giovedì, Marzo 28, 2024
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L’aeroporto nel mercato dell’Unione Europea: profili economici e aspetti di responsabilità civile del vettore

 a cura di Avv. Gianluca Galofaro 

Introduzione

Gli aeroporti, oggi, rivestono un ruolo strategico universalmente riconosciuto come quello di “agenti di marketing territoriale”.

Essi, infatti, sono chiamati a svolgere un’importante funzione economica grazie alla capacità di attrarre investimenti e, attraverso i collegamenti aerei, riescono a garantire il diritto del cittadino alla mobilitàcostituzionalmente previsto all’art. 16 e, altresì contemplato in Europa, nella Carta dei diritti dell’Unione europea (Art. II-105).

Gli effetti di questo ruolo economico, però, non si esauriscono soltanto in benefici per passeggeri e merci, ma ricadono anche sul territorio circostante con effetti propulsivi sull’economia, sul turismo e l’occupazione.

In un contesto economico liberalizzato, come quello dell’Unione Europea, nel confronto fra i vettori che operano in concorrenza e gli aeroporti che sono veri monopoli locali, un’efficiente regolazione risulta fondamentale per perseguire l’obiettivo di massimizzazione di benessere dei passeggeri.

È quindi necessario che via sia un sistema di pianificazione delle infrastrutture aeroportuali, quanto più equo ed efficiente possibile, attraverso il quale si possa raggiungere una rilevante serie di obiettivi: 1) allocazione efficiente delle risorse; 2) prevenzione di forme di abuso di posizione dominante da parte di società di gestione aeroportuale o da parte di fornitori di servizi in regime di monopolio od oligopolio; 3) riduzione della distorsione della concorrenza fra le Compagnie aeree utilizzatrici dell’aeroporto e fra i medesimi aeroporti.

Per fare ciò è necessario che tutti gli attori, ovvero i gestori aeroportuali, gli handlers, le Compagnie aeree, nonché gli Enti di regolazione ed il Ministero dei Trasporti e della Navigazione svolgano adeguatamente i compiti previsti.

Così facendo, il benessere collettivo tanto auspicato sarà più facilmente raggiungibile.

Scopo di questa breve trattazione è quello di delineare alcuni tratti dell’impresa aeroporto da un punto di vista in parte economico, ma essenzialmente giuridico, in relazione alle società di gestione, alle modalità concessorie controllate dall’Authority ENAC nonché avendo adeguato riguardo alla normativa regolatrice del settore aereo, divisa tra l’eredità del nostro Codice civile e l’avvento delle Fonti europee, specie in tema di ripartizione di responsabilità, soprattutto a seguito dell’avvento di nuovi attori nel panorama in esame.

Il tutto valutato alla luce del libero spazio dell’UE, condizione essenziale degli ultimi decenni, ed ancora più significativo, ormai, dopo il Trattato di Lisbona.

L’impresa aeroporto

1. L’Aeroporto – Impresa ed input occupazionale

L’esercizio della navigazione aerea richiede un complesso di infrastrutture stabili, denominate aerodromi, e di impianti di vario genere destinati ai servizi della navigazione.

La definizione che tradizionalmente è data dell’aeroporto, secondo l’art. 14 annesso alla Convenzione di Chicago del 7 Dicembre 1944 (recepita nel nostro ordinamento con il Decreto legislativo del 6 Marzo 1948 n. 116) è di “qualsiasi superficie delimitata, su terra o su acqua, comprendente eventualmente costruzioni, istallazioni e materiali, destinata ad essere utilizzata in tutto o in parte per l’arrivo, la partenza e la manovra degli aeromobili”.

Tuttavia il concetto normativo di aeroporto ha subito un’evoluzione, al passo con i tempi.

Infatti, si ricomprende nella nozione tanto l’aspetto statico, di sedime aeroportuale ed infrastrutture varie, quanto quello dinamico, costituito da tutta l’organizzazione produttiva di beni e servizi.

Si è così iniziato da più parti a parlare di “impresa aeroporto”, intesa come “istituto atto a generare redditività nel lungo termine e, quindi a sostenere autonomamente il suo sviluppo e la sua sopravvivenza, remunerando adeguatamente, anche se in varie forme e modalità, i suoi stakeholders di riferimento1.

Ma vi è di più.

Il vantaggio strategico derivante dal posizionamento nella rete della mobilità rende l’aeroporto attore di un nuovo polo di sviluppo territoriale, non più solo una struttura operativa, ma centro di attività economiche diversificate.

Infatti, gli aeroporti sono diventati un polo di sviluppo territoriale in quanto hanno ridisegnato la geografia del territorio urbano, come fecero in passato le stazioni ferroviarie.

L’aeroporto è in grado, attraverso l’offerta di voli, di facilitare lo sviluppo delle attività turistiche nel territorio presso il quale insiste; essi possono essere intesi come centri intermodali, dotati di una forte attrattività per utenti anche non correlati al trasporto aereo.

Infine, e non meno importante, il vantaggio competitivo che deriva dall’aeroporto, su un territorio presso il quale insiste, è dimostrato dal fatto che è un driver dello sviluppo occupazionale.

