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La crisi sociale dopo quella sanitaria da COVID-19: è possibile ripartire dal Pilastro europeo dei diritti sociali?

A cura di Anna Pitrone, professore associato di Diritto dell’Unione europea presso l’Università degli Studi di Messina

  1. Introduzione

Oggi l’Unione Europea ha di fronte a sé una sfida epocale, dalla quale dipenderà non solo il suo futuro, ma quello del mondo intero. Non si perda l’occasione di dare ulteriore prova di solidarietà, anche ricorrendo a soluzioni innovative.  Queste parole, pronunciate da Papa Francesco in occasione della celebrazione della Pasqua, hanno fatto il giro del mondo.

Ma quali possono essere le soluzioni innovative che l’Unione oggi può adottare?

È vero che, seppur tardiva, una risposta europea all’emergenza sanitaria c’è stata[1]. L’organo politico di vertice dell’UE ha tenuto la prima video conferenza dedicata all’emergenza Covid-19 il 10 marzo 2020, individuando anzitutto quattro priorità: la limitazione della diffusione del virus, la fornitura di attrezzature mediche, la promozione della ricerca scientifica e la gestione delle conseguenze socioeconomiche. In particolare, è su quest’ultima priorità che si sono concentrati i leader europei durante le successive video conferenze; il 17 marzo 2020, dopo aver approvato la dichiarazione dell’Eurogruppo sulle possibili misure da adottare [2], il Consiglio europeo ha invitato i Ministri degli Stati membri dell’eurozona ad approntare una risposta strategica coordinata ed adeguata alla situazione in rapida evoluzione.

A seguito di tale invito, come è noto, l’Eurogruppo ha discusso ulteriori risposte politiche alle ricadute economiche del Covid-19, nell’ambito di una video conferenza tenutasi il 24 marzo 2020, che però si è conclusa senza l’accordo su un documento di conclusioni; l’Italia, infatti, con l’appoggio di Francia, Spagna, Portogallo e Grecia, ha chiesto un ricorso al fondo salva Stati senza condizionalità, data l’eccezionalità e la gravità della situazione, mentre l’Olanda e la Germania sono rimaste contrarie a forme incondizionate di sostegno finanziario. Il muro contro muro ha condizionato anche il Consiglio europeo del 26 marzo 2020, conclusosi nella tarda serata con l’adozione di una Dichiarazione comune, che ha rimesso nuovamente all’Eurogruppo il compito di presentare in breve tempo nuove proposte; queste ultime, discusse ed approvate il 9 aprile scorso[3], sono tornate al Consiglio europeo del 23 aprile, conclusosi, con una dichiarazione finale del Presidente[4], che, pur accogliendo il pacchetto di misure dell’Eurogruppo, affida alla Commissione europea il compito di lavorare nel dettaglio alla creazione di un Recovery fund che abbia come garanzia il bilancio pluriennale.

Nel frattempo, si sono susseguite numerose riunioni a distanza a livello ministeriale dedicate all’emergenza Covid-19. Particolare importanza ha rivestito il Consiglio Ecofin svoltosi il 23 marzo 2020 che ha adottato una Dichiarazione sul Patto di stabilità e crescita[5], nella quale i Ministri hanno convenuto sull’attivazione, proposta dalla Commissione[6], della clausola di salvaguardia del Patto.

Anche la Commissione europea ha sin da subito risposto, nei limiti dei propri poteri, all’emergenza; anzitutto ha attivato il meccanismo di coordinamento delle crisi ARGUS; quindi ha adottato una serie di comunicazioni e documenti, fra le quali la comunicazione del 13 marzo 2020, “Risposta economica coordinata all’emergenza COVID-19”, sulla quale si tornerà più avanti, che sintetizza il quadro generale di risposta della Commissione.

Nella medesima data la Commissione ha adottato due proposte di regolamento[7], che approvate dal Parlamento europeo[8], sono state adottate dal Consiglio con procedura scritta. I due atti legislativi[9], che modificano l’ambito di applicazione del Fondo di solidarietà dell’UE per includervi le emergenze di sanità pubblica, e mobilitano gli investimenti nei sistemi sanitari degli Stati membri e in altri settori delle loro economie in risposta all’epidemia, sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 31 marzo e sono entrati in vigore il 1º aprile 2020.

