giovedì, Marzo 28, 2024
Fashion Law Influencer Marketing

Kids Influencer Marketing: la risposta dell’ordinamento giuridico italiano

I kids influencer, sempre più spesso i protagonisti dei profili di diversi social network, come Instagram, Tik Tok e You Tube, sono bambini seguiti da migliaia o milioni di followers la cui immagine viene utilizzata dai brand per sponsorizzare prodotti e servizi dei più svariati settori, soprattutto nel food e nel fashion. I bambini sono da sempre protagonisti di spot pubblicitari, film, sit com e del mondo dello spettacolo in generale e ad oggi i social network rappresentano una nuova dimensione digitale nell’ambito della quale sempre più frequentemente l’immagine dei minori possiede un potenziale pubblicitario e, più generalmente, commerciale. Se nel mondo dello spettacolo e in quello pubblicitario però esistono norme ad hoc volte a tutelare l’immagine e, soprattutto, lo sviluppo psico-fisico del minore, quali sono ad oggi le norme che tutelano i bambini sui social network, siano essi “kid influencer” o “kid follower”? Si possono applicare in via analogica i principi normativi che regolano altri ambiti o sarebbe più opportuno, invece, regolamentare il fenomeno del kid influencer marketing attraverso delle norme ad hoc?

  1. Il quadro normativo

La normativa che riguarda la tutela dei minori è molto ampia ed è contenuta in fonti di carattere nazionale, europeo e internazionale. A livello costituzionale la tutela dei minori è consacrata dalla Costituzione, laddove viene sancito che la Repubblica Italiana protegge l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo (artt. 2 e 31, co. 2, Cost.). In Italia la tutela dei c.d. “baby influencer” potrebbe trovare un quadro normativo di tutela nella disciplina sul lavoro minorile contenuta nella L. 17 ottobre 1967, n. 977, successivamente modificata per dare attuazione alla direttiva 94/33/CE relativa alla protezione dei giovani sul lavoro. In base alla normativa nazionale è lecito l’impiego dei minori, anche se di età inferiore ai sedici anni, in attività lavorative di carattere culturale, artistico, sportivo o pubblicitario e nel settore dello spettacolo (attività definite come “leggere”), purché non siano pregiudicati la sicurezza, l’integrità psicofisica e lo sviluppo del minore, la frequenza scolastica o la partecipazione a programmi di orientamento o di formazione professionale. La normativa italiana che disciplina l’accesso dei minori al mondo del lavoro potrebbe potenzialmente offrire un framework normativo per tutelare la nuova figura dei baby influencer, prevedendo delle limitazioni generali volte a salvaguardare in modo speciale sia la loro salute che il loro diritto all’istruzione. Tuttavia tali norme non prevedono delle tutele capaci di proteggerli dai rischi specifici della loro attività sui social media.

Rispetto all’uso dell’immagine dei minori sui social media vengono in rilievo le previsioni normative di tutela dell’immagine della persona che ricomprendono, pertanto, anche la tutela dell’immagine del minore. La disciplina in materia è contenuta in alcune disposizioni della legge sul diritto d’autore, L. 22 aprile 1941, n. 633, (di seguito “LDA”) e del Codice Civile. In particolare, la legge sul diritto d’autore prevede in termini generali che il ritratto di una persona non possa essere esposto senza il suo consenso (art. 96 LDA)[1]. Tale regola subisce un’eccezione solamente nel caso in cui la pubblicazione dell’immagine sia giustificata dalla notorietà della persona ritratta o sia collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltesi in pubblico. Il ritratto non può, comunque, essere esposto o messo in commercio, quando l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione o anche al decoro della persona ritratta (art. 97 LDA)[2].

Nell’ambito del Codice Civile si segnalano gli articoli 147 e 357 che impongono ai genitori un dovere di cura e di educazione nei loro confronti dei figli minorenni: dovere che se attualizzato, include anche la corretta gestione dell’immagine pubblica del minore. Pertanto, se i genitori dovessero disattendere questi doveri potrà intervenire un giudice emettendo provvedimenti inibitori contenenti l’ordine di rimozione dei contenuti dai social network e di deindicizzazione dai motori di ricerca di contenuti relativi al minore. Le più recenti pronunce in materia si sono mosse tutte nella stessa direzione: quella di tutelare i minori dai rischi di una sovraesposizione sui social network. Di frequente, le pronunce sono state rese in occasione di contenziosi instaurati tra genitori divorziati o ex conviventi[3] in relazione alla previsioni degli accordi di separazione o di divorzio relativi alla gestione della vita del figlio minore sui social networks.

