Il rinvio pregiudiziale alla Corte EDU: il protocollo 16
A partire dal 1° agosto 2018, in seguito alla ratifica della Francia, è entrato in vigore il protocollo 16 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Tale protocollo introduce un meccanismo di rinvio pregiudiziale simile, per certi versi, a quello già previsto per la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con alcune caratteristiche particolari che meritano di essere evidenziate.
In primo luogo, l’idea di un rimedio di natura simile al rinvio pregiudiziale era discussa da anni: già nella Conferenza sul futuro della Corte (Brighton, 2012) venne formulato un atto esplicito in questo senso, intitolato “documento di riflessione sulle proposta di estendere la competenza consultiva della Corte”; la finalità era quella di rafforzare il rapporto tra le autorità nazionali e la Corte.
Il rimedio ha natura assolutamente discrezionale e non sono previsti in casi in cui sussista un obbligo di ricorrervi, anche qualora sia necessario.
Questo strumento è tra l’altro concesso solamente alle corti e ai tribunali che siano al più alto livello dei sistemi giudiziari dei paesi che hanno ratificato il protocollo. Su questo aspetto, c’è una questione linguistica che merita di essere analizzata: nella sua formulazione, utilizzando il termine “highest” e non “the highest” si apre la possibilità a ché questo rimedio sia concesso anche a quelle corti nazionali (come le Corti d’Appello) che si trovano al di sotto di quei tribunali di sola legittimità, come la Cassazione, ma che siano, in un certo senso, il “giudice ultimo” del merito. La scelta di quali saranno queste corti spetta tra l’altro agli stessi Stati, che devono indicare quali giudici abbiano la competenza nel proporre la richiesta di rinvio pregiudiziale [1].
Tale forma di rinvio richiede, inoltre, che le autorità nazionali sospendano il procedimento interno, inviando alla Corte EDU una richiesta di parere sull’interpretazione o sull’applicazione di una norma convenzionale o su uno dei protocolli addizionali.
Nell’inoltrare questa richiesta, le autorità nazionali dovranno illustrare il caso in tutti i suoi aspetti (in fatto e in diritto), segnalando anche dove si ravvisa una possibile violazione dei diritti convenzionali: è dunque necessario che il richiedente evidenzi lo specifico punto controverso, senza richiedere di rivedere i fatti o di anticipare in qualche modo un giudizio[2]. In ogni caso, essendo un rimedio discrezionale, l’autorità proponente può ritirare in qualsiasi momento la richiesta[3].
A decidere se accogliere – formulando il parere – o rigettare la richiesta sarà un collegio di cinque giudici della Grande Camera, che dovranno motivare un eventuale rifiuto.
Qualora vi sia risposta positiva, il parere consultivo dovrà anch’esso essere motivato ma non sarà, in ogni caso, vincolante. In altre parole, i giudici nazionali potrebbero, comunque, decidere di contravvenire a quanto espresso nel parere; in forza di ciò, se ne deduce che questo parere non vincolerebbe nemmeno i giudici della Corte EDU, i quali potrebbero essere, in futuro, chiamati a decidere sulla medesima questione.
Come notato nell’opinione della Corte sulla bozza di protocollo, è inevitabile che, data la sua struttura, detto parere debba essere emesso entro un termine ragionevole, per non causare eccessivo pregiudizio alle parti coinvolte nel processo sospeso[4]. Nel caso di più richieste pendenti, sarà la Corte ad assegnare un grado di priorità in relazione alla gravità del caso.[5]
Per ora il protocollo entrerà in vigore solo in dieci paesi: Albania, Armenia, Estonia, Finlandia, Francia, Georgia, Lituania, San Marino, Slovenia e Ucraina. L’Italia ha firmato il protocollo, ma non avendolo ancora ratificato le questioni relative al ricorso di questo strumento ancora non si pongono circa il nostro ordinamento.
[1] Guidelines on the implementation of the advisory-opinion procedure introduced by Protocol No. 16 to the Convention, §§ 3 – 5.
[2] Opinion of the Court on Draft Protocol No. 16 to the Convention extending its competence to give advisory opinions on the interpretation of the Convention, §8.
[3] Rapporto esplicativo al Protocollo n. 16 alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, Ministero della giustizia, §7.
[4] Opinion of the Court on Draft Protocol No. 16 to the Convention extending its competence to give advisory opinions on the interpretation of the Convention, §13.
[5] Rapporto esplicativo al Protocollo n. 16 alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, Ministero della giustizia, §12.
30 anni, attualmente attivo nel ramo assicurativo, abilitato all’esercizio della professione forense, laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Torino con tesi sulla responsabilità medico-sanitaria nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e vincitore del Premio Sperduti 2017.
Vice-responsabile della sezione di diritto internazionale di Ius in itinere, con particolare interesse per diritto internazionale, diritti umani e diritto dell’Unione Europea.
Già autore per M.S.O.I. ThePost e per il periodico giuridico Nomodos – Il Cantore delle Leggi, ha collaborato alla stesura di una raccolta di sentenze ed opinioni del Giudice della Corte europea dei diritti dell’uomo Paulo Pinto de Albuquerque (“I diritti umani in una prospettiva europea. Opinioni dissenzienti e concorrenti 2016 – 2020”).