Inoltre, il 19 marzo 2020, la Commissione europea ha adottato una misura temporanea per consentire agli Stati membri di avvalersi pienamente della flessibilità prevista dalle norme sugli aiuti di Stato per sostenere l’economia e permettere agli stessi di garantire una liquidità sufficiente alle imprese al fine di preservare la continuità dell’attività economica durante e dopo l’epidemia[10].

Infine, il Consiglio direttivo della BCE è intervenuto nella gestione della pandemia, adottando un insieme articolato di misure di politica monetaria per sostenere le condizioni di liquidità e finanziamento a favore di famiglie, imprese e banche e per contribuire a preservare la fluida erogazione di credito all’economia reale[11]

Di tutti gli interventi ad oggi messi in campo, ad ottenere un impatto mediatico maggiormente rilevante è stata la proposta della Commissione di uno strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione[12], ribattezzato “Cassa integrazione europea”; si tratta, come si vedrà, di un ulteriore fondo al quale potranno accedere gli Stati membri. Pur non costituendo un vero e proprio strumento di politica sociale, l’entusiasmo con il quale è stato accolto, ci induce a riflettere sull’opportunità, se non sulla necessità, che l’Unione intervenga nell’ambito della politica sociale, peraltro con azioni già discusse nel più recente dibattito politico europeo. Ciò soprattutto, nella speranza di riacquistare la fiducia della popolazione europea, che attende appunto soluzioni innovative e coraggiose.

  1. Lo strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione (SURE)

Il 13 marzo 2020, insieme alle proposte di regolamento poi approvate in tempi brevissimi dal Parlamento europeo e dal Consiglio, la Commissione europea, come visto, rivolgeva a Parlamento europeo, Consiglio europeo, Consiglio, Banca centrale europea, Banca europea degli investimenti ed Eurogruppo una Comunicazione dal titolo “Risposta economica coordinata all’emergenza COVID-19[13], nella quale sottolineava come fossero necessarie misure specifiche per attenuare l’impatto sull’occupazione per gli individui e per i settori più colpiti in caso di interruzione della produzione o di calo delle vendite.

È nell’ambito del sostegno agli Stati membri per alleviare l’impatto della crisi sull’occupazione che si colloca il nuovo strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in un’emergenza (SURE), proposto dalla Commissione il 2 aprile scorso.

Si tratta di un ulteriore strumento temporaneo ed ad hoc, come specificato all’art. 1 della proposta, per consentire all’Unione di concedere assistenza finanziaria per un importo, fissato all’art. 5 della proposta di regolamento, fino a 100 miliardi di euro, in forma di prestiti concessi a condizioni favorevoli agli Stati membri maggiormente colpiti per aiutarli a coprire i costi direttamente collegati alla creazione o all’estensione di programmi nazionali di lavoro a tempo ridotto e altre misure analoghe messe in atto per i lavoratori autonomi in seguito alla diffusione del virus. Tali programmi consentono, infatti, in determinate circostanze, alle imprese in difficoltà di ridurre temporaneamente le ore di lavoro dei propri dipendenti, che dunque ricevono un sostegno pubblico al reddito per le ore non lavorate; programmi simili possono applicarsi, appunto, ai lavoratori autonomi.

In altre parole, SURE intende garantire un’assistenza finanziaria aggiuntiva, come specificato all’art. 2 della proposta, integrando le misure nazionali e le sovvenzioni normalmente erogate per tali scopi nel quadro del Fondo di solidarietà dell’UE (FSUE).

La proposta prevede inoltre che, semestralmente, la Commissione verifichi il protrarsi delle circostanze eccezionali che giustificano l’applicazione dello strumento, fugando ogni dubbio, come è stato osservato[14], sulla sua natura emergenziale e sull’impossibilità che esso possa diventare un meccanismo permanente per il trasferimento di risorse verso gli Stati economicamente più deboli.

Quanto alle condizioni per l’attivazione dello strumento, secondo quanto previsto dall’articolo 3 della proposta, l’assistenza finanziaria potrà essere richiesta da uno Stato membro se la spesa pubblica effettiva ed eventualmente programmata ha subito un aumento repentino e severo nel settore dell’occupazione a causa delle risposte nazionali alla pandemia di Covid-19.

