giovedì, Marzo 28, 2024
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Imposta di soggiorno – disciplina normativa ed evoluzioni giurisprudenziali

Il diritto tributario è uno di quei settori del diritto che più spesso incontriamo nella vita quotidiana, dalle grandi attività alle più piccole cose, fra cui viaggi o visite ad amici e parenti distanti.

Ebbene l’imposta di soggiorno, che tutti paghiamo quando ci viene reso il conto di un pernottamento, rappresenta al meglio quell’esigenza di comprensione e studio di questo settore. In particolare è necessario capire chi, come e quando pagare l’imposta e soprattutto individuare le parti coinvolte nell’erogazione e riscossione di uno dei tributi più noti e diffusi del nostro Paese.

Dunque, si tratta di un’imposta di carattere locale, applicata a carico di soggetti che alloggiano nelle strutture ricettive in territori classificati come “località turistica” o “città d’arte”.

In Italia è stata introdotta con alcuni interventi normativi:

  • Legge finanziaria regionale della Sardegna per il 2007 che istituì la prima forma di imposta di soggiorno
  • Il decreto legislativo 14 marzo 2011 n. 23, recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale che ha conferito la generale facoltà di istituire tale imposta

Sostanzialmente, ai sensi del comma 1 dell’articolo 4 del suddetto:

  1. comuni capoluogo di provincia (attualmente in Italia sono 118)
  2. le Unioni di comuni (centri locali costituiti da due o più comuni, di norma confinanti)
  3. nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche città d’arte (non sono stati forniti elementi utili ad individuare questi comuni ed ogni regione si è comportata in maniera differente)

possono istituire, con delibera del consiglio, un’imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio.

L’art. 4 comma 3 del D.lgs. n. 23/2011 prevede che sia un Regolamento statale a dettare la disciplina generale di attuazione dell’imposta. La mancata emanazione di tale regolamento da parte del Governo, insieme alla previsione dell’ultimo periodo dello stesso comma 3, che consentiva ai comuni di procedere all’adozione dei regolamenti istitutivi anche in assenza del regolamento statale, ha concesso ad essi ampi margini di discrezionalità ed ha determinato una situazione di grande disomogeneità fra i regolamenti comunali.

Discrezionalità che d’altra parte è ulteriormente ampliata dalla circostanza che anche la stessa normativa legislativa (art. 4 D.lgs n. 23/2011) è molto generica e non disciplina alcuni aspetti. Alla luce di ciò dottrina e giurisprudenza considerano quale tributo proprio l’imposta di soggiorno.

La misura dell’imposta di soggiorno  deve essere definita secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo. In realtà i casi in cui è stata adottata un’imposta di soggiorno commisurata al prezzo sono pochi, in quanto buona parte delle delibere comunali si è basata su un’imposta commisurata alla tipologia di struttura recettiva ed alla categoria, nonché al numero dei pernottamenti registrati nella struttura stessa. Non è un caso che la giurisprudenza più recente abbiamo evidenziato la sproporzione dell’imposizione rispetto ai canoni normativi.

L’imposta di soggiorno si calcola moltiplicando il numero degli ospiti per il numero dei loro pernottamenti e il risultato ottenuto per la tariffa corrispondente alla categoria di appartenenza, istituita da ogni Comune. Il tetto massimo è di cinque euro per notte di soggiorno.

Il gettito dell’imposta è soggetto ad un vincolo di destinazione ed è per questo che l’imposta è stata considerata dalla dottrina quale imposta di di scopo. Tuttavia non sembra ben delineato l’ambito di applicazione della medesima. In sostanza le risorse derivanti dai flussi turistici territoriali devono essere impiegate per:

– interventi diretti a sostegno delle strutture ricettive, ovvero degli operatori economici interessati che insistono su quel territorio

– interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, cioè degli elementi che determinano l’attrattività turistica del territorio comunale;

– interventi di manutenzione e sviluppo dei servizi pubblici locali erogati dagli enti, in favore di una loro migliore e maggiore fruibilità e quindi per migliorare e aumentare la soddisfazione del turista.

Per quanto riguarda i soggetti passivi la norma non prevede alcuna esclusione quindi, in teoria, per ogni persona fisica e per ogni pernottamento si verifica il presupposto impositivo. Si ritiene escluso, naturalmente, il residente del Comune impositore in quanto non è espressione di un flusso turistico.

 Alla luce della disciplina esposta, sorgono molteplici dubbi e incerti rimangono alcuni profili di tale tributo.

La sentenza 647/2017 del TAR Toscana evidenzia alcuni limiti nell’imporre questo genere di prelievo tributario che nel suo complesso è una fonte di risanamento dei bilanci dei Comuni italiani dopo la crisi economico-finanziaria iniziata nel 2008 e al seguito dell’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione (ex l. cost. 1/2012). Tale vincolo ha determinato l’inasprimento del sistema impositivo tributario e la continua “creazione” di modi per “fare cassa” determinando anche un incremento del contenzioso amministrativo di cui peraltro si tratta.

Ebbene, spesso società turistiche e proprietari di abitazioni si trovano a dover versare ai Comuni un importo notevole il cui peso grava sui soggetti passivi (chi pernotta) e sugli stessi titolari che sono responsabili verso l’ente pubblico che li impone. Pertanto, diversi sono i casi in cui è stato richiesto l’intervento del giudice amministrativo per risolvere controversie circa l’imposizione del prelievo che, tramite delibera di Giunta(1), spesso travalica i limiti e i principi del sistema tributario.

