venerdì, Marzo 29, 2024
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Il software nella proprietà intellettuale tra copyright e brevetto

  1. INTRODUZIONE

Tra le tecnologie digitali maggiormente diffuse ed utilizzate nella nostra società, in un pubblico che spazia dalle imprese private fino agli uffici dell’amministrazione statale, ma che include naturalmente anche i singoli cittadini, possono essere annoverati i software.

Per software, o programma per elaboratore, si intende “un insieme organizzato e strutturato di istruzioni contenute in qualsiasi forma o supporto capace direttamente o indirettamente di fare eseguire o ottenere una funzione, un compito, un risultato particolare per mezzo di elaborazione elettronica dell’informazione[1].

Al fine di meglio comprendere il suo significato, il termine software può essere utilmente accostato a quello di hardware. Entrambi sono i classici componenti del computer, il quale dunque si suddivide in una parte morbida – il software – rappresentata da un set di istruzioni idonee ad impartire un insegnamento o un compito al computer, inteso come elaboratore elettronico. L’hardware, ossia tutto ciò che può essere fisicamente percepito del computer, non avrebbe così alcuna esistenza se non vi fosse il programma (o software), il quale conversamente trova una attuazione tramite la componente fisica dell’elaboratore.

Ancora più precisamente poi, si deve osservare come le istruzioni destinate ad impartire una funzione o un compito e che costituiscono il programma, trovino una forma espressiva tramite il c.d. codice sorgente. E’ il programmatore, ovvero colui che compie l’attività di comporre un programma, che sceglie le istruzioni necessarie ad attuare una funzione e le rende in forma intellegibile per gli umani tramite il codice sorgente. Questo è poi tradotto in un linguaggio binario comprensibile unicamente all’elaboratore elettronico e che si definisce come codice oggetto, e rappresenta una informazione destinata ad essere elaborata e a condurre all’esecuzione dello specifico compito o della specifica funzione.

Si è detto che la tecnologia software trova applicazione all’interno dei computer, ed in relazione a questi può assolvere ad un elevato numero di funzioni, come un programma che permette la scrittura tramite la tastiera ed il mouse (es. Word), un programma che permette di scambiare messaggi di posta elettronica, un programma che permette di ascoltare musica e di visualizzare contenuti, un programma che permette di proteggere il computer da virus informatici (un programma antivirus), un programma che consente di giocare interagendo con uno schermo (un videogame), ecc..

Nondimeno, oltre al computer, questa tecnologia può avere un numero assai consistente di applicazioni dirette a facilitare, o in ogni modo a migliorare, la nostra esistenza. I software sono infatti rinvenibili ad es. negli smartphone o in altri dispositivi elettronici, come i lettori musicali o i calcolatori informatici.

L’attività di programmazione, centrale per definire il software, è dunque quella attività che dall’individuazione di un problema pratico, tramite la redazione di un diagramma di flusso (flow chart), conduce alla realizzazione di un insieme di istruzioni in codice sorgente che esprimono il principio a base della soluzione del problema. Le istruzioni espresse sotto forma di codice sorgente divengono successivamente tradotte in un codice binario, leggibile ed eseguibile dall’elaboratore[2]. Entrambi i codici sono dunque dotati di un significato espressivo, rispettivamente per l’uomo e per l’elaboratore, in quanto destinati a comunicare una determinata informazione la quale trova poi attuazione pratica nell’interazione tra software ed elaboratore.

Naturalmente, anche in relazione a questo settore tecnico è necessario garantire una forma di remunerazione e di incentivo a quanti, singoli individui ma più spesso aziende ad alto contenuto tecnologico, compiano ingenti investimenti al fine di assicurare lo sviluppo ed il perfezionamento dei risultati ottenuti.

Entra così in gioco l’opportunità di apprestare una tutela al software tramite la proprietà intellettuale, deputata da un lato a ripagare e incentivare i frutti della innovazione e della ricerca nei campi scientifici, tecnologici e culturali, ma dall’altro che deve anche agevolare il flusso dell’informazione e delle conoscenze che del progresso sono la linfa vitale.

Tuttavia, se da un lato la protezione tramite copyright (o diritto d’autore[3]) del codice sorgente e del codice oggetto che compongono il software, anche a livello internazionale, risulta pacifica e consolidata, dall’altro, la possibilità di ottenere un brevetto per invenzione sopra il medesimo programma risulta più incerta. Di tale incertezza e contrasto che si registra considerando alcuni ordinamenti a livello internazionale, una testimonianza si può ritrovare nel nostro continente, avuto riguardo alla Convenzione del Brevetto Europeo, e conseguentemente all’ordinamento italiano, in entrambi i quali vige il divieto di brevettabilità del software “in quanto tale”.

