venerdì, Marzo 29, 2024
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In vigore il nuovo Decreto-legge sulla Giustizia Sportiva

E’ entrato in vigore lo scorso 7 ottobre il Decreto-legge n. 115/2018 rubricato “Disposizioni urgenti in materia di giustizia amministrativa, di difesa erariale e per il regolare svolgimento delle competizioni sportive”.

Così come si evince dal preambolo del Decreto-legge , la finalità perseguita dal Consiglio dei Ministri è quella di ‹‹migliorare l’efficienza e la funzionalita’ della giustizia amministrativa, nonche’ della difesa del Comitato olimpico nazionale italiano davanti alla giurisdizione amministrativa, anche in relazione all’esigenza di assicurare un veloce e agevole raccordo con l’impugnazione in sede giurisdizionale delle decisioni sportive concernenti l’ammissione od esclusione dalle competizioni o dai campionati delle societa’ o associazioni sportive professionistiche››.

Tale obiettivo è considerato di straordinaria necessità ed urgenza[1] tanto da rendere il Decreto-legge in questione immediatamente applicabile anche alle controversie ed ai procedimenti già in corso.

Prima di procedere all’analisi del testo del Decreto ed alle modifiche normative da questo apportate è opportuno ricostruire brevemente il rapporto tra la Giustizia Sportiva e la Giustizia Statale (ordinaria ed amministrativa) vigente nel nostro ordinamento.

La disciplina legislativa di tale rapporto è contenuta nel Decreto-legge n. 220/2003[2](c.d. Decreto salva calcio) il quale ha, in sostanza, codificato principi generali già sanciti da dottrina e giurisprudenza riconoscendo l’autonomia dell’ordinamento sportivo rispetto a quello statale e delimitando i limiti di tale autonomia[3].

Tale limite viene individuato dall’art. 1 del Decreto nei casi in cui gli atti ed i provvedimenti emanati dagli ordinamenti sportivi assumano rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica (c.d. rilevanza esterna) ossia nel caso in cui essi siano potenzialmente idonei a ledere situazioni giuridiche soggettive (diritti soggettivi o interessi legittimi).

Fermo restando questo principio generale, l’articolo 2 riserva alla giustizia sportiva le questioni di carattere tecnico e disciplinare introducendo per quest’ultime una sorta di “presunzione di irrilevanza” per l’ordinamento statale; resta evidente che trattandosi di una semplice “presunzione” tali provvedimenti potranno essere comunque impugnati davanti agli organi di giustizia statale nei casi in cui ledano posizioni giuridiche soggettive.

Al di fuori dell’ambito tecnico e disciplinare l’articolo 3 introduce una riserva di giurisdizione statale per le questioni inerenti rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti (giudice ordinario) ed ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell’articolo 2 (giudice amministrativo).

In tutti i casi in cui si renda necessario ricorrere agli organi di giustizia statale e, dunque, sia quando si rientri in una materia di competenza esclusiva della giustizia sportiva ma si vadano a ledere diritti soggettivi o interessi legittimi, sia nel caso in cui si rientri in una materia di competenza esclusiva della giustizia statale, vige la condizione di accesso data dal previo esaurimento dei diversi gradi della giustizia sportiva[4]ossia quella che secondo l’espressione coniata dal Consiglio di Stato prende il nome di “pregiudiziale sportiva”[5].

Il Decreto-legge in commento incide con alcune novelle sia  sul  Decreto-legge n.  220  del  2003, sia sul  Decreto-legislativo  n.  104  del 2010 (Codice del processo amministrativo).

Innanzitutto, per quanto riguarda l’ambito di operatività del Decreto, occorre precisare che quest’ultimo è limitato ad una specifica categoria di provvedimenti, ossia quelli di  ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle societa’ o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche; ne restano  esclusi i provvedimenti relativi alla partecipazione a competizioni delle società e associazioni sportive dilettantistiche, di cui all’articolo 90 della legge n. 289 del 2002.

Il Decreto si compone di due articoli dei quali soltanto il primo contiene la disciplina sostanziale dell’intervento normativo, limitandosi, invece, il secondo ad enunciare la clausola sull’entrata in vigore dello stesso.

