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Labourdì

Incidente nello stabilimento ThyssenKrupp di Torino(2007-2017): una retrospettiva giuridica

Il 5 dicembre 2017 è ricorso il decimo anniversario dell’incidente allo stabilimento ThyssenKrupp di Torino, che causò la morte, tra la notte del 5 dicembre 2007 ed il 30 dicembre del medesimo anno, di 7 operai collocati presso la linea 5 dell’acciaieria(Antonio Schiavone, Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo Bruno Santino)ed il ferimento di un altro operaio, Antonio Boccuzzi.

Il fatto

Nella notte tra il 5 ed il 6 dicembre 2007, all’incirca all’1 A.M., un getto d’olio bollente in pressione utilizzato per temperare i laminati investì gli operai del turno di notte, causando un incendio difficile da domare per le condizioni fatiscenti in cui versava la fabbrica: nonostante il tempestivo intervento dei vigili del fuoco e del personale sanitario, alle 4 A.M. morì il primo operaio, Antonio Schiavone, seguito nei giorni successivi da 6 colleghi; il settimo, Antonio Boccuzzi, sindacalista UILM, riportò ustioni di secondo grado al volto ed alla mano destra.

La sede torinese della ThyssenKrupp(impresa siderurgica tedesca)era in via di dismissione, in quanto si voleva mantenere produttivo esclusivamente lo stabilimento di Terni: dalle indagini effettuate dalla Procura della Repubblica e dall’ASL emerse che, molto probabilmente a causa dell’imminente chiusura della fabbrica, gli impianti non rispettavano le condizioni di sicurezza; gli estintori erano scarichi(in quanto non venivano ricaricati dopo il parziale utilizzo), i telefoni aziendali isolati, gli idranti malfunzionanti; al momento dell’incidente non erano presenti dipendenti specializzati nella prevenzione degli incendi, in quanto l’azienda non aveva investito in corsi di formazione ed affidava il contrasto dei roghi a personale occasionale. Inoltre, le forze sindacali denunciarono che i lavoratori interessati avevano accumulato 4 ore di lavoro straordinario, essendo operativi ininterrottamente da 12 ore.

L’atteggiamento ostile dell’impresa contribuì ad aggravare la sua posizione giuridica: non solo essa negò di non aver ottemperato alle regole in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, ma accusò gli operai, nel frattempo deceduti, di aver provocato essi stessi l’incidente distraendosi(dichiarazione in seguito rettificata attraverso il riferimento ad ” errori dovuti a circostanze sfavorevoli”).

Il processo a carico dei vertici dell’azienda prese l’avvio nel 2009, e vide la partecipazione testimoniale di svariati dipendenti: questi riportarono che lo stabilimento veniva pulito solo in prossimità delle visite dell’ASL, che la manutenzione avveniva con la linea in movimento in quanto i macchinari venivano fermati solo in presenza di problemi alla produzione, che gli incendi sulla linea 5 dell’acciaieria erano usuali ma i lavoratori venivano istruiti ad azionare l’allarme solo in caso d’impellente necessità.

Il processo si è concluso nel 2015(la Cassazione ha confermato nel 2016 le pene comminate in appello)con la condanna per omicidio colposo a 9 anni ed 8 mesi per Herald Espenhahn, amministratore delegato; a 7 anni e 6 mesi per Daniele Moroni, manager; a 7 anni e 2 mesi per Raffaele Salerno, manager; a 6 anni ed 8 mesi per Cosimo Cafueri, manager; a 6 anni e 3 mesi per Marco Pucci e Gerald Priegnitz, manager.

La Germania non ha ancora reso esecutiva la sentenza emessa dall’organo giurisdizionale italiano nei confronti dei cittadini tedeschi.

Il diritto

La vicenda dell’acciaieria teutonica ha interessato il mondo del diritto principalmente per la violazione della disciplina sulla sicurezza nei luoghi di lavoro; il primo riferimento normativo che sovviene è l’articolo 2087 del codice civile, rubricato “Tutela delle condizioni di lavoro”, il quale recita: “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.

La norma in questione ha enunciato il cosiddetto principio della massima sicurezza tecnologicamente possibile, in base al quale le misure idonee che devono essere predisposte dal datore di lavoro(soggetto obbligato)per prevenire situazioni di danno alla salute fisica devono essere adeguate alla mutevole realtà produttiva ed all’obsolescenza delle conoscenze giuridiche e sperimentali: tuttavia, la Corte Costituzionale(1) ha relativizzato il principio in esame, interpretando la disposizione nel senso che il massimo grado di sicurezza nell’ambiente di lavoro dev’essere rapportato alle sole misure concretamente possibili o tecnicamente attuabili da parte del soggetto obbligato.

A partire dalla sua entrata in vigore il disposto codicistico ha dimostrato debole effettività, in quanto il diritto del lavoratore(ed il corrispondente obbligo del datore di lavoro)ad un ambiente sicuro e salubre, oltre a dipendere largamente dalla responsabilità ed iniziativa dell’imprenditore, era relegato al piano del rapporto individuale e vincolato ad una concezione risarcitoria delle tutele lavoristiche: era data preminenza alla liquidazione del risarcimento dei danni già verificatisi, quindi ad un momento posteriore della vicenda, mentre un rilievo quasi nullo era conferito alla funzione preventiva,  che pure l’articolo, sorretto da un adeguato impianto di dettaglio, era in grado di svolgere. Inoltre, su un piano più generale, la tutela delle condizioni di lavoro risentiva della debolezza delle rappresentanze sindacali in azienda e della tendenza della contrattazione collettiva a limitare i danni alla persona del lavoratore attraverso lo strumento delle indennità retributive per i lavori nocivi.

La legge n.300 del 1970, Statuto dei lavoratori, ha disciplinato in modo innovativo la materia della sicurezza dei prestatori di lavoro, stabilendo all’articolo 9 che: “I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica”.

Al combinato disposto degli articoli 2087 del codice civile e 9 dello Statuto dei lavoratori si è dato specificazione, in un primo momento, con il d.lgs. n.626 del 1994(come modificato dal d.lgs. n.242 del 1996), di attuazione della disciplina comunitaria(2), e successivamente con il d.lgs. n.81 del 2008(come modificato dal d.lgs. n.106 del 2009), cosiddetto Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, il quale ha abrogato le disposizioni precedenti.

Il perno della nuova normazione di dettaglio è il principio della prevenzione, da realizzarsi attraverso la propedeutica valutazione di tutti i rischi sussistenti in azienda e la conseguente attività di programmazione degli interventi per eliminarli completamente o ridurli al minimo. Il Testo unico introduce il cosiddetto modello partecipato della sicurezza: nonostante il datore di lavoro rimanga il principale responsabile delle condizioni di sicurezza inerenti l’organizzazione d’impresa(3), questi è affiancato da dirigenti, preposti, organismi pubblici di controllo(ASL e Direzione del lavoro-Servizi ispettivi), il servizio di prevenzione e protezione ed il suo responsabile, il medico competente, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza(RLS)e finanche dai medesimi lavoratori, dal momento che ogni soggetto coinvolto è destinatario di diritti ed obblighi.

Il primo fondamentale adempimento consiste nella cosiddetta valutazione dei rischi connessi allo svolgimento della prestazione lavorativa, finalizzato all’individuazione delle fonti di pericolo e dell’entità del potenziale danno(articolo 17, 1° comma, lettera a) ed articolo 28, commi 1 ed 1-bis).

I risultati dell’attività valutativa devono confluire nel cosiddetto documento per la sicurezza(DVR), il quale, ai sensi dell’articolo 28, 2° comma, deve contenere: una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa. La scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione; l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati; il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;
l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri; l’indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio;
l’individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.

Le funzioni di compimento della valutazione dei rischi e di redazione del documento per la sicurezza non sono delegabili(articolo 17, 1° comma, lettera a)), ed il datore di lavoro deve esercitarle in collaborazione col responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed il medico competente, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza(articolo 29, 1° e 2° comma).

Ai sensi dell’articolo 26, inoltre, nel caso in cui un’impresa committente affidi lavori, servizi o forniture all’interno della propria azienda o unità produttiva ad altra impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi, l’impresa committente dovrà elaborare(oltre al documento per la sicurezza interno)uno specifico ed unico documento di valutazione dei rischi(DUVRI), il quale dovrà indicare le misure adottate per eliminare o ridurre al minimo i rischi da interferenze tra diverse lavorazioni e dovrà essere periodicamente aggiornato in rapporto all’evoluzione delle lavorazioni medesime.

Il Testo unico ha reso obbligatoria(in quanto sotto il vigore dell’articolo 9 dello Statuto dei lavoratori la sua istituzione era solo eventuale)la figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, il quale, ex articolo 47, dev’essere eletto o designato dai lavoratori a livello aziendale in tutte le aziende o unità produttive(RLSA): qualora non si provvedesse alla nomina del rappresentante aziendale, subentrerebbe il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale(RLST), operante a livello territoriale con riferimento alle realtà produttive rimaste prive di un proprio rappresentante, al fine di assicurare che i lavoratori di ogni azienda o unità produttiva su un territorio omogeneo abbiano un rappresentante per la sicurezza di riferimento(articolo 48). Tra le molteplici attribuzioni del rappresentante per la sicurezza, elencate dall’articolo 50, figurano la sua preventiva e tempestiva consultazione circa la designazione del responsabile e degli addetti al servizio di prevenzione, la prevenzione degli incendi, le operazioni di primo soccorso e quelle di evacuazione dei luoghi di lavoro, ed il suo diritto a ricevere un’adeguata formazione sui temi della sicurezza.

Accanto alle suddette figure rappresentative, il provvedimento legislativo ha previsto, all’articolo 49, anche l’introduzione del cosiddetto rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo(RLSP), il quale afferisce a contesti in cui la compresenza di più imprese o cantieri aumenta in maniera significativa i rischi d’interferenze: il rappresentante per la sicurezza di sito produttivo viene individuato tra i rappresentanti per la sicurezza aziendale presenti nel sito produttivo con modalità stabilite dalla contrattazione collettiva(articolo 50, 2° e 3° comma), e svolge funzioni di coordinamento tra i vari rappresentanti aziendali e di sostituzione del rappresentante territoriale all’interno del sito produttivo.

Viene introdotto, infine, il cosiddetto principio del coinvolgimento del lavoratore, alla luce del quale i lavoratori subordinati devono contribuire all’adempimento degli obblighi in tema di tutela della salute: in particolare, devono osservare le direttive generali impartite in materia; utilizzare correttamente le attrezzature per lo svolgimento delle loro mansioni ed i dispositivi di protezione; segnalare le carenze dei dispositivi in proprio uso(articolo 20). Ai lavoratori dipendenti è riconosciuto in ogni caso il diritto ad allontanarsi dal luogo di lavoro in presenza di un pericolo grave, immediato ed inevitabile(articolo 44), ed essi, con tenore innovativo rispetto al passato, possono essere anche suscettibili di sanzioni penali(a titolo di contravvenzione)ed amministrative in caso d’inadempimento degli obblighi loro imposti.

Fonte immagine www.medicinademocratica.org

Fonti

1) Corte Costituzionale, sentenza n.312 del 1996

2) Direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE, 2003/10/CE, 2003/18/CE e 2004/40/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro

3)Tribunale di Mondovì, sentenza del 24 aprile 2001, in Giurisprudenza del Piemonte, 2002, II, 121, [..] ..il datore di lavoro non è esonerato da responsabilità per il solo fatto di aver conseguito una certificazione di qualità dei processi produttivi, in quanto non è automatico che l’impresa abbia conseguito questa certificazione perchè in regola con le norme in materia di sicurezza..[..]

Rossella Giuliano

Rossella Giuliano nasce a Napoli nel 1994. Dopo aver conseguito la maturità classica nel 2012, inaspettatamente, interessata alle implicazioni giuridiche della criminologia, decide d'iscriversi al corso di laurea magistrale in Giurisprudenza presso l'Ateneo Federico II: durante il percorso accademico, si appassiona a tutto ciò che gravita attorno all'universo giuridico; volendo coniugare la sua passione per la cultura tedesca con la propensione per la tutela dei soggetti svantaggiati, sta attualmente redigendo una tesi sulle influenze del regime dell'orario di lavoro sulle politiche di tutela dell'occupazione nel diritto italiano e tedesco. Suoi ambiti d'interesse sono le lingue, letterature e culture straniere, i cani, la musica, la cinematografia.

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