venerdì, Aprile 19, 2024
Fashion Law Influencer Marketing

La protezione del luxury brand nella legislazione cinese

La Cina, da secoli, rappresenta il competitor più temuto dalle industrie italiane nel mercato mondiale per ciò che concerne i prodotti provenienti dai settori della moda e del lusso; tale timore nasce dai pregiudizi che riguardano la nazione e che la vendono imporsi sul mercato nero, avendo la capacità di essere la migliore a copiare i capi del mondo della moda: tale forza rende inermi i sistemi legislativi degli altri Paesi, tra cui quello italiano.

La Cina entra a far parte della World Trade Organization[1] il 12 dicembre 2001 e tale ingresso è giustificato dalla necessità che la Cina accettasse l’accordo TRIPs (Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights[2]) per regolare – al meglio – la circolazione dei propri prodotti, escludendovi quelli contraffatti.

In verità, il sistema legislativo cinese prevedeva già un sistema di doppio binario in caso di contraffazione: difatti era possibile agire o attraverso il ricorso dinanzi il Tribunale competente o mediante una procedura legislativa[3] delineata nelle fonti del diritto cinese.

L’ingresso della Cina nel WTO e, in particolar modo la sua adesione del TRIPs, rispondono, in verità, ad un’esigenza americana[4], che se in primo momento sembrava facilitare la Cina dal punto di vista economico, ben presto il sogno cinese diventò un vero e proprio incubo: gli States iniziarono a tassare il paese asiatico e l’accusa che venne immediatamente contestatagli fu proprio quella della contraffazione e dell’aver immesso sul mercato beni di origine sospetta.

Il sistema giuridico cinese è molto attento al singolo e al suo rapporto con i consociati, subordinato e complesso pare l’excursus del sistema cinese della IP.

La prima fondamentale distinzione tra il mondo occidentale e la Cina è la succinta tutela dei diritti della proprietà intellettuale[5]: la Cina è ancora fortemente orientata verso un regime di libera concorrenza – così come emendato dall’art. 11 della Costituzione cinese[6]– dal quale si evince una economia socialista di mercato, ovvero il significato della supremazia socialista e della sua transizione ad una economia di mercato.

La differenza tra i due sistemi consta nel fatto che in quello occidentale si pone – per ciò che concerne la I.P. – la problematica della tutela dell’interesse collettivo che non coincide con gli interessi privati dei titolari di diritti inerenti alla proprietà intellettuale.

Il sistema cinese, a fortiori, ha provato ad inserire nel proprio ordinamento giuridico un numero sempre più crescente di azioni di tutela amministrativa e penale di marchi e disegni industriali in Cina, ma nonostante ciò il fenomeno della contraffazione continua a crescere e prosperare.

Al contempo sono state incrementate delle attività di enforcement, mediante raid e contestuali sequestri amministrativi di tutti quei prodotti contraffatti in fabbriche e magazzini in Cina o, comunque, presenti nelle dogane cinesi[7]. A seguito di questi interventi, il numero di imprese che reagiscono incrementando parossisticamente le attività di enforcement, inseguendo anche le violazioni di minimo taglio, è sempre maggiore.

Se da una parte vi è un numero di aziende che insegue anche la minima violazione, mediante il meccanismo di blind enforcement[8], dall’altra parte vi sono brands che ignorano il problema e non attuano alcuna mossa risolutiva in grado di reprimere il sistema criminoso.

Nonostante le Fashion Industries abbiano deciso di avere assumere due atteggiamenti – tra loro – antitetici, le conseguenze sul mercato restano le stesse e colpiscono:

  • il settore commerciale causando la perdita di market share con ricadute su altri mercati e, in particolar modo sulla forza lavoro, diluzione del marchio e contestuale indebolimento della catena di produzione;
  • il settore economico finanziario recando danni economici da pagamenti di garanzie ingiustificate, il crescente numero di cause civili innescate per prodotto difettoso ed i richiami amministrativi.

Poste tali premesse pare evidente che la Cina debba incrementare le strategie in tema di brand protection.

Il sistema cinese è, purtroppo, privo di norme che siano in grado di contrastare le operazioni che quotidianamente si sviluppano sul mercato nero, il cd. “underground”, per tali ragioni è necessario incrementare il numero di azioni volte alla tutela del marchio non soltanto per l’autotutela delle aziende di moda ma anche nel sistema giuridico cinese che dovrebbe farsi da promotore per la lotta alla contraffazione, elidendo tale problematica sia con azioni di diritto interno, quanto con azioni proprie del diritto internazionale.

Il sistema, così come succintamente descritto nella prima parte di questo articolo, è sicuramente applicabile anche al mondo della moda e del lusso. Tutt’oggi la Cina risulta essere la Nazione nella quale il prodotto del falso, proveniente dunque dal mercato nero, è maggiormente diffuso. Case di moda quali Gucci, Prada e LV da ormai decenni sono costrette a fare i conti con la realtà cinese, al punto di dover elaborare delle strategie atte a contrastare il fenomeno della contraffazione.


