giovedì, Aprile 18, 2024
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Ipotesi di collegamento negoziale: il leasing finanziario. Strumenti di tutela invocabili dall’utilizzatore direttamente nei confronti del fornitore

Il collegamento contrattuale si sostanzia in un legame di interdipendenza fra due o più contratti, perfetti in tutti i loro elementi e in grado di produrre singolarmente effetti giuridici rilevanti per l’ordinamento, i quali simul stabunt simul cadent[1], perché preordinati ad uno scopo pratico unitario.

Si tratta, evidentemente, di un nomen iuris di creazione giurisprudenziale, con cui si designa una tecnica di esercizio dell’autonomia privata di cui agli artt. 41 Cost. e 1322, comma 2, c.c., attraverso la quale le parti predispongono una pluralità coordinata di atti negoziali in vista del soddisfacimento di un risultato economico unitario. La particolarità del collegamento negoziale risiede, dunque, nella pluralità dei negozi, intesi come distinte entità strutturalmente autonome, posto che i contratti non perdono la loro individualità, e nel legame di interdipendenza fra i negozi, ossia nella specifica proiezione teleologico-funzionale dell’articolata dinamica negoziale, per cui risultano preliminari e prodromici al raggiungimento dello scopo ultimo unitario.

A riguardo, anche la Suprema Corte di Cassazione, seppur non si sia espressa nella sua composizione più autorevole, ha inteso corroborare tale impostazione, per cui il collegamento negoziale non è un tipo contrattuale, ma “un meccanismo attraverso il quale le parti, con manifestazioni di volontà espresse in un solo contesto, perseguono un risultato economico unitario e complesso, realizzato non per mezzo di un singolo contratto ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, i quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è finalizzato ad un unico regolamento di reciproci interessi[2].

Ciò premesso, nell’ambito dei contratti collegati aspetto foriero di problemi riguarda gli strumenti di tutela invocabili da chi sia parte di uno solo dei contratti collegati, assumendo rispetto all’altro la veste apparente di terzo. In questo quadro, particolarmente interessante risulta l’analisi di una pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite rispetto alla figura del leasing finanziario[3]. In particolare, la questione di massima rimessa al giudice di legittimità nella sua composizione più autorevole riguardava l’ammissibilità o meno di un’azione di risoluzione da parte dell’utilizzatore direttamente nei confronti del fornitore, ferma restando la legittimazione del medesimo a far valere la pretesa all’adempimento del contratto di fornitura e al risarcimento del danno conseguentemente sofferto.

In via preliminare, occorre rammentare che la figura del leasing finanziario è pacificamente inquadrata nell’ambito dei contratti di impresa con causa di finanziamento e, nello specifico, si presenta, da un punto di vista economico, come un’operazione trilaterale poiché si svolge tra utilizzatore (normalmente un imprenditore o un soggetto che svolge attività professionale), concedente (società di leasing: banca o altro istituto autorizzato alla concessione di crediti, iscritto negli appositi albi, ai sensi del T.U.B.) e fornitore del bene. Su indicazione dell’utilizzatore la società di leasing acquista il bene dal fornitore, bene che concede in godimento all’utilizzatore dietro pagamento di un canone, con facoltà per quest’ultimo di acquistare la titolarità del bene alla scadenza del contratto, a titolo oneroso.

Si badi che i giudici di Piazza Cavour già nel 2006 hanno affermato l’opzione del collegamento negoziale, per cui il leasing finanziario realizza non già un rapporto trilaterale o plurilaterale bensì un collegamento negoziale tra contratto di leasing e contratto di fornitura. In più le Sezioni Unite nel 2015 sulla questione circa la fruibilità da parte dell’utilizzatore dell’azione di risoluzione del contratto di vendita tra fornitore e società di leasing, cui esso è estraneo, ha sottolineato che la stessa va risolta caso per caso in ragione della sussistenza o meno nel contratto di leasing di una specifica previsione con la quale le parti trasferiscono all’utilizzatore la posizione sostanziale originariamente propria della società di leasing acquirente.

