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La Convenzione internazionale contro le armi chimiche

La Convenzione sulla Proibizione delle Armi Chimiche di Parigi (CAC)Chemical Weapons Convention (CWC), firmata nell’omonima città il 13 gennaio 1993 è entrata in vigore il 29 aprile 1997, 180 giorni dopo il raggiungimento della 65° ratifica (ungherese), come era stato stabilito dai termini della stessa. Inizialmente, essa contava 87 stati membri; dal 31 dicembre 2012, ha potuto vantare 188 ratifiche, tra cui quelle di Stati Uniti, Russia, Cina e tutti i paesi facenti parte dell’Unione Europea. L’Italia ha ratificato la Convenzione con la legge n. 496/1995, integrata dalla legge n. 93/1997 e dal DPR 289 del 1997. Attualmente le nazioni aderenti sono 189, circa il 98% della popolazione mondiale.

Tale Convenzione “proibisce qualsiasi attività rivolta a sviluppo, produzione, acquisizione, detenzione, conservazione, trasferimento e uso di armi chimiche e dei materiali ad esse collegati”. Si prefigge, dunque, lo scopo di ostracizzare il commercio e la produzione di armi chimiche e sancisce il divieto assoluto di utilizzarle. Prevede, inoltre, l’eliminazione completa di quelle già esistenti, in quanto costituiscono, per letalità, una grave minaccia per l’essere umano e per l’ambiente oltre a violare una norma basilare dello jus in bello ovvero il principio di distinzione (art. 48 del I Protocollo addizionale, 1977) essendo armi indiscriminate capaci di causare mali superflui o sofferenze inutili”.

Si tratta della prima Convenzione che bandisce una completa categoria di armi di distruzione di massa e prevede, per di più, la soppressione di quelle già esistenti entro dei limiti temporali, il tutto con verifica da parte della comunità internazionale. Anche tale sistema di controlli è una novità rispetto ai precedenti trattati di disarmo.

Per preparare l’entrata in vigore della CAC, fu istituita una Preparatory Commission (PrepCom) nel 1993. Suo compito era quello di predisporre la prima Conferenza degli Stati Parte della Convenzione e curarne la diffusione e l’implementazione. In concreto, la commissione sviluppò le procedure per il regime di verifica della Convenzione, redasse il programma e stabilì il budget dell’OPAC e, inoltre, le regole funzionali interne per il Segretariato dell’OPAC.

Il documento è costituito da un preambolo, 24 articoli e 3 allegati: Annex on Chemicals, Verification Annex, Confidentiality Annex.

Nel preambolo sono indicati gli obiettivi che gli Stati aderenti a tale Convenzione desiderano raggiungere in aggiunta alle motivazioni e ai principi che li hanno spinti alla ratifica. Gli Stati si dichiarano: “Determined to act with a view to achieving effective progress towards general and complete disarmament under strict and effective international control, including the prohibition and elimination of all types of weapons of mass destruction, [..] Determined for the sake of all mankind, to exclude completely the possibility of the use of chemical weapons, through the implementation of the provisions of this Convention” (2).

Con la partecipazione alla Convenzione, non si hanno, comunque, solo benefici riguardanti le armi chimiche, ma gli Stati che la sottoscrivono si aggiudicano anche il diritto di partecipare in modo più ampio alla circolazione degli agenti chimici con scopi benefici (utilizzati in ambito scientifico, medico, della ricerca ecc.). La CAC promuove, infatti, il libero scambio di tali prodotti tra gli Stati Parte che sono d’altro canto vincolati a consegnare dei rapporti periodici sulla loro situazione.

L’Articolo 1 della Convenzione indica gli obblighi generali a cui gli Stati membri devono sottostare. I principali sono:

  • Non sviluppare, produrre, acquistare, commerciare o detenere armi chimiche, e non trasferire direttamente o indirettamente armi chimiche a nessuno;
  • Non utilizzare armi chimiche;
  • Distruggere le armi chimiche e i componenti per la loro produzione che ogni Stato possiede. (3)