Dunque, il confronto tra copyright e brevetto rispetto alla tutela del software mette sì in evidenza la peculiarità di ciascuno di questi due diritti di proprietà intellettuale, ma permette anche di valutare meglio la opportunità di ricorrere alla brevettabilità del software (quando questa sia possibile), in aggiunta alla protezione conferita dal diritto d’autore.

Queste le tematiche con cui si tenterà di intrattenere il lettore tramite il presente contributo.

  1. COPYRIGHT E SOFTWARE

Il copyright offre una possibilità di tutela particolarmente appetibile ai creatori di opere dell’ingegno, tra cui programmi per elaboratore, poiché esso è gratuito e non richiede nessuna formalità costitutiva generandosi con la semplice creazione dell’opera, sebbene il deposito in un pubblico registro sia consigliabile per agevolare la prova del diritto[4]. Inoltre, su di un piano temporale, il copyright ha una durata davvero considerevole estinguendosi solamente cinquanta o settant’anni dopo la morte dell’autore (in Europa il copyright dura settanta anni p.m.a.).

Sul piano legislativo, la possibilità di tutelare i programmi per elaboratore tramite il copyright è stata affermata negli accordi TRIPS (Trade Related Aspects On Intellectual Property Rights) siglati nel 1994[5] dai paesi aderenti alla WTO, laddove i detti programmi, sia in codice sorgente che in codice oggetto, vengono equiparati alle opere letterarie ex art. 2 della Convenzione di Berna. In Europa il software è stato inoltre oggetto di una disciplina specifica tramite la direttiva 91/250/EEC, successivamente abrogata dall’attuale direttiva 2009/24/EC. L’ordinamento italiano, a seguito del recepimento delle norme europee, ammette la tutela dei programmi per elaboratore tramite l’art. 2.8 della legge sul diritto d’autore (l. 633/44), il quale stabilisce che sono ricompresi nella protezione “i programmi per elaboratore, in qualsiasi forma espressi purché originali quale risultato di creazione intellettuale dell’autore. Restano esclusi dalla tutela accordata dalla presente legge le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce. Il termine programma comprende anche il materiale preparatorio per la progettazione del programma stesso.”.

La norma appena indicata conferma alcuni principi canonici in materia di diritto d’autore, tra cui il requisito della necessaria originalità dell’opera intesa quale risultato della creazione intellettuale dell’autore, nonché l’esclusione dalla tutela delle idee e dei principi sottesi al programma[6]. Al tempo stesso, essa apre la possibilità per una protezione anche del materiale preparatorio scaturito dalla progettazione del software, purché questo possa essere connotato da una univoca incidenza sulla realizzazione della versione finale del programma[7].

Inoltre, l’esplicita previsione della protezione del softwarein qualunque forma espresso”, oltre a rimarcare specificamente anche in relazione a questa tipologia di opere dell’ingegno l’assenza del requisito del fissaggio su un supporto dell’opera, fa cadere qualsiasi dubbio circa la tutelabilità del codice oggetto accanto al codice sorgente[8].

D’altra parte, la peculiare natura della creazione software rispetto al tradizionale panorama delle opere dell’opere dell’ingegno appartenenti alle arti e alla letteratura si riflette in una specifica disciplina che concerne i diritti patrimoniali d’autore sui programmi, nonché sulle specifiche eccezioni ai medesimi diritti esclusivi, e che quindi si affianca (come si vedrà) alla normativa dettata in via generale per le opere dell’ingegno. Tale disciplina, che a seguito della direttiva europea è oggi trasposta nel nostro ordinamento interno alla sezione VI della legge sul diritto d’autore (artt. 64-bis, –ter e –quater), rivela la necessità di calibrare la protezione conferita dal diritto d’autore alla specifica natura dei programmi per elaboratore[9].

2.1 L’ESTENSIONE DEI DIRITTI SUL SOFTWARE

Come si evince dal significato del termine copyright (letteralmente “diritto di copia”), questa protezione permette al suo titolare di controllare l’utilizzo finalizzato allo sfruttamento economico di un’opera dell’ingegno, in questo caso del programma per elaboratore. Tale possibilità discende dal riconoscimento dei diritti esclusivi di tipo patrimoniale del software, ex art. 64-bis l. aut., la cui normativa si configura come una specificazione delle norme generali in materia di diritti economici sanciti in generale per tutte le opere dell’ingegno dagli artt. 12-19 l. aut..

