giovedì, Marzo 28, 2024
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Inversione procedimentale negli appalti sotto-soglia: il responso della Consulta

Con una recente sentenza, la Corte Costituzionale ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Toscana 6 agosto 2018, n. 46 (Disposizioni in materia di procedura di gara ed incentivi per funzioni tecniche. Modifiche alla L.R. 38/2007) e dell’art. 2 della legge della Regione Toscana 7 gennaio 2019, n. 3 (Legge di manutenzione dell’ordinamento regionale 2018) che hanno, rispettivamente, introdotto e modificato l’art. 35-ter della legge Regione Toscana n. 38 del 2007”.[1]

Oggetto di censura è l’art. 35-ter, rubricato “disposizioni per la semplificazione della gestione amministrativa delle procedure negoziate sotto soglia”, della l. 38/2007 recante la normativa regionale in materia di contratti pubblici e relative disposizioni sulla sicurezza e regolarità del lavoro.

La norma prevede che nelle procedure negoziate sotto-soglia, quando il criterio di aggiudicazione prescelto sia quello del minor prezzo, alle stazioni appaltanti è data la possibilità di posticipare la verifica del possesso della documentazione amministrativa attestante l’assenza dei motivi di esclusione e il rispetto dei criteri di selezione ad un momento successivo a quello dell’esame dell’offerta economica. La norma aggiunge che nell’avviso di manifestazione di interesse vengono indicate le intenzioni di avvalersi di tale possibilità e le modalità di verifica, anche a campione, dell’assenza dei motivi di esclusione e del rispetto dei criteri di selezione.

Orbene, secondo la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la norma censurata si porrebbe in contrasto con l’art. 133, comma 8, d. lgs. 50/2016, con l’art. 117, comma 1, Cost., in relazione all’art. 56, paragrafo 2, della Direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, laddove la stessa preveda una facoltà di inversione in relazione alle procedure aperte, non anche per quelle negoziate.

Un siffatto principio sarebbe stato peraltro riproposto dal legislatore all’art. 133, comma 8, d. lgs. 50/2016 a tenore del quale “Nelle procedure aperte, gli enti aggiudicatori possono decidere che le offerte saranno esaminate prima della verifica dell’idoneità degli offerenti. Tale facoltà può essere esercitata se specificamente prevista nel bando di gara o nell’avviso con cui si indice la gara. Se si avvalgono di tale possibilità, le amministrazioni aggiudicatrici garantiscono che la verifica dell’assenza di motivi di esclusione e del rispetto dei criteri di selezione sia effettuata in maniera imparziale e trasparente, in modo che nessun appalto sia aggiudicato a un offerente che avrebbe dovuto essere escluso a norma dell’articolo 136 o che non soddisfa i criteri di selezione stabiliti dall’amministrazione aggiudicatrice”. La scelta del legislatore statale sarebbe stata quella di non prevedere la facoltà di inversione dell’apertura delle buste in caso di procedure negoziate, in linea con quanto previsto dalla direttiva 2014/24/UE per gli appalti sopra soglia.

La medesima previsione violerebbe l’ art. 117, comma 2, lett. e), Cost., laddove assegna allo stato la competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza.

In risposta alle suddette censure, la Regione Toscana aveva rilevato che l’art. 35-ter sarebbe rispettoso dell’art. 117, primo comma, Cost., poiché la direttiva 2014/24/UE si applicherebbe unicamente alle procedure di gara sopra-soglia, lasciando gli ordinamenti nazionali e regionali la libertà di prevedere, in relazione alle gare sotto-soglia, modalità di affidamento particolari, strumentali ad assicurare maggiore semplificazione e snellezza delle procedure.

Per altro, la previsione europea in base alla quale nelle procedure aperte le amministrazioni aggiudicatrici possono decidere di esaminare le offerte prima di verificare l’assenza dei motivi di esclusione ed il rispetto dei criteri di selezione, non preclude che un’analoga inversione possa essere operata nelle procedure negoziate.  Secondo la resistente toscana, “la ratio della norma impugnata, infatti, sarebbe quella di snellire la procedura di gara, ove sia elevato il numero dei partecipanti e l’amministrazione non utilizzi strumenti finalizzati a ridurre tale numero”. La norma, in sostanza, sarebbe ossequiosa dei principi per l’aggiudicazione e l’esecuzione degli appalti ex art. 30, comma 1 del Codice.[2]

Risulterebbe parimenti infondata la violazione dell’art. 117, comma 2, lettera e), Cost., poiché la norma impugnata sarebbe espressione della competenza legislativa “in materia di autonomia organizzativa, limitandosi a disciplinare le modalità di svolgimento di un procedimento di competenza della Regione”.

La Consulta ha accolto la questione e dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 1 della legge della Regione Toscana 6 agosto 2018, n. 46, per violazione dell’art. 117, comma 2, lett. e),  Cost., ritenendo assorbite le ulteriori censure sollevate dal Governo.
Il perno attorno al quale ruota la motivazione è rappresentato dal consolidato principio in base al quale le norme del Codice dei contratti pubblici, che disciplinano le varie procedure di gara, sono riconducibili alla materia della tutela della concorrenza; di conseguenza, le Regioni, anche ad autonomia speciale, non possono dettare discipline difformi. Siffatto principio trova applicazione a perscindere dal valore dell’appalto, non rilevando a tal proposito la distinzione tra sopra o sotto soglia di rilevanza comunitaria, e senza che assuma valore discriminante l’opzione della procedura aperta o negoziata.

