giovedì, Aprile 18, 2024
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Italia: lavoro, economia e welfare

in Italia c’è crisi di identità. È quanto emerge dal 53esimo rapporto del CENSIS in cui si compie un’analisi economica con ricadute nel campo sociale[1].

La ricchezza degli italiani

Innanzitutto, gli italiani devono fare i conti con un welfare che va sempre più scomparendo, a causa della cronica mancanza di finanziamenti del settore pubblico.

Di conseguenza, gli italiani fanno sempre più ricorso a strumenti privati per compensare le disfunzioni del sistema pubblico.

Quindi, tale realtà implica un generale sentimento di ansia per soddisfare i bisogni individuali nonché quelli familiari.

Nonostante ciò, l’ultimo rapporto di Bankitalia sui bilanci delle famiglie italiane[2] evidenzia come il reddito medio delle famiglie italiane, a prezzi costanti, sia cresciuto del 3,5% rispetto al 2014, dopo essere pressoché ininterrottamente caduto dal 2006.

Una crescita spinta dall’aumento sia dei redditi unitari da lavoro dipendente sia dal numero di percettori. In tutte le principali classi di reddito, è cresciuta la quota di nuclei familiari che nel corso del 2016 sono riusciti a risparmiare.

Tuttavia, la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi risulta in aumento. Infatti, si evince dall’indice Gini che la varianza tra i livelli di reddito degli italiani nel 2016 è al 33,5%, dal 33% del 2012 e del 2014.

Ancora, la quota di individui a rischio di povertà è in aumento al 23%. In tale categoria, si annoverano coloro che dispongono di un reddito equivalente inferiore al 60% di quello mediano. Un’incidenza che interessa le famiglie giovani, del Mezzogiorno o dei nati all’estero.

Secondo Bankitalia, la ricchezza netta media e quella mediana degli italiani sono in calo del 5% e 9% a prezzi costanti.

Nonostante ciò, la quota di famiglie indebitate si ferma al 21%. Un segno positivo è il valore mediano del rapporto tra l’ammontare complessivo dei debiti familiari e il reddito al 63% dal picco dell’80% del 2012.

In effetti, l’ultima analisi congiunta ISTAT – Bankitalia[3] sottolinea come 2017 la ricchezza netta delle famiglie italiane sia stata pari a 8,4 volte il reddito disponibile, al lordo degli ammortamenti.

Secondo i dati OCSE, tale rapporto è più alto di quello delle famiglie francesi, inglesi e canadesi, nonostante il divario si sia notevolmente ridotto.

Infatti, negli ultimi anni l’indicatore è gradualmente sceso dal picco del 2013, con un andamento opposto a quello osservato per gli altri paesi. Ciò in virtù del ristagno ventennale dei redditi delle famiglie italiane.

Il lavoro degli italiani

L’economia italiana non crolla ma è altrettanto vero che non decolla ed è sostanzialmente ferma a tassi di crescita bassi ed incapaci di generare una riduzione del debito.

Nei primi nove mesi del 2019, il calo degli investimenti, il rallentamento della produzione industriale e l’elevata l’incertezza hanno frenato il commercio mondiale.

Nel terzo trimestre, l’economia italiana ha continuato a stentare: il PIL si attesta allo 0,1% su base congiunturale.

In dettaglio, secondo la Corte dei Conti[4], la situazione economica italiana risente delle incertezze del quadro macroeconomico internazionale, specie per quanto riguarda le pressioni protezionistiche.

Ciò affligge particolarmente l’economia italiana: i consumi delle famiglie sono in calo, nonostante il saldo positivo del mercato del lavoro e l’incidenza della bassa inflazione sul reddito disponibile reale.

Dal lato della domanda aggregata, gli investimenti non sembrano in grado di stimolare la ripresa dell’economia italiana. Infatti, le aspettative di domanda negative spingono le imprese a ridimensionare i piani di produzione.

D’altro canto, le esportazioni nette continuano a contribuire positivamente ma sono fortemente esposte agli effetti delle guerre commerciali in corso e ai fattori di rischio geopolitico.

Ciò ricade sugli equilibri della finanza pubblica.