L’articolo 6 della proposta, che definisce la procedura per concedere rapidamente l’assistenza finanziaria, prevede che, a seguito della domanda di uno Stato membro, la Commissione attivi le consultazioni volte a verificare la portata dell’aumento della spesa pubblica direttamente connesso all’istituzione o all’estensione di regimi di riduzione dell’orario lavorativo e di misure analoghe, nonché a valutare le condizioni e l’importo del prestito, la scadenza media massima, il prezzo, il periodo di disponibilità del sostegno e le modalità tecniche di attuazione. Quindi, soddisfatte le condizioni previste, il Consiglio, su proposta della Commissione, adotterebbe una decisione di esecuzione che approva l’assistenza finanziaria, deliberando a maggioranza qualificata. La Commissione e lo Stato membro beneficiario concluderebbero quindi un accordo di attuazione.

Gli articoli da 7 a 10 del regolamento proposto contengono poi le norme procedurali per l’erogazione e l’attuazione del supporto in forma di prestito. L’articolo 11 riguarda invece il meccanismo di finanziamento dello strumento; la concessione di prestiti agli Stati membri nel quadro dello strumento dovrebbe essere, infatti, subordinata ad un sistema di garanzie degli Stati membri costituite su base volontaria nei confronti dell’Unione. Tali garanzie dovrebbero essere irrevocabili, incondizionate e dovrebbero formare l’oggetto di un accordo concluso tra la Commissione e gli Stati membri contributori.

Si tratta dunque di uno strumento importante soprattutto nella misura in cui, come è stato osservato[15], la proposta di regolamento non prevede il ricorso ad una politica di condizionalità tesa a subordinare la concessione dell’aiuto, o il pagamento di quote successive, all’adozione di specifiche riforme di carattere strutturale, a differenza delle altre ben note proposte poste sul tavolo da taluni Stati membri.

La base giuridica del regolamento, com’era prevedibile, è individuata nell’art. 122 TFUE. In particolare, il regime di garanzia a sostegno dello strumento SURE dovrebbe basarsi sull’articolo 122, paragrafo 1, del TFUE, che, come è noto, permette al Consiglio, su proposta della Commissione, di decidere, in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, le misure adeguate alla situazione economica, in particolare in caso si gravi difficoltà nell’approvvigionamento di determinati prodotti. L’organizzazione e la gestione del sistema di prestiti dovrebbero basarsi invece sull’articolo 122, paragrafo 2, del TFUE, che consente al Consiglio di fornire, su proposta della Commissione e a determinate condizioni, un’assistenza finanziaria temporanea e ad hoc dell’Unione ad uno Stato membro che si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di calamità naturali o di circostanze eccezionali che esulano dal suo controllo.

La proposta, come visto, si affianca ad un altro strumento finalizzato a fornire un sostegno agli Stati membri in caso di emergenze, il Fondo di solidarietà dell’Unione europea (FSUE )[16], così come modificato il 30 marzo scorso[17],  per estenderne l’ambito di applicazione alle gravi emergenze di sanità pubblica e per definire gli interventi specifici ammissibili al finanziamento; tuttavia, è bene sottolineare come  i due strumenti si differenzino per alcuni aspetti; anzitutto l’ambito geografico è diverso, in quanto il SURE è limitato agli Stati membri e non si applica, come il FSUE, ai paesi che stanno negoziando l’adesione all’Unione; inoltre il FSUE consente l’erogazione di sovvenzioni, mentre il SURE si basa sui prestiti agevolati. Infine, il FSUE continua ad essere uno strumento permanente, il SURE ha, invece, natura temporanea, tanto che la stessa Commissione lo ha considerato come attuazione di emergenza di un regime europeo di riassicurazione dell’indennità di disoccupazione nel contesto specifico della crisi dovuta al Covid-19, fatta salva la possibile successiva creazione di uno strumento permanente in forza di una diversa basa giuridica del TFUE. A tal proposito, nella comunicazione che illustra la sua risposta economica coordinata alla pandemia di coronavirus, la Commissione si è impegnata ad accelerare la preparazione della proposta legislativa per un sistema europeo di riassicurazione della disoccupazione, considerato che lo strumento SURE non può precludere l’istituzione di un regime di riassicurazione permanente[18]. Si tratta di uno strumento, di cui si parlerà più avanti, che rientra nella politica sociale dell’Unione, che andrà inevitabilmente rafforzata quando, superata l’emergenza sanitaria, occorrerà affrontare quella economica ed appunto sociale.

  1. Il Pilastro europeo dei diritti sociali

Per tornare alla questione che ci si è posti all’inizio di questa riflessione, ovvero se è immaginabile ripartire proprio dalla politica sociale europea, occorre fare qualche passo indietro.