Infatti, in relazione a ciò, secondo un’analisi compiuta dall’ACI Europe2, si è dimostrato come l’impatto economico e sociale degli aeroporti rilevi benefici palesi sotto il profilo occupazionale: si è dimostrato che per ogni milione di passeggeri transitati all’anno, si genera un’occupazione di circa 950 persone “on-site”; inoltre per ciascun posto di lavoro “on site” vi sono 2,1 posti di lavoro generati a livello nazionale dalle attività indirette e indotte (1,1 posti di lavoro a livello regionale e 0,5 a livello locale).

A titolo meramente esemplificativo, sempre secondo la suaccennata analisi, l’aeroporto di Roma Fiumicino, con un traffico pari a 30 milioni di passeggeri, genera oltre 88.000 posti di lavoro: • “on-site”: 30 x 950 = 28.500 • “off-site”: 2,1 x 28.500 = 59.850 (di cui 31.350 a livello regionale e 14.250 a livello locale).

Dal punto di vista meramente tecnico, le aree aeroportuali si dividono in air side, ovvero il settore destinato alle operazioni degli aerei che comprende la pista di volo, le vie di rullaggio ed il piazzale sosta aeromobili; e quelle land side, trattandosi di spazio destinato alle altre attività aeroportuali con accesso all’air side mediante strutture di collegamento quali l’aerostazione passeggeri, merci ed infrastrutture connesse.

1.2. L’ENAC ed il procedimento concessorio

L’Enac è l’Autorità unica di regolazione, certificazione e sorveglianza nel settore del trasporto aereo, sottoposta all’indirizzo, vigilanza e controllo del Ministro dei trasporti. Esso è dotato di poteri di normazione, di certificazione, controllo, autorizzazione, ispezione e sanzione.

Si tratta di un Ente pubblico non economico, anche se è prevista la sua trasformazione in Ente pubblico economico.

Ad Esso, che ha in uso gratuito i beni del demanio aeroportuale, sono affidate le competenze in materia di controllo della sicurezza e della qualità dei servizi, di vigilanza sull’attuazione della normativa del settore e di regolazione economica.

Con il Decreto istitutivo n. 250 del 1997, l’Enac ha assorbito le competenze precedentemente attribuite alla Direzione Generale dell’Aviazione Civile, al Rai (Registro Aeronautico Italiano) e all’Enga (Ente Nazionale Gente dell’Aria). Dal novembre 2004, con la Legge 265 che ha attribuito all’Enac il ruolo di Autorità unica, le funzioni dell’ente sono state nettamente separate da quelle dei fornitori di servizi di assistenza come l’Enav SpA e da quelle delle società di gestione aeroportuale.

Sicuramente la struttura strategicamente rilevante da un punto di vista economico-politico è quella deputata alla definizione delle concessioni aeroportuali e della regolazione economica delle infrastrutture aeroportuali.

Nell’ambito dell’attività di regolazione economica, infatti, l’Enac effettua l’istruttoria in merito agli affidamenti in concessione delle strutture aeroportuali e dei servizi, sulla base della valutazione del livello di affidabilità, efficienza e competitività dei soggetti economici e imprenditoriali interessati.

Nelle competenze dell’Ente rientrano anche la valutazione dei programmi di intervento, sviluppo e investimento in ambito aeroportuale, e la definizione di tasse, diritti e tariffe in esecuzione dei provvedimenti del Ministero dei Trasporti; ha, inoltre, il compito di favorire la corretta apertura alla concorrenza, facendosi garante dell’equa competitività.

La liberalizzazione – avviata di fatto nel 1997 con l’emanazione delle regole comunitarie in materia di accesso al mercato, di licenze di esercizio e di tariffe – è stata scandita da fasi che hanno assecondato l’evoluzione del quadro giuridico ed operativo nazionale, europeo ed extracomunitario

L’obiettivo che si cerca di raggiungere è quello di fornire risposte adeguate alla collettività in termini di efficienza delle gestioni aeroportuali e di operatività delle compagnie aeree.

I suoi ambiti di competenza includono le istruttorie per l’affidamento delle concessioni in gestione totale degli aeroporti e la conseguente proposta al Ministero dei Trasporti per l’emissione del relativo decreto.

Nel processo di affidamento in gestione totale degli scali italiani il punto di riferimento primario è costituito dal “Regolamento per la Costruzione e l’Esercizio degli Aeroporti”, stilato dall’Enac in conformità agli standard e alle raccomandazioni contenuti nell’Annesso 14 Icao.

1.3 Quadro di sintesi attribuzioni ENAC – D. Lgs. N. 250/97 in un’ottica di liberalizzazione e Decreto interministeriale n.13/2015

Il Decreto legislativo n. 250/97 ha attribuito all’ENAC importanti funzioni di regolazione e controllo dei settori del trasporto aereo e dei servizi aeroportuali, in un’ottica di forte liberalizzazione ormai estesa, tra cui:

  1. la regolazione tecnica ed attività ispettiva, sanzionatoria, di certificazione, di autorizzazione, di coordinamento e di controllo nelle materie di competenza, ivi compresi le tariffe, tasse e diritti aeroportuali;

  2. la razionalizzazione e modifica delle procedure attinenti ai servizi aeroportuali, secondo la normativa vigente ed in relazione ai compiti di garanzia, di indirizzo e programmazione esercitati;

  3. l’istruttoria degli atti concernenti tariffe, tasse e diritti aeroportuali per l’adozione dei conseguenti provvedimenti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;

  4. la regolamentazione, esame e valutazione dei piani regolatori aeroportuali, dei programmi di intervento e dei piani di investimento aeroportuale.

