La denuncia di alienazione dei beni mobili vincolati
La varietà del patrimonio culturale e paesaggistico presente sul nostro territorio ha spinto il legislatore a cercare una disciplina in grado di tenere in considerazione l’esigenza di tutela della circolazione dei beni sia immobili che mobili. Di particolare rilievo è l’atteggiamento che assume la Pubblica amministrazione, nei suoi vari enti ed articolazioni, in relazione a ciò. Si è giunti col tempo, con un’evoluzione costante che parte già dal 1039[1], a redigere un vero e proprio codice: il c.d. “Codice dei beni culturali e paesaggistici”[2]. L’intento normativo è evidente e pare anche pienamente riuscito. Il legislatore ha dettato una disciplina che varia, non solo a seconda del bene, ma anche e soprattutto con riferimento al tipo di atto. In particolare, in alcuni di essi vi è un “intervento diretto” della P.A., la quale mantiene principalmente un diritto di prelazione che può essere estrinsecato in tantissimi modi e in altri caso ha un mero diritto di informativa.
Per gli atti di alienazione di beni storico-artistici di proprietà di soggetti privati non esiste alcun controllo di tipo autorizzatorio. Pertanto, salvo il caso delle collezioni e delle serie di oggetti[3], i proprietari privati sono pienamente liberi di disporre del loro diritto, senza che l’esercizio di questa facoltà incontri un limite pubblicistico.
Esiste soltanto a loro carico un obbligo di “denuncia” al Ministero del compimento di ogni atto, a titolo oneroso o gratuito, che trasmetta in tutto o in parte la proprietà o la detenzione di beni soggetti a tutela[4]. La denuncia esplica un ruolo fondamentale per l’esercizio da parte dello Stato del diritto di prelazione.
L’esigenza soddisfatta da tale mezzo è quella di fornire all’amministrazione una piena conoscenza dello stato attuale di appartenenza giuridica e di disponibilità materiale della cosa, come presupposto tecnicamente indispensabile per mettere l’autorità in condizione di esercitare utilmente e prontamente tutti i suoi poteri di controllo e di ingerenza attiva nella manutenzione e gestione dei beni storici e artistici.
Sono soggetti alla predetta denuncia non soltanto gli atti di trasferimento della proprietà, ma anche quei negozi che comportano l’obbligo di consegna della cosa a persona diversa dal proprietario disponente, dando luogo ad una diversa detenzione del bene. Tale norma, pare riferirsi principalmente alla c.d. “detenzione qualificata”, propria del conduttore, del comodatario ed in genere di chiunque abbia un diritto personale di godimento sulla cosa.
Non può escludersi l’obbligo di denuncia anche per gli atti che danno luogo ad una “detenzione non qualificata”. L’articolo 58 non menziona gli atti di costituzione di diritti reali diversi dalla proprietà.
Il riferimento esclusivo dell’art. 58 al trasferimento della proprietà o della detenzione e la considerazione che l’obbligo di denuncia comporta severe sanzioni per il trasgressore, induce a ritenere che la lacuna della legge non sia colmabile in via interpretativa[5]. L’obbligo di denuncia è sicuramente riferibile soltanto ai proprietari privati e persone fisiche o società e non agli enti pubblici e a quelli privati senza fine di lucro.
Per gli atti che danno luogo al passaggio a terzi della detenzione di cose mobili, al controllo consentito dalla denuncia può aggiungersi, o sostituirvisi nella consegna della cosa al terzo importi anche la sua rimozione.
L’obbligo di denuncia è presupposto dell’esercizio della vigilanza e del controllo da parte dell’amministrazione, consente di acquisire dati utili alla catalogazione e, soprattutto, è volto a mettere la P.A. in condizione di esercitare il diritto di prelazione, alla stessa attribuito dall’art. 59[6].