In tale sede, si segnala, in particolar modo, la sentenza n. 4379 del 16 luglio 2020 nell’ambito della quale, il Tribunale di Milano ha effettuato in via incidentale alcune precisazioni in relazione allo sfruttamento dell’immagine di un minore in ambito pubblicitario e, quindi, anche nell’ambito dei social media. Il Tribunale ha individuato le ipotesi in cui l’uso del ritratto del minore può considerarsi lecito, sottolineando che le considerazioni tradizionalmente riferite al diritto di cronaca possono estendersi anche all’utilizzazione dell’immagine del minori in contesti pubblicitari[4]. Nello specifico, il caso oggetto della sentenza riguarda la domanda intentata dal padre di un minore volta all’accertamento della nullità di un contratto di sponsorizzazione relativo all’uso dell’immagine del figlio nell’ambito di un catalogo di abbigliamento stipulato dalla sola madre con un brand di moda. Mentre il brand si è costituito in giudizio affermando che la madre del minore avesse dichiarato di esserne l’affidataria esclusiva, chiedendo di essere manlevato rispetto a qualsiasi pretesa di tipo risarcitoria, la madre del minore ha sostenuto che l’ex marito avesse prestato il consenso prima della diffusione del catalogo e che, in ogni caso, la sottoscrizione del contratto in questione costituisse un atto di ordinaria amministrazione per il quale era sufficiente il consenso di un solo genitore. Trattandosi di immagine di un minore, il Tribunale sottolinea che il diritto “alla riservatezza deve essere sempre considerato come primario rispetto al diritto di critica e di cronaca e chiunque decida di diffondere notizie o immagini riguardanti minori, dovrà farsi carico della responsabilità di valutare se la pubblicazione sia davvero nell’interesse oggettivo del minore, secondo i principi e i limiti stabiliti dalla Carta di Treviso”, che impone di tutelare “la specificità del minore come persona in divenire, prevalendo su tutto il suo interesse ad un regolare processo di maturazione che potrebbe essere profondamente disturbato e deviato da spettacolarizzazioni del suo caso di vita, da clamorosi protagonismi o da fittizie identificazioni”. Di conseguenza, non ogni pubblicazione di immagini di un minore è da considerarsi di per sé illecita, ben potendo mostrarsi pubblicamente in situazioni tranquille, positive per il bambino, addirittura festose. In questi casi la pubblicazione dell’immagine è perfettamente lecita, in quanto non vi è alcun pericolo per lo sviluppo del minore stesso. Tuttavia, il consenso alla disposizione del ritratto di un minore è pur sempre un atto “di straordinaria amministrazione in quanto dispositivo di diritti personalissimi e fondamentali con riflessi di carattere patrimoniale” che spetta congiuntamente ai genitori senza necessità di autorizzazione del giudice tutelare e può essere espresso in ogni modo, non necessitando di forma scritta, neppure ad probationem a prescindere dalla liceità o meno della pubblicazione delle immagini che vengono in rilievo[5]. In virtù di tali considerazioni, il Tribunale ha innanzitutto affermato che il contratto di sponsorizzazione relativo ad un minore stipulato da un solo genitore rende il contratto nullo per illiceità dell’oggetto in ragione della violazione dell’art. 96 LDA e ha inibito l’ulteriore utilizzo delle immagini del minore, senza riconoscere alcuna pretesa risarcitoria al padre in quanto “la lesione di un diritto quale quello alla prestazione del consenso da parte di un genitore non è di per sé produttiva di danni, in assenza di prove e financo di plausibili allegazioni in tal senso”. È opportuno evidenziare che nell’ambito di tale decisione viene affermato come sia onere dei brand attivarsi per accertare adeguatamente la presenza del consenso di entrambi i genitori, non essendo sufficiente fidarsi della mera affermazione di uno solo di essi.