In termini concorrenziali, l’ampiezza delle prerogative assegnate all’ENAC trova riscontro nella necessità di regolare l’attività svolta da un soggetto in posizione di monopolio.

In assenza di un’incisiva attività di regolazione e controllo, quale quella prevista in capo all’ENAC, il gestore sarebbe nelle condizioni di estrarre una rendita monopolistica, a detrimento degli utilizzatori dell’aeroporto e, in ultima istanza dei consumatori.

Inoltre, l’ENAC ha il compito di vigilare sulla rigorosa separazione contabile ad opera dei gestori, che consenta l’individuazione dei singoli servizi offerti, ai fini di una tariffazione dei servizi centralizzati orientata ai costi di produzione.

L’AGCM evidenzia come nell’attività di regolazione e controllo esercitata dall’ENAC si siano riscontrate alcune disfunzioni, riguardanti in particolare le materie dell’handling e della tariffazione dei servizi aeroportuali centralizzati.

Per quanto attiene ai servizi di handling, la vigilanza sulle condizioni di accesso agli spazi aeroportuali svolta dall’ENAC non risulta aver prodotto azioni incisive sui gestori, idonee a rimuovere alcuni importanti ostacoli all’ingresso di nuovi operatori.

1.4 La gestione degli aeroporti

La gestione degli aeroporti può essere pubblica o privata.

Rientrano tra gli aerodromi pubblici quelli civili, di proprietà dello Stato o di altri Enti territoriali (Regioni, Province, Comuni); quelli che appartengono al demanio accidentale (art. 692 C. Nav; art. 822 c.c. ) e quelli militari che appartengono al demanio necessario.

Fanno parte del demanio aeronautico statale: a) gli aerodromi civili appartenenti allo Stato; b) ogni costruzione o impianto appartenente alla Stato, strumentalmente destinato al servizio della navigazione aerea.

I beni del demanio accidentale sono assegnati all’ENAC in uso gratuito per il successivo affidamento in concessione al gestore aeroportuale.

Il D.lgs. 31 marzo 1998 n. 112, da ultimo, all’art. 105 ha implicitamente attribuito alle Regioni le funzioni amministrative relative alla programmazione, costruzione, ampliamento e gestione degli aeroporti di interesse regionale e locale; anche da un punto di vista “normativo” il nuovo art. 117 della Costituzione – post Riforma 2001 – ha attribuito alle Regioni potestà legislativa concorrente in materia di aeroporti3.

I privati, dal canto loro, possono realizzare o ampliare aerodromi o altri impianti aeronautici, sul suolo di proprietà privata previa autorizzazione da parte dell’ENAC (art. 694 Cod. Nav.)

Nel nostro Ordinamento le infrastrutture aeroportuali possono essere amministrate secondo un sistema di:

  • Gestione totale: gli aeroporti sono interamente, comprese le infrastrutture di volo, affidati in concessione a società di capitali. La gestione totale può essere stata anche attuata con Leggi speciali : i casi di Roma-Fiumicino e di Ciampino affidati alla società Aeroporti di Roma, degli aeroporti di Milano- Malpensa e Linate affidati alla SEA; oltre che degli aeroporti di Venezia, Torino, Genova e Bergamo.

  • Gestione parziale: gli aeroporti sono solo in parte (le infrastrutture di volo rimangono, invece, di proprietà dello Stato), affidati in concessione a società di capitali. La gestione parziale può essere a regime oppure precaria.

  • Gestioni dirette: gli aeroporti sono interamente a gestione diretta statale.

1.5. Voci di ricavo

Esaminata la parte giuridica, in merito alle modalità concessorie, nonché alla natura delle società di gestione, occorre fare alcune precisazioni in merito alla struttura dei ricavi propri di tali società, caratterizzata dalla presenza di tre grandi tipologie di voci:

Ricavi aeronautici: diritti e fee per l’utilizzo delle infrastrutture (punto A);

Ricavi diversi: provenienti dalla concessione di spazi per negozi all’interno dell’aeroporto, dalla gestione dei parcheggi, dalla pubblicità e da altre attività correlate (punti B e C);

Ricavi da handling: corrispettivi per le attività di supporto ai passeggeri ed ai vettori.

Invero, già da alcuni anni, le attività di handling sono state liberalizzate negli scali di maggiori dimensioni. Alcune società di gestione aeroportuale quindi non presentano questa voce di ricavo (punto D);

A) Diritti aeronautici regolamentati

La disciplina dei corrispettivi per l’uso degli aeroporti non trova un’organica sistemazione nell’ambito del Codice della navigazione, come pure non è regolamentata in modo organico da un Testo normativo ad essa specificamente dedicato.

