venerdì, Aprile 19, 2024
Criminal & Compliance

La dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti

Evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto? Ecco la la disciplina penale.

Tra le fattispecie delittