martedì, Dicembre 3, 2024
Fashion Law Influencer Marketing

Influencer marketing e Fashion Law

Influencer marketing e Fashion Law

a cura di Dott. Salvatore Sardella

 

Sin dalla loro comparsa, i social si sono configurati come “equalizer” facendo sì che, in maniera notevole, i consumatori potessero esprimere le proprie riflessioni, stile di vita e fotogrammi, coinvolgendo un’ampia rete di utenti.

La peculiarità sottesa al modo di condividere la propria quotidianità su profili social – aventi natura personale – consta nello scambio di informazioni alla base dei quali vi può essere un contenuto “variegato”: commenti, richieste dirette ai brand, opinioni negative, riflessioni positive.

Tali conversazioni fungono da mercati virtuali dalle ampie potenzialità che non possono essere trascurati dalle aziende.

Infatti, la crescente proliferazione dei social media, utilizzati da numerose categorie di influencers, fashion blogger, esperti di tendenze o imprenditori digitali – come nel caso di Chiara Ferragni – a dato spazio alla nascita di nuove strategie di marketing che si pongono all’antitesi di quelle convenzionali; tuttavia, l’influencer marketing risulta essere ancora una disciplina ad uno stadio relativamente embrionale che non ha ancora maturato una delineata strategia operativa.

Il Social Media Marketing

Il Social Media Marketing si appresta ad essere il protagonista indiscusso dell’evoluzione del marketing digitale che consente, a sua volta, alle aziende di stabilire un rapporto diretto, quasi personale, con il consumatore – per il tramite dell’influencer – così da poter utilizzare efficaci ed adeguate strategie comunicative idonee a catturare l’interesse degli users, definiti nel caso di specie come “followers”, avendo a riguardo diversi fattori: la concorrenza, i costi, l’attenzione del consumatore verso le pubblicità.

Le grandi aziende di moda sono già abituate ad utilizzare strategie di Digital Marketing che, però, presentano un costo elevato e, pertanto, diviene inevitabile veicolare al meglio le pubblicità al fine di catalizzare e indirizzare verso i propri prodotti una specifica fetta del mercato digitale, riscontrabile in quei giovani che, sfruttando quotidianamente social come Instagram, tendono ad assomigliare al proprio idolo, sia per ciò che concerne il modo di esporsi quanto nel modo di vestire.

In questo ambito trova collocazione la figura dell’influencer di cui però, all’uopo, non esiste una definizione univoca: la letteratura, sul punto, appare decisamente vasta e la gran parte delle personalità coinvolte, dai web marketer ai brand manager o gli stessi influencer, probabilmente non garantirebbero una visione univoca nella descrizione della propria professione ma, tenderebbero a  fornire un pensiero strettamente personale di ciò che si cela dietro la figura dell’esperto di tenenze e, pertanto, dell’influencer marketing.

Nonostante ciò, è comunque possibile delineare, almeno primordialmente, l’Influencer Marketing “come una forma di marketing che è emersa da una serie di pratiche e studi che si focalizza su degli individui chiave, ossia gli influencer, anziché su un mercato target. Questa pratica identifica individui che sono in grado di influenzare i potenziali acquirenti e orientare le attività di marketing”[1].

La categoria degli influencer viene identificata come quei “soggetti che, grazie alla loro autorità o conoscenza, percepita o reale,  hanno il potere di influire sul processo di acquisto di altri soggetti”[2], collaborando con i vari brand per creare, pubblicare e promuovere un prodotto o servizio con foto o video avendo l’obiettivo di ampliare la consapevolezza del brand e lo sviluppo di un’identità di marca positiva; quindi, per le imprese trovare il soggetto giusto che sappia operare in tale maniera vuol dire aumentare le proprie vendite ed ottenere così un sensibile incremento dei ricavi nonché un fidelizzazione maggiore nei riguardi del “marchio[3]”.

Dunque, “con la creazione di internet e la popolarità di varie piattaforme, i consumatori hanno un libertà di scelta nei contenuti diventa necessario per i brand raggiungerli con i modelli tradizionali[4]; talché, la figura dell’influencer acquista un ruolo decisamente nevralgico per permettere al brand e alle aziende di inserirsi nell’economia della conversazione e, quindi, di prendere possesso delle zone strategiche in cui i bisogni e le decisioni di acquisto prendono forma, la reputazione si consolida e la visibilità muta in concrete opportunità di business.

Possono essere considerati influencer – purché ritenuti credibili e che agiscano in sintonia commerciale con il brand – sia personaggi celebri ma anche persone comuni, giacché ciò che preme è che si riesca ad influenzare, mediante una connessione autentica, i comportamenti, gli atteggiamenti e le opinioni degli utenti.

L’interazione tra loro ed i consumatori si svolge su differenti piattaforme sociali (ad esempio social network, blog, e così via).

Attualmente il social network Instagram ospita gran parte di questi soggetti idonei a focalizzare l’attenzione di una massa di utenti, soprattutto quelli della new generation i cd. millenials: ecco spiegata la ragione del perché sempre più aziende si rivolgono agli influencer dei social media in quanto sono individui che “si distinguono per il loro stile personale e la capacità di attrarre pubblico, andando ad inserire i loro prodotti nei dialoghi che questi operatori virtuali hanno con i followers.”[5]

E’ opportuno sottolineare che la collaborazione con i brand – aventi una finalità commerciale, ossia di vendita – deve essere palesemente manifestato all’utente/consumatore.

La rivelazione del prodotto deve essere articolata in un linguaggio non ambiguo, mantenere le informazioni ed evitare una eccessiva sovrabbondanza di hashtag, rispettando dunque quel principio di trasparenza sotteso alle attività commerciali.

Tali considerazioni sono state oggetto di riflessione della Corte della Bassa Sassiona, la quale sosteneva che: “la pubblicità deve essere chiaramente identificata come tale, affinché per l’utente medio non sorga alcun dubbio circa l’esistenza di uno scopo promo – commerciale”[6].

Ebbene, è da questo approccio che risulta evidente l’esigenza di una cultura del marketing cd. “dell’influenza” che sappia indirizzare le figure impegnate in prima linea nell’ideazione di campagne di influencer marketing – dai webmarketer ai digital strategist, dagli esperti di social media, agli specialisti di digital PR –  avendo ben chiaro che tale marketing non deve essere concepito né come mera estensione dell’advertising né consistere in una amplificazione dell’endorsement a pagamento, ma invece come una totalità di processi che sono la base per la creazione di contenuti peculiari e pertinenti, fondati sulle necessità e i variegati interessi delle audience e veicolati per tramite di personalità on-line autorevoli e affidabili.

Dunque, per le aziende è importante investire ed ampliare tale settore economico – commerciale ed anche considerare il target del proprio pubblico, avendo particolare riguardo ai fattori demografici. Ampie fette di clienti, di sovente, ignorano i contenuti promossi direttamente dall’azienda[7], cosa che muta radicalmente nel momento in cui avviene la connessione tra questi nuovi operatori commerciali e i fruitori del servizio. La maggiore differenza tra l’advertising tradizionale e l’Influencer marketing è dunque la percezione che i consumatori hanno di mettersi in relazione diretta con il soggetto con cui stanno dialogando che si traduce in un impatto rilevante per il budget di un’azienda.

Per tali ragioni i vari investimenti dei brand si è orientata sempre più verso questa crescente categoria di e-commerce, “con la previsione che tale tendenza si consolidi nei prossimi anni.”[8]

La contrattualistica internazionale e l’Influencer marketing.

Orbene pare necessario come concretamente un prodotto venga pubblicizzato sui social media dagli influencer.

L’azienda intenzionata a stipulare un contratto con la personalità già affermatesi nel web per il tramite dei suoi profili social, chiederà a quest’ultimo di filmare un numero predeterminato di Instagram stories e di “postare” sulla propria gallery un numero – anch’esso predeterminato già alla stipula del contratto – di foto rappresentanti il prodotto da pubblicizzare.

A tali prestazioni verrà quantificato un compenso, il quale potrebbe essere versato in due modalità, o per il totale alla stipula del contratto o per il 50% alla stipula del contratto e l’altro 50% dopo un arco temporale, affinchè l’azienda possa captare la visibilità della persona scelta e la forza persuasiva dello stesso.

Lo IAP – Istituto Autodisciplina Pubblicitaria – ha predeterminato i parametri che devono essere necessariamente rispettati dall’azienda e dall’influencer nel proprio contratto[9].

Tra questi appaiono due hashtags fondamentali: #ad e #adv[10], i quali palesano al follower dell’influencer, sin da subito, la natura promozionale del prodotto mostrato dal suo idolo.

Inoltre, è necessario che l’influencer menzioni sia nel post, quanto nella Instagram Story, il profilo dell’azienda per la quale sta pubblicizzando quel prodotto – comparirà pertanto @tag sia nelle stories di instagram, quanto nella didascalia del post pubblicato nella gallery – nonché sarà necessario, mediante l’opzione swipe up dare la possibilità al follower di poter visionare, nell’immediato, il sito internet, nonché il sito e commerce dal quale è possibile acquistare il prodotto; sarà possibile, infine, rinvenire della IG story un “codice sconto” personalizzato che consentirà all’azienda di valutare l’eco mediatico dell’esperto di tendenze.

L’influencer marketing: un’ottica comparata

Il tema dell’influencer marketing va letto in chiave comparata, ove, seppur in ottica di riconoscimento globale del diritto digitale, il diritto delle nuove tecnologie dovrà sempre fare i conti con gli ordinamenti dei singoli Stati, dei quali dovrà sempre rispettarne i principi.

Negli States, a titolo meramente esemplicativo, l’Influencer Marketing viene regolato dalla Federal Trade Commission, la quale illo tempore, aveva già delineato i criteri che l’influencer avrebbe dovuto seguire nel postare un prodotto sui propri social[11], nella quale indicava gli influencer a chiarire la finalità promozionale sottesa ai post e di far sì che il follower potesse visionare il sito internet.

Nel noto caso della influencer @amberrose, la stessa pubblicava sul proprio profilo Instagram una foto con degli occhiali da sole in cui ringraziava, tramite apposito tag, l’azienda che gliel’avesse precedentemente donati.

Nella lettera corrispostale dalla Federal Trade Commission, sul punto, la stessa veniva richiamata in quanto il mero ringraziamento non era sufficiente per far comprendere il rapporto, nonché il contratto, intercorrente tra l’influencer e l’azienda in questione[12], pertanto, non era sufficientemente chiara la natura commerciale sottesa al post.

Medesima ratio viene seguita dalla Corte di Celle e dal Tribunale svedese nei moniti rivolti agli influencers delle proprie nazioni.

In Germania, la Corte regionale di Celle[13] sanzionava l’influencer, in quanto, nella didascalia del post inseriva sei hashtag tra cui #ad. Orbene, #ad era solo parte di un gruppo che, tendenzialmente, descriveva il prodotto in questione, ma non dava modo di capire al visitatore la natura commerciale del post. Sul punto si sono successivamente espresse le autorità statali, ovvero Landesmedienanstalten le quali hanno invitato gli influencer e le aziende che facessero ricorso all’influencer marketing a rivisionare le loro linee guida per meglio chiarire al consumatore il carattere Werbung (promozionale) o di Anzeige (pubblicitario).

Parimenti in Svezia, il Tribunale ha sanzionato una delle Società inserzionista per lo stesso motivo per cui le Corti americane e tedesche si erano già attivate in precedenza, ovvero la mancanza di chiarezza nel post pubblicato dal personaggio famoso sul proprio profilo social.

Pertanto, alle luce delle suddette pronunce giurisprudenziali è necessario sia per le aziende quanto per l’influencer, risultare trasparenti agli occhi del consumatore che, nell’atto di acquistare la body cream o la t shirt, dovrà essere consapevole della natura promozionale sottesa alla esposizione del suo idolo.

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Fonte immagine: www.pixabay.com

[1]Reasons Why Influencer Marketing is the Next Big Thing. (2015, July 14). Available at: http://www.adweek.com/socialtimes/10-reasonswhy-influencer-marketing-is-the-next-big-thing/623407

[2] www.businessdictionary.com/definition/influencers.html.

[3] Joachimsthaler, E., Pfeiffer, M., Zinnbaurer, M., & Honer, T. (2010). Social Currency: Why brands need to build and nurture social currency. Commercial Internet Publication of Vivaldi Partners Inc.

[4]Ismael El Qudsi, What To Expect For Influencer Marketing In 2020, Forbes, disponibile al sito: https://www.forbes.com/sites/forbesagencycouncil/2020/02/06/what-to-expect-for-influencer-marketing-in-2020/#1892ca1f65c0

[5]  Alice Audrezet, How Brands Can Build Successful Relationships with Influencers, Harvard Business Review, 2019, disponibile su https://hbr.org/2019/04/how-brands-can-build-successful-relationships-with-influencers

[6] Corte della Bassa Sassonia, 18 dicembre 1991, in violazione dello Staatsvertrag fur Rundfunk und Telemedien.

[7] Joachimsthaler, E., Pfeiffer, M., Zinnbaurer, M., & Honer, T. (2010). Social Currency: Why brands need to build and nurture social currency. Commercial Internet Publication of Vivaldi Partners Inc.

[8] Alessandro Cola,  Come Facebook proverà a riscrivere le regole dell’influencer marketing,  Il Sole 24 Ore, https://www.ilsole24ore.com/art/come-facebook-provera-riscivere-regole-influencer-marketing-ACQrErg

[9] Sul punto si legga la Digital Chart emessa dallo IAP nel 2017

[10] Entrambi gli hashtag si riferiscono alla parola di origine anglosassone advertising.

[11] Lettere della Federal Trade Court invitate ai singoli influencers, disponibili su https://www.ftc.gov/system/files/documents/foia_requests/all_of_the_signed_letters.pdf

[12] As my earlier letter explained, a simple “thank you” is probably inadequate to inform consumers of a material connection because it does not sufficiently explain the nature of your relationship; consumers could understand “thank you” simply to mean that you are a satisfied customer.

[13] Celle Higher Regional Court (8 giugno 2017 – Caso 13 U 53/17)

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