venerdì, Marzo 29, 2024
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Jam vs. International Finance Corporation: la decisione della Corte Suprema USA sulla immunità delle organizzazioni internazionali negli Stati Uniti

Articolo a cura di Laura Valli, esperto anticorruzione

Sommario
Con la decisione del 27 febbraio 2019 sul caso Jam vs. International Finance Corporation, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito che l’immunità delle organizzazioni internazionali dalla giurisdizione delle corti degli Stati Uniti non è assoluta.  La decisione, presa con una sola opinione dissenziente, espone le organizzazioni internazionali a potenziale responsabilità per danni causati nell’esercizio di attività commerciali.

Summary
On February 27, 2019 the US Supreme Court decided in the case Jam vs. International Finance Corporation that the immunity of international organizations from the jurisdiction of US courts is not absolute. The decision, taken with only one dissenting opinion, exposes international organizations to potential liability for damage caused in the exercise of commercial activities.

Il caso

Gli attori

I ricorrenti sono agricoltori e pescatori residenti nel distretto del Kutch (Gujarat, India) che lamentano danni derivanti dalla costruzione di una centrale a carbone finanziata, in parte, dall’International Finance Corporation (IFC). Secondo la loro denuncia: a) l’intrusione di acqua salata nelle falde acquifere durante la costruzione della centrale ha reso l’acqua inutilizzabile per l’irrigazione; b) il sistema di raffreddamento della centrale scarica l’inquinamento termico in mare, uccidendo la vita marina, fonte primaria di sostentamento; e c) poiché il carbone deve essere trasportato da nove miglia di distanza su un sistema di trasporto a cielo aperto, la polvere e le ceneri di carbone si disperdono nell’atmosfera contaminando la terra e l’aria. Il progetto ha anche provocato l’allontanamento forzato dei pescatori dai loro luoghi di abitazione. 

Il convenuto

L’IFC è l’istituto del Gruppo Banca Mondiale, con sede a Washington DC, creato nel 1956 a sostegno degli investimenti privati nei paesi in via di sviluppo.[1] Nel 2008, l’IFC ha prestato 450 milioni di dollari alla societa’ Coastal Gujarat Power Limited, controllata dall’indiana Tata Power, per finanziare la costruzione di una centrale a carbone in Gujarat, India (impiantoTata Mundra).[2]Il contratto di prestito, in conformità con la normativa interna di IFC, comprende un piano di azione ambientale e sociale a protezione dell’ambiente e delle comunità circostanti la centrale. Mentre Il destinatario del prestito (la società Coastal Gujarat Power Limited) e’ responsabile per la corretta attuazione del piano, l’IFC conserva l’autorità di vigilanza con possibilità di revoca del sostegno finanziario per il progetto in caso di violazione dello stesso piano. 

Il ricorso interno ad IFC

Nel 1999, l’IFC ha istituito l’ufficio del Compliance Advisor Ombudsman (CAO) competente per la ricezione e gestione di reclami presentati da individui o comunità che lamentano danni da progetti finanziati dall’IFC. Il CAO, che ha poteri investigativi e di mediazione/soluzione informale di controversie,riporta direttamente al presidente del gruppo Banca mondiale.[3]
Nel 2011, l’associazione locale per la lotta per i diritti dei pescatori ha presentato una denuncia al CAO sull’impianto Tata Mundra , sostenendo che l’IFC aveva violato i propri regolamenti ambientali e sociali in relazione a tale progetto. Il CAO ha aperto un’indagine formale i cui risultati sono raccolti in un rapporto pubblicato nel 2013. In tale rapporto, il CAO ha definito inadeguata la valutazione ambientale della centrale elettrica condotta in fase di preparazione del progetto e ha affermato che il piano di azione ambientale e sociale approvato dall’IFC non era stato rispettato dalla sussidiaria di Tata Power nè durante la fase di costruzione, né durante quella di funzionamento dell’impianto. Il CAO ha concluso il rapporto definendo la supervisione dell’IFC inadeguata.[4]

