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La Corte europea contro Varsavia: stop al taglio di alberi a Białowieża

La Commissione europea, il 20 luglio 2017, ha presentato davanti alla Corte di Giustizia un ricorso contro la Repubblica di Polonia, avente come oggetto il taglio indiscriminato di alberi perpetrato  da quest’ultima nella foresta planiziale più antica d’Europa: la foresta di Białowieża, uno dei boschi naturali meglio conservati, situata tra Polonia e Bielorussia, questa distesa di tremila chilometri quadrati è anche patrimonio mondiale dell’UNESCO, in quanto rappresenta un ecosistema unico nel suo genere con una ricchissima biodiversità. Nonostante il ricorso, il taglio procede, attualmente, al ritmo di circa mille alberi al giorno.

Nel testo del ricorso, la Commissione ha richiesto alla Corte di Giustizia di “dichiarare che la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992 [1], relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, in quanto ha approvato un allegato al piano di gestione forestale riguardante il distretto forestale di Białowieża senza assicurarsi che esso non pregiudichi l’integrità del sito di importanza comunitaria”. In più che la violazione è stata perpetrata anche ai danni degli “articoli 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat» e 4, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009 [2], concernente la conservazione degli uccelli selvatici. In più dell’articolo 12, paragrafo 1, lettere a) e d), della direttiva «habitat [..]»; dell’articolo 5, lettere b) e d), della direttiva «uccelli», in quanto non ha assicurato la protezione delle specie di uccelli di cui all’articolo 1 della medesima direttiva [..]; e di condannare la Repubblica di Polonia alle spese”.

Ciò che ha spinto la Commissione a tale ricorso è stata l’approvazione, il 25 marzo 2016, di un allegato al piano di gestione forestale (PGF) del 2012 da parte del Ministero dell’Ambiente polacco, entrato in vigore in aprile: la “legge Szyszko” (dal cognome del ministro stesso) permette il taglio del triplo degli alberi rispetto agli anni precedenti nella foresta di Białowieża e non ne riconosce le aree protette. Inoltre, autorizza l’abbattimento di alberi in un terreno di proprietà senza un permesso, pagamento di una tassa o comunicazione a qualche ufficio pubblico. La motivazione apportata al varo di questa legge era la volontà di fermare la propagazione del “bostrico tipografo”, un parassita colpevole della rovina di piante e colture. Secondo la Commissione europea, però, il governo polacco non si sarebbe preoccupato di verificare che l’adozione della legge non pregiudicasse l’integrità del sito in questione (costituita dal suo carattere naturale e dall’assenza di attività umane, dalla longevità degli alberi presenti e dalle particolari specie di fauna presenti).

La Corte di giustizia ha accolto la richiesta della Commissione europea di infliggere alla Polonia multe per il mancato rispetto dello stop provvisorio allo sfruttamento della foresta, disposto dall’esecutivo europeo il 27 luglio. Una sanzione di “almeno 100.000 euro al giorno” dalla data di notifica dell’ordine stesso se non si fermerà “immediatamente” l’abbattimento degli alberi violando l’ordinanza è stata predisposta. “Tranne nei casi eccezionali e strettamente necessari per garantire la sicurezza pubblica, la Polonia deve immediatamente cessare le operazioni di gestione forestale nella foresta di Białowieża“.
La Corte ha chiesto, infine, a Varsavia di “comunicare alla Commissione, non oltre 15 giorni dopo la notifica dell’ordine, tutte le misure che ha adottato per rispettarlo pienamente“, specificando “in modo ragionato, le operazioni di gestione forestale in questione che intende perseguire per garantire la sicurezza pubblica“. La reazione del governo polacco si è risolta nella veemente accusa di mancanza di imparzialità alla Corte, continuando a sostenere la tesi della proliferazione di insetti dannosi.

L’importanza di tale caso nella giurisprudenza è data dal fatto che si tratti di un precedente: la prima volta che vi è un’imposizione di sanzioni sul mancato rispetto di misure provvisorie da parte della Corte e quindi nel corso dello svolgimento di un procedimento invece che dopo la sentenza.

Per la sua gravità, il caso potrebbe essere inserito nella più vasta indagine sulle violazioni dello Stato di diritto nel Paese ex comunista, modello di transizione democratica per i paesi dell’est Europa. Questa disputa è, infatti, solo l’ultima ad aggiungersi a quelle già presenti: immigrazione (la Polonia non accetta lo schema di redistribuzione dei profughi dell’Unione Europea) e riforma della giustizia (con le ultime leggi su magistratura e Corte Suprema). Il capo del Consiglio europeo Donald Tusk, ex premier polacco e storico rivale di Kaczynski ha addirittura affermato che «ormai c’è un punto interrogativo sul futuro europeo della Polonia».

[1] Consiglio, direttiva n. 92/43/CEE, 21 maggio 1992

[2] Parlamento europeo e Consiglio, direttiva 2009/147/CE, 30 novembre 2009 

Sabrina Certomà

Classe 1996, laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche all'Università degli studi di Trieste. Studentessa presso la Scuola di giornalismo Lelio Basso a Roma. Collaboratrice dell'area di diritto internazionale con particolare interesse per i diritti umani.

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