domenica, Novembre 3, 2024
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La compensazione legale e giudiziale, una causa di estinzione delle obbligazioni

compensazione

La compensazione è uno dei modi di estinzione delle obbligazioni e può essere invocata quando due parti siano contemporaneamente debitore e creditore l’una dell’altra. Tali relazioni di debito/credito possono scaturire da distinti rapporti giuridici o da un unico rapporto/evento, ma in quest’ultimo caso la compensazione può intervenire solo quando le obbligazioni siano autonome, non legate da alcun nesso di sinallagmaticità.

Compensazione legale e compensazione giudiziale

Per l’operatività dell’istituto in parola è necessario che le rispettive posizioni debitorie e creditorie siano coeve, riguardino crediti liquidi ed esigibili ed aventi ad oggetto somme di danaro o una quantità di cose fungibili.

Il debito portato in compensazione deve essere:

1) esigibile, quindi non soggetto a condizione o a termine

2) liquido nel senso che non solo deve essere già determinato nel suo ammontare ma deve essere anche certo, derivare, quindi da un titolo non contestato.

Qualora sussistano tutti i predetti elementi la compensazione opera di diritto, ma deve essere eccepita dalla parte interessata (compensazione legale).

Il giudice, in presenza di un debito non liquido, può pronunciare la compensazione giudiziale ma solo nei casi in cui ritenga di poter procedere ad una rapida liquidazione dello stesso. A norma dell’art. 1243, secondo comma, c.c. infatti “se il debito opposto in compensazione non è liquido ma è di facile e pronta liquidazione, il giudice può dichiarare la compensazione per la parte del debito che riconosce esistente, e può anche sospendere la condanna per il credito liquido fino all’accertamento del credito opposto in compensazione”.

Il requisito della liquidità

Ma quando un credito/debito può ritenersi di facile e pronta liquidazione?

Abbiamo già rilevato che il credito oltre ad essere esigibile, deve essere determinato e certo.

Se il giudice adito per il pagamento del credito principale può procedere alla quantificazione dell’importo del credito opposto in compensazione con una semplice attività di calcolo, o di determinazione degli interessi, allora può procedere alla pronuncia di compensazione, o sospendere la condanna al pagamento del credito principale, sussistendo in questo caso la “pronta liquidazione” richiesta dalla norma; al contrario se vi è contestazione circa l’an dell’obbligazione, da cui scaturisce il debito opposto ed eccepito in compensazione, non può invocarsi l’applicazione del sopra richiamato art. 1243 c.c..

La giurisprudenza di merito e di legittimità ha ripetutamente affermato che in presenza di una contestazione, prima facie non pretestuosa ed infondata, dell’esistenza del credito che la controparte intende portare in compensazione, e per l’accertamento del quale si renda necessaria l’istruzione della causa, la compensazione è inammissibile.

In questi casi, se il convenuto propone solo l’eccezione di compensazione l’accertamento del relativo credito potrà essere domandato in altra sede, se invece è stata formulata espressa domanda riconvenzionale, allora il giudice procederà prima pronunciandosi sul credito principale oggetto della domanda dell’attore, e poi dovrà procedere alla cognizione relativamente al credito del convenuto in riconvenzionale; ritenendo in ogni caso non invocabile la compensazione giudiziale.

Con una pronuncia del 2013[1] i giudici della Terza sezione della Suprema Corte, discostandosi dall’orientamento sopra richiamato, hanno riconosciuto la legittimità della richiesta di applicazione della compensazione di un credito ancora non dotato del requisito della certezza, in quanto, nel caso specifico, oggetto di altro procedimento.

Questo indirizzo ha preso le mosse dalla considerazione di un collegamento dell’eccezione di compensazione di cui all’art. 1243 c.c. con le norme processuali, in particolare gli artt. 35, 34, 40, 295 e 337 c.p.c..