Pur contestando molte delle conclusioni del CAO, l’IFC ha riconosciuto certi impatti negativi del progetto Tata Mundra sulla comunità di pescatori ed ha proposto un piano d’azione comprendente alcune misure correttive, tra cui uno studio socioeconomico delle zone di pesca e un test sui residui di cenere per radioattività e metalli pesanti. Il rapporto di monitoraggio più recente del CAO su tale piano d’azione, datato febbraio 2017, descrive i progressi nel completamento di alcuni di questi studi, ma sottolinea “l’assoluta necessità di un approccio rapido, partecipativo e esplicitamente correttivo per valutare e affrontare gli impatti dei progetti sollevati dai denuncianti.” Il caso rimane aperto e CAO continua a monitorare la risposta di IFC ai suoi risultati. [5]

Il quadro normativo

l’International Organizations Immunities Act

Negli Stati Uniti, le immunità delle organizzazioni internazionali possono derivare da due fonti: gli atti costitutivi delle stesse organizzazioni e l’International Organizations Immunities Act (IOIA). Nel 1945, il Congresso approvò lo IOIA per garantire alle organizzazioni internazionali con sede negli USA determinati privilegi e immunità, come l’esenzione dalle tasse sulla proprietà e l’immunità dalla giurisdizione dei singoli stati membri: “le organizzazioni internazionali, le loro proprietà e i loro beni, ovunque ubicati, e da chiunque detenuti, godranno della stessa immunità dalla giurisdizione e da ogni forma di processo giudiziario di cui godono i governi stranieri, salvo che tali organizzazioni rinuncino espressamente alla loro immunità in relazione a un procedimento o in forza di un accordo contrattuale. Il Presidente determina se un’organizzazione ha diritto a tale immunità”.[6]

 Il Foreign Sovereign Immunities Act

Quando lo IOIA fu promulgato nel 1945, l’immunità concessa agli Stati sovrani era pressocchè assoluta. Ciò cambiò nel 1952, quando il Dipartimento di Stato annunciò che avrebbe adottato una teoria “restrittiva” dell’immunità sovrana, in base alla quale l’immunità degli Stati riguardava solo gli atti sovrani degli stessi, mentre ne erano esclusi, tra gli altri, gli atti di natura commerciale. Tale teoria fu successivamente codificata con l’emanazione del Foreign Sovereign Immunities Act (FSIA) del 1976 che stabilì il possibile assoggettamento di un governo straniero alla giurisdizione degli Stati Uniti “in connessione con la sua attività commerciale che abbia un nesso sufficiente con gli Stati Uniti.”[7]

 La causa davanti alle corti di merito

Giudizio di primo grado

Nel 2015 i ricorrenti, con il sostegno dell’organizzazione non governativa (ONG) EarthRights International,[8]hanno citato l’IFC davanti al Tribunale del Distretto di Columbia (dove ha sede l’IFC) per danni derivati dall’inadeguata supervisione da parte dell’IFC del piano di azione ambientale e sociale del progetto Tata Mundra (the damages suit invokes the IFC’s own internal audit through the Compliance Advisor Ombudsman (CAO), admitting that the IFC did not adequately supervise the environmental and social action plan for the project). Nell’interpretare la legge del 1945, il Tribunale ha richiamato un precedente del 1998 dello stesso Circuito (Atkinson v. Inter-American Development Bank),[9] secondo il quale le organizzazioni internazionali godono tutt’oggi della stessa immunità concessa agli Stati sovrani dal legislatore del 1945, e cioè quando lo IOIA fu emanato. Il giudice di primo grado ha pertanto respinto il ricorso per motivi di giurisdizione, ritenendo che l’IFC abbia diritto ad una immunità “virtualmente assoluta“. [10] La corte ha anche respinto l’argomentazione dei ricorrenti secondo cui l’IFC avrebbe rinunciato all’immunità attraverso il tenore letterale del proprio statuto.

 Giudizio di secondo grado

Nel giugno del 2017, la Corte d’Appello del distretto di Columbia ha confermato la decisione del Tribunale di primo grado citando lo stesso precedente. I giudici di secondo grado hanno ribadito quanto già affermato in Atkinson e cioè che durante la discussione parlamentare sullo IOIA, il Congresso aveva preso espressamente in considerazione la possibilità di includere nella legge la eccezione dell’attività commerciale alla immunità delle organizzazioni internazionali, per poi decidere in senso contrario. La Corte ha sottolineato come lo IOIA abbia delegato esplicitamente al Presidente degli USA e non ai Tribunali il potere di modificare la misura dell’immunità concessa alle organizzazioni internazionali. [11]