Il gestore dell’aeroporto, nel mettere a disposizione dei vettori, che volontariamente accettino di servirsene, le strutture dell’aeroporto, propone le seguenti attività:

I) Diritti di approdo e partenza

II) Diritti di sosta e ricovero

III) Tasse per l’imbarco passeggeri

IV) tasse per l’imbarco e sbarco merci

V) Corrispettivi per la sicurezza

B) ricavi da utilizzo delle infrastrutture centralizzate

L’art. 9, comma 1, del Decreto legislativo 18/1999 prevede la possibilità per l’ENAC di riservare all’ente di gestione aeroportuale la gestione delle infrastrutture centralizzate, dirette a fornire servizi di assistenza a terra, la cui complessità, costo o impatto ambientale non ne consentano la suddivisione o la duplicazione.

La gestione di tali infrastrutture centralizzate deve essere attuata dal gestore aeroportuale che dovrà assicurare condizioni trasparenti, obiettive e non discriminatorie per l’accesso, da parte dei prestatori di servizi di handling e dei vettori aerei, alle infrastrutture aeroportuali riservate. Tra queste, propriamente, si distinguono le infrastrutture centralizzate, i beni di uso comune e quelli di uso esclusivo, nonchè i corrispettivi per l’utilizzo delle stesse che devono essere orientati ai costi di gestione e di sviluppo del singolo aeroporto in cui si svolgono le attività e comprendono: la gestione del sistema di smistamento e riconsegna bagagli; la gestione dei pontili per l’imbarco e sbarco di passeggeri (loading bridges); la gestione di impianti centralizzati di alimentazione, condizionamento, riscaldamento e sghiacciamento (de-icing) aeromobili; la gestione dei sistemi informatici centralizzati (informativa al pubblico, annunci, sistema di scalo); la gestione degli impianti statici centralizzati di distribuzione carburante, di stoccaggio e lavaggio materiali catering; i sistemi informatico centralizzati per la gestione delle informazioni relative al passeggero, quali check-in, registrazione bagagli.]

C) ricavi commerciali

Come già detto, il gestore aeroportuale è anzitutto un imprenditore. Al di fuori delle sue attività direttamente e strettamente connesse alla gestione dell’infrastruttura finalizzata alle operazioni di volo, esso gode di libertà imprenditoriale identica a quella di ogni altro imprenditore. Il gestore può, quindi, selezionare con la massima discrezionalità le attività da svolgere in aeroporto.

D) ricavi da handling:

Costituiscono una delle voci di ricavo in assoluto più importanti, posto che i servizi aeroportuali di assistenza a terra comprendono attività complementari o strumentali alla prestazione di trasporto del vettore aereo, che si svolgono ugualmente in ambito aeroportuale e con sempre maggiore frequenza4. L’elenco dei servizi di assistenza a terra prestati negli aeroporti aperti al traffico aereo commerciale è contenuto nell’allegato A al Decreto Legislativo 13 gennaio 1999 n. 18. Detti servizi sono raggruppati in undici distinte categorie: assistenza amministrativa a terra e supervisione, assistenza passeggeri, assistenza bagagli, assistenza merci e posta, assistenza operazioni in pista, assistenza pulizia e servizi di scalo, assistenza carburante e olio, assistenza manutenzione dell’aereo, assistenza operazioni aeree e gestione degli equipaggi, assistenza trasporto a terra e assistenza ristorazione catering. Ciò che è più significativo in merito è, non solo l’aspetto puramente economico legato all’avvenuta liberalizzazione di tali servizi di assistenza a terra, ma anche i significativi profili giuridici che la loro consistenza e la relativa attività ha generato, specie negli ultimi decenni specialmente in tema di responsabilità civile.

L’HANDLING AEROPORTUALE

2.1 EVOLUZIONE E LIBERALIZZAZIONE

Occorre necessariamente fare alcuni cenni riguardo alla liberalizzazione dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti nazionali, materia che ha trovato attuazione con D.Lgs. 13 gennaio 1999, n. 18 – Testo con il quale l’Italia ha recepito la Direttiva n. 96/67/CE relativa all’accesso al mercato dei servizi di handling aeroportuale.

Tale libero accesso al mercato era stato, infatti, sostanzialmente precluso fino all’adozione della nuova Direttiva n. 96/67 nella maggior parte degli scali europei, nei quali si era frattanto assistito ad un intensificarsi delle denunce per abuso di posizione dominante e, più in generale, per violazione delle regole di concorrenza da parte dei gestori incaricati di effettuare tali servizi in regime pressoché di monopolio.

Si ricordino, tra le pronunce dell’AGCM più importanti quelle rese nell’ambito della contrapposizione, insorta fra il 1993 e il 1994, tra l’IBAR (Italian Board of Airline Representatives) e la Società Aeroporti di Roma (AdR), e tra l’IBAR e la S.E.A.

In Italia un caso epocale, passato all’attenzione della giurisprudenza dell’epoca, fu quello insorto tra Alitalia e SEA, Società di gestione dell’aeroporto milanese, a proposito di autoproduzione delle attività di assistenza a terra.

Il Tribunale di Milano, con sentenza del 25 luglio 1964, la Corte d’Appello di Roma, Sez. I, con sentenza del 30 luglio 1965, n. 1717, e la Cassazione Civile, con sentenza del 6 dicembre 1966, n. 2861, affermarono la centralità del ruolo del gestore aeroportuale e, pur riconoscendo il diritto dei vettori aerei di autoprodurre determinati servizi di assistenza terra, stabilirono che l’autoproduzione potesse essere consentita a condizione che non contrastasse con la libertà organizzativa e imprenditoriale del gestore stesso.