La condizione dei conti del nostro Paese, infatti, pur in un contesto di tassi di interesse più favorevole di quello previsto nel DEF dello scorso aprile, appare fragile ed esposta a rischi, nel breve come nel medio termine.

Nonostante l’indebitamento si attesti intorno all’1,4% del PIL nel 2020, rispetto al 2% del DEF e l’avanzo primario cresca di 3 decimi di punto nel 2020, le imposte indirette risultano fondamentali in termini di clausole di salvaguardia.

In riferimento agli aggregati economici, dopo la fase di stagnazione della prima parte dell’anno, la spesa delle famiglie ha segnato un aumento congiunturale significativo tra luglio e settembre. Una dinamica dei consumi e dei redditi che segue i segnali positivi del mercato del lavoro[5].

Tra il 2007 e il 2018 l’occupazione degli italiani è aumentata di 321.000 unità, con una variazione positiva dell’1,4%. Una tendenza che continua anche attualmente.

Infatti, i primi sei mesi del 2019 hanno registrato un incremento di mezzo punto percentuale rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Tuttavia, i dati statistici nascondono alcune criticità sull’economia italiana[6].

Isolando i dati secondo le ore di lavoro, si nota una riduzione di 867.000 occupati a tempo pieno e un aumento di circa 1 milione di occupati part time: nel periodo 2007-2018 questa tipologia di lavoro è cresciuta del 38%. Quindi, oggi, ogni cinque lavoratori, uno lavora per metà del tempo.

Ancora, se si osserva e misura il volume di risorse dedicate al lavoro a tempo pieno, nell’arco 2007 – 2018 l’input di lavoro si riduce di 959.000 unità così come il monte ore lavorate diminuisce di oltre 2,3 miliardi.

Tale situazione impatta non solo sulla dinamica della produttività ma anche sulla disponibilità di reddito.

Infatti, il PIL per unità di lavoro si riduce tra il 2007 e il 2018 di 339 euro, mentre per le retribuzioni del lavoro dipendente, il dato è altrettanto consistente pari al 3,8%, ovverosia 1.000 euro in meno.

In termini sociali, nel 2018 sono circa 2 milioni i lavoratori dipendenti privati che possono contare solo su 79 giornate retribuite all’anno. Inoltre sono circa 2 milioni i lavoratori che hanno più di un rapporto di lavoro. Di questi, 913.000 ricevono una retribuzione oraria inferiore a 9 euro lordi per almeno un rapporto di lavoro di quelli in essere.

Di conseguenza, i lavoratori con una retribuzione oraria inferiore a 9 euro lordi sarebbero pari a 2.941.000, di cui il 53% uomini e il 47% donne. Si consideri che un terzo di chi è sotto i 9 euro ha un’età compresa tra 15 e 29 anni. Tra i più anziani restano sotto la soglia 518.000 lavoratori.

In sostanza, 8 lavoratori su 10 in Italia ricevono una remunerazione inferiore a quella che sarà presumibilmente il livello base della retribuzione stabilita per legge[7].

La disuguaglianza degli italiani

Alla fine del primo semestre del 2018, in termini nominali, la distribuzione della ricchezza nazionale netta vale 8.760 miliardi di euro.

Il 20% degli italiani detiene il 72% della ricchezza nazionale, un altro 20% degli italiani controlla il 15,6% della ricchezza, lasciando al 60% più povero degli italiani appena il 12,4% della ricchezza nazionale.

Quindi, a conti fatti, il top 10% degli italiani possiede oltre 7 volte la ricchezza della metà più povera della popolazione. Se si isola la ricchezza dell’5% più ricco degli italiani (titolare del 43,7% della ricchezza nazionale netta), si nota che essa è pari a quasi tutta la ricchezza detenuta dal 90% più povero dei nostri connazionali.

L’evoluzione della quota di ricchezza detenuta dall’1% più ricco italiano mostra un trend di crescita a partire dal 2009, ad eccezione del calo verificatosi nel 2016 e 2017.

Negli ultimi vent’anni, le quote di ricchezza nazionale netta del 10% più ricco degli italiani e dalla metà più povera della popolazione italiana hanno mostrato un andamento divergente.