 Opinione parzialmente dissenziente                                                                                                                                  

Il giudice Pillard, in parziale dissenso con i colleghi della Corte d’Appello, ha offerto una diversa interpretazione dello IOIA, per molti versi anticipatrice di quella della Corte Suprema. [12]In primo luogo, il giudice ha sostenuto che se il Congresso del 1945 avesse voluto garantire immunità assoluta alle organizzazioni internazionali, lo avrebbe fatto. Invece, nell’opinione del giudice, il Congresso ha deliberatamente scelto di stabilire il livello di immunità delle organizzazioni internazionali in riferimento a quella degli Stati sovrani. Inoltre, Pillard ha sottolineato come la versione originaria dello IOIA garantisse alle organizzazioni internazionali “immunità dalla giurisdizione e da ogni forma di processo giudiziario”. Il fatto che questa definizione, non legata al livello di immunità goduto da parte degli Stati sovrani, non sia stata inclusa nella versione finale del disegno di legge implica, secondo Pillard, che il Congresso abbia successivamente deciso di collegare i due livelli di immunità.

Infine, Pillard ha evidenziato le conseguenze illogiche della decisione di maggioranza: “la lettura dello IOIA nel senso di collegamento dinamico tra l’immunità delle organizzazioni e quelle dei loro Stati membri ha senso. La visione contraria […] permetterebbe agli Stati, soggetti alla giurisdizione in base all’eccezione di attività commerciale del FSIA, di svolgere attività commerciali coperte da immunità attraverso l’organizzazione internazionale di cui fanno parte. […] . Né lo IOIA, né la nostra giurisprudenza possono giustificare che gli Stati che violano collettivamente contratti o che agiscono in altro modo attraverso un organismo internazionale godano dell’immunità nei nostri Tribunali quando la stessa condotta non è coperta da immunità se direttamente commessa da uno Stato che agisce da solo”.[13]

La decisione della Corte Suprema

Interpretazione letterale dello IOIA

La Corte Suprema ha innanzitutto esaminato il linguaggio dello IOIA, notando che la legge, invece di stabilire un livello fisso, assoluto di immunità, usa la forma comparativa “same…as” (“same immunity from suit . . . as is enjoyed by foreign governments”). Pertanto, a giudizio della Corte, lo IOIA “non sembra creare un livello statico di immunità, ma piuttosto “sembra collegare l’immunità delle organizzazioni internazionali a quella degli Stati sovrani “. [14]

La Corte prosegue notando che nel 1945, i governi stranieri godevano di un’immunità praticamente assoluta, mentre oggi godono di un’immunità molto più limitata ai sensi del FSIA. Ad esempio, un governo straniero è attualmente soggetto a giurisdizione “in connessione con una sua attività commerciale che abbia un nesso sufficiente con gli Stati Uniti.”[15]

Per sostenere ulteriormente questa lettura, la Corte osserva che lo IOIA impiega esplicitamente un linguaggio non comparativo quando intende stabilire standard fissi di immunità. Inoltre, la Corte sottolinea che altre leggi che utilizzano un linguaggio di collegamento simile a quello del caso di specie, come il Civil Rights Act e il Federal Tort Claims Act, sono stateinterpretate dalla giurisprudenza in senso evolutivo, piuttosto che in senso statico, volto a “congelare” le previsioni normative al momento dell’emanazione della legge.

La Corte Suprema ha concluso pertanto nel senso che la lettura dello IOIA in base ad un canone di interpretazione letterale ben consolidato porta a ritenere che le organizzazioni internazionali godano dello stesso livello di immunità di cui godono gli Stati sovrani, ossia una immunità limitata dalle varie eccezioni stabilite dal FSIA, tra cui quella dello svolgimento di attività commerciali.

La Corte ha poi affrontato l’argomento difensivo dell’IFC secondo cui lo IOIA non dovrebbe essere letto nel senso di creare un parallelismo tra l’immunità dei governi e quella delle organizzazioni internazionali, perché i due tipi di immunità hanno scopi diversi. Secondo la difesa dell’IFC, lo scopo dell’immunità sovrana è di mostrare rispetto reciproco tra due stati sovrani, mentre l’immunità dell’organizzazione internazionale è garantita al fine di consentire a tali organizzazioni di perseguire liberamente gli obiettivi collettivi dei loro Stati membri senza interferenze. La Corte ha rigettato tale tesi notando che lo IOIA non affronta il tema dello scopo delle immunità garantite. L’interpretazione dell’IFC sarebbe erroneamente basata su una interpretazione “di scopo” che contraddirebbe il “significato ordinario delle parole usate” dal legislatore. Nella lettura della Corte, il Congresso ha inquadrato la disposizione sull’immunità “nel linguaggio che il Congresso solitamente usa per rendere una cosa continuamente equivalente ad un’altra”.[16]