Già in seguito alla crisi economica e finanziaria esplosa nel 2008, l’accentuazione dei livelli di marginalità sociale in vaste parti della popolazione europea aveva riportato la questione sociale al centro delle priorità dell’UE[19]. È stato osservato[20], infatti, come all’incalzare delle difficoltà economiche e al conseguente anti-europeismo dei cittadini, un po’ ovunque, anche se in maniera differenziata, negli Stati membri, le istituzioni dell’Unione abbiano cominciato a porsi l’obiettivo di approfondire la dimensione sociale, soprattutto in considerazione delle ambiziose prospettive di sviluppo nel contesto della Unione economica e monetaria.

Così nel suo primo discorso sullo stato dell’Unione, il 9 settembre 2015, l’allora presidente della Commissione Juncker, lanciava l’idea di un pilastro europeo dei diritti sociali che potesse fungere da bussola per una rinnovata convergenza nella zona euro, permettendo eventualmente anche agli altri Stati membri di aderirvi.

Pochi mesi dopo la Commissione lanciava una consultazione pubblica[21], in seguito alla quale elaborava le proposte per l’istituzione e la proclamazione del Pilastro europeo dei diritti sociali[22]. Contemporaneamente, la Commissione lo approvava con una raccomandazione[23], basata sull’art. 292 TFUE, e il 17 novembre 2017, nel corso del Vertice sociale di Göteborg, i presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione proclamavano il Pilastro europeo dei diritti sociali (PEDS).

Si tratta dunque di un atto privo di valore giuridico vincolante, ponendosi il PEDS l’obiettivo di riunire diritti e principi già presenti nell’acquis dell’UE e nelle normative internazionali, al fine di renderli maggiormente visibili, comprensibili ed espliciti per i cittadini e per gli attori a tutti i livelli.

Quanto al contenuto, il PEDS contiene 20 principi articolati in tre capi. Il primo contiene i principi ed i diritti in tema di istruzione, formazione, pari opportunità e sostegno all’occupazione. Nel capo II sono elencati i diritti che attengono allo svolgimento del rapporto di lavoro subordinato, fra questi l’occupazione flessibile e sicura, le retribuzioni, le informazioni sulle condizioni di lavoro e sulla protezione in caso di licenziamento, l’equilibrio tra vita professionale e familiare, un ambiente di lavoro sano, sicuro e adeguato. Infine, il capo III, relativo alla protezione sociale e all’inclusione, contiene il principio dell’assistenza all’infanzia e ai minori, quello della protezione sociale, delle prestazioni di disoccupazione, del reddito minimo e delle pensioni di vecchiaia; a questi si aggiungono i principi di assistenza sanitaria, inclusione delle persone con disabilità ed accesso ai servizi assistenziali.

Come è stato osservato[24], nonostante il PEDS riunisca, come detto, principi e diritti già affermati nel diritto dell’Unione europea, tuttavia, spesso la loro formulazione ed il loro contenuto vanno oltre, talvolta solo parzialmente talaltra significativamente, l’attuale acquis dell’Unione.

Ad oggi, nell’ambito del PEDS, sono state approvate diverse iniziative, tra cui la direttiva relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza[25], la direttiva relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’UE[26], il regolamento per l’istituzione di un’Autorità europea del lavoro[27], e la direttiva sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro[28].

Inoltre, il 14 gennaio 2020, la Commissione europea ha presentato la comunicazione “Un’Europa sociale per transizioni giuste[29] che definisce la via da seguire per attuare il Pilastro europeo dei diritti sociali: secondo la Commissione von der Leyen, infatti, esso rappresenta “la strategia sociale dell’Unione per garantire che la transizione alla neutralità climatica, la digitalizzazione e il cambiamento demografico siano socialmente equi e giusti”.

Nella comunicazione la Commissione presenta le iniziative da adottare fino al 2021, allegando un calendario, ed invita pertanto tutte le autorità dell’UE, nazionali, regionali e locali e tutti i partner a presentare entro novembre 2020 le loro osservazioni sulle ulteriori azioni necessarie e ad assumere impegni concreti per attuare il Pilastro.

