esercizio della professione sanitaria, procedibile a querela ai sensi degli artt. 590 e 590 sexies c.p.. Sarebbe inoltre irragionevole equiparare il regime di procedibilità d’ufficio per tutte le ipotesi di lesioni stradali gravi o gravissime, a prescindere dal disvalore delle diverse condotte ivi previste.

La decisione della Corte Costituzionale

La Consulta dichiara manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale relative agli artt. 76 e 77 Cost., confermando quanto già indicato nella sent. n. 223/2019. Le censure mosse dai giudici di merito, seppur anteriori alla sent. n. 223/2019, non consentono di discostarsi dalle conclusioni raggiunte nella precedente statuizione. In particolare, nel prevedere un regime di procedibilità officiosa, il Governo non ha travalicato i limiti di discrezionalità contenuti nella legge delega, ritenendo sussistente un’esigenza di tutela rafforzata per il delitto di cui all’art. 590 bis. Peraltro, si tratta di una delega ampia, che interviene per “blocchi” di materie, con una conseguente maggior discrezionalità spettante al Governo nella fase di attuazione.

La Consulta ritiene poi infondate le censure sollevate dai giudici rimettenti in riferimento ai parametri di uguaglianza e di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., pur indicando l’opportunità di un ripensamento del regime di procedibilità indifferenziato previsto per le diverse condotte che possono integrare il delitto di lesioni stradali.

Nel dettaglio, la Corte rileva che le ipotesi base del delitto di lesioni stradali colpose di cui al primo comma sono connotate da un minor disvalore sul piano della condotta e del grado della colpa. Infatti, tali fattispecie hanno come possibile soggetto attivo non solo il conducente di un veicolo a motore, ma anche, ad esempio, chi circoli a bordo di una bicicletta. Le regole cautelari relative alla disciplina della circolazione stradale potrebbero poi essere violate anche dai conducenti più esperti, pur essendo poste a tutela di beni primari come la vita e l’integrità fisica. Con particolare riferimento all’elemento soggettivo, vi è un’evidente distinzione rispetto alla violazione delle norme relative alla circolazione stradale previste specificamente nei commi successivi al primo. E’ evidente il maggior disvalore della condotta di chi corre consapevolmente rischi irragionevoli, ponendosi alla guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti o alcooliche, ovvero superi del doppio la velocità massima consentita, circoli contromano o, ancora, inverta il senso di marcia in prossimità di una curva o di un dosso.

Si considera inoltre che, a fronte di condotte connotate da un’offensività e un disvalore ridotti, la celebrazione del processo penale a prescindere dalla volontà della persona offesa potrebbe contrastare con un’efficiente gestione della giustizia penale, specie nei casi in cui la vittima abbia già beneficiato di un integrale risarcimento del danno subìto.

Le precedenti considerazioni non denotano tuttavia il travalicamento del limite della manifesta irragionevolezza, soprattutto avuto riguardo al chiaro intento del legislatore di inasprire il trattamento sanzionatorio per i reati lesivi dell’integrità fisica commessi in occasione della circolazione stradale. Infatti, la Consulta non può sostituirsi alla valutazione discrezionale del legislatore in materia di scelte sanzionatorie e del regime di procedibilità, potendo dichiarare l’illegittimità costituzionale solo in ragione del menzionato limite della manifesta irragionevolezza.

Quanto poi alla lamentata disparità di trattamento rispetto alle lesioni provocate nell’ambito dell’attività sanitaria, il termine di paragone non appare giustificare un’assimilazione del regime di procedibilità. L’ambito medico è stato oggetto di recenti interventi legislativi, quali il d. l. 13 settembre 2012, n. 158 (cd. Decreto Balduzzi), e al l. 8 marzo 2017, n. 24 (cd. Legge Gelli-Bianco) con cui si è delimitata la responsabilità degli operatori sanitari rispetto ai criteri applicabili alla generalità dei reati colposi. Tali norme mirano a contenere i rischi connessi all’esercizio di una professione essenziale per la tutela della salute dei pazienti ed evitare, così, il fenomeno della cosiddetta “medicina difensiva”.

Ciò posto, la rilevata differenza di disvalore insito nelle condotte di cui all’art. 590 bis c.p. può rendere opportuna una rimeditazione sulla congruità dell’attuale indifferenziato regime di procedibilità. La Consulta rivolge quindi un invito al legislatore per una rivalutazione del regime di procedibilità del delitto di lesioni stradali, anche alla luce di un’efficiente gestione delle risorse per l’amministrazione della giustizia.

 

Fonte dell’immagione: quotidianogiuridico.it

 

[1] C. Cost. n. 248/2020 (disponibile al link  https://www.giurcost.org/decisioni/2020/0248s-20.html ).

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