Con riferimento alle controversie aventi ad oggetto le categorie di provvedimenti di cui si è detto il decreto prevede:

  1. l’applicazione del rito abbreviato di cui all’articolo 119 del Codice del processo amministrativo[6] il quale comporta, come noto, ai sensi del comma 2 dell’articolo 119, che siano dimezzati tutti i termini processuali ordinari (salvo, nei giudizi di primo grado, quelli per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti, nonché i termini per il ricorso in appello al Consiglio di Stato contro le ordinanze cautelari e i termini espressamente disciplinati dal medesimo articolo 119);
  2. l’inclusione tra le materie di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo[7] di cui all’articolo 133, comma 1, del codice del processo amministrativo;
  3. la loro devoluzione alla competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio[8] con sede a Roma di cui all’articolo 135, comma 1, D.lgs. 104/2010;
  4. per quanto riguarda i decreti che dispongano misure cautelari monocratiche nonché i decreti che dispongano misure cautelari interinali e provvisorie nei casi di eccezionale gravità e urgenza, tali da non consentire neppure la previa notificazione del ricorso e la domanda di misure cautelari provvisorie la possibilità di ricorrere in appello al Consiglio di Stato nei soli casi in cui l’esecuzione del decreto sia idonea a produrre pregiudizi gravissimi ovvero danni irreversibili prima della trattazione collegiale della domanda cautelare[9]In base alla disciplina previgente, il decreto ex articolo 56 del Codice del processo amministrativo e il decreto ex   articolo 61 del Codice stesso risultavano inappellabili;
  5. la possibilità per il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) di avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato ai sensi dell’articolo 43 del regio decreto n. 1611 del 1933[10].

Il terzo comma ribadisce (questa volta integrando l’articolo 3, comma 1, del Decreto-legge n.220 del 2003) quanto già affermato al comma 1, ossia la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e la competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio  nelle controversie relative a provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche.

Innovando rispetto al passato è prevista espressamente l’esclusione di ogni competenza degli organi di giustizia sportiva; ciò comporta il venir meno (limitatamente alla tipologia di provvedimenti oggetto di intervento) di quel peculiare carattere di pregiudizialità del processo sportivo rispetto a quello ordinario/amministrativo di cui si è poc’anzi detto.

Tale previsione non riveste, però, carattere assoluto in quanto è fatta salva la possibilità di adire previamente il giudice sportivo a condizione che lo statuto ed i regolamenti del CONI e delle Federazioni prevedano ‹‹organi di giustizia dell’ordinamento sportivo che decidano tali questioni anche nel merito ed in unico grado e le cui statuizioni, siano rese in via definitiva entro il termine perentorio di 30 giorni dalla pubblicazione dell’atto impugnato››.

La mancata pronuncia degli organi di giustizia sportiva entro il termine perentorio di 30 giorni comporta un triplice effetto:

  • il ricorso è considerato respinto;
  • le decisioni eventualmente assunte successivamente sono prive di effetto;
  • i soggetti interessati possono proporre ricorso al Tar del Lazio entro i 30 giorni successivi allo spirare del termine.

L’articolo 1 del Decreto sulla Giustizia sportiva, dopo aver previsto che il CONI e le Federazioni sportive adeguino i propri statuti ai principi stabiliti dall’articolo stesso, si chiude con delle disposizioni transitorie le quali prevedono:

  • che la nuova disciplina si applichi anche ai processi ed alle controversie in corso;
  • che le controversie pendenti dinanzi agli organi di giustizia sportiva aventi ad oggetto i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche, possano essere riproposte dinanzi al Tribunale amministrativo regionale nel termine di trenta giorni decorrente dalla data di entrata in vigore del decreto stesso[11];
  • che decorso il termine di 30 giorni la domanda non possa più essere proposta;
  • che entro lo stesso termine possano essere impugnate in sede giurisdizionale le decisioni degli organi di giustizia sportiva pubblicate anteriormente all’entrata in vigore del decreto stesso per le quali siano  pendenti i termini di impugnazione.

 

[1] In riferimento all’utilizzo dello strumento normativo del Decreto-legge la Corte Costituzionale con la sentenza n. 220/2013 ha, infatti,  stabilito che <<i decreti-legge traggono la loro legittimazione generale da casi straordinari e sono destinati ad operare immediatamente, allo scopo di dare risposte normative rapide a situazioni bisognose di essere regolate in modo adatto a fronteggiare le sopravvenute e urgenti necessità. Per questo motivo, il legislatore ordinario, con una norma di portata generale, ha previsto che il decreto-legge debba contenere «misure di immediata applicazione (art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, “Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri”). La norma citata, pur non avendo, sul piano formale, rango costituzionale, esprime ed esplicita ciò che deve ritenersi intrinseco alla natura stessa del decreto-legge […], che entrerebbe in contraddizione con le sue stesse premesse, se contenesse disposizioni destinate ad avere effetti pratici differiti nel tempo >>;

[2] Rubricato “disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva”, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 ottobre 2003, n. 280.

