La Cassazione torna a definire i parametri della legittimità dei controlli difensivi per il datore
A cura di Federico Fornaroli
La Suprema Corte di Cassazione torna a tratteggiare il perimetro inerente ai controlli difensivi che il datore di lavoro può attuare, mediante l’ordinanza n. 30079/2024.
In particolare, viene ribadito che tale strumento può applicarsi solamente a seguito del comportamento illecito di uno o più lavoratori del cui avvenuto compimento il datore abbia avuto il fondato sospetto, sulla base di concreti indizi e non di una mera presunzione astratta.
Detto controllo deve essere mirato e specifico nei riguardi di determinati dipendenti e può intervenire anche durante lo svolgimento della prestazione lavorativa.
Tuttavia, si tratta sempre di controlli non riconducibili all’esatta esecuzione delle mansioni espletate dal lavoratore in questione e, dunque, non escludibili dal novero di quelli assoggettati al regime ex art. 4, L. n. 300/1970 e s.m.i.
In ogni caso, sono sempre controlli attuabili per il futuro e non anche per il passato.
Pertanto, nessun evento già occorso – ancorché verificato tramite un simile controllo – potrà essere utilizzato dal datore di lavoro ai fini disciplinari, ma, al più, potrà costituire elemento utile per determinare il ricorso a quegli strumenti che consentano di implementare controlli difensivi in relazione a fatti futuri.
Alla luce di quanto sopra, quindi, il datore di lavoro dovrà prestare sempre grande attenzione qualora intenda promuovere iniziative tese a comprendere se un proprio dipendente stia commettendo atti illeciti e in violazione dei canonici principi a fondamento del rapporto di lavoro, onde evitarne l’illegittimità e, così, la sostanziale inutilizzabilità e non fruibilità.