martedì, Dicembre 10, 2024
Diritto e Impresa

La clausola di earn-out

La clausola di earn-out,[1] nota anche con il termine inglese ‘’pricing earn out clause’’, è uno strumento di matrice americana, sotteso a predeterminare dei criteri di valutazione del prezzo di vendita, in caso di cessione parziale o totale di partecipazioni sociali. In particolare, attraverso la clausola di earn-out il cessionario intende vincolare il prezzo di vendita alle potenzialità di crescita della società: un prezzo iniziale, cosiddetto ‘’fisso’’, che dovrà essere pagato indipendentemente dall’andamento positivo o negativo della società; un prezzo variabile, cosiddetto ‘’earn-out’’, che varierà a seconda degli obiettivi realmente raggiunti in un predeterminato lasso di tempo. Riassumendo, si prevede un prezzo differito di parte del valore di closing, tale variazioni potrà essere anche negativa nel caso in la società veda decrescere il proprio valore di mercato (ad esempio aumentano fortemente i costi di gestione e, conseguentemente, si azzerano gli utili netti).[2]

La ratio della clausola di earn-out risiede nelle diverse aspettative che cedente e cessionario hanno sulla performance, presente e futura, della società oggetto di compravendita: il cedente riterrà la propria azienda in forte ed esponenziale crescita; il cessionario – non potendo conoscere a fondo il vero potenziale della stessa – preferisce attenersi ai valori reali e attuali della società e, conseguentemente, offre un prezzo di acquisto, tendenzialmente, ancorato a tali valori.

In tali circostanze di conflitto, l’utilizzo della clausola di earn-out permette alle parti di raggiungere un accordo per la definizione del prezzo di closing, basandosi sul raggiungimento di criteri e risultati predeterminati da uno specifico programma (accordo ‘’earn-out’’), di norma collegati al superamento di un certo EBITDA,[3] utile netto o fatturato. Semplificando, le parti accordano una variazione del prezzo di vendita basandosi sulla futura crescita o decrescita della società. Di seguito un esempio pratico per facilitare la comprensione del testo:

Formula di valutazione del prezzo (il criterio di valutazione è l’andamento degli utili):

X (prezzo di closing)= F (prezzo fisso) +  E (prezzo earn-out) (utili anno 2018 – utili anno2017)

Ipotizziamo che il prezzo ‘’fisso’’ sia 1000 e che gli utili siano 100 (2018) e 30 (2017)

X= F(1000) + E (100 – 30)= 1000 + 70= 1070

X= 1070          F= 1000          E= 70

La crescita degli utili ha portato ad una variazione in positivo del prezzo di closing pari a 70, ed è questo il valore che rappresenta il prezzo di earn-out.

Nonostante la previsione di tale clausola comporti indubbi vantaggi, in quanto le parti vedranno limitare il rischio di un affare infruttuoso, viene raramente utilizzata nella pratica societaria. Di per sé la stesura della clausola non desta problematiche, potendo essere scritta in poche e semplici righe, invero sono ravvisabili molteplici aree di estrema criticità e complessità attinenti all’attuazione pratica dell’accordo di earn-out. In particolare sono tre le principali aree di massima spinosità:[4]

  • la previsione e stesura del contenuto del programma di valutazione del prezzo ‘’earn-out’’ – nel rispetto di quanto disposto dall’art. 1346 c.c. (l’oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile) – che deve essere tale da garantire la validità dell’accordo e l’efficenza dello stesso rispetto gli obiettivi e le problematiche palesati dalle parti. A tal fine, il contratto di cessione di partecipazioni sociali che al suo interno prevede la clausola di earn-out, di regola nella pratica societaria, contiene un apposito allegato (denominato ‘’accordo di earn-out’’) che disciplina esaustivamente le modalità di calcolo del valore parametrico e le tempistiche;[5]
  • la quantificazione – il calcolo pratico – della componente variabile del prezzo di closing, dipendente dal raggiungimento di risultati futuri;
  • Le modalità di gestione della società nell’arco temporale destinato alla valutazione del prezzo ‘’earn-out’’. Difatti, la gestione lasciata ad una delle parti, in assenza di un efficace diritto di controllo in capo all’altra, potrebbe facilmente portare ad una alterazione dei parametri essenziali a valutare il prezzo finale.