  1. Pubblicità e Privacy

Nella ricostruzione sistematica della normativa rilevante nel fenomeno del kid influencer marketing occorre segnalare anche la disciplina contenuta nel Codice dell’Autodisciplina Pubblicitaria (di seguito “CAP”)[6] elaborato dall’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) e le leggi sulla tutela dei dati personali, in particolare il c.d. GDPR Kids. Per quanto riguarda il CAP si segnala l’art. 11, in base al quale: Una cura particolare deve essere posta nei messaggi che si rivolgono ai bambini, intesi come minori fino a 12 anni, e agli adolescenti o che possono essere da loro ricevuti. Questi messaggi non devono contenere nulla che possa danneggiarli psichica- mente, moralmente o fisicamente e non devono inoltre abusare della loro naturale credulità o mancanza di esperienza, o del loro senso di lealtà […]”[7].

In relazione alle norme sulla tutela dei dati personali, occorre segnalare, invece il c.d. GDPR-Kids, vale a dire la sezione del GDPR che disciplina la tutela della privacy dei bambini. Ad esempio, tali norme impongono alle app o ai siti Internet rivolti ai bambini sotto i 16 anni (o di età inferiore a seconda della regolamentazione adottata nel singolo Paese europeo)[8] di ottenere il consenso verificabile dei genitori prima di raccogliere eventuali informazioni personali relative al minore. Pertanto, nessuna informazione personale relativa ai minori può essere acquisita a meno che un genitore non abbia dato espressamente e preventivamente l’autorizzazione all’acquisizione e al trattamento dei dati. A tal proposito occorre citare il considerando 38 del GDPR in base al quale “I minori meritano una specifica protezione relativamente ai loro dati personali, in quanto possono essere meno consapevoli dei rischi, delle conseguenze e delle misure di salvaguardia interessate nonché dei loro diritti in relazione al trattamento dei dati personali. Tale specifica protezione dovrebbe, in particolare, riguardare l’utilizzo dei dati personali dei minori a fini di marketing o di creazione di profili di personalità o di utente e la raccolta di dati personali relativi ai minori all’atto dell’utilizzo di servizi forniti direttamente a un minore […]” e l’8 del GDPR[9] dal quale si desume che qualora il minore abbia un’età inferiore ai 16 anni[10], il trattamento dei dati è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale. Nell’attività di pubblicazione di contenuti che ritraggono minori di età emergono, quindi, due profili: quello attinente alla validità del consenso prestato, secondo le modalità previste dall’art. 8 del GDPR, e quello relativo al corretto esercizio della responsabilità genitoriale che necessita del consenso di entrambi i genitori o comunque dei soggetti esercenti la potestà genitoriale, in ragione del potenziale pregiudizio per il minore come individuata nella giurisprudenza in materia citata sopra[11].

Nel panorama legislativo internazionale[12] si segnala la recente legge francese[13] sui baby influencer in base alla quale ogni azienda (o genitore) che desideri utilizzare l’immagine dei minori sui social media dovrà anche ottenere l’autorizzazione dalle autorità locali. L’orario di lavoro sarà inquadrato in base all’età i guadagni saranno versati su un conto corrente a loro intestato e congelati fino al raggiungimento dei 16 anni d’età. La nuova legge stabilisce anche un “diritto all’oblio”, che consentirà inoltre ai minori di chiedere alle varie piattaforme di cancellare i contenuti pubblicati, una volta raggiunta la maggiore età[14].

  1. Consigli pratici

Nel caso di campagne pubblicitarie che coinvolgano in qualsiasi modo e in qualsiasi contesto (sito ufficiale di un’azienda, social media, ecc.) dei minori, dunque, è opportuno:

  • munirsi del preventivo consenso scritto dei genitori o dei soggetti che sono titolari della responsabilità genitoriale;
  • sottoporre ai genitori anche l’informativa sul trattamento dei dati personali (minori di 14 anni in Italia);
  • valutare nel complesso le campagne pubblicitarie dal punto di vista dei messaggi diretti e delle potenziali ripercussioni sullo sviluppo psicologico dei bambini e dei minori in generale, anche alla luce dei principi dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria;
  • qualora fossero coinvolti soggetti di nazionalità francese, tener conto della legge francese approvata nell’ottobre 2020 e in vigore dal mese di aprile 2021;
  • considerare eventualmente se c’è un accordo di separazione o divorzio che contempla la gestione dell’immagine del figlio minore.

