Il Tar Campania sulla questione di giurisdizione e questione di competenza: quale ha la precedenza?
L’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo adito va vagliata prioritariamente rispetto alla questione di incompetenza dell’adito Tar, rivestendo la questione di giurisdizione carattere pregiudiziale rispetto a qualunque altra, ivi compresa quella di incompetenza[1].
Nell’ordinamento Italiano, come noto, la funzione giurisdizionale viene distribuita tra i vari giudici attraverso due tipologie di norme: le norme sulla giurisdizione e quelle sulla competenza.
Molto spesso, nella prassi, i due termini vengono utilizzati in modo alternativo come se avessero lo stesso significato; essi, invece, si riferiscono a concetti totalmente diversi, non tanto dal punto di vista logico e concettuale, quanto dal punto di vista del diritto positivo.
La giurisdizione può essere definita, in estrema sintesi, come la quantità di potere giurisdizionale che spetta ai giudici appartenenti ad un determinato ordine rispetto ai colleghi di ordini diversi[2](ne è un esempio lampante il riparto di giurisdizione tra Giudice Ordinario e Giudice Amministrativo[3]).
La competenza, invece, riguarda la distribuzione del potere di decidere una determinata controversia tra giudici appartenenti al medesimo ordine o giurisdizione; per quanto riguarda la giustizia amministrativa la competenza è classificata in competenza per territorio[4] , funzionale o per materia[5] e per grado[6].
Affinché un processo si concluda con una decisione valida è necessario osservare le disposizioni normative in materia di giurisdizione e competenza, ed è per questo che la scelta di un determinato giudice effettuata dall’attore/ricorrente non va considerata immutabile e definitiva: le parti, infatti, possono sollevare l’eccezione di difetto di giurisdizione in ogni stato e grado del processo ed eccepire l’incompetenza del giudice adito. La legge prevede, inoltre, che sia lo stesso giudice a rilevare d’ufficio quando la controversia rientri o meno nella propria giurisdizione[7], oppure quando ritenga di essere incompetente sul caso[8].
Ma cosa accade se in un processo vengono messe in discussione sia la giurisdizione che la competenza del giudice adito? Quale sarà in questo caso l’ordine di trattazione delle due questioni?
Va prioritariamente sottolineato che la problematica non è nuova ed anzi essa rappresenta un tema molto complesso e dibattuto in dottrina ed in giurisprudenza; si contrappongono a riguardo due diversi orientamenti:
- Secondo il primo la competenza riveste carattere prioritario, dato che «l’accertamento della spettanza della giurisdizione non può che essere decisa dal giudice in astratto competente per materia, valore e territorio a conoscere della controversia, sulla base della prospettazione della domanda[9]». Considerato, altresì, che ogni giudice è competente a decidere sulla propria competenza, è evidente che tale accertamento risulta pregiudiziale rispetto a quello della giurisdizione;
- l’orientamento opposto ritiene, invece, che la questione di giurisdizione contenga in sé anche quella di competenza[10], dunque, «l’esame della sussistenza della giurisdizione deve necessariamente precedere quello relativo alla sussistenza della competenza, che può porsi solo se è divenuta certa e definitiva l’attribuzione a decidere quella determinata controversia al giudice ordinario, infatti, la competenza comporta un problema di ripartizione del potere di decidere tra diversi giudici ordinari, sicché non può che porsi su un piano ulteriore e logicamente successivo rispetto al problema della giurisdizione[11]».