Possiamo ravvisare molteplici soluzioni adottabili dalle parti, all’interno della clausola o nell’accordo di ‘’earn-out’’, finalizzate a realizzare una corretta valutazione del valore parametrico (problematiche di cui ai punti (i) e (ii)), ad esempio a titolo esemplificativo: vietare operazioni straordinarie nell’arco temporale previsto per la determinazione del prezzo (fusioni, scissioni, acquisizioni, trasformazioni ecc.); escludere dal calcolo del valore i costi e benefici inerenti ai servizi resi dal acquirente; non valutare le variazioni dei compensi degli amministratori, dei dipendenti, e dei costi relativi all’operazione di acquisizione (come l’implementazione dei sistemi informatici, telefonici ecc.); ancora, obbligare colui che gestisce la società a mantenere, nell’arco temporale di valutazione, la prassi gestoria detenuta dalla società negli anni precedenti (ad esempio, mantenere costante la fatturazione); calcolare il valore parametrico in base a singole voci del bilancio preventivamente accordate.

Una delle soluzioni più efficaci, alla problematica di cui al punto (iii), è la gestione della società da parte di un terzo, finalizzata a valutare correttamente la performance della società. Questo avviene nei cosiddetti secondary deal, ossia operazioni in cui un fondo terzo acquista – obbligandosi a rivederla a favore del reale acquirente – la società oggetto dell’accordo di earn-out. Cosicché le parti non potranno in alcun modo porre in essere attività gestorie volte a eludere la disciplina stabilita dall’accordo di earn-out.

Si conclude l’analisi della clausola di earn-out richiamando la posizione dell’Agenzia delle Entrate[6] sul trattamento fiscale delle variazioni del prezzo di vendita.[7] Secondo l’Agenzia le somme incassate a titolo di ‘’prezzo earn-out’’, rappresentano una plus o minus valenza realizzata con la cessione. In particolare, il principio necessario all’individuazione dell’esatto trattamento fiscale delle rettifiche del prezzo di closing è quello secondo cui la revisione del prezzo prevista dalle clausole contrattuali non determina alcuna novazione del contratto originario di compravendita. Pertanto, la rettifica in aumento o in diminuzione del corrispettivo non assume autonoma rilevanza impositiva ma risulta, di regola, inscindibilmente legata agli effetti, fiscali e contabili, derivanti dal pagamento del corrispettivo originario.[8] [9]

Dott. Antonio Scorzolini

[1] Con il termine earn-out (earned: guadagnata), si intende la componente variabile del prezzo di acquisto, che varia a seconda del raggiungimento di un determinato risultato futuro. Possiamo scomporre il prezzo di vendita nel prezzo fisso iniziale e il ‘’prezzo earn-out’’ da valutare in base alla reale performance della azienda.

[2] Controllo nelle Società e negli Enti, 2014, fascicolo 4-5, pag. 671.

[3] L’EBITDA è un elemento dell’analisi fondamentale che rappresenta la misura del margine operativo lordo. Tecnicamente l’EBITDA è la sigla che sta a significare Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortisation.

[4] SATTIN F. L., A&F N. 21/1987, pag. 1282, Gli Accordi di Investimento.

[5] A. ACCORNERO, Le Clausole di Earn-Out nei contratti di compravendita di partecipazioni societarie, Riv. Le Società, n. 10/2017, pag. 1077 e ss.

[6] Risoluzioni n.: 184/E del 13.07.2009; n. 154/E del 15.12.2004.

[7] […]Pertanto, trattandosi di una integrazione del prezzo, la componente positiva che viene rilevata[…]deve essere assoggettata alla medesima disciplina fiscale che ha regolato il concorso alla formazione del reddito delle componenti che la stessa va ad integrare[…] (Agenzia delle Entrate, ris. n. 184/E del 13.07.2009).

[8] L. MIELE, Compravendita di aziende e di partecipazioni sociali: le clausole di rettifica del prezzo, Corriere Tributario, n. 38/2014

[9] F. ZANETTI, S. FURIAN e F. GALLIO, Le rettifiche prezzo nelle acquisizioni d’azienda e la formulazione delle clausole di garanzia, Riv. Dialoghi Tributari, n. 5/2011

Dott. Antonio Scorzolini

Laureato in Giurisprudenza presso la Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli, è iscritto presso l’Ordine degli Avvocati di Roma per il prescritto tirocinio di pratica forense. Dal 2017 si occupa di diritto societario lavorando come trainee presso la law firm internazionale Lexxat. Contatti: antonio.scorzolini92@gmail.com

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