 

[1] Art. 96 co.1 LDA: “Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa, salve le disposizioni dell’articolo seguente.”

[2] Art. 97 LDA: “Non occorre il consenso della persona ritrattata quando la riproduzione  dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di  giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o  culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico.Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritrattata.”

[3] Nell’ambito della pronuncia resa dal Tribunale di Mantova in data 19 settembre 2017, si ritiene che “l’inserimento di foto di minori sui social network costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi in quanto ciò determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate e avvicinarsi ai bambini dopo averli visti più volte in foto on-line, non potendo inoltre andare sottaciuto l’ulteriore pericolo costituito dalla condotta di soggetti che “taggano” le foto on-line dei minori e, con procedimenti di fotomontaggio, ne traggono materiale pedopornografico da far circolare fra gli interessati, come ripetutamente evidenziato dagli organi di polizia […].” La decisione è disponibile al seguente link:, http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/18226.pdf. Nello stesso si segnala anche l’ordinanza del 23 dicembre 2017 del Tribunale di Roma, sez. I civile, disponibile al seguente link: https://www.altalex.com/documents/massimario/2018/03/15/genitori-separazione-figlio-minore-facebook-pubblicazione-foto-astrainte.

[4] Nicola Bernardi, “Sponsorizzazioni e pubblicità: quali sono i requisiti per l’uso dell’immagine di un minore?”. RP Legal&Taz, ottobre 2019: https://www.rplt.it/ip/sponsorizzazioni-e-pubblicita-quali-sono-i-requisiti-per-l-uso-dell-immagine-di-un-minore/

[5] Come viene sottolineato nell’ambito della decisione in esame “[…] L’utilizzazione dell’immagine a fini pubblicitari viene come detto fondata sul consenso degli aventi diritto ed ha natura contrattuale. Si tratta come già detto, di un negozio giuridico bilaterale, tipico, in quanto disciplinato dall’art. 96 LA sinallagmatico, di durata (per l’uso consentito) e soprattutto di straordinaria amministrazione in quanto dispositivo di diritti personalissimi e fondamentali, con riflessi importanti di natura patrimoniale, particolarmente evidenti in caso di uso pubblicitario, per sua natura oneroso […].”

[6] Il codice è disponibile al seguente link: https://www.iap.it/codice-e-altre-fonti/il-codice/

[7] Lo stesso articolo del CAP recita quanto segue:“In particolare questa comunicazione commerciale non deve indurre a:

  • Violare norme di comportamento socia- le generalmente accettate;
  • Compiere azioni o esporsi a situazioni pericolose;
  • Ritenere che il mancato possesso del prodotto oggetto della comunicazione significhi inferiorità, oppure mancato assolvimento dei loro compiti da parte dei genitori;
  • Sminuire il ruolo dei genitori e di altri educatori nel fornire valide indicazioni dietetiche;
  • Adottare l’abitudine a comportamenti alimentari non equilibrati, o trascurare l’esigenza di seguire uno stile di vita sano;

La comunicazione commerciale non deve contenere un’esortazione diretta ai bambini affinché acquistino o sollecitino altre persone ad acquistare il prodotto pubblicizzato;  L’impiego di bambini e adolescenti nella comunicazione deve evitare ogni abuso dei naturali sentimenti degli adulti per i più giovani; Sono vietate rappresentazioni di comportamenti o di atteggiamenti improntati alla sessualizzazione dei bambini, o dei soggetti che appaiano tali.”

[8] Fabiana Di Porto, “Il consenso digitale del minore dopo il decreto Gdpr 101/2018”, settembre 2018, https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/il-consenso-digitale-del-minore-dopo-il-decreto-gdpr-101-2018/a.