[1] Il fenomeno è descritto da William M. Landes e Richard A, Posner in ‘The Political Economy of Intellectual property Law’, pag.13 e segg. AEI-Brookings Joint Center for Regulatory Studies, Washington D.C., 2004.

[2] L’accordo è stato siglato a Marrakesh il 15 aprile del 1994 ed introduceva una disciplina uniforme degli IPR assicurando una tutela effettiva della proprietà intellettuale a livello mondiale.

[3] IPR Enforcement Strategies for Brand Protection in China An IP Management Perspective to Brand Protection in China.

[4]Another political factor in the sharp increase in the scope of intellectual property protection that we are dating from 1976 ( Copyright Act), was the belief that one of either the causes or consequences of the economic malaise of the 1970’s was a decline in the competitiveness of US industry attributable to a loss of technological momentum to competing nations, notably Japan. This became a rationale for increasing patent protection through creation of a court that would have exclusive jurisdiction over patent appeals…The expansion of intellectual property rights was also doubtless propelled by a desire to alleviate our chronic trade deficits by increasing the income of owners of copyrights and other intellectual property, most of those owners being American”.

[5] In tal senso si pensi all’enforcement relativo alle operazioni dello scorso luglio 2019, in Cina che hanno visto il sequestro di tonnellate di beni contraffatti.

[6] Sempre Wang rinvia per una discussione sui recenti sviluppi del contrasto tra ‘fazhi’ (rule of law) e renzhi (rule by law), al libro di Lubman, nonché all’articolo di Chris X. Lin, ‘A Quiet Revolution: An Overview of China’s Judicial Reform’ in Asian-pac. L.& Pol’y J., 256,294 (2003), disponibile a http//www.hawaiii.edu/aplpj/table of contents/june2003artindex.html

[7] Da IlSole24Ore: Cina: il fenomeno della contraffazionePaolo Beconcini, Partner, CARROLL, BURDICK & MCDONOUGH LLP | 05 Giugno 2013.

[8] Ovvero di quelle operazioni eseguite da agenti e ufficiali legittimati a perseguitare e incarcerare le persone che hanno violato la legge.

Si legga anche:

Salzano,Dazi doganali e regole della WTO: Usa contro Ue e Cina, Ius in itinere, disponibile su https://www.iusinitinere.it/dazi-doganali-e-regole-del-wto-guerra-commerciale-usa-ue-e-cina-11811

Maria Elena Orlandini

Avvocato, finalista della II edizione della 4cLegal Academy, responsabile dell'area Fashion Law e vice responsabile dell'area di Diritto Penale di Ius in itinere. Maria Elena Orlandini nasce a Napoli il 2 Luglio 1993. Grazie all’esperienza di suo padre, fin da piccola si appassiona a tutto ciò che riguarda il diritto penale, così, conseguita la maturità scientifica, si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza presso l'Università degli Studi del Sannio. Si laurea con 110 e lode il 20 Marzo 2018 con una tesi dal titolo "Mass Media e criminalità" seguita dai Proff. Carlo Longobardo e Prof. Felice Casucci, in cui approfondisce il modus attraverso il quale i social media e la tv siano in grado di mutare la percezione del crimine nella società. Nel 2019 ha conseguito con il massimo dei voti il Master di II livello in Giurista Internazionale d'Impresa presso l'Università degli Studi di Padova - sede di Treviso, specializzandosi in diritto penale dell'economia, con una tesi dal titolo "Il reato di bancarotta e le misure premiali previste dal nuovo Codice della Crisi di Impresa", sotto la supervisione del Prof. Rocco Alagna. Nel giugno 2020 ha superato il corso di diritto penale dell'economia tenuto dal Prof. Adelmo Manna, professore ordinario presso l'Università degli Studi di Foggia, già componente della commissione che ha varato il d.lgs. 231/2001. All'età di 27 anni consegue l'abilitazione all'esercizio della professione forense presso la Corte d'Appello di Venezia. Dal 2019 segue plurimi progetti legati al Fashion Law e alla proprietà intellettuale, prediligendone gli aspetti digital in tema di Influencer Marketing. Nel 2020 viene selezionata tra i cinque giovani talenti del mercato legale e partecipa alla seconda edizione della 4cLegal Academy, legal talent organizzato dalla 4cLegal, visibile sul canale BFC di Forbes Italia, su Sky. Nel 2022 si iscrive al corso di aggiornamento professionale in Fashion Law organizzato dall'Università degli Studi di Firenze. Passione, curiosità, empatia, capacità di visione e self control costituiscono i suoi punti di forza. Collabora per le aree di Diritto Penale e Fashion Law & Influencer marketing di Ius in itinere. email: mariaelena.orlandini@iusinitinere.it

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