Grazie all’art. 64-bis il titolare del copyright ha la possibilità di effettuare (esercizio diretto dei diritti) o di autorizzare (esercizio indiretto dei diritti, che generalmente avviene tramite la concessione di licenze dietro il pagamento di un corrispettivo):

a) la riproduzione, permanente o temporanea, totale o parziale, del programma per elaboratore con qualsiasi mezzo o in qualsiasi forma. Nella misura in cui operazioni quali il caricamento, la visualizzazione, l’esecuzione, la trasmissione o la memorizzazione del programma per elaboratore richiedano una riproduzione, anche tali operazioni sono soggette all’autorizzazione del titolare dei diritti”. La facoltà di riproduzione dell’opera permette al titolare dei diritti di impedire la moltiplicazione in copie del codice sorgente, codice oggetto e dei materiali preparatori; essa trova alcune specifiche applicazioni in relazione al software laddove la norma include la riproduzione totale o parziale[10], permanente o temporanea[11], all’interno delle attività quali il caricamento, la visualizzazione, l’esecuzione, la trasmissione o la memorizzazione del programma, assoggettando anche queste al consenso del titolare[12]. Per contro, una simile concezione assoluta dei diritti sul programma trova un bilanciamento nella norma di eccezione dell’art. 64-ter per cui il consenso del titolare non è necessario laddove le attività comprese nel concetto di riproduzione “sono necessarie per l’uso del programma per elaboratore conformemente alla sua destinazione da parte del legittimo acquirente, inclusa la correzione degli errori”, oppure per “effettuare una copia di riserva del programma, qualora tale copia sia necessaria per l’uso” (c.d. copia di backup), così salvaguardando le attività unicamente funzionali al godimento dell’opera da parte dell’acquirente, e che come tali non pregiudicano la partecipazione del titolare agli utili derivanti dalla commercializzazione del software.

b) la traduzione, l’adattamento, la trasformazione e ogni altra modificazione del programma per elaboratore, nonché la riproduzione dell’opera che ne risulti, senza pregiudizio dei diritti di chi modifica il programma”, sono le attività che costituiscono le elaborazione creative del programma, e in relazione alle quali il titolare può controllare quelle variazioni del codice sorgente che non si risolvono in una forma espressiva totalmente autonoma e differente rispetto a quello su cui viene compiuta l’elaborazione[13]. Qualora una siffatta variazione del software venga effettuata, essa darà origine ad un diverso diritto d’autore distinto da quello gravante sul programma elaborato, ma al tempo stesso soggetto ai diritti del titolare del primo, il quale negando il proprio consenso all’utilizzo economico del frutto dell’elaborazione potrà impedirne la commercializzazione[14].

c) qualsiasi forma di distribuzione al pubblico, compresa la locazione, del programma per elaboratore originale o di copie dello stesso. La prima vendita di una copia del programma nella comunità economica europea da parte del titolare dei diritti, o con il suo consenso, esaurisce il diritto di distribuzione di detta copia all’interno della comunità, ad eccezione del diritto di controllare l’ulteriore locazione del programma o di una copia dello stesso”. La facoltà di distribuzione del programma, una volta che questo o una sua copia sia stata oggetto di fissazione su un supporto, consiste nell’immissione in commercio dell’opera in qualsiasi forma, con qualunque mezzo ed a qualsiasi titolo.

Tale facoltà di controllare il commercio dell’opera trova un limite nel c.d. principio dell’esaurimento. In base ad esso, l’immissione in commercio da parte del titolare, o effettuata con il consenso di questo, ovvero da parte di un licenziatario o di un intermediario autorizzato[15], comporta il venir meno della possibilità per il titolare di controllare un futuro atto di disposizione negoziale riguardante il supporto su cui è fissato il programma originale o una copia, con la conseguenza che chiunque potrà successivamente rivenderlo, garantendo la sopravvivenza dei c.d. mercati secondari[16]. La ratio dell’esaurimento comunitario, così specificamente confermato anche per i programmi per elaboratore, è da rinvenirsi nel favore per la maggior circolazione possibile dei beni. In questa logica, si lascia prevalere la libera concorrenza nel mercato rispetto agli interessi proprietaristici allorché si ritiene che il titolare abbia già potuto percepire un’adeguata remunerazione per la creazione intellettuale prestando il consenso alla prima immissione in commercio[17].

