venerdì, Marzo 29, 2024
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La Comunicazione di avvio del procedimento di bonifica è autonomamente impugnabile? Solamente in determinati casi

La comunicazione di avvio del procedimento per identificare il responsabile dell’inquinamento è immediatamente impugnabile solamente laddove leda la sfera giuridica dei destinatari.

Il Consiglio di Stato, Sez. IV, con la pronuncia n. 5814/2018, delinea i presupposti atti a legittimare l’autonoma impugnabilità della comunicazione di avvio del procedimento di bonifica.

La controversia sorge all’interno di un procedimento volto ad individuare il soggetto responsabile della contaminazione di un’area, al fine di dare corso agli interventi di bonifica[1] e di ripristino ambientale ai sensi dell’art. 245, comma 2[2], del d.lgs. n. 152/2006.

In particolare, la società incorporante il precedente soggetto operante attività industriale sul medesimo terreno impugnava la comunicazione di avvio del procedimento di bonifica e gli atti connessi, emanati dall’Amministrazione locale, nella parte in cui manifestavano la volontà amministrativa di addebitare alla ricorrente la responsabilità dello stato in cui versa l’area in questione.

Durante la controversia, venivano depositati numerosi motivi aggiunti contro le diffide e gli ulteriori atti dell’Amministrazione volti dall’assolvimento degli obblighi di bonifica.

La difesa giudiziale della Società asseriva l’assoluta estraneità della stessa rispetto all’inquinamento dell’area, poiché in ogni caso non sarebbe stata nemmeno qualificabile come “avente causa” rispetto al soggetto che all’epoca condusse in loco le produzioni industriali asseritamene responsabili dell’inquinamento.

In tale contesto, suddetta Società sottolineava l’impossibilità di applicazione retroattiva delle norme contenute negli artt. 239-253 del D.lgs. n. 152/2006, con riferimento a presunte contaminazioni insorte a causa di lavorazioni cessate ancor prima dell’avvento del D.lgs. n. 22/1997, non ritenendo applicabile altresì il principio “chi inquina paga” di cui alla direttiva 2004/35/CE.

In virtù di tali disposizioni, secondo la ricorrente gli obblighi di bonifica e di risanamento ambientale dovrebbero gravare esclusivamente sulla società immobiliare attualmente proprietaria del sito, in virtù di un accordo convenzionale stipulato con l’amministrazione comunale, quale corrispettivo per i benefici ottenuti in termini di trasformazione urbanistica verso destinazioni residenziali e vantaggioso reimpiego dell’area.

Il T.A.R. Veneto-Venezia, Sez. III in primo grado con la sent. n. 313/2018, riteneva infondate le motivazioni addotte dalla ricorrente, ritenendo responsabile la Società incorporata della contaminazione rilevata nell’area secondo il criterio del più probabile che non, in base all’attività produttiva svolta ed alle caratteristiche dell’inquinamento.

Pertanto, a seguito dell’atto di fusione, la Società incorporante subentrava in tutti i rapporti giuridici, precedenti e successivi, facenti capo all’incorporata.

Secondo il Giudice di prime cure, in virtù del fenomeno di successione a titolo universale conseguente alla fusione, la ricorrente subentrava nell’obbligo di bonifica connesso alla posizione di garanzia assunta ex lege dall’autore dell’inquinamento a causa della sua pregressa condotta, obbligo riconducibile ad una un’attività conclusasi prima dell’entrata in vigore il D.lgs. n. 22/1997, ma con effetti di natura permanente, indipendenti dal momento storico della condotta.

La Società incorporante ricorreva pertanto in appello, adducendo ulteriori motivazioni a sostegno della sua interpretazione della normativa ambientale.

Nell’affrontare la questione, i Giudici di Palazzo Spada puntualizzavano innanzitutto che, per giurisprudenza costante: “la natura endoprocedimentale e il contenuto non immediatamente lesivo dell’atto rendono il medesimo non autonomamente e immediatamente impugnabile[3].