Proprio questo secondo orientamento viene sposato dal Tar Campania nella sentenza in commento[12]; nell’argomentare la propria decisione i giudici napoletani ricordano in primo luogo quanto affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di stato nella sentenza n. 4 del 2011 nella quale si legge che “la norma positiva enucleabile dal combinato disposto degli artt. 76, co. 4, c.p.a. e 276, co. 2, c.p.c., impone di risolvere le questioni processuali e di merito secondo l’ordine logico loro proprio, assumendo come prioritaria la definizione di quelle di rito rispetto a quelle di merito, e fra le prime la priorità dell’accertamento della ricorrenza dei presupposti processuali (nell’ordine, giurisdizione, competenza, capacità delle parti, ius postulandi, ricevibilità, contraddittorio, estinzione), rispetto alle condizioni dell’azione”. In secondo luogo, con riferimento specifico alla necessità della delibazione preventiva della questione di giurisdizione rispetto a quella di incompetenza, il Tar ripropone, pedissequamente, quanto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza n. 29 del 5 gennaio 2016.
Secondo l’Alto Consesso il reale fondamento della pregiudizialità della questione di giurisdizione rispetto a quella della competenza è contenuto nelle norme Costituzionali (che travalicano e sono gerarchicamente superiori alle leggi ordinarie aventi ad oggetto l’ordinamento processuale di ciascuna giurisdizione e, quindi, anche la competenza) ed in particolare quelle relative al diritto alla tutela giurisdizionale ex art. 24, 1° comma, alla garanzia del giudice naturale precostituito per legge di cui all’art. 25, 1° comma, ai principi del giusto processo disciplinati, in particolare, dall’art. 111, 1° e 2° comma, nonché al riparto di giurisdizione tra giudici ordinari e speciali fondato su criteri predeterminati (artt. 102, 1° e 2° comma, 103 e VI disp. trans. e fin.).
«In un ordinamento giurisdizionale connotato da più giurisdizioni – ciascuna, come detto, con proprie e specifiche attribuzioni giurisdizionali -, il diritto alla tutela giurisdizionale, la garanzia del “giudice naturale” e gli stessi principi del “giusto processo”, da svolgersi secondo il canone della “ragionevole durata”, per risultare pienamente ed effettivamente realizzati, esigono la massima certezza quanto all’individuazione del giudice legittimato alla cognizione della controversia relativamente alla quale si chiede tutela: innanzitutto, del giudice – ordinario, amministrativo, speciale appunto – al quale è attribuita, secondo Costituzione, tale cognizione (potestas judicandi) e, soltanto in seconda e definitiva approssimazione, del giudice al quale è concretamente attribuita, secondo l’ordinamento processuale di ciascun ordine giurisdizionale stabilito con legge ordinaria, la cognizione medesima (potestas decidendi)».
Lo stesso assetto delle norme processuali è coerente con tale ricostruzione, considerando che l’art. 37 c.p.c. statuisce sul difetto di giurisdizione, mentre il successivo art. 38 c.p.c. sul regime della incompetenza.
Ad avviso della Suprema Corte, le osservazioni che precedono conducono univocamente alla conclusione che ogni giudice adito, anche nei casi in cui egli stesso, o la parte, dubiti della sua competenza, deve sempre verificare innanzitutto, anche d’ufficio, in conformità con le richiamate norme costituzionali e con l’art. 37 cod. proc. civ., la sussistenza della propria giurisdizione e, solo successivamente, in caso affermativo, della propria competenza[13].
La pregiudizialità della giurisdizione sulla competenza soffre solo due deroghe che possono ricorrere, ad avviso delle S.U.:
- a) “a monte”, in ragione della mancanza delle condizioni minime di legalità costituzionale quanto all’instaurazione del “giusto processo”, come ad esempio per la violazione del diritto di difesa della parte (art. 24 Cost., commi 2 e 3) o per l’omessa promozione di un contraddittorio effettivo (art. 111 Cost., commi 1 e 2);
- b) oppure “a valle”, per la formazione del giudicato (esplicito o implicito) sulla giurisdizione: il giudicato, infatti, risponde all’ esigenza di definitività e certezza delle situazioni giuridiche controverse, che costituisce un valore costituzionalmente protetto, in quanto ricollegabile sia al diritto alla tutela giurisdizionale,sia al principio della ragionevole durata del processo.
[1] Tar Campania, Sez. V, 14 settembre 2018, n. 5507.
[2] Accanto ai Giudici Ordinari (giudice di pace, tribunale, corte d’appello e Cassazione) la nostra Costituzione prevede all’articolo 103 tre ordini Giudici Speciali (Consiglio di Stato, Corte dei Conti). Giova ricordare che nell’ambito della giurisdizione amministrativa al Consiglio di Stato vanno aggiunti i Tribunali Amministrativi Regionali istituiti nel 1971 dietro espressa previsione dell’art. 125 della Costituzione.
[3] Il tema del riparto di Giurisdizione tra Giudice Ordinario ed Amministrativo può essere considerato uno dei più spinosi e dibattuti del diritto amministrativo, tuttavia, non essendo questo l’argomento della presente trattazione, ci si può limitare a ricordare che a norma dell’articolo 103 della Costituzione «Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi» (la Carta Fondamentale ha, dunque, accolto tra le diverse teorie prospettate da dottrina e giurisprudenza, il criterio di riparto della giurisdizione tra G.O. e G.A. fondato sulla causa petendi);
Il Codice del Processo Amministrativo, muovendosi nel solco tracciato dal costituente, statuisce all’articolo 7, comma 1, che «sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi…», l’ elencazione delle materie attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nelle quali il giudice amministrativo conosce, pure ai fini risarcitori, anche delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi è contenuta nell’articolo 133 del Codice stesso.
[4] Svolge la funzione di ripartire la cognizione delle controversie fra i diversi TAR esistenti sul territorio nazionale.
La competenza territoriale è disciplinata dall’articolo 13 del c.p.a. ed è inderogabile (l’inderogabilità è una novità introdotta dal codice stesso per evitare il fenomeno del c.d. forum shopping ossia la scelta di TAR territorialmente incompetenti ma ritenuti più favorevoli per l’accoglimento delle richieste di provvedimenti cautelari).
[5] Disciplinata dall’articolo 14 del c.p.a. ed anch’essa inderogabile.
[6] E’ quella che sussiste tra giudice di primo grado (T.a.r.) e giudice di secondo grado (Consiglio di Stato).
[7] Il difetto di giurisdizione può essere rilevato d’ufficio in ogni stato e grado del processo (art. 37 c.p.c).
[8] Nel processo civile l’incompetenza è rilevabile d’ufficio non oltre l’udienza di prima comparizione delle parti (art. 38 c.p.c.); nel processo amministrativo il difetto di competenza è rilevabile d’ufficio finché la causa non è decisa in primo grado (art.15 c.p.a.).
[9] Cass. (ord.) 7 marzo 2014, n. 5434 e Cass. sez. un., 9 ottobre 2008, n. 24883.
[10] C.d “nesso di continenza”.
[11] Cass. 9 aprile 1994, n. 3328, in Foro it., Rep. 1994, I,1996.
[12] Nel caso di specie il ricorrente aveva adito il Tar Campania chiedendo la corresponsione della indennità per il periodo di occupazione d’urgenza (ex art. 22-bis del d.P.R. n. 327/2001) mai corrisposta dall’amministrazione, mentre quest’ultima aveva eccepito in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione dell’adito G.A; dal canto suo il Collegio aveva trattenuto in decisione la causa dando avviso alle parti, ex art. 73 comma 3 c.p.a., della sussistenza di possibili profili di difetto di competenza del T.A.R. adito, per essere ravvisabile la competenza funzionale del T.A.R. Lazio.
[13] «A definitiva riprova che quello affermato è il giusto ordine delle predette questioni, sta inoltre, ad avviso della Suprema Corte nella sua più autorevole composizione, il decisivo rilievo che, contrariamente opinando, la previa decisione della questione di competenza potrebbe risultare del tutto inutiliter data – e, quindi, collidente, tra l’altro, con i principi di economia processuale, del “giusto processo” e della sua “ragionevole durata” – ove il giudice adito fosse poi – com’è possibile in determinate fattispecie processuali, dichiarato privo di giurisdizione».
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