Analogamente, l’esigenza di permettere il flusso di conoscenze e di informazioni tecnologiche necessario per il progredire dell’innovazione sta alla base della norma ex art. 64-quater l. aut., che si configura come eccezione alla necessaria autorizzazione del titolare prevista per le facoltà esclusive di riproduzione del programma e di traduzione della sua forma ex art. 64-bis lett. a) e b), qualora queste vengano “compiute al fine di modificare la forma del codice” e  “siano indispensabili per ottenere le informazioni necessarie per conseguire l’interoperabilità, con altri programmi, di un programma per elaboratore creato autonomamente[18]. La disposizione regolamenta il caso della decompilazione o reverse engineering, necessaria al fine di risalire dal codice oggetto al sorgente, al fine di ottenere l’interoperabilità tra diversi programmi per elaboratore[19]. La natura derogatoria della disposizione rispetto all’interesse del titolare ad autorizzare l’esercizio delle facoltà esclusive rende d’altra parte necessaria sia una elencazione delle condizioni che perimetrino l’àmbito della eccezione, al primo paragrafo, sia di precisi limiti all’uso delle informazioni ottenute, al secondo paragrafo, le quali in particolare non possono essere “utilizzate a fini diversi dal conseguimento dell’interoperabilità del programma creato autonomamente”, né essere oggetto di comunicazione a terzi se non per garantire “l’interoperabilità del programma creato autonomamente”, né più in generale essere utilizzate per “ogni altra attività che violi il diritto di autore”. D’altra parte, l’art. 64-quater l. aut. si preoccupa, al terzo comma, di garantire l’effettiva operabilità della eccezione tramite la previsione della nullità delle clausole contrattuali eventualmente pattuite in violazione delle disposizioni dei primi due paragrafi.

2.2.       SOFTWARE OPEN SOURCE

Dopo essersi soffermati sulla estensione dei diritti esclusivi d’autore sul software, averne sottolineato le implicazioni sul lato della libera accessibilità alle informazioni e ai metodi sottesi al programma, e che rivelano la necessità di un bilanciamento a favore di interessi ulteriori a quello del singolo titolare tramite la previsione di disposizioni che in questa misura si configurano anche come eccezionali al diritto d’autore[20], vale la pena svolgere alcune brevi riflessioni sul software open source.

Tra le varie licenze a disposizione del titolare del diritto d’autore per regolare l’accesso a, e l’esercizio delle facoltà spettanti su, un’opera dell’ingegno protetta, vi è quella cui si riferisce come “open source”. Con essa, solitamente accostata al software quale tipologia di opera dell’ingegno, il titolare del diritto concede a terzi la possibilità di accedere liberamente al codice sorgente, di studiarlo, di modificarlo, di distribuirlo e finanche venderlo. Ricorrendo a quella che è una logica tipicamente di public access, si vuole così facilitare non solo la possibilità per qualsiasi soggetto, in qualsiasi momento, anche futuro, di avere la libera disponibilità del software, ma anche la possibilità che la cooperazione fra più programmatori, venendo agevolata, possa portare ad un progressivo ampliamento e miglioramento del programma originale, risultando infine in un’opera collettiva protetta ex art. 10 l. aut., alla luce dell’apporto costantemente fornito da più soggetti[21]. Esempi di software open source sono i programmi Mozilla Firefox, Google Chromium, Android, LibreOffice e VLC media player.

  1. BREVETTO E SOFTWARE

Si possono brevettare le invenzioni. In particolare, le invenzioni che siano a) nuove, b) originali (ovvero che non siano ovvie per l’esperto del ramo della tecnica cui appartiene il settore dell’invenzione) e c) che siano suscettibili di avere un’applicazione industriale. Nell’assenza di una definizione legislativa, tali caratteristiche possono essere sintetizzate nella formula che definisce l’invenzione come la “soluzione originale di un problema tecnico”[22].

I testi normativi in materia di proprietà intellettuale, tra cui gli accordi TRIPS a livello internazionale, contribuiscono a delineare con maggior chiarezza i contorni dell’invenzione. L’art. 27 dei Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights stabilisce che “…possono costituire oggetto di brevetto le invenzioni, di prodotto o di procedimento, in tutti i campi della tecnologia…”. Una ulteriore delimitazione in senso negativo (ovvero di ciò che non può costituire invenzione) di tale concetto invece si riscontra all’art. 52.2 lett b) della Convezione sul Brevetto Europeo e nell’ordinamento italiano all’art. 45.2 lett b) del c.p.i. che riprende il primo in maniera integrale. Tali disposizioni infatti escludono dallinvenzione in particolare “..i programmi di elaboratore..”. Entrambe precisano inoltre che i software sono esclusi dalla brevettabilità solamente in quanto la domanda di brevetto o il brevetto concernano i programmi di elaboratore “in quanto tali”.