Conseguentemente il vettore aereo si sarebbe dovuto astenere dall’autoprodurre i servizi di assistenza a terra laddove questi venissero già erogati dal gestore aeroportuale5.

Si intuisce facilmente come in un’ottica simile – di chiusura verso ogni forma di liberalizzazione, la Direttiva 96/67/CEE assuma, ovviamente, una connotazione ed un’importanza strategica, rappresentando un significativo momento di quel processo di apertura che aveva già pervaso il resto d’Europa e che, rovesciando una consolidata tradizionale impostazione, introduceva, all’opposto, criteri secondo cui debba essere consentito ad ogni operatore potere accedere al mercato dei servizi aeroportuali, anche utilizzando le strutture e gli spazi affidati originariamente alla disponibilità esclusiva dell’impresa aeroporto.

L’attività di handling viene, così, fatta rientrare nell’ambito dell’attività propria dell’impresa aeroportuale, diventando però – per mezzo del D. Lgs. 18/99 – non più un servizio erogabile, esclusivamente, dall’aeroporto in quanto tale.

Il Legislatore delegato del 1999 infatti, dopo avere definito l’auto-assistenza a terra (o auto produzione) come quella situazione in cui un utente fornisce direttamente a se stesso una o più categorie di servizi di assistenza senza stipulare un contratto con i terzi, ha affermato, non proprio la necessità, quanto meno l’opportunità di un principio di continuità nell’esercizio dei diritti di auto-produzione da parte di quelle imprese che fornissero servizi di handling a favore di se stessi – già al momento dell’entrata del Decreto n. 18.

In tal modo si è salvaguardata la possibilità, nonché i diritti di quelle imprese che già esercitavano attività di auto-produzione e che, a seguito del successivo Testo normativo introdotto, avrebbero visto sensibilmente pregiudicata la loro concreta operatività – con evidenti pregiudizievoli ricadute sull’assetto economico-imprenditoriale della loro medesima attività.

Tuttavia, tale attenzione è stata mitigata dall’accresciuta complessità del trasporto aereo che ha richiesto un inevitabile accesso di nuovi soggetti (cc. dd. preposti), il cui operare ha cagionato il sorgere di nuovi profili di responsabilità – su cui appare opportuno brevemente soffermarsi.

2.2. Il preposto e la natura giuridica del vettore

La pluralità dei prestatori dei servizi astrattamente configurabili, a seguito della liberalizzazione appena esaminata – rende indispensabile disciplinare in modo omogeneo operazioni identiche, ancorché svolte da soggetti diversi in regime di strumentalità.

Rilevano in particolare le problematiche connesse alla (ripartizione della) responsabilità per i danni ai passeggeri o al bagaglio (punto A), nonché l’inquadramento dell’esatta prospettiva giuridica intercorrente tra i preposti ed il vettore e la conseguente ratio di azioni eventualmente esperibili (punto B).

  1. Ripartizione della responsabilità per i danni ai passeggeri o al bagaglio:

Le fattispecie dannose possono essere imputate alle modalità di svolgimento del trasporto tout court, nonchè, con sempre maggiore frequenza, alle attività ad esso connesse.

Nonostante la normativa di settore (nazionale, comunitaria o di diritto uniforme) non si sia occupata dell’handling aeroportuale con sufficiente dettaglio, gli sforzi esegetici sin qui compiuti dalla dottrina specialistica e dalla giurisprudenza attorno ai contenuti della Convenzione di Montreal del 1999 (applicabile ai sinistri al passeggero e ai danni al bagaglio, sia per i trasporti nazionali che per quelli internazionali, giusto il richiamo dell’art. 1, n. 1 e 4, del Regolamento CE n. 889/2002), e delle precedenti Convenzioni di diritto uniforme, consentono di estendere la disciplina della responsabilità del vettore aereo ivi delineata alle attività di assistenza a terra, complessivamente valutate, pur con le dovute precisazioni.

Occorre, infatti, chiarire che l’imputabilità a soggetti differenti dal vettore, in particolare riguardo ad episodi afferenti la perdita o il deterioramento del bagaglio – come addotta da numerose posizioni, non può essere condivisa in forza di un carente contratto da cui possa scaturire una simile forma di responsabilità6.

Invero, è solo il contratto di trasporto che ricomprende (sia pure, a volte, implicitamente) tutte le prestazioni richieste al vettore, unico soggetto, dunque, obbligato e responsabile di eventuali inadempimenti.

Ed infatti, adeguandosi alla portata dell’art. 953 Cod. Nav. – secondo cui “Il vettore è responsabile delle cose consegnategli per il trasporto fino al momento della riconsegna al destinatario, anche se prima della riconsegna le cose siano affidate, o nell’interesse del vettore per esigenze della scaricazione o per ottemperare a un regolamento aeroportuale, a un operatore di assistenza a terra o ad altro ausiliario”, anche la Giurisprudenza di Legittimità più recente ha confermato un simile assunto – con il recente arresto S.C. n. 24400/10, a proposito della responsabilità del vettore per i danni provocati dal sub – vettore.

L’inquadramento, quale forma di responsabilità ex recepto, consente la voluta estensione della responsabilità vettoriale anche ad eventuali danni a carico dei passeggeri al di fuori delle “tipiche” operazioni di volo – come da più parti auspicato.