[9] Articolo 8 “Condizioni applicabili al consenso dei minori in relazione ai servizi della società dell’informazione”:

“ 1. Qualora si applichi l’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), per quanto riguarda l’offerta diretta di servizi della società dell’informazione ai minori, il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni. Ove il minore abbia un’età inferiore ai 16 anni, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale. Gli Stati membri possono stabilire per legge un’età inferiore a tali fini purché non inferiore ai 13 anni.

  1. Il titolare del trattamento si adopera in ogni modo ragionevole per verificare in tali casi che il consenso sia prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale sul minore, in considerazione delle tecnologie disponibili.
  2. Il paragrafo 1 non pregiudica le disposizioni generali del diritto dei contratti degli Stati membri, quali le norme sulla validità, la formazione o l’efficacia di un contratto rispetto a un minore.”

[10] 14 anni nell’ordinamento italiano.

[11] Marco Martorana, “Pubblicare foto di figli minori sui social, quando è lecito? Che dicono le norme?”, gennaio 2019, https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/privacy/pubblicare-foto-di-figli-minori-sui-social-quando-e-lecito-che-dicono-le-norme/

[12] A mero titolo esemplificativo e non esaustivo, si segnala in America il California Child Actor’s Bill conosciuto come Coogan Act, che richiede che il 15% dei guadagni di un minore sia depositato in un conto fiduciario bloccato. Tuttavia, i sostenitori dei diritti dei bambini lavoratori sostengono che la legge non ha tenuto il passo con l’era digitale e, di conseguenza, i bambini che lavorano nel settore dell’intrattenimento non siano sufficientemente tutelati a livello economico. Per quanto riguarda la normativa internazionale si segnala la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, c.d. Convenzione di New York, (approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata 176) che stabilisce relativamente a tutti gli atti relativi ai minori, che l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente:“Nessun bambino può essere sottoposto ad interferenze arbitrarie o illegali che ledano la sua vita privata, la sua famiglia, la sua casa, il suo onore o la sua reputazione.” Anche la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950 e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000, salvaguardano i diritti della persona con particolare riguardo ai diritti del minore.

[13] Leonardo Martinelli, “Parigi detta le regole per i baby influencer”, LaStampa, ottobre 2020, https://www.lastampa.it/topnews/tempi-moderni/2020/10/08/news/parigi-detta-le-regole-per-i-baby-influencer-1.39395551

[14] Testo disponibile in lingua francese: https://www.legifrance.gouv.fr/download/pdf?id=ZH19Uvg25Lf1vvwmpeAODXB0La5rYk6ys5dm_FwTPZs=

Si legga anche:

BARCO,  Chi è l’Influencer? Guida sistematica alla definizione del protagonista del web, Ius in itinere, disponibile al link https://www.iusinitinere.it/guida-sistematica-influencer-29871 

Maria Chiara La Spina

Junior Legal Counsel e Legal Researcher in Fashion Law. Maria Chiara La Spina si laurea con il massimo dei voti il 27 Novembre 2018 presso l’Università degli Studi di Catania con una tesi dal titolo “La società benefit” seguita dal Prof. Vincenzo Di Cataldo, nell’ambito della quale approfondisce le implicazioni giuridiche della Corporate Social Responsibility delle imprese in un prospettiva di diritto comparato. Nel 2019 ha conseguito il Diploma di Licenza Magistrale presso la Scuola Superiore di Catania, con una tesi dal titolo “La regolamentazione dei prezzi dei farmaci: il modello italiano e le prospettive europee” dopo aver trascorso un periodo di ricerca presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Subito dopo la laurea si trasferisce a Milano dove comincia la pratica forense in diritto societario presso una law firm internazionale e completa la sua formazione frequentando un corso di specializzazione in “Fashion Law” presso l’Università Cattolica del Sacro di Milano e collaborando con uno studio boutique dove si è occupata prevalentemente di diritto della proprietà intellettuale e delle problematiche connesse alla comunicazione commerciale. Attualmente lavora presso un'azienda di moda italiana in qualità di Junior Legal Counsel e scrive articoli di approfondimento per l’area “Fashion Law” della rivista giuridica online “Ius in itinere”. email: m.chiaralaspina@gmail.com

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