La quota di ricchezza del top 10% si attesta a fine giugno 2018 al 56,13%, mentre la quota della metà più povera degli italiani è lentamente e costantemente scesa, passando dal 13,1% di inizio millennio ad appena il 7,85% a metà 2018.

Infine, l’indice di Gini del reddito disponibile equivalente degli italiani mostra un trend statico nell’ultimo decennio, con un ridotto calo tra il 2015 e 2016. Una dinamica comunque elevata rispetto alla media dei paesi UE[8].

Alcune pillole statistiche

A livello statistico, secondo il rapporto CENSIS, il 69% degli italiani crede che la mobilità sociale sia bloccata.

Nel dettaglio, il 63,3% degli operai non crede più nella scala sociale; il 63,9% degli imprenditori e dei liberi professionisti teme invece un abbassamento dei livelli di reddito.

Inoltre, il 38,2% degli italiani è convinto che nel futuro i figli o i nipoti staranno peggio di loro, il 21,4% non sa bene che cosa accadrà e solo il 21% pensa che staranno meglio di loro.

Da come si evince, tutto ciò diviene una convinzione sociale degli italiani che genera stress esistenziale, intimo e logorante e si manifesta con sintomi evidenti in una sorte di sindrome da stress: infatti, il 74,2% degli italiani dichiara di essersi sentito nel corso dell’anno molto stressato per la famiglia, il lavoro e le relazioni.

D’altronde, dal 2015 al 2018, il consumo di ansiolitici e sedativi è in aumento del 23,1% e gli utilizzatori sono ormai 4,4 milioni.

 

[1] Per approfondimenti “Rapporto sulla situazione sociale del paese”, 53°esimo rapporto CENSIS, Roma, 2019, Franco Angeli.

Disponibile qui: http://www.censis.it/rapporto-annuale/sintesi-del-53%C2%B0-rapporto-censis

[2] Per approfondimenti “Indagine sui bilanci delle famiglie”, Banca d’Italia, 12/03/2018.

Disponibile qui: https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/indagine-famiglie/bil-fam2016/Statistiche_IBF_20180312.pdf

[3] Per approfondimenti “La ricchezza delle famiglie e delle società non finanziarie italiane”, Banca d’Italia e ISTAT, Roma, 02/05/2019.

Disponibile qui: https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/ricchezza-famiglie-societa-non-fin/2017-ricchezza-famiglie-societa-non-fin/statistiche_RFSNF_09052019.pdf

[4] Per maggiori approfondimenti: “Programmazione dei controlli e delle analisi della Corte dei Conti per il 2020”, Corte dei Conti, Sezioni Riunite in sede di controllo, Roma, dicembre 2019.

Disponibile qui: https://www.corteconti.it/Download?id=e7f2b385-1074-4a1a-b033-5457e48e653b

[5] Per maggiori approfondimenti: “Nota mensile sull’andamento dell’economia italiana”, ISTAT, Roma, novembre 2019.

Disponibile qui: https://www.istat.it/it/files//2019/12/Testo-integrale.pdf

[6] Per maggiori approfondimenti: “Il mercato del lavoro”, ISTAT, Roma, 12/12/2019.

Disponibile qui: https://www.istat.it/it/files//2019/12/Mercato-del-lavoro-III-trim-2019.pdf

[7] Per maggiori approfondimenti: “Nota trimestrale sulle tendenze dell’occupazione”, ISTAT, Roma, dicembre 2019.

Disponibile qui: https://www.istat.it/it/files//2018/12/NotaTrimOccupazione-III_2018.pdf

[8] Per maggiori approfondimenti, consultare l’analisi di Oxfam Italia.

Disponibile qui https://www.oxfamitalia.org/wp-content/uploads/2018/01/Inserto-Italia-del-rapporto-Ricompensare-il-Lavoro-Non-la-Ricchezza_22.01.2018.pdf

Fonte immagine: https://www.ilfattoquotidiano.it/2016/01/04/italiani-allestero-in-90mila-trasferiti-nel-2014-la-meta-e-under-40/2348384/

Marco Di Domenico

Dottore in Studi Internazionali presso l'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale". Appassionato di politica ed economia internazionale.

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