Teoria del “canone di riferimento”

La Corte ha anche invocato il “canone di riferimento” dell’interpretazione normativa, che distingue i riferimenti normativi a norme generali dai riferimenti a specifiche disposizioni o sezioni di un’altra legge. Secondo questo canone, un riferimento specifico di una legge ad un’altra legge “in effetti taglia e incolla la legge di riferimento come esisteva al momento della sua emanazione, senza alcuna modifica successiva”. Una legge che invece fa riferimento ad una normativa generale “adotta la normativa come questa si presenta  ogni volta che sorge un quesito sotto la legge”.[17] La Corte ha ritenuto che lo IOIA rientri in quest’ultima categoria poiché si riferisce ad “una normativa esterna potenzialmente in evoluzione – la legge sull’immunità sovrana – non a una disposizione specifica di un’altra legge”. Di conseguenza, “lo IOIA collega la normativa sull’immunità dell’organizzazione internazionale a quella dell’immunità sovrana, in modo che l’una si sviluppi in tandem con l’altra”.[18]

L’attività commerciale delle organizzazioni internazionali

Nel replicare alla difesa dell’IFC secondo cui una interpretazione dinamica dell’immunità sovrana prevista dallo IOIA porterebbe ad un’ondata di contenziosi nei Tribunali degli Stati Uniti, la Corte ha definito tali preoccupazioni “gonfiate”. [19]Infatti, a parere dei giudici supremi, lo IOIA stabilisce solo regole minime sull’immunità, regole alle quali le organizzazioni internazionali possono derogare definendo l’immunità in termini più lati nei loro statuti. A questo proposito, la Corte ha segnalato che lo statuto dell’IFC (che non prevedeva l’immunità assoluta da giurisdizione) potrebbe essere modificato opportunamente per riflettere l’immunità assoluta desiderata.

La Corte ha anche fatto riferimento ad alcune delle disposizioni di immunità assoluta articolate in molti statuti di organizzazioni internazionali (Fondo Monetario Internazionale, Organizzazione delle Nazioni Unite) e, per quanto riguarda le banche di sviluppo, ha osservato che non si deve presumere che “l’attività di prestito delle banche di sviluppo si qualifichi come attività commerciale ai sensi del FSIA”.In particolare, la Corte ha rilevato che, anche in presenza di un prestito di natura commerciale, l’attività devecomunque avere un “nesso sufficiente” con gli Stati Uniti e la causa in giudizio deve essere “basata sull’attività commerciale stessa o su atti svolti in connessione con l’attività commerciale”. [20]

 L’opinione dissenziente

L’unico membro dissenziente della corte ha presentato un parere che utilizza “metodi di interpretazione basati sulla volontà del legislatore (purpose-based interpretation)al fine di “far luce sul linguaggio opaco” dello IOIA.[21]Il giudice Breyer descrive dettagliatamente nella sua opinione il contesto storico dello IOIA per dimostrare che “lo scopo, non la linguistica” aiuta a meglio comprendere se il Congresso intendesse incorporare nello IOIA una definizione statica o dinamica di immunità sovrana. Attingendo “alla storia della legge, al suo contesto, ai suoi scopi e alle sue conseguenze”, il giudice conclude che la immunità di cui godono attualmente le organizzazioni internazionali è la stessa concesssa agli Stati sovrani dal Congresso nel 1945.