Si ritiene che un simile divieto sia stato introdotto per placare le preoccupazioni dei produttori di hardware, i quali temevano che la brevettabilità dei software avrebbe potuto compromettere la vendita dei dispositivi fisici cui essi sono indissolubilmente ed univocamente legati[23]. Tuttavia, a seguito dell’evoluzione tecnologica, l’egemonia nel settore informatico spetta ora ai software e dunque anche la rigidità del divieto in esame ha subìto un attenuamento [24].

L’Ufficio Brevetti Europeo e i giudici europei hanno infatti concesso alcuni brevetti per le cc. dd. “software implemented inventions”.  Nella giurisprudenza europea queste possono possono dividersi in a) invenzioni nelle quali il programma produce un effetto tecnico interno al computer o ad altri sistemi di elaborazione, e b) invenzioni in cui un programma gestisce, tramite il computer, un apparato o un procedimento industriale esterno al computer, risultando dunque nell’applicazione dell’informatica alla soluzione di problemi tecnici[25].

La specificazione di cosa debba intendersi per effetto tecnico risulta perciò centrale ai fini della brevettabilità di un software. Questo può essere suscettibile di brevetto allorché il suo effetto tecnico superi la normale normale interazione fisica tra il programma in sé ed il computer stesso[26], derivante da puri stimoli elettronici[27], e che invece porti ad alterare il funzionamento tangibile della macchina/apparato in un campo che non sia escluso dal brevettabile né sia avulso dai settori della tecnica[28].

Successivamente, il requisito del carattere tecnico è stato interpretato nel senso di affermare la natura tecnica, e dunque la brevettabilità, anche sulla base delle semplici caratteristiche fisiche del trovato, dalla natura di una attività eseguita o dall’utilizzo di mezzi tecnici[29].

Volgendo l’analisi oltreoceano, negli USA si è ammessa la brevettabilità del software in maniera graduale ma progressiva. La preoccupazione iniziale di non concedere esclusive su idee e metodi astratti e di non sovrapporre la tutela brevettuale a quella del copyright[30] ha infine condotto ad una maggiore apertura e alla concessione dell’esclusiva in varie occasioni[31].

L’esclusiva brevettuale permette al titolare di impedire, salvo il suo consenso, che terzi producano, utilizzano, mettano in commercio ed importino per tali fini il trovato oggetto di brevetto.

Per comprendere meglio la differenza tra copyright e brevetto, occorre inoltre ricordare che mentre il primo sorge automaticamente per il solo fatto della creazione, il secondo richiede prima di essere depositato (ovvero di fare una domanda all’Ufficio Brevetti nazionale o europeo), e una volta concesso, la protezione dura “solo” venti anni a differenza del copyright che perdura invece fino a settanta anni dalla morte dell’autore.

Infine, a differenza del copyright che offre una protezione a livello internazionale, il brevetto, basandosi sul sistema del deposito, è territoriale e dunque circoscritto all’area geografica per la quale si è fatta la domanda. Ciò richiede che si debba fare una domanda di brevetto per ciascun paese per il quale si intende ottenere la protezione, con un naturale aumento dei costi.

  1. CONCLUSIONI

Si è dunque osservato che la necessità di garantire una remunerazione per quanti investono nella realizzazione e nello sviluppo dei software trova una risposta nella proprietà intellettuale. In particolare, è l’istituto del copyright che permette ai singoli sviluppatori e alle aziende che svolgono attività di programmazione di tutelare in maniera maggiormente effettiva le istruzioni, in forma di codice sorgente ma anche oggetto, nonché i lavori preparatori che conducono al software finale. Questo è reso possibile dalle caratteristiche vantaggiose della protezione autoriale emerse anche in relazione a quelle del brevetto, sia dal punto di vista della durata che della assenza di formalità costitutive. Inoltre si deve dare conto della diversità della disciplina brevettuale,  la quale non presenta i medesimi requisiti o un’uniforme interpretazione in tutti gli ordinamenti, con la conseguenza che mentre negli USA una certa invenzione di software possa ammettersi, per quella stessa un brevetto in Europa potrebbe invece essere escluso.