In sostanza, poiché con la stipulazione del contratto di trasporto il vettore accetta anche di compiere le operazioni accessorie (presa in consegna del bagaglio e riconsegna al passeggero), la sua responsabilità potrà frasi valere per ogni evento dannoso verificatosi in tale arco temporale.

In via esegetica, si ritiene che nulla osti a che il principio venga esteso anche alla fase delle operazioni di assistenza a terra ai passeggeri, con particolare riferimento al trasferimento, a mezzo del bus navetta, sino all’aeromobile.

Ciò che è essenziale, è che sussista un obbligo, anche potenziale, del vettore a vigilare sui passeggeri, ovvero a custodire i bagagli consegnati.

E’ interessante notare come, in una fattispecie simile, il diritto uniforme e quello nazionale, abbiano esteso sensibilmente l’ambito della responsabilità dell’obbligato principale, indipendentemente dai soggetti di cui si avvale per l’esecuzione delle prestazioni dovute.

Tanto è occorso a proposito dei cc.dd. pacchetti turistici, in merito ai quali la Convenzione di Montreal del 1999 ha statuito l’estesa responsabilità a carico del c.d. Tour Operator, anche per eventuali inadempimenti di soggetti terzi dei quali Egli stesso si avvalga7.

Analoga previsione, con la conseguente estensione spazio – temporale confluita nel Codice del Consumo appena visto, si è voluta applicare analogicamente al vettore aereo – soggetto divenuto responsabile a seguito della sottoscrizione del contratto di trasporto da parte dell’utente/passeggero.

In particolare, il Testo di Montreal del 1999 ha chiarito tale posizione, adoperandosi, comunque, per l’attuazione di uno schema c.d. bipartito– in forza del quale il soggetto danneggiato potrà, eventualmente, decidere se operare in regime contrattuale avverso il vettore (responsabile, come visto, di tutto il trasporto e delle operazioni accessorie), ovvero – ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. – nei riguardi del c.d. Handler8, legato al vettore da rapporti atipici – sulla cui meritevolezza soccorre, pur sempre, l’art. 1322 cod. civ.

Il concorso di un’azione contrattuale avverso il vettore, e di quella aquiliana nei riguardi dei cc.dd. preposti, se da un lato costituisce un indubbio vantaggio per il ristoro del danneggiato, dall’altro è chiara espressione di un’impostazione piuttosto rigida esistente tra l’uno e gli altri soggetti che spinge a comprendere la reale natura giuridica del vincolo tra i medesimi esistente.

  1. Concorso di responsabilità avverso il vettore e gli Handlers – inquadramento giuridico del relativo rapporto

La possibilità, pienamente riconosciuta dalla Convenzione del 1999, di agire giudizialmente avverso uno dei due suddetti soggetti, comporta la necessità di inquadrare il “filone” intercorrente tra gli stessi.

Si tratta, invero, di comprendere che, se da un lato il contratto di trasporto tra vettore e passeggero comprende tutte le attività, di volo e di assistenza a terra, dovute dal vettore, questi, dall’altro lato, potrà svolgerle direttamente, oppure – come sopra visto – decidere di affidarne l’esecuzione ad un handler, concludendo con questo un apposito contratto (preferibilmente atipico, ovvero, al più, di appalto di servizi).

Sul punto, appare interessante notare come l’avvenuta liberalizzazione – post 1999 – dei sistemi di gestione aeroportuale, ed il conseguente proliferarsi di “nuovi attori” sul mercato aereo, abbia determinato un netto mutamento delle posizioni.

L’iniziale valutazione – (ad es. sentenza del 25 settembre 2001 n. 12015) – con cui la Suprema Corte, intervenuta a decidere sulle pretese risarcitorie di due passeggeri che avevano riportato delle lesioni durante il trasporto dall’aerostazione all’aeromobile, a mezzo di un bus-navetta della società di gestione dello scalo milanese di Linate, in maniera discutibile poneva l’attenzione su un diverso modo di considerare la figura del soggetto terzo/Handler.

La Corte infatti, risentendo dell’impostazione storica propria dell’epoca in cui occorse l’episodio (1985 – quindi ante 1999), ritenne l’Handler quale soggetto a parte, affermando che “siccome il gestore dell’esercizio aeroportuale è un soggetto autonomo così dal vettore come dal passeggero ed i servizi che organizza sono sottratti all’ingerenza del vettore, nè il trasporto dall’aerostazione verso l’aereo può essere considerata operazione di imbarco, inerente al trasporto aereo cui attende il vettore e del quale impegna la responsabilità, nè il gestore dell’esercizio aeroportuale può essere considerato preposto del vettore9.

Dunque, in mancanza di un rapporto contrattuale tra gestore aeroportuale e passeggero e di un potere del vettore di incaricare il gestore dell’esecuzione dell’attività di assistenza a terra, ingerendo nelle modalità di svolgimento dell’incarico, quest’ultimo non può essere qualificato, secondo la Corte, come preposto, con conseguente disapplicazione della normativa di diritto uniforme ai fini di un’eventuale azione di responsabilità.