Certo è che lo scoppio della pandemia ha di fatto modificato le priorità della Commissione, o quantomeno avrà ripercussioni sulla tabella di marcia. Tuttavia, risulta ad oggi particolarmente importante continuare ad insistere sull’attuazione del PEDS, anche al fine di riporre la centralità della questione della definizione di una “identità europea”, per la quale oggi più che mai risulta indispensabile un modello sociale europeo[30].

  1. Un regime europeo di riassicurazione delle indennità di disoccupazione

Uno degli ambiti di intervento del Pilastro europeo dei diritti sociali, come visto, è il sosotegno alla disoccupazione; qualche mese dopo la sua proclamazione da parte dei presidenti delle 3 Istituzioni, infatti, la Commissione, nel documento di riflessione sull’Unione economica e monetaria[31], individuava, al fine della stabilizzazione macroeconomica per la zona euro, la possibilità di istituire un regime europeo di riassicurazione della disoccupazione, peraltro già oggetto di dibattito a livello europeo.

Considerato che le indennità di disoccupazione sono una componente importante della rete di sicurezza sociale e che la loro diffusione tende ad aumentare in un periodo di recessione economica, si sottolineava come tale regime potesse fornire un più ampio margine di manovra alle finanze nazionali per permettere di uscire da eventuali crisi economiche in tempi più brevi.

Accantonata l’idea di un sussidio di disoccupazione diretto che implicherebbe un alto grado di armonizzazione economica e del mercato del lavoro, le successive discussioni si sono concentrate su un sistema finanziato da contributi regolari provenienti dai regimi nazionali, ai quali il sistema europeo presterebbe soccorso nel caso in cui i livelli di disoccupazione raggiungessero valori predeterminati.

Al dibattito è stato dato un significativo impulso con l’insediamento della nuova Commissione; infatti già gli Orientamenti politici presentatati al Parlamento europeo il 27 novembre dello scorso anno dall’allora candidata alla carica di Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, preannunciavano la presentazione di un regime europeo di riassicurazione delle indennità di disoccupazione, finalizzato a tutelare i cittadini dell’Unione e a ridurre la pressione sulle finanze pubbliche in presenza di shock esterni. L’impegno inoltre è stato ripreso nel successivo Programma di lavoro della Commissione presentato ad inizio 2020[32], nel quale si annuncia la presentazione di una proposta di regime europeo di riassicurazione contro la disoccupazione con l’obiettivo di sostenere chi lavora e di proteggere chi ha perso il posto di lavoro a causa di shock esterni, in particolare favorendone la riqualificazione. Peraltro qualche giorno prima, la Commissione aveva adottato la citata comunicazione “Un’Europa sociale forte per transizioni giuste[33], nella quale affermava che per essere resiliente il contratto sociale deve basarsi su una forte solidarietà, dunque è necessario “sostenere coloro che perdono il lavoro a causa di eventi esterni che incidono sulla nostra economia, promuovendone la riqualificazione e la reintegrazione nel mercato del lavoro”; nella tabella di marcia allegata alla comunicazione si prevedeva la presentazione di una specifica proposta sul regime di riassicurazione della disoccupazione nel quarto trimestre 2020.

Una tale iniziativa appare dunque coerente con il Pilastro europeo dei diritti sociali approvato nel 2017. Considerato che negli intenti della Commissione avrebbe dovuto trattarsi di uno strumento permanente da attivare solo nei casi di grossi shock e non a sostegno della disoccupazione “ordinaria”, il rammarico dunque è che non sia stato proposto, ed evidentemente approvato, prima della seppur imprevedibile crisi pandemica.

Sulla effettività di un tale strumento, peraltro, basti far riferimento alle simulazioni condotte in uno studio del Ceps di Bruxelles[34]: con un sistema europeo di assicurazione contro la disoccupazione pienamente funzionante, il Pil spagnolo del 2012 avrebbe potuto essere dell’1,6% più alto di quanto non sia stato effettivamente. Un tale sistema avrebbe assorbito più del 40% della caduta di Pil che si era registrata tra 2010 e 2012 in Spagna.

Tuttavia, il fatto che nella proposta relativa allo strumento SURE la Commissione, come detto, si sia impegnata ad accelerare la preparazione della proposta legislativa per un sistema europeo di riassicurazione della disoccupazione lascia ben sperare. Si tratterebbe di un meccanismo importante dal punto di vista economico, ma non solo, perché dal punto di vista politico e sociale potrebbe dimostrare la solidarietà europea in modo visibile e tangibile ai cittadini europei.