Pertanto, in base a tale decisione, in caso di invocata compensazione da parte del convenuto che vanta un controcredito, per il cui accertamento penda altro giudizio (anche in grado di appello), il giudice avrebbe facoltà di procedere, a seconda delle singole fattispecie, o alla riunione dei procedimenti (procedimenti pendenti innanzi allo stesso ufficio), o alla remissione al giudice competente (in caso di pendenza innanzi ad uffici diversi) o a pronunciarsi sul credito principale, con emissione di condanna con riserva all’esito della decisione sul credito eccepito in compensazione, e sospensione del giudizio sulla sussistenza delle condizioni di compensazione, fino alla definizione del giudizio di accertamento del controcredito.

Tale impostazione ha creato quindi un evidente contrasto giurisprudenziale sull’operatività della compensazione, successivamente risolto con l’intervento delle Sezioni Unite, con sentenza n. 23225 del 2016.

Con tale decisione gli Ermellini hanno sostanzialmente ritenuto non applicabili le norme processuali alle norme sostanziali.

Osserva, in particolare, la Corte che “i requisiti prescritti dall’art. 1243 c.c., primo comma, c.c., per la compensazione legale, e cioè l’omogeneità dei debiti, la liquidità e la certezza, devono, sussistere necessariamente anche per la compensazione giudiziale, il secondo comma di detta norma si limita a consentire al giudice del credito principale di liquidare il controcredito opposto in compensazione soltanto se il suo ammontare è facilmente e prontamente liquidabile in base al titolo.” Pertanto, rileva ancora che, “se il credito è contestato, come prevede l’art. 35 c.p.c., allora non è certo, e quindi non è idoneo ad operare come compensativo sul piano sostanziale, e l’eccezione di compensazione va respinta”.

La decisione in parola ribadisce che in presenza di una contestazione, non meramente dilatoria e/o manifestamente infondata, il controcredito non può servire ai fini della compensazione.

L’impianto normativo civilistico, del resto, prevede che l’accertamento del controcredito debba essere effettuato dallo stesso giudice cui è sottoposta la cognizione del credito principale, quindi la compensazione “non può fondarsi su un credito la cui esistenza dipenda da un separato giudizio in corso e prima che il relativo accertamento sia divenuto definitivo”.

è bene rilevare inoltre che la sospensione richiamata dalla norma di cui all’art. 1243 c.c. ha carattere meramente cautelativo ed è volta ad impedire che chi invoca la compensazione sia costretto ad adempiere immediatamente; non si tratta però di una sospensione in senso processuale, bensì solo della condanna al pagamento del credito principale, in quanto il procedimento continua proprio per consentire al giudice di procedere alla rapida liquidazione del debito eccepito in compensazione.

Da ultimo relativamente agli effetti estintivi della pronuncia di compensazione si producono in tempi diversi, ex tunc in caso di pronuncia di compensazione legale, ex nunc in caso di compensazione giudiziale, in quanto è solo dal momento della decisione, con l’avvenuta liquidazione da parte del giudice, che sussiste la necessaria coesistenza dei crediti/debiti richiesta dal disposto dell’art. 1242 c.c..[2]

[1] Cassazione Civile sez. III, sentenza 23573/2013

[2]Art. 1242 c.c. –  Effetti della compensazione – La compensazione estingue i due debiti dal giorno della loro coesistenza. Il giudice non può rilevarla d’ufficio.

La prescrizione non impedisce la compensazione, se non era compiuta quando si è verificata la coesistenza dei due debiti.

Avv. Paola Minopoli

Avvocato civilista specializzato in contrattualistica commerciale, real estate, diritto di famiglia e delle successioni, diritto fallimentare, contenzioso civile e procedure espropriative. Conseguita la laurea in Giurisprudenza, ha collaborato con la II cattedra di Storia del Diritto Italiano dell'ateneo federiciano, dedicandosi poi alla professione forense. Ha esercitato prima a Napoli e poi nel foro di Milano, fornendo assistenza e consulenza a società e primari gruppi assicurativi/bancari italiani. Attualmente è il responsabile dell’ufficio legale di un’azienda elvetica leader nella vendita di metalli preziosi, occupandosi della compliance, fornendo assistenza per la governance e garantendo supporto legale alle diverse aree aziendali. Email: paola.minopoli@iusinitinere.it

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