Breyer si concentra poi sulle potenziali conseguenze negative della estensione dell’eccezione delle attività commerciali alle organizzazioni internazionali. Egli prevede che “molte delle organizzazioni internazionali a cui appartengono gli Stati Uniti si troveranno ora esposte a cause civili basate sulla loro attività commerciale, così come definita dalla legge statunitense”. [22] Breyer ritiene che queste preoccupazioni riguardino particolarmente “le organizzazioni coinvolto nella finanza, come la Banca Mondiale, la  Banca Interamericana di Sviluppo e l’Agenzia Multilaterale di Garanzia degli Investimenti “.[23]
Un’ulteriore conseguenza della decisione della maggioranza, secondo Breyer, è lo sconvolgimento del complesso schema istituito dal Congresso per bilanciare l’immunità delle organizzazioni internazionali con la loro responsabilità. Infatti, molte organizzazioni internazionali hanno istituito meccanismi interni di accountabilility o hanno accettato limitate deroghe alla loro immunità per riflettere “i loro obblighi morali (se non legali), per prevenire danni agli altri e per risarcire le persone in caso di danni causati dalle loro azioni”, pur mantenendo la loro capacità di operare efficacemente negli Stati Uniti. Nel caso in cui questi meccanismi si rivelino inadeguati, a parere di Breyer, il Presidente degli Stati Uniti ha il potere di adeguare l’immunità di una specifica organizzazione internazionale, assegnatoli dallo IOIA nel 1945 in riferimentoall’immunità sovrana.[24]

Breyer chiude quindi con una riflessione sui meriti dell’interpretazione normativa basata sullo scopo affermando: “i metodi linguistici, seppure abilmente impiegati, possono essere usati troppo spesso per giustificare conclusioni opposte. Lo scopo della legge, derivato ​​dal contesto, informato dalla storia e testato dal riconoscimento delleconseguenze, ci condurrà più spesso a interpretazioni valide dal punto di vista giuridico, come sempreè successo nel passato. Questi metodi di interpretazione possono aiutare gli elettori a chiedere conto ai funzionari pubblici delle loro decisioni e permettere ai cittadini della nostra variegata democrazia di vivere insieme in modo produttivo e pacifico – obiettivi fondamentali dello stato di diritto stesso in America.” [25]

 Conclusioni

Possibili conseguenze applicative della decisione

Come visto, la decisione della Corte Suprema lascia aperta la questione della natura delle operazioni di prestito dell’IFC. Su tale questione dovrà pronunciarsi il Tribunale di merito a cui la causa è stata rimessa, rispondendo alla domanda: le attività dell’IFC rientrano nella eccezione (da immunità) di attività commerciale così come definita dal FSIA? Una decisione che statuisca che tali attività di prestito sono attività commerciali potrebbe potenzialmente aprire la via a ricorsi nelle Corti statunitensi di terzi danneggiati da progetti finanziati da banche di sviluppo o altre organizzazioni internazionali e avere inoltre un impatto diretto su controversie in corso contro organizzazioni internazionali. Tuttavia, la stessa Corte Suprema ha indicato che le attività di prestito dell’IFC (e organizzazioni internazionali analoghe) potrebbero avere difficoltà a qualificarsi come attività commerciali. Con tale affermazione, “also signaled that the other FSIA requirements would have to be met, including establishing that the “commercial activity has a sufficient nexus to the United States…a lawsuit must be based upon either the commercial activity itself or acts performed in connection with the commercial activity…if the gravamen of a lawsuit is tortious activity abroad, the suit is not based upon commercial activity within the meaning of the FSIA’s commercial exception. By making this categorical pronouncement (whether seen later asobiter dictumor dispositive), SCOTUS was carefully delineating and purposely narrowing the kinds of lawsuits that could be brought against international organizations headquartered in the United States.” La Corte sembra aver volutamente limitato le possibilità di chiamata in giudizio di organizzazioni internazionali aventi sede negli Stati Uniti.

Inoltre, come già osservato, oltre alle organizzazioni che non saranno influenzate dalla decisione della Corte Suprema perché’ protette da clausole di immunità assoluta contenute nei loro statuti, ci sarà la possibilità di modificare gli statuti delle organizzazioni internazionali che tale clausola assoluta non contengono. 

Immunità vs. irresponsabilità

Come è noto, privilegi e immunità vengono concessi alle organizzazioni internazionali per garantire alle stesseindipendenza dai singoli Stati membri. Il rischio che uno Stato membro cerchi di influenzare l’organizzazione sottoponendola stessa o i suoi funzionari alla propria giurisdizione è un rischio reale. Basti pensare ai casi in cui funzionari di organizzazioni internazionali sono stati chiamati in giudizio nelle corti di Stati membri per aver espresso opinioni, nello svolgimento delle loro funzioni, non apprezzate da individui o partiti politici di un particolare governo.