Tale inciso, invero discutibile già all’epoca, apparve ancora meno accettabile a seguito della liberalizzazione dei servizi aeroportuali, attuata in Italia con il D.Lgs. 13 gennaio 1999, n. 18 – di recepimento della Direttiva n. 96/67/CE.

Secondo tale impostazione, sussistendo – ormai – la piena possibilità per il vettore di avvalersi dell’ausilio di soggetti terzi nello svolgimento di “operazioni estranee al volo”10, ciò comporterà una responsabilità di questi di tipo oggettivo, discendente unicamente dalla preposizione esistente tra i due – in forza del combinato disposto di cui agli artt. 1228 e 2049 cod. civ.; né, del resto, l’intenzione di non avvalersi di soggetti terzi (perfettamente perseguibile da qualunque vettore, post 1999) potrà avere influenza alcuna sull’inquadramento della fattispecie.

In buona sostanza, superando l’inciso della Cassazione del 2001 in merito ad una voluta autonomia tra i due soggetti, sussiste, invece, una reale responsabilità oggettiva a carico del vettore per le attività commesse dagli ausiliari dal medesimo incaricati, e non una responsabilità per culpa in eligendo – come da altri paventato.

Una volta chiarito quali soggetti possano essere parte del suddetto rapporto di preposizione, nonché della conseguente responsabilità oggettiva che ne discende (vettore da un lato, gestore aeroportuale o handler indipendente dall’altro), è indispensabile inquadrare come la giurisprudenza abbia qualificato giuridicamente tale rapporto.

Numerose sono state le pronunce in merito ad un potenziale contratto di deposito a favore del terzo, in forza del combinato disposto di cui agli artt. 1411 e 1773 cod. civ.

Posizione, invero, ritenuta scarsamente plausibile in forza dell’innesto del contratto di deposito in quello di trasporto – con la conseguente facoltà per il danneggiato /terzo beneficiario del rapporto intercorrente tra vettore ed Handler di agire solo nei riguardi di quest’ultimo; negando, in tal guisa, proprio quell’estensione spazio – temporale che si era auspicata riguardo alla posizione del vettore.

Diverso l’esito sarebbe se si proponesse di applicare alcune norme del codice civile,

in via interpretativa, al rapporto negoziale in esame, rispettandone le peculiarità.

Se questa fosse l’impostazione adottata, si dovrebbe ammettere l’atipicità del contratto di handling, che come tale non sarebbe interamente sussumibile sotto alcun genus contrattuale, ma bensì soggetto alla disciplina di un contratto (atipico) nel quale l’obbligazione di custodire (il bagaglio) è contenuta nel più ampio obbligo di effettuare il trasporto11.

In realtà, (anche) quando il vettore effettui l’assistenza ai bagagli, il contratto non può che essere unico: quello di trasporto, entro il quale sussumere tutte le prestazioni strumentali all’attività di volo.

Ciò in quanto, come correttamente evidenziato da autorevole dottrina, “il possibile regime di autoproduzione delle operazioni di handling ha una sua giustificazione generale proprio per l’inscindibilità funzionale tra la fase del volo e le operazioni anteriori e successive12.

Non a caso, l’art. 941 del codice della navigazione, nelle modifiche apportate dal D.lgs. 9 maggio 2005, n. 96, dunque dopo l’entrata in vigore della Convenzione di Montreal del 1999, dispone l’applicazione dell’art. 953 del medesimo codice al trasporto di bagagli.

Di conseguenza, secondo tale ultima prospettazione, il passeggero avrà modo di agire in via contrattuale nei confronti del vettore, al fine di farne valere la responsabilità per i danni verificatisi in esecuzione del contratto di trasporto.

Il vettore, a sua volta, potrà agire in rivalsa nei confronti dell’handler, sulla

base dello stipulato contratto di appalto (appalto di servizi); ferma restando la possibilità, ora più frequente, di agire in via aquiliana direttamente avvero l’Handler, sulla base di circostanze specifiche – determinando quel concorso di azioni sopra annunciato, tra l’altro previsto dalla stessa Convenzione di Montreal agli artt. da 17 a 22 e 30.

In forza di tale Testo e della relativa estesa applicazione, ormai, oltreché ai trasporti nazionali anche a quelli internazionali, ne deriva che partendo dall’unicità del contratto di trasporto sarà, in seguito, possibile procedere avverso il vettore – unico responsabile di eventuali incongruità o inadempimenti, anche imputabili a terzi frattanto apparsi sul mercato.

L’eventuale decisione di procedere avverso questi a norma dell’art. 2043 cod. civ. potrebbe dare luogo ad un concorso tra le due azioni possibili.

Come è noto, il concorso richiama le fattispecie nelle quali è possibile fondare alternativamente la propria pretesa su un titolo contrattuale o extracontrattuale.

A tal proposito, è incerto se si possa agire contemporaneamente verso il vettore (contrattualmente), e verso l’handler (in via extracontrattuale) facendo valere la responsabilità solidale, anche ai sensi dell’art. 2055 cod. civ., di tali due soggetti13.

Alcuna dottrina propende per la soluzione affermativa, rifacendosi ad un orientamento giurisprudenziale consolidato, relativamente alle ipotesi in cui vettore e handler, anche se responsabilizzati a diverso titolo, avessero concorso alla realizzazione del medesimo evento lesivo, ancorchè per il tramite di condotte autonome. Parrebbero ricorrere, dunque, i presupposti propri delle obbligazioni solidali.