Il TAR Toscana ha chiarito che è compito della Regione predisporre un elenco(2) di Comuni abilitati a imporre l’imposta di soggiorno secondo  le competenze Stato-Regioni ex art 117 Cost. che, nell’ambito della legislazione concorrente, assegna alla Regione il coordinamento del sistema tributario. Inoltre, non tutti i Comuni possono istituire con regolamento l’imposta di soggiorno: è necessaria la cosiddetta “vocazione turistica” quale elemento essenziale.

Infatti nel momento in cui la Regione inserisce l’ente nell’elenco citato compie una valutazione(3) e la ricorrente ha evidenziato come tale passaggio non ci fosse stato alla luce della stessa Giunta Regionale che a Giugno 2011 ha dichiarato “di non disporre di un elenco regionale delle località turistiche o città d’arte” e riteneva necessario dare corso all’approvazione di tale elenco al fine di “consentire la facoltà di istituire l’imposta di soggiorno anche ai Comuni che, pur non essendo capoluogo di Provincia o Unioni di Comuni, hanno comunque carattere di località turistica o città d’arte”.

Inoltre tale Giunta fa emergere un altro carattere dell’imposta che la giurisprudenza ha chiarito e cioè la presunzione(4) di legge circa la vocazione turistica dei Capoluoghi di Provincia e delle Unioni di Comuni, che comporta, tuttavia, una certa disuguaglianza fra enti non prevista in Costituzione essendo i Comuni, dal punto di vista giuridico, sullo stesso piano normativo.

Rimangono dunque aperte molteplici questioni in merito all’imposta di soggiorno sulla quale è necessario aggiornarsi e seguire il percorso recentissimo della giurisprudenza verso una tutela adeguata del contribuente e delle stesse strutture ricettive.

1 Il ricorrente nella sent. TAR Molise 477/2014 ha  chiesto, come nella maggior parte dei casi in genere, l’annullamento della delibera del consiglio comunale 37/2012 con la quale è stata istituita l’imposta di soggiorno e approvato il relativo regolamento nonché tutti gli atti preordinati, pregiudiziali, successivi e connessi.

2 Secondo il Tribunale in questione “non può considerarsi valido sostenere che al fine di cui trattasi sarebbe sufficiente l’inclusione nell’elenco dei comuni ad economia prevalentemente turistica ex l. reg. 28/1999 di recepimento del d.lgs n 114/1998, in quanto tale norma si propone di regolare le funzioni amministrative della regione e degli enti locali in materia di commercio al fine di favorire la migliore distribuzione delle merci e dei prodotti su tutto il territorio regionale, nonché per favorire lo sviluppo e la libertà di impresa.” Continua il giudice.. “La finalità è su un piano totalmente diverso da quello in oggetto del decreto 23/2011 secondo cui il potere impositivo richiede il rigoroso rispetto di tutti i passaggi procedurali dal medesimo stabiliti”. La difesa della parte resistente venne in tal senso a cadere.

3 TAR Molise ha chiarito anche che “riveste carattere fondamentale l’accertamento dell’effettiva vocazione turistica del Comune nel quale si intenda istituire l’imposta di soggiorno; accertamento che l’art 4 d.lgs 23/2011 ha rimesso all’esclusivo scrutinio della Regione mediante una disposizione da ritenersi ragionevole e volta a conservare la corrispondenza tra carattere prevalentemente turistico del soggiorno dei non residenti e l’imposizione tributaria”. Sul punto anche sent. TAR Molise 477/2014 secondo cui  “deve escludersi che una tale valutazione possa essere ridotta ad un mero accertamento di indici attestanti la vocazione turistica dell’ente comunale, fra cui affluenza negli alberghi, presenza nel Comune dell’Agenzia Autonoma di Soggiorno e Turismo nonché della Facoltà di scienze turistiche”, come ha preteso, in questo caso, la parte resistente (Il comune di Termoli). Si evince dalla sentenza che la valutazione verte su criteri ben definiti dalla giurisprudenza.

Dario Di Stasio

Diplomato al liceo scientifico e laureato con lode in giurisprudenza presso l'Università degli studi di Napoli "Federico II" all'età di 24 anni discutendo la tesi in diritto del lavoro in tema di licenziamenti e tutele indennitarie. Vincitore delle collaborazioni studentesche part-time A.A. 2014/2015, socio Elsa Napoli e vincitore assegnatario del bando per le attività di tutorato e orientamento A.A. 2017/2018. Ha superato con esito positivo il tirocinio presso il TAR Campania per l'accesso al concorso in magistratura. Ha completato il primo anno di praticantato come consulente del lavoro. Appassionato di diritto tributario, ha approfondito alcune sue branche, dalla finanza decentrata ai sistemi fiscali comparati. Sostenitore del federalismo europeo. E' stato eletto segretario della sezione di Napoli della Gioventù Federalista Europea nel 2017 e ha contribuito alla pubblicazione del volume “Europa: che fare? L’Unione Europea tra crisi, populismi e prospettive di rilancio federale”, edito da Guida Editore. Condivide e sostiene il progetto federalista di Altiero Spinelli volto all'unione politica e fiscale così da eliminare quelle disuguaglianze sostanziali che di fatto impediscono il pieno sviluppo della personalità anche oltre i confini nazionali.

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