Oltre a quanto si è appena detto, appare tuttavia necessario per ogni singola ipotesi valutare quale delle due protezione sia più idonea a tutelare il prodotto. Se il copyright protegge contro le riproduzioni inautorizzate del codice sorgente, lasciando spazio ad alcune eccezioni necessarie a bilanciare l’interesse proprietaristico con quella al libero accesso alle informazioni, il brevetto concede un’esclusiva sull’utilizzo di una macchina o di un apparato, in virtù dell’interpretazione sviluppatasi in merito all’effetto o al contributo tecnico. Tuttavia, occorre ricordare che la protezione del diritto d’autore e quella del brevetto non si escludono a vicenda, ma possono bensì coesistere.

Ancora, mentre la protezione del copyright è assolutamente pacifica a livello internazionale, tanto da risultare espressamente sancita negli accordi TRIPS, la brevettabilità del software ha incontrato più difficoltà e necessita di un orientamento giurisprudenziale teso ad evidenziare le finalità tecniche di questo prodotto per conciliare la sua tutela con l’istituto brevettuale.

Anche alla luce di ciò, per conciliare gli orientamenti giurisprudenziali europei che possono risultare divergenti in materia di brevetto per software, e dunque creare incertezza giuridica che scoraggi investimenti in questo settore, risulterebbe probabilmente necessario un intervento legislativo comunitario per armonizzare la materia, similmente a quanto effettuato nel copyright con le direttive passate.

[1] Il modello normativo sulla protezione dei programmi per elaboratori redatto nel 1977 dalla WIPO definiva i detti programmi come “a set of instructions capable, when incorporated in a machine-readable medium, of causing a machine having information-processing capabilities to indicate, perform or achieve a particular function, task or result”. Vedi Trevisan & Cuonzo, Proprietà intellettuale, industriale e IT, 2017, p. 586.

[2] Trevisan & Cuonzo, “Proprietà intellettuale, industriale e IT”, 2017, p. 587.

[3] Nel proseguo dello scritto si utilizzeranno in maniera equivalente i termini copyright e diritto d’autore per indicare le prerogative esclusive derivanti dalla creazione di un’opera dell’ingegno. Nonostante ciò, i due termini, che fanno parte della tradizione di common law (il primo) e di civil law (il secondo), presentano una diversa caratterizzazione ed un percorso evolutivo in parte diversi.

[4] Con particolare riferimento al deposito del software in un supporto magnetico presso la SIAE vedi A. Sirotti Gaudenzi, in “Proprietà intellettuale e diritto della concorrenza – I contratti nel diritto d’autore e nella proprietà industiale”, vol. III, 2010, pagg. 110 ss..

[5] L’art. 10 dei TRIPS è dedicato alla tutela dei programmi per elaboratore e delle raccolte di dati o database.

[6] L’impossibilità per il diritto d’autore di tutelare idee e principî ha una ratio concorrenziale ed è affermata (anche) a livello internazionale negli accordi TRIPS, all’art. 9.2., a norma del quale “La protezione del diritto d’autore copre le espressioni e non le idee, i procedimenti, i metodi di funzionamento o i concetti matematici in quanto tali.”.

[7] Vedi A. Musso, “Diritto di autore sulle opere dell’ingegno letterario e artistiche”, 2008, pag. 109, ed escludendo così i risultati di momenti preparatori collaterali o derivanti da studi di massima. In giurisprudenza sul punto vedi Trib. Roma, 20 dicembre 1993, in Annali Italiani di Diritto d’Autore – 1995, pag. 461.

[8] Sulla tutelabilità del codice oggetto in dottrina vedi G. Gugliemetti, “L’invenzione di software: brevetto e diritto d’autore”, 1997, pagg. 196 e ss..

[9] Una specifica disciplina è dedicata nella sezione VII, immediatamente successiva a quella sul software, anche alle banche-dati, ed anche per quest’ultima la normativa rappresenta il recepimento della direttiva europea 96/9/EC. Con riguardo alla protezione tramite diritto d’autore per il software e le banche-dati si deve segnalare una posizione protezionista di una parte della dottrina volta a criticare una simile protezione concessa ad opere che venivano considerate eminentemente tecniche e scientifiche, e dunque di una diversa natura rispetto alle opere dell’ingegno tradizionalmente oggetto di diritto d’autore. Sul tema si rinvia ad A.Musso, “Diritto di autore sulle opere dell’ingegno letterarie e artistiche”, 2008, pagg. 8 e ss..