[3] E’ interessante ricordare la situazione che ha dato impulso ed ha reso necessaria l’introduzione da parte del Governo di una disciplina chiara dei rapporti tra ordinamento sportivo e statale; tale situazione va individuata nella necessità di risolvere l’enorme quantità di contenziosi che si erano instaurati nell’estate del 2003 tra la FIGC ed alcune società professionistiche per ottenere innanzi ai TAR territorialmente competenti il riconoscimento del diritto a partecipare al successivo campionato di serie B; tali contenziosi rischiavano di bloccare l’avvio dei successivi campionati, in quanto alcune società (Catania e Salernitana) erano state già riammesse a tale campionato dai rispettivi Tar, mentre altre società (Cosenza e Genoa) erano in attesa della relativa decisione (attesa in tempi immediatamente successivi all’inizio del campionato); il calcio italiano correva, dunque, il rischio di vedere partire il campionato di serie B con 20 squadre e di dover ampliare poi lo stesso fino a 24 squadre. In tale situazione è allora intervenuto il Governo emanando il Decreto Legge n. 220 del 2003, con il quale, oltre a regolamentare i rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento statale, ha bloccato d’autorità l’esecutività delle decisioni già emanate dai vari TAR ed ha conferito alla Federazione ed al CONI il potere straordinario di ampliare il format dei campionati (in modo da estendere la serie B a 24 squadre, ripescando le società ricorrenti e facendo venir meno l’interesse ai relativi ricorsi). E. Lubrano, Rapporti tra ordinamento sportivo ed ordinamento statale nella loro attuale configurazione, in Lineamenti di diritto sportivo, a cura di L. Cantalamessa, G. M. Riccio, G. Sciancalepore, Milano 2008, p. 19.

[4] Tale principio è stato stabilito per i provvedimenti di competenza della giustizia sportiva dalla sentenza della Corte costituzionale n. 49 del 2011  secondo la quale “la tutela innanzi al giudice statale è ammessa (ai sensi dell’articolo 2, comma 2 del decreto-legge n. 220) solo dopo aver adito gli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo”; per i provvedimenti di competenza esclusiva della giustizia statale è, invece, stabilito dallo stesso articolo 3 del DL 220/2003.

[5] Cons. Stato, sez. V, n. 5046/2018.

[6] All’articolo 119, comma 1, lettera a), del Decreto legislativo n. 104 del 2010 ,dopo le parole «servizi e forniture», sono inserite le seguenti: «nonche’ i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle societa’ o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche».

[7] All’articolo 133, comma 1, dopo la lettera z-sexies) e’ aggiunta la seguente: «z-septies) le controversie relative ai provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle societa’ o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche».

[8] All’articolo 135, comma 1, dopo la lettera q-quinquies) e’ aggiunta la seguente: «q-sexies) le controversie relative ai provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle societa’ o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche».

[9] All’articolo 62, dopo il comma 3 e’ inserito il seguente: «3-bis. Nelle controversie di cui all’articolo 133, comma 1, lettera z-septies), contro i decreti di accoglimento che dispongono misure cautelari ai sensi dell’articolo 56, finche’ efficaci ai sensi del comma 4 del medesimo articolo, nonche’ contro quelli di cui all’articolo 61, finche’ efficaci ai sensi del comma 5 del medesimo articolo, e’ ammesso l’appello al Consiglio di Stato nei soli casi in cui l’esecuzione del decreto sia idonea a produrre pregiudizi gravissimi ovvero danni irreversibili prima della trattazione collegiale della domanda cautelare››.

[10] ‹‹L’Avvocatura dello Stato può assumere la rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e passivi avanti le Autorità giudiziarie, i Collegi arbitrali, le giurisdizioni amministrative e speciali, di amministrazioni pubbliche non statali ed enti sovvenzionati, sottoposti a tutela od anche a sola vigilanza dello Stato, sempre che sia autorizzata da disposizione di legge, di regolamento o di altro provvedimento approvato con regio decreto.
Le disposizioni e i provvedimenti anzidetti debbono essere promossi di concerto coi Ministri per la grazia e giustizia e per le finanze.
Qualora sia intervenuta l’autorizzazione, di cui al primo comma, la rappresentanza e la difesa nei giudizi indicati nello stesso comma sono assunte dalla Avvocatura dello Stato in via organica ed esclusiva, eccettuati i casi di conflitto di interessi con lo Stato o con le regioni.
Salve le ipotesi di conflitto, ove tali amministrazioni ed enti intendano in casi speciali non avvalersi della Avvocatura dello Stato, debbono adottare apposita motivata delibera da sottoporre agli organi di vigilanza››.

[11] In caso di riproposizione sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda (secondo quanto previsto dall’art. 11, comma 2, del codice del processo amministrativo per la fattispecie di riproposizione del processo innanzi al giudice indicato dal giudice amministrativo che declina la giurisdizione).

Paola Verduni

contatti: pverduni90@gmail.com

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