A fronte dunque del riconoscimento dell’immunità dalla giurisdizione degli Stati membri delle organizzazioni internazionalie dei loro funzionari come elemento essenziale per il loro funzionamento,sta pero’ la sempre più pressante preoccupazione che tale immunità risulti in una negazione di giustizia per individui e comunità danneggiati dall’azione di un’organizzazione internazionale.

L’attenzione si sposta dunque su quei meccanismi interni di giustizia che le organizzazioni internazionali hanno creato per rispondere ai reclami sia di terze parti che abbiano subito danni da azioni dell’organizzazione, sia di dipendenti dell’organizzazione per la risoluzione delle controversie di lavoro.Esempi di tali meccanismi sono, all’interno del Gruppo Banca Mondiale, il citato CAO ed il suo corrispettivo per progetti IBRD e IDA (Inspection Panel), ma anche i sistemi di giustizia interna informali (ufficio dell’Ombudsman, ufficio Mediazioni) e formali (Peer Review Service e Tribunale Amministrativo).

Ispiratidalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, in particolare la sentenza Waite and Kennedy vs. Germany del 1999[26] secondo cui l’immunità giurisdizionale delle organizzazioni internazionali può dipendere dalla disponibilità di “mezzi alternativi ragionevoli” per proteggere efficacemente i diritti dei dipendenti, sempre più spesso i Tribunali stanno valutando la disponibilità e l’adeguatezza di tali meccanismi alternativi di composizione delle controversie. Alcuni di essi hanno persino concluso che la mancanza di disponibilità di meccanismi interni o l’inadeguatezza del livello di protezione offerto dagli stessi giustificherebbe la negazione dell’immunità al fine di consentire la tutela giuridica delle parti danneggiate.

Ma individuare una regola efficace non è facile. Se la mera esistenza di meccanismi alternativi fosse considerata sufficiente a garantire l’immunità dalla giurisdizione, le organizzazioni internazionali potrebbero essere tentate di istituire procedure “minime” o di vetrina che non offrono una tutela sostanziale. Se, d’altro canto, i Tribunali nazionaliriconoscessero l’immunità solo a seguito di un giudizio sull’effettività dei meccanismi interni, le organizzazioni potrebbero essere esposte a quell’indebita influenza dei singoli Stati membri che giustifica l’immunità in primo luogo.

Tornando alla decisione Jam v. IFC, quindi, ci si chiede se la stessa potrà servire come stimolo al miglioramento di tali meccanismi. Di tale opinione sono certamente le ONG che hanno sostenuto la causa dei ricorrenti: “consentire a cittadini e comunita’ danneggiate da progetti di chiamare in causa le organizzazioni internazionali quando gli stessi meccanismi interni di accountability sono rimasti inascoltati, aumenterebbe la responsabilità di queste istituzioni e contribuirebbe a ripristinare la loro credibilità come istituzioni che lottanocontro la povertà”.[27]

[1] Il gruppo Banca Mondiale è composto da cinque istituti distinti: the International Bank for Reconstruction and Development (IBRD), the InternationalDevelopment Association (IDA), the International Finance Corporation (IFC), the Multilateral Investment Guarantee Agency (MIGA) and the International Centre for Settlement of Investment Disputes (ICSID).

[2]file:///F:/Article%20SC/IFC-Loan-Agreement.pdf

[3]

[4]

[5] Id.

[6]https://www.law.cornell.edu/uscode/text/22/288

[7]https://www.law.cornell.edu/uscode/text/28/part-IV/chapter-97

[8]https://earthrights.org/

[9]

[10]https://earthrights.org/wp-content/uploads/jam_v_ifc_-_order_granting_mtd.pdf

[11]https://earthrights.org/wp-content/uploads/2017-06-23_opinion_dckt__1.pdf

[12] Id., p.11.

[13] Id.

[14]https://www.law.cornell.edu/supct/pdf/17-1011.pdf

[15] Id.

[16] Id.

[17] Id.

[18] Id.

[19] Id.

[20] Id.

[21] Id.

[22] Id.

[23] Id.

[24] Id.

[25] Id.

[26]file:///F:/Article%20SC/Waite-and-Kennedy-v.-Germany.pdf

[27]file:///F:/Article%20SC/20180731223229014_2018-07-31%20Amicus%20Brief%20CIEL%20et%20al%20-%20Jam%20v%20IFC%207-31-18.pdf

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