[10] La copia parziale del programma costituisce contraffazione al pari di quella totale allorché la parte riprodotta presenti autonomamente un nucleo di autosufficienza ed originalità rispetto al software originale. Si veda Cass. 24/02/2002, n. 15509, in Dir. Ind., 2002.

[11] Integrano una riproduzione temporanea anche quegli atti “privi di rilievo economico proprio e che sono transitori o accessori, e parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico eseguito con l’unico scopo di consentire la trasmissione in rete tra terzi di opere con l’intervento di un intermediario”, che in quanto tali sono tuttavia esentati dal diritto d’autore, e dalla correlativa autorizzazione del titolare, ex art. 86 l. aut..

[12] Vedi P.Galli, in Ubertazzi, “Commentario breve alle leggi su Proprietà Intellettuale e Concorrenza” – sub art. 64 bis, VI ed., 2016, pagg. 1671, in cui riporta che “l’opinione oggi prevalente considera rilevanti ex art. 64-bis tutte le operazioni che comportino la riproduzione anche soltanto temporanea del programma (nel suo insieme o in una sua parte sostanziale) su un diverso supporto.”, e dunque anche nei casi ove la riproduzione avviene da una memoria all’altra di un elaboratore e come tale “non comporta un’utilizzazione economica dell’opera idonea ad allargare la cerchia dei suoi possibili fruitori e quindi una lesione degli interessi del titolare dei diritti.”.  Infatti, nella previsione legislativa sono ricomprese nell’esclusiva di riproduzione alcune attività che sono evidentemente funzionali al normale impiego del programma, e che non necessariamente implicano la produzione di una copia separata ed utilizzabile di esso. A questo proposito, è emblematica la necessità di autorizzazione anche per il semplice caricamento del programma nella memoria centrale dell’elaboratore per utilizzarlo. Si veda Trevisan & Cuonzo, Proprietà intellettuale, industriale e IT, 2017, p. 589.

[13] Bisogna infatti distinguere tra elaborazioni non creativa, costituente una forma di plagio poiché comporta una riproduzione sostanziale del programma e che si rivolve nella violazione della facoltà sub lett. a), e quella creativa a sua volta tutelabile sub lett. b), sulla base del gradiente di originalità della variazione, che nel primo caso non è frutto di un apporto creativo.

[14] Si ritiene infatti che mentre la elaborazione dell’opera dell’ingegno effettuata privatamente sia libera dalla necessità del consenso del titolare, questo possa impedire la successiva commercializzazione del frutto della elaborazione.

[15] Ciò che occorre perché si abbia l’esaurimento è che l’immissione in commercio avvenga da parte di un soggetto che garantisca la riferibilità dell’immissione alla volontà e al consenso del titolare stesso, e conseguentemente anche la non contraffazione dell’attività che costituisce esaurimento.

[16] Con specifico riferimento ai software, l’esaurimento del diritto di distribuzione, in base alla c.d. first sale doctrine, e la legittima creazione di mercati secondari che ne consegue, è possibile anche sulla base di una licenza concessa per il download del programma e dunque anche se la distribuzione non avviene fisicamente bensì in rete. Ciò è stabilito dalla Corte di Giustizia (Grande Sezione) nella causa C-128/11 UsedSoft GmbH contro Oracle International Corp. del 3 luglio 2012. Il testo della sentenza è reperibile tramite il link http://curia.europa.eu/juris/liste.jsf?num=C-128/11&language=IT.

Ad analoghe conclusioni erano giunti, in precedenza, i giudici americani, nella causa Vernor v. Autodesk, Inc.,United States District Court for the Western District of Washington, del 20 maggio 2008, reperibile tramite il link https://www.citizen.org/sites/default/files/vernororder.pdf.

[17] Sull’argomento dell’“esaurimento comunitario” si veda Giorgio Spedicato, “L’esaurimento UE dei diritti”, in Annali Italiani di Diritto d’Autore – 2016, pag. 443 ss..

[18] Si veda A. Musso, “Diritto di autore sulle opere dell’ingegno letterario e artistiche”, 2008, pag. 168, laddove si riferisce, condivisibilmente, alla disposizione in parola come ad un “apposito “anticorpo” endemico” interno alla disciplina del diritto d’autore e specificamente necessario al fine di bilanciare il potere di mercato dei titolari dei diritti, in alternativa alla disciplina antitrust che è in grado invece di riequilibrare gli interessi in gioco e le distorsioni del sistema solo in via generale ed agendo ab esterno.