In altre parole, l’Europa potrebbe essere in grado di recuperare il consenso indispensabile per il suo ulteriore sviluppo proprio ripartendo dal PEDS.

* * *

[1] Si veda A. Correa, “COVID-19: la Commissione UE annuncia il “whatever it takes”, ma non troppo”, in I Post di AISDUE, Vol. II, sezione “Coronavirus e diritto dell’Unione”, 2020, pp. 1 ss.

[2] https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2020/03/16/statement-on-covid-19-economic-policy-response/

[3] https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2020/04/09/report-on-the-comprehensive-economic-policy-response-to-the-covid-19-pandemic/

[4] https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2020/04/23/conclusions-by-president-charles-michel-following-the-video-conference-with-members-of-the-european-council-on-23-april-2020/

[5] https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2020/03/23/statement-of-eu-ministers-of-finance-on-the-stability-and-growth-pact-in-light-of-the-covid-19-crisis/

[6] COM (2020) 123 fin., del 20 marzo 2020, Comunicazione della Commissione al Consiglio sull’attivazione della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita.

[7] COM (2020) 113 fin., del 13 marzo 2020, proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1303/2013, il regolamento (UE) n. 1301/2013 e il regolamento (UE) n. 508/2014 per quanto riguarda misure specifiche volte a mobilitare gli investimenti nei sistemi sanitari degli Stati membri e in altri settori delle loro economie in risposta all’epidemia di COVID-19; COM (2020) 114 fin., del 13 marzo 2020, proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio al fine di fornire assistenza finanziaria agli Stati membri e ai paesi che stanno negoziando la loro adesione all’Unione colpiti da una grave emergenza di sanità pubblica.

[8] Durante la sessione plenaria straordinaria del Parlamento europeo del 26 marzo 2020, nel rispetto delle note precauzioni sanitarie, alcuni deputati, di tutti i gruppi politici, si sono riuniti in una sessione speciale nell’Aula di Bruxelles, mentre altri hanno seguito il dibattito da casa, quindi grazie alle speciali procedure messe in atto tutti i deputati hanno potuto votare a distanza. Si veda A. Circolo, “Brevi note sulla votazione a distanza: il Parlamento europeo tra forza maggiore e garanzie procedurali”, in DPCE Online, 29 marzo 2020.

[9] Regolamento (UE) n. 2020/460 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 marzo 2020, che modifica i regolamenti (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013 e (UE) n. 508/2014 per quanto riguarda misure specifiche volte a mobilitare gli investimenti nei sistemi sanitari degli Stati membri e in altri settori delle loro economie in risposta all’epidemia di COVID-19 (Iniziativa di investimento in risposta al coronavirus. Regolamento (UE) n. 2020/461 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 marzo 2020, recante modifica del regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio al fine di fornire assistenza finanziaria agli Stati membri e ai paesi che stanno negoziando la loro adesione all’Unione colpiti da una grave emergenza di sanità pubblica.

[10] C (2020) 1863 fin., del 19 marzo 2020, comunicazione della Commissione, Temporary Framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak, modificata dalla C (2020) 2215, del 3 aprile 2020, comunicazione della Commissione, Modifica del quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19.

[11] Si veda C. Pesce, “Pandemic Emergency Purchase (PEPP): contenuti, finalità e basi giuridiche dell’azione monetaria UE”, in I Post di AISDUE, Vol. II, sezione “Coronavirus e diritto dell’Unione”, 2020, pp. 39 ss.

[12] COM (2020) 139 fin., del 2 aprile 2020, proposta di Regolamento del Consiglio che istituisce uno strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in un’emergenza (SURE) a seguito della pandemia di Covid-19.

[13] COM (2020) 112 fin., del 12 marzo 2020, comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio Europeo, al Consiglio, alla Banca Centrale Europea, alla Banca Europea per gli investimenti e all’Eurogruppo, Risposta economica coordinata all’emergenza COVID-19.

[14] F. Costamagna, “La proposta della Commissione di uno strumento contro la disoccupazione generata dalla Pandemia Covid-19 (SURE): un passo nella giusta direzione, ma che da solo non basta”, in Sidiblog, 5 aprile 2020. L’A. osserva come sul punto ci si sarebbe potuti aspettare un po’ più di coraggio da parte della Commissione, che avrebbe potuto cogliere l’occasione per giungere all’istituzione di un meccanismo permanente.