Le Sezioni Unite hanno, in primis, confermato la diretta esperibilità, da parte dell’utilizzatore, delle azioni di adempimento e di risarcimento dei danni verso il fornitore e, in secondo luogo, hanno fornito una particolare soluzione interpretativa del collegamento negoziale tra il contratto di compravendita e il contratto di locazione finanziaria. A riguardo, la sentenza del giudice di legittimità si presenta significativa laddove si evidenzia che il nesso tra i contratti in esame non è qualificabile come collegamento in senso tecnico, tale cioè da comportare che le vicende patologiche di un contratto si ripercuotano anche sull’altro. I contratti in esame se, da un lato, sono collegati da un nesso obiettivo economico e teleologico, dall’atro, difettano del nesso soggettivo, in quanto, a ben vedere, il fornitore ha un mero interesse a vendere il bene e la causa che regge il contratto con la società di leasing è quella tipica della compravendita, tanto che egli non ha più alcun interesse allo svolgersi del rapporto tra società concedente e cessionario, una volta consegnato il bene oggetto del contratto.

Tanto puntualizzato, hanno ribadito che, ferme le ipotesi in cui una clausola contrattuale o un’espressa posizione normativa consentano all’utilizzatore di esperire l’azione di risoluzione del contratto direttamente nei confronti del fornitore, mediante successione nella posizione sostanziale del concedente, la regola della relatività degli effetti del contratto, ex art. 1372 c.c., non possa essere superata[4].

Tale ragionamento sembra, peraltro, strutturare l’ipotesi del collegamento negoziale su due livelli di intensità: ad un livello più basso si colloca il collegamento che sussiste solo in virtù di un nesso oggettivo di strumentalità di un contratto rispetto all’altro; dall’altro, e a livello derogatorio più intenso, si colloca il collegamento negoziale tecnico, che consente una considerazione unitaria del fenomeno, poiché sorretto anche dal requisito soggettivo della volontà comune dell’intera dinamica negoziale, giustificando la regola del simul stabunt simul cadent e la deroga al principio di relatività, di cui all’art. 1372 c.c.

[1] A riguardo si veda la posizione assunta dalla Suprema Corte di Cassazione nella sent. n. 21417/2014, qui il giudice di legittimità sottolinea che l’interdipendenza produce come effetto proprio quello della regolamentazione unitaria delle vicende relative alla permanenza del vincolo; diversamente dottrina autorevole configura il contratto collegato come vicenda plurima ma unitaria funzionalmente, per cui non troverà applicazione l’art. 1419 c.c., bensì la regola secondo cui “utile per inutile non vitiatur”.

[2] Cfr., Cass., n. 7255/2013.

[3] Cass., Sez. Un., n. 19785/2015.

[4] Per amor di completezza, a ciò si aggiunga che la Suprema Corte ha distinto i casi in cui i vizi della cosa siano immediatamente riconoscibili dall’utilizzatore, dalle ipotesi in cui i vizi della res siano emersi successivamente alla consegna. Nel primo caso, il concedente, preso notizia della circostanza per cui l’utilizzatore ha rifiutato la consegna, ha l’obbligo di sospendere il pagamento del prezzo al fornitore per poi esercitare, se sussistono i presupposti della gravità dell’inadempimento, l’azione di risoluzione del contratto di fornitura a cui logicamente consegue la risoluzione del contratto di leasing. Nel secondo caso prospettato, viceversa, l’utilizzatore potrà agire direttamente nei confronti del fornitore per l’eliminazione dei vizi o per la sostituzione della cosa ed in più agire nei confronti dello stesso fornitore per il risarcimento dei danni subiti.

 

Elena Ficociello

Elena Ficociello nasce a Benevento il 28 luglio del 1993. Dopo aver conseguito la maturità classica presso l'istituto "P. Giannone" si iscrive alla facoltà di giurisprudenza Federico II di Napoli. Si laurea il 13 luglio del 2017, discutendo una tesi in diritto processuale civile, relativa ad una recente modifica alla legge sulla responsabilità civile dello Stato-giudice, argomento delicato e problematico che le ha dato l'opportunità di concentrarsi sui limiti dello ius dicere. A tal proposito, ha partecipato all'incontro di studio organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura presso la Corte di Appello di Roma sul tema "La responsabilità civile dei magistrati". Nell'estate del 2016, a Stasburgo, ha preso parte al master full time "Corso Robert Shuman" sulla tutela dei diritti fondamentali dell'uomo, accreditato dal Consiglio Nazionale Forense, convinta che un buon avvocato, oggi, non può ignorare gli spunti di riflessione che la giurisprudenza della Corte EDU ci offre. Adora viaggiare e già dai primi anni di liceo ha partecipato a corsi di perfezionamento della lingua inglese, prima a Londra e poi a New York, con la Greenwich viaggi. È molto felice di poter collaborare con Ius in itinere, è sicuramente una grande opportunità di crescita poter approfondire e scrivere di temi di diritto di recente interesse. Contatti: elena.ficociello@iusinitinere.it

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