venerdì, Aprile 19, 2024
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Il trust testamentario

La costituzione del trust a mezzo del negozio testamentario è espressamente prevista dall’art. 2 della Convenzione dell’Aja. La vicenda segregativa e destinatoria diviene, in tal caso, parte integrante del programma testamentario. Si badi, a tal proposito, che il c.d. trust testamentario può assumere una duplice fisionomia, difatti, il testatore può costituire il trust nello stesso testamento (c.d. costituzione diretta), ovvero fare obbligo ad eredi o legatari onerati di costituire in trust i beni loro devoluti (c.d. costituzione indiretta)[1].

Ebbene, particolarmente problematica si rivela, ancora oggi, la ricostruzione della scheda testamentaria che direttamente costituisca un trust. In primis, si pone un problema di ordine qualificatorio. In particolare, non può sottacersi come la “sequenza trust”, calata in una scheda testamentaria renda protagonisti del regolamento successorio soggetti (quali il trustee, il beneficiario di reddito, il beneficiario finale), estranei alla nostra cultura giuridica, il cui ruolo deve essere attentamente valutato attraverso il prisma delle categorie concettuali familiari al nostro sistema successorio, quali le figure di erede, legatario, esecutore testamentario[2]. Si consideri, in primo luogo, la posizione del trustee. Una prima ricostruzione dottrinale qualifica il triste in termini di erede cum onere[3].

Si ritiene, infatti, che, in ossequio ai principi generali, colui il quale consegua, per effetto del decesso di una persona, quota parte del suo patrimonio o l’intero suo patrimonio, debba, per ciò solo, definirsi erede; l’obbligo di gestire il patrimonio, di devolvere le rendite, di trasferire gli stessi beni alla scadenza del trust può essere ascritto al genus delle obbligazioni modali. La ricostruzione in oggetto, tuttavia, solleva non pochi dubbi sul piano funzionale. Difatti, attesa la natura accessoria della disposizione modale, qualificare l’attribuzione al triste in termini di istituzione con clausola modale significa ricostruire nei seguenti termini la progressione attributiva ingenerata dal trust: l’attribuzione al triste sarebbe negozio principale; l’impiego dei beni così come imposto dal settlor costituirebbe disposizione accessoria. Il profilo funzionale che si realizza attraverso il trust, invece, esattamente opposto.

Difatti, nel programma testamentario, valore primario assume l’attribuzione al beneficiario finale, laddove, rispetto ad essa, strumentale e transitoria è l’attribuzione al trustee. Il trust esprime, allora, un disegno funzionale che trascende la figura del trustee, nei cui confronti il testatore non manifesta alcun intento liberale e non realizza alcuna delazione[4]. Ecco, quindi, che nella disposizione testamentaria diretta al trusteedeve rilevarsi non già l’offerta di sostanze, quanto piuttosto, il conferimento di un incarico d’ordine gestorio. L’ingresso dei beni nel patrimonio del trusteediviene, così, un mezzo preliminare e prodromico alla realizzazione di un più ampio progetto tale da far intendere che quella del trusteeè una proprietà conformata, con ciò programmaticamente destinata ai beneficiari finali e temporaneamente esercitata nel loro interesse.

E’, difatti, proprio tale interesse a giustificare, da un lato,  e limitare, dall’altro, la proprietà del trustee, costituendo la stella polare per orientarsi nella vicenda segregativa. Non può sfuggire, poi, che proprio basandosi su tali premesse, parte della dottrina, al fine di risolvere l’incertezza qualificatoria della vicenda de qua, ha parlato di un nuovo genus di disposizione testamentaria. In particolare, posto che nel disegno del testatore, è il beneficiario finale ad essere l’effettivo destinatario di un’attribuzione patrimoniale, allora, si è parlato di delazione sospesa in suo favore. Si badi, sospesa, e non semplicemente differita, posto che non può obliterarsi il dato per cui la stessa, fisiologicamente, risentirà, nella sua entità, dei risultati della gestione fiduciaria del trustee[5].

Nel caso di trust testamentario, difatti, la difficoltà ricostruttiva nasce proprio dal dato per cui, per volontà del testatore, un soggetto riceve sostanze patrimoniali, non già del de cuius, ma di un terzo soggetto, per l’appunto il trustee, la cui gestione avrà, peraltro, reso quelle sostanze di regola diverse – o sul piano quantitativo o su quello qualitativo – da quelle effettivamente uscite dal patrimonio del testatore. L’attribuzione del trust fund[6]  viene, così, deviata dalla struttura triangolare del trust, di talché, sul piano tecnico giuridico, il beneficiario finale non può che ritenersi avente causa del trusteee non già, si ripete, del de cuius.