La tesi non trova tuttavia un completo riscontro nella lettera della Convenzione.

L’art. 30, infatti, non riferisce di un’azione promossa “anche” verso un preposto, ma si esprime in termini ipotetici (“Se l’azione è promossa” nei confronti di un preposto), quasi a voler imporre una scelta al passeggero: o agisce nei confronti del vettore, oppure direttamente nei confronti dell’handler.

Considerato che la Convenzione disciplina già le tipologie di danno risarcibile, e gli eventuali limiti risarcitori, non consentendo che si deroghi al regime dalla stessa imposto (art. 29, ma anche, in via generale art. 49), appare preferibile ritenere che la responsabilizzazione di vettore o handler debba avvenire in via alternativa, posto che entrambe le azioni conducono il passeggero ai medesimi risultati.

Tale impostazione, di gran lunga preferibile in forza dell’ampia portata ormai raggiunta dalla Convenzione del 1999 pare aver ridotto il problema dei limiti risarcitori propri dello schema codicistico.

Inoltre, a ben vedere, la disciplina del riparto degli oneri probatori è decisamente meno favorevole per il passeggero che agisca in via extracontrattuale, ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., o dell’art. 2050 cod. civ. – ovvero secondo i principi del nostro Codice civile. Il che determina una minore certezza del ristoro dei pregiudizi subiti, rischiando di compromettere, ab initio, gli effetti (positivi) dell’eliminazione dei detti limiti, come ottenuto dal Legislatore francese nel ’99, ormai esteso.

Nel contratto di trasporto di persone regolato dal codice civile, è intervenuta recentemente la Corte di Cassazione, sezione III, che con sentenza 18 gennaio 2016, n. 681 ha statuito che il viaggiatore che abbia subito danni “a causa” del trasporto (quando cioè il sinistro è posto in diretta, e non occasionale, derivazione causale rispetto all’attività di trasporto), ha l’onere di provare il nesso eziologico esistente tra l’evento dannoso ed il trasporto medesimo (dovendo considerarsi verificatisi “durante il viaggio” anche i sinistri occorsi durante le operazioni preparatorie o accessorie, in genere, del trasporto e durante le fermate; e comprese la salita o la discesa), essendo egli tenuto ad indicare la causa specifica di verificazione dell’evento, mentre incombe, invece, sul vettore, al fine di liberarsi della presunzione di responsabilità a suo carico gravante ai sensi dell’art. 1681 cod. civ., l’onere di provare che l’evento dannoso costituisce fatto imprevedibile e non evitabile con la normale diligenza

Complessivamente, dunque, il sistema posto dal diritto uniforme, anche in relazione all’azione verso l’handler, sembrerebbe tutelare maggiormente il passeggero rispetto a quanto stabilito a tal proposito dal Codice civile.

Una simile prospettiva appare, verosimilmente, affine alla tutela predisposta a favore della “generica” figura del Consumatore, nonché coerente con l’ormai diffuso spirito di protezione verso le figure contrattualmente più “vulnerabili” – come la giurisprudenza, da ultimo, va sempre più assestandosi.

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1 J. David “Marketing aeroportuale. Gestire l’impresa-aeroporto nel nuovo millennio” – EGEA 2002

2 http://www.aci-europe.org/ – 2009/10

3 D. GAETA, Il regime giuridico degli aerodromi, in Trasp., 2/1974, 58.

4 Per un inquadramento generale dei servizi di handling si rimanda, tra i tanti, a: F. LOMANNO,

Aeroporti statali e privati e servizi aeroportuali, in Dir. aeron., 1964, 388 ss.;

5 F. A. QUERCI, Profili critici in tema

di aerodromi statali e privati, in Giur it., parte I, sez. II, 1965, 3 ss.

6 C. LUNA, Sulla responsabilità del vettore aereo di merci in rapporto all’operatore di

handling ed alla valutazione della colpa temeraria, nota a Trib. Busto Arsizio, sez. Gallarate,

22 aprile 2003, in Dir. trasp., 2003, 913 ss.

7 Per una completa disamina del “contratto di viaggio”, si veda, G. SILINGARDI – F. MORANDI,

La vendita di pacchetti turistici, 1998.

8 Per l’atipicità dei contratti di handling si è espresso anche S. ZUNARELLI,

Contratti atipici, impresa di navigazione e impresa di trasporto, in Dir. trasp. 1995, 737 ss.

9 La giurisprudenza si è espressa più volte in tal senso, specie in riferimento a fattispecie

concernenti l’assistenza alle merci. Tra le tante, si rimanda a: Cass. 14 luglio 1992 n. 8531, in

Dir. trasp., 1993, 905 ss., con nota di P. PERRONE, op. cit.; Cass. 9 ottobre 1997 n. 9810, in

Dir. trasp., 1998, 495 ss., con nota di S. GIACOBBE, Sulla legittimazione del vettore all’azione

contro l’impresa di handling per il danno subito dal destinatario

10 M. CARBONE – F. MUNARI, L’attuazione nell’ordinamento italiano della direttiva sul libero

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11 V. BUONOCORE, Il Trasporto, in I contratti d’impresa, Milano, 1993,

12 M. PIRAS, Le novità

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