Invero, “la distinzione tra contratti sotto soglia e sopra soglia non costituisce […] utile criterio ai fini dell’identificazione delle norme statali strumentali a garantire la tutela della concorrenza, in quanto tale finalità può sussistere in riferimento anche ai contratti riconducibili alla prima di dette categorie e la disciplina stabilita al riguardo dal legislatore statale mira ad assicurare, tra l’altro, “il rispetto dei principi generali di matrice comunitaria stabiliti nel Trattato e, in particolare, il principio di non discriminazione (in questo senso, da ultimo, nella materia in esame, Corte di giustizia 15 maggio 2008, C-147/06 e C-148/06) (sentenza n. 160 del 2009)” (sentenza n. 184 del 2011)”.[3]

Alla tutela della concorrenza di cui all’art. 117, comma 2, lett. e) Cost., si ascrive l’intera procedura   di gara pubblica “quale strumento indispensabile per tutelare e promuovere la concorrenza in modo uniforme sull’intero territorio nazionale”.[4]

La divergenza rispetto alla disciplina statale è avvertita proprio in relazione all’art. 133, comma 8, del Codice che prevede la facoltà di inversione nell’esame della documentazione amministrativa e di quella relativa all’offerta solo nei settori speciali e per le procedure aperte, a prescindere dal criterio di aggiudicazione prescelto, non rilevando l’estensione della norma ai settori ordinari operata dal decreto Sblocca Cantieri sino al 31 dicembre 2020.[5]

A nulla rileverebbe, secondo la Corte, la parentesi operativa dell’art. 1, comma 3, della legge n. 55 del 2019 (c.d. Sblocca Cantieri) che ha previsto, in via sperimentale fino al 31 dicembre 2020, la possibilità di operare l’inversione procedimentale di cui al comma 8 dell’art. 133, anche nei settori ordinari sia sopra e sotto la soglia di rilievo comunitario.

Sebbene l’approccio del decreto 32/2019 era stato quello di una riscrittura del comma 5 dell’art. 36, di modo che le stazioni appaltanti potessero posporre la verifica dei requisiti, di carattere generale, di idoneità e di capacità degli offerenti, alla fase delle offerte, con esame a campione e controllo doveroso sull’aggiudicatario al fine della stipula del contratto, in sede di conversione il legislatore ha optato per perseguire il medesimo fine con un mezzo differente. L’art. 1, comma 3, l. 55/2019, infatti, ha previsto che le stazioni appaltanti hanno la facoltà di anteporre l’esame delle offerte tecniche ed economiche alla verifica dei requisiti ex art. 80, purché sia comunque garantito un sufficiente livello di imparzialità e trasparenza, di modo che nessun appalto possa essere aggiudicato a un offerente che avrebbe dovuto essere escluso in base all’art. 80 o che non soddisfi i criteri di selezione stabiliti dalla medesima stazione appaltante.

Tra gli interrogativi lasciati in sospeso dalla riforma figura proprio la possibilità che il rinvio all’art. 133, riferito alle sole procedure aperte, valga a significare che l’inversione procedimentale possa essere attuata esclusivamente per tali procedure anche nei settori ordinari.

La pronuncia in esame, dunque, contribuisce a chiarire il quadro procedimentale tracciato dal c.d. decreto Sblocca Cantieri statuendo da un lato, che l’apertura della busta offerta economica può precedere l’apertura di quella contenente la documentazione amministrativa nelle sole procedure aperte, dall’altro, che la scelta di consentire o meno l’inversione procedimentale è affidata al legislatore nazionale nell’esercizio della sua competenza esclusiva.

[1] Corte Cost., 6 marzo 2020, n. 10

[2] In particolare, l’art. 30, comma 1, fa riferimento al rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, nonché dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice.

[3] Corte Cost., 6 marzo 2020, n. 10.

[4] Ex multius Corte Cost., 22 dicembre 2011, n. 339; Corte Cost., 14 gennaio 2008, n.1; Corte Cost., 23 novembre 2007, n. 40.

[5] Si noti che l’inversione delle fasi di gara, in realtà, era già contemplata nella direttiva 2014/24/UE per i settori ordinari (art. 56, par. 2) e nella direttiva 2014/25/UE per i settori speciali (art. 76, par. 7).

Marica De Angelis

Marica De Angelis nasce a Monza il 16 Febbraio 1996. Consegue la maturità scientifica presso il Liceo Scientifico Statale Alberto Romita di Campobasso nell’estate 2015.  Nel periodo liceale frequenta corsi di lingua inglese conseguendo le relative certificazioni. Dalla lettura quotidiana di articoli giornalistici, sviluppa la curiosità e la voglia di comprendere le dinamiche del diritto e decide di iscriversi al corso di laurea magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza presso l’Università Alma Mater Studiorum di Bologna. Durante il percorso universitario sviluppa un particolare interesse per il Diritto Pubblico e in particolare per il Diritto Amministrativo e prende parte a diverse attività extracurricurali promosse dall’ateneo come processi simulati e seminari. Nel luglio 2020 conseguito il titolo di Dottoressa Magistrale in Giurisprudenza con una tesi in Diritto Amministrativo, relatore Prof. Giuseppe Caia, dal titolo "Le regole del contenzioso in materia di contratti pubblici: nuove prospettive e rinnovate criticità dopo l'abrogazione del rito super-speciale". La voglia di approfondire le tematiche oggetto dello studio, la porta, a partire da maggio 2019, a collaborare con la rivista giuridica “Ius In Itinere” per cui, ad oggi, riveste il ruolo di Vicedirettrice per l'area di Diritto Amministrativo. Attualmente svolge la pratica forense presso lo studio legale LEGAL TEAM presso la sede di Roma. Contatti: marica.deangelis@iusinitinere.it

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