Fu istituita, inoltre, con la CAC un organismo di controllo: l’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPAC) – Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons (OPWC), con lo scopo di dare attuazione a quanto previsto nella Convenzione, garantirne il rispetto e fornire protezione agli Stati vittime di aggressioni o minacce perpetrate con armi chimiche. La sua struttura è caratterizzata da: Conferenza degli Stati Parte, Consiglio Esecutivo, Segretario Tecnico e Organi Sussidiari (Comitato Politico, Comitato per la Confidenzialità, Comitato Scientifico e Comitato per le questioni amministrative e finanziarie). L’OPAC può effettuare ispezioni di vario tipo (“di routine” e “su sfida”) e accertamenti per verificare lo stato dell’assoluzione degli obblighi della Convenzione in ciascuno Stato parte. Le ispezioni “di routine” servono a controllare come procedono la distruzione e lo stoccaggio delle armi chimiche al fine di redigere un Rapporto Preliminare, mentre le ispezioni “su sfida” sono richieste da uno Stato parte nel caso in cui vi siano sospetti fondati riguardo ad attività illecite di un altro Stato firmatario. Quest’ultima tipologia di controllo internazionale non è, tuttavia, mai avvenuta fino ad ora.

Oltre alle suddette azioni di controllo, ogni 5 anni la CAC prevede che gli Stati sottoscrittori si sottopongano ad una serie di Conferenze per l’implementazione, al fine di individuare le aree dove è maggiormente presente il bisogno di ideare nuove strategie per il raggiungimento degli intenti dichiarati. La prima di tali Conferenze fu fissata nell’aprile/maggio del 2003 e la seconda nell’aprile 2008.

La Convenzione è divenuta uno dei pilastri su cui si fonda il sistema di disarmo e non proliferazione delle armi di distruzione di massa, assieme al Trattato di non Proliferazione Nucleare, al Trattato sul Bando Totale degli Esperimenti Nucleari ed alla Convenzione per il Bando delle Armi Biologiche.

Nonostante ciò, l’obiettivo dell’universalizzazione non è ancora completo: ad oggi, non sono parte della Convenzione 8 paesi.

Israele e il Myanmar, pur firmatari non l’hanno ancora ratificata; Corea del Nord, Egitto, Somalia e Sud-Sudan risultano neanche firmatari. Recentemente, l’Angola ha richiesto l’ammissione alla CAC (16 settembre 2015), la Siria, invece, pur non avendola né firmata né ratificata, vi ha acceduto come parte di un accordo per la distruzione delle armi chimiche nel paese, adottato con la risoluzione 2118 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU del 27 settembre 2013.

Se tutti gli Stati aderissero (e la rispettassero), tale categoria di armi di distruzione di massa sarebbe eliminata totalmente dal globo. L’invito all’adesione di questi ultimi Stati alla CAC è arrivato anche dal G7 Esteri di Lucca svoltosi il 10 e 11 aprile 2017. La risultante Dichiarazione sulla non proliferazione e il disarmo, all’Articolo 32 afferma: “Nell’anno che celebra il ventesimo anniversario della sua entrata in vigore, rinnoviamo il forte sostegno alla Convenzione sulle Armi Chimiche (CAC) e il profondo apprezzamento per il lavoro dell’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPAC). L’universalizzazione della CAC e la sua piena ed efficace attuazione restano in cima alle priorità. Invitiamo gli Stati che ancora non lo hanno fatto a ratificarla o ad aderirvi senza indugio e incondizionatamente.” (4)

Tuttavia, le buone intenzioni che hanno portato alla stesura della Convenzione non hanno, ugualmente, garantito la distruzione integrale di questo genere di armi di massa. Ancora oggi, rapporti dell’ONU riportano l’utilizzo di armamenti chimici nelle zone di guerra, utilizzate, nella maggior parte dei casi, contro civili. Non ultima, la Siria: secondo il recente Report of the Independent International Commission of Inquiry on the Syrian Arab Republic stilato dallo Human Rights Council delle Nazioni Unite dopo un periodo di osservazione compreso tra il 1 marzo e il 7 luglio 2017, ben 25 attacchi chimici (nella maggior parte attuati con bombe al cloro o sarin) sono stati documentati lungo una linea di fronte presente nella Siria settentrionale, 20 dei quali organizzati dalle forze governative proprio ai danni di civili (Paragrafo 67). (5) L’ultimo e più grave episodio tra questi è avvenuto a Khan Shaykhun, cittadina a 120 km a sud di Aleppo, il 4 aprile 2017.

 

Sabrina Certomà

Classe 1996, laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche all'Università degli studi di Trieste. Studentessa presso la Scuola di giornalismo Lelio Basso a Roma. Collaboratrice dell'area di diritto internazionale con particolare interesse per i diritti umani.

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