La legge dispone espressamente che la denuncia sia effettuata presso il soprintendente del luogo dove si trova il bene entro trenta giorni dall’atto che trasferisce la proprietà, a titolo oneroso o gratuito, dal proprietario o detentore del bene, ovvero dall’atto che trasferisce la detenzione. Essa è fatta normalmente dal proprietario o detentore, dall’acquirente solo in caso di vendita forzata o fallimentare o di sentenza di trasferimento, dall’erede o legatario in caso di successione per causa di morte. Deve contenere tutti i dati identificativi dei beni alienati e del luogo in cui si trovano, nonché quelli relativi all’acquirente.
Il comportamento della Pubblica Amministrazione, nel caso di specie, il Ministero dei beni culturali e più specificamente, la Soprintendenza, è meramente recettivo, in quanto questa si limita a prendere atto dell’avvenuto trasferimento, non potendo avanzare alcuna pretesa o eccezione all’alienazione stessa. Si tratta dunque di un meccanismo funzionale a garantire un controllo effettivo su beni “gravati” da vincoli, affinché questi possano essere continuamente seguiti e rintracciati: ovviamente con il fine ultimo di assicurare la conservazione del patrimonio storico-artistico.
[1] Legge n. 1089 del 1939.
[2] DECRETO LEGISLATIVO 22 gennaio 2004, n. 42 Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137. (GU Serie Generale n.45 del 24-02-2004 – Suppl. Ordinario n. 28) note: Entrata in vigore del decreto: 01-05-2004.
[3] Cfr. Art. 55, comma 1, Decreto Legislativo n. 42 del 2004.
“I beni culturali immobili appartenenti al demanio culturale e non rientranti tra quelli elencati (nell’articolo 54, comma 1) non possono essere alienati senza l’autorizzazione del Ministero.“
[4] Cfr. art. 58 del Decreto Legislativo n. 42 del 2004.
“Il Ministero può autorizzare la permuta dei beni indicati agli articoli 55 e 56 nonché di singoli beni appartenenti alle pubbliche raccolte con altri appartenenti ad enti, istituti e privati, anche stranieri, qualora dalla permuta stessa derivi un incremento del patrimonio culturale nazionale ovvero l’arricchimento delle pubbliche raccolte.”
[5] La soluzione sembra esatta in rapporto al possibili esercizio del diritto di prelazione. in senso affermativo: Consiglio di Stato, Sezione IV, 24 maggio 1995, n. 348.
[6] Articolo 59 del Decreto Legislativo n. 42 del 2004. Denuncia di trasferimento.
“1. Gli atti che trasferiscono, in tutto o in parte, a qualsiasi titolo, la proprietà o (limitatamente ai beni mobili) la
detenzione di beni culturali sono denunciati al Ministero.
- La denuncia e’ effettuata entro trenta giorni:
- a) dall’alienante o dal cedente la detenzione, in caso di alienazione a titolo oneroso o gratuito o di trasferimento della detenzione;
- b) dall’acquirente, in caso di trasferimento avvenuto nell’ambito di procedure di vendita forzata o fallimentare ovvero in forza di sentenza che produca gli effetti di un contratto di alienazione non concluso;
- c) dall’erede o dal legatario, in caso di successione a causa di morte. Per l’erede, il termine decorre dall’accettazione dell’eredita’ o dalla presentazione della dichiarazione ai competenti uffici tributari; per il legatario, il termine decorre dalla comunicazione notarile prevista dall’articolo 623 del codice civile, salva rinuncia ai sensi delle disposizioni del codice civile.
- La denuncia e’ presentata al competente soprintendente del luogo ove si trovano i beni.
- La denuncia contiene:
- a) i dati identificativi delle parti e la sottoscrizione delle medesime o dei loro rappresentanti legali;
- b) i dati identificativi dei beni;
- c) l’indicazione del luogo ove si trovano i beni;
- d) l’indicazione della natura e delle condizioni dell’atto di trasferimento;
- e) l’indicazione del domicilio in Italia delle parti ai fini delle eventuali comunicazioni previste dal presente Titolo.
- Si considera non avvenuta la denuncia priva delle indicazioni previste dal comma 4 o con indicazioni incomplete o imprecise.”