Nel dirimere la controversia, il Supremo Giudice Amministrativo forniva gli elementi utili all’individuazione dei requisiti necessari per l’autonoma impugnabilità dell’atto in questione.

Difatti, solamente laddove la comunicazione di avvio del procedimento sia concretamente idonea ad arrecare lesioni alla sfera giuridica del destinatario in un momento precedente l’avvio dell’istruttoria e, in tal maniera, pregiudichi altresì la conclusione stessa dell’iter procedimentale, potrebbe ammettersi l’immediata impugnazione del medesimo in via autonoma[4].

Qualora tali elementi manchino, suddetto atto è da considerarsi meramente presupposto rispetto al provvedimento finale che segna la formale conclusione del procedimento e la manifestazione esterna della volontà dell’Amministrazione.

Nel caso di specie, dal tenore formale e sostanziale dell’atto impugnato, si evinceva che l’amministrazione locale intendeva soltanto comunicare ai soggetti interessati l’avvio di un procedimento volto alla mera individuazione del soggetto responsabile dell’inquinamento ambientale del sito, senza assumere alcuna preventiva (e pregiudizievole) determinazione in punto di responsabilità ambientale.

Sulla base delle sopraesposte motivazioni, i Giudici di Palazzo Spada dichiaravano pertanto inammissibile il ricorso introduttivo del giudizio.

In sintesi, la pronuncia del Supremo Giudice Amministrativo afferma che l’immediata impugnazione della comunicazione di avvio del procedimento di bonifica può ammettersi quando il ricorrente riesce a dimostrare che l’atto è comunque idoneo ad arrecare lesioni alla sfera giuridica prima dell’avvio dell’istruttoria e della conclusione della stessa.

 

 

 

[1] Per un focus sull’argomento si veda la cospicua mole di articoli presente in iusinitinere.it. Si consiglia in particolare la lettura di A. SCAPERROTTA per le note procedimentali.

[2] Il testo dell’art. citato prevede che: “fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di cui all’articolo 242, il proprietario o il gestore dell’area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione secondo la procedura di cui all’articolo 242. La provincia, una volta ricevute le comunicazioni di cui sopra, si attiva, sentito il comune, per l’identificazione del soggetto responsabile al fine di dar corso agli interventi di bonifica. È comunque riconosciuta al proprietario o ad altro soggetto interessato la facoltà di intervenire in qualunque momento volontariamente per la realizzazione degli interventi dì bonifica necessari nell’ambito del sito in proprietà o disponibilità”.

[3] Cfr. ex multis, Consiglio di Stato, Sezione V, 16 febbraio 2015 n. 791.

[4] Si noti che il Consiglio di Stato pone a carico del ricorrente l’onere di dimostrare la concreta lesività dell’atto.

Fabrizio Ciotta

Laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Roma - Roma Tre, Fabrizio ha sviluppato fin da subito un forte interesse per le materie del diritto amministrativo e del diritto dell'ambiente, realizzando una tesi intitolata "Gli oneri di bonifica dei rifiuti con particolare riferimento alla c.d. Terra dei Fuochi". Si è specializzato in tale settore conseguendo con successo un Master di II livello in Diritto dell'Ambiente presso l’Università degli Studi di Roma - Roma Tre. Date le peculiari esperienze ha potuto svolgere un internship presso il Dipartimento Ambiente di Roma Capitale, dove ha avuto la possibilità di collaborare con il relativo Ufficio Appalti ed altresì con la Giunta e gli Uffici preposti alla stesura del "Regolamento del Verde e del Paesaggio di Roma Capitale", primo testo normativo e programmatico sulla gestione del verde della Capitale. Dopo una proficua esperienza lavorativa all'interno della sezione Administrative Law, Public Procurement & Environment and Waste della Law Firm internazionale Lexxat, ottiene l'abilitazione alla professione forense e svolge attività di consulenza in diritto amministativo e appalti per SLT e Ernst&Young, oltre varie collaborazioni. Contatti: ciotta.fabrizio@gmail.com

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