[15] F. Costamagna, “La proposta della Commissione”, cit.

[16] Regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio, dell’11 novembre 2002, che istituisce il Fondo di solidarietà dell’Unione europea.

[17] Regolamento (UE) n. 2020/461 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 marzo 2020, cit.

[18] R. Baratta, “Il contrasto alla disoccupazione a fronte dell’emergenza sanitaria da Covid-19: è attuale il principio di solidarietà nell’Unione europea?”, in Sidiblog, 9 aprile 2020. L’A. individua la possibilità che un tale strumento permanente possa trovare la base giuridica nel titolo XVIII del TFUE, in particolare nelle disposizioni che permettono di promuovere lo sviluppo armonioso dell’Unione nel suo insieme con azioni intese a «realizzare il rafforzamento della sua coesione economica, sociale e territoriale» (art. 174, comma 1, TFUE), anche al fine di ridurre il divario con le regioni europee meno favorite (art. 174, comma 2, TFUE). Infatti, al fine di raggiungere tali obiettivi, l’Unione può condurre in proprio politiche e azioni di sostegno, tanto è vero che certi fondi a finalità strutturale sono menzionati (art. 175, comma 1, TFUE) e che alla Commissione è chiesto di relazionare sui progressi compiuti in questo settore (art. 175, comma 2, TFUE). L’A. sottolinea inoltre come assuma una particolare importanza l’art. 175, comma 3, TFUE, nella misura in cui consente all’Unione di adottare azioni specifiche con procedura legislativa ordinaria. Infine, poiché sarebbe prospettabile che lo strumento rimanesse circoscritto ai soli Stati membri della zona euro, l’A. osserva che la base giuridica concorrente potrebbe essere l’art. 136 (e l’art. 121) TFUE, a norma del quale il Consiglio può adottare «misure concernenti gli Stati membri la cui moneta è l’euro» al fine, tra l’altro, di «rafforzare il coordinamento e la sorveglianza della disciplina di bilancio».

[19] E. Triggiani, “Spunti e riflessioni sull’Europa”, Bari, 2019, p. 205.

[20] P. Gargiulo, “Il futuro dell’Europa sociale: contenuto, problemi e limiti del Pilastro europeo dei diritti sociali”, in La Comunità internazionale, 2/2019, p. 234.

[21] COM (2016) 127 fin., dell’8 marzo 2016, Avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali.

[22] COM (2017) 250 fin., del 26 aprile 2017, Istituzione di un pilastro europeo dei diritti sociali, COM (2017) 251 fin., del 26 aprile 2017, Proclamazione interistituzionale del Pilastro europeo dei diritti sociali.

[23] Regolamento (UE) n. 2020/461 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 marzo 2020, cit.

[24] P. Gargiulo, “Il futuro dell’Europa sociale”, cit., p. 247.

[25] Direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio.

[26] Direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea.

[27] Regolamento (UE) n. 2019/1149 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, che istituisce l’Autorità europea del lavoro, che modifica i regolamenti (CE) n. 883/2004, (UE) n. 492/2011, e (UE) 2016/589 e che abroga la decisione (UE) 2016/344.

[28] Direttiva (UE) 2019/983 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2019, che modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro (Testo rilevante ai fini del SEE).

[29] COM (2020) 14 fin., del 14 gennaio 2020, comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Un’Europa sociale forte per transizioni giuste. Si veda S. Sciarra, “Eppur si muove? La strategia della Commissione per rilanciare l’Europa sociale”, in Freedom, Security and Justice, 1/2020, pp. 1 ss.; M. Lastilla, “Un’Europa sociale forte per transizioni giuste”, in SudinEuropa, febbraio 2020, pp. 19 s.

[30] E. Triggiani, “Spunti e riflessioni sull’Europa”, cit., p. 206.

[31] COM (2017) 291 fin., del 31 maggio 2017, documento di riflessione sull’approfondimento dell’Unione economica e monetaria.

[32] COM (2020) 37 fin., del 29 gennaio 2020, comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni, Programma di lavoro della Commissione 2020. Un’Unione più ambiziosa.

[33] COM (2020) 14 fin., del 14 gennaio 2020, cit.

[34] https://www.ceps.eu/wp-content/uploads/2015/01/CEPS%20Special%20Report%20An%20EU%20Unemployment%20Insurance%20Scheme%20Beblavy%20and%20Masselli.pdf

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