[19] Con interoperabilità si deve intendere “la capacità di due o più sistemi informatici di scambiare informazioni e di usare reciprocamente le informazioni scambiate” (considerando 10 direttiva 91/250/EEC). La necessità per l’utente di finale di poter utilizzare diversi prodotti informatici offerti sul mercato quali beni autonomi, ma destinati ad essere combinati tra loro, rende necessario garantire una interconnesione all’interno delle parti dei software concorrenti, che può essere raggiunta solo tramite la ricostruzione del codice sorgente partendo dal codice oggetto del programma su cui si compie la decompilazione. Risulterebbe quindi insufficiente, a tal fine, il semplice studio o la sola osservazione che sono già permesse ex art. 64-ter l. aut..

Si registrano invece posizioni contrastanti sulla possibilità di considerare legittima la decompilazione di un software al fine di ottenere la interconnessione con elementi hardware. Al proposito, vedi P. Galli, in Ubertazzi, “Commentario breve alle leggi su Proprietà Intellettuale e Concorrenza” – sub art. 64 – quater, VI ed., 2016, pag. 1679.

[20] Perché il riferimento non va unicamente alla norma di eccezione dell’art. 64-quater l. aut., bensì anche alla previsione legislativa del principio del c.d. “esaurimento”, che si configura invece come una limitazione ontologica del contenuto e dell’estensione del diritto d’autore.

[21] Così A. Sirotti Gaudenzi, in “Proprietà intellettuale e diritto della concorrenza – I contratti nel diritto d’autore e nella proprietà industiale”, vol. III, 2010, pag. 96.

[22] Così Vanzetti-Di Cataldo, “Manuale di diritto industriale”, 2012, Giuffrè, pag. 387.

[23] Vedi Vanzetti – Di Cataldo, “Manuale di diritto industriale”, 2012, Giuffrè, pag. 391; Floridia, Vedi S. Bergia in “Codice della Proprietà Industriale” a cura di Vanzetti, pag. 637 ss., 2013. Vedi anche in Floridia in “Diritto Industriale. Proprietà Intellettuale e concorrenza”, pag. 205;, pag. 181, Vedi Bosotti – Capasso, in Galli – Gambino “Codice Commentato della Proprietà Industriale e Intellettuale”, 2011, pag. 554.

[24] Vedi Bosotti – Capasso in Galli – Gambino “Codice Commentato della Proprietà Industriale e Intellettuale”, 2011, pag. 555. Per le implicazioni di tipo anti-concorrenziale in tale situazione vedi Floridia, in Ricolfi, Spada, Auteri, Floridia, Mangini e Rosaria, Diritto Industriale. Proprietà Intellettuale e concorrenza, pagg. 205 ss.

[25] Vedi Vanzetti – Di Cataldo, “Manuale di diritto industriale”, 2012, pag. 392. Per le decisioni sulla brevettabilità nelle due diverse categorie si veda S. Bergia in “Codice della Proprietà Industriale” a cura di Vanzetti, 2013, pag. 638.

[26] Come si è affermato in T 1173/97, T 931/95 e T 641/00.

[27] Vedi Scuffi – Franzosi, “Il codice della proprietà industriale”, 2005, pag. 253.

[29] T 285/03, EPOR 04, 2005.

[30] In tal senso la decisione Gottschalk v. Benson, 409 U.S. 63 (1972), in cui si è escluso dalla brevettabile un algoritimo che programmava un computer per convertire senali dalla forma digitale a codice binario a pura forma binaria.

[31] Per una disanima dei brevetti concessi negli USA si veda Scuffi – Franzosi, “Il codice della proprietà industrale”,2005, pag. 253.

Edoardo Badiali

Edoardo, dopo la maturità classica, si è laureato con 110/110 cum laude presso la facoltà di giurisprudenza dell'Università di Bologna nel 2016, con tesi in Comparative Copyright Law. Nell'anno 2015/2016 ha conseguito inoltre un LLM in Intellectual Property & Information Law presso il Dickson Poon School of Law del King's College di Londra. Dopo aver collaborato con il dipartimento IP di uno studio legale internazionale, svolge attualmente la pratica forense in uno studio boutique specializzato in Proprietà Industriale e Intellettuale, materie nelle quali ha deciso di focalizzare i propri interessi professionali e di studio. Oltre ad essere appassionato di Intellectual Property, tra i suoi interessi vi sono la musica, leggere e il jogging.

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