Va da sé che il beneficiario non può considerarsi erede, quanto, al più, legatario. Si badi, però che trattasi di disposizione che non realizza direttamente un’attribuzione dal disponente al beneficiario finale, sicché sarà un legato il cui profilo effettuale, comunque, necessiterà della cooperazione del trustee. In questo quadro, sia consentito sottolineare come, per la verità, quanto meno nella generalità dei casi, il beneficiario alla scadenza del trustnon consegue direttamente la titolarità del trust fund, necessitando, viceversa, di un atto traslativo solutionis causa da parte del trustee. Rammentando, allora, categorie più vicine alla nostra cultura giuridica, può dirsi che il trust non instaura, per il beneficiario, una vicenda ad effetti reali differiti, bensì una fattispecie obbligatoria. La delazione sospesa al beneficiario finale può, quindi, qualificarsi in termini di legato di comportamento negozialee, quindi, in termini di legato avente ad oggetto un’attività negoziale unilaterale. Dunque, per effetto della disposizione testamentaria, il beneficiario consegue il diritto a che il trusteeponga in essere l’atto di adempimento traslativo[7]. In altre parole, oggetto dell’obbligazione sarà proprio un’attività negoziale adempitiva positiva.

[1]In questo caso lo strumento sarà quello del legato di contratto. Difatti, nel caso di costituzione indiretta del trusttramite legato, il testatore determinerà solo gli elementi essenziali della vicenda – come la fissazione dello scopo, la determinazione dei beni vincolati, l’individuazione del trustee, del beneficiario e del protector– lasciando, poi, un considerevole spazio di autonomia alle parti per la regolamentazione di aspetti più specifici, primo fra tutti la definizione dei poteri gestori del trustee.

[2]Per una completa disamina sul punto v., C ROMANO, Il trust e l’atto di destinazione testamentario, in S. BARTOLI – D. MURITANO – C. ROMANO, Trust e atto di destinazione nelle successioni e donazioni, Milano, 2014, p. 171 e ss.

[3]Così, E. CORSO, Il caso di un trust testamentario e le implicazioni di diritto tavolare, in Trust att. fid., 2000, p. 277.

[4]S. BARTOLI, La natura dell’attribuzione mortis causa al trustee di un trust testamentario, inTrust att. fid., 2004, 2, p. 178 e ss.

[5]A. DE DONATO, Il trust nel sistema successorio, in Il trust nell’ordinamento giuridico italiano, in Quaderni del Notariato, Milano, 2002, p. 103.

[6]Quale risultante dalla gestione del trustee.

[7]L’onerato così sarà l’erede, su cui grava il peso economico dell’attribuzione, giacché, in forza della disposizione testamentaria, egli perderà il diritto a conseguire i beni costituiti in trust.

Elena Ficociello

Elena Ficociello nasce a Benevento il 28 luglio del 1993. Dopo aver conseguito la maturità classica presso l'istituto "P. Giannone" si iscrive alla facoltà di giurisprudenza Federico II di Napoli. Si laurea il 13 luglio del 2017, discutendo una tesi in diritto processuale civile, relativa ad una recente modifica alla legge sulla responsabilità civile dello Stato-giudice, argomento delicato e problematico che le ha dato l'opportunità di concentrarsi sui limiti dello ius dicere. A tal proposito, ha partecipato all'incontro di studio organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura presso la Corte di Appello di Roma sul tema "La responsabilità civile dei magistrati". Nell'estate del 2016, a Stasburgo, ha preso parte al master full time "Corso Robert Shuman" sulla tutela dei diritti fondamentali dell'uomo, accreditato dal Consiglio Nazionale Forense, convinta che un buon avvocato, oggi, non può ignorare gli spunti di riflessione che la giurisprudenza della Corte EDU ci offre. Adora viaggiare e già dai primi anni di liceo ha partecipato a corsi di perfezionamento della lingua inglese, prima a Londra e poi a New York, con la Greenwich viaggi. È molto felice di poter collaborare con Ius in itinere, è sicuramente una grande opportunità di crescita poter approfondire e scrivere di temi di diritto di recente interesse. Contatti: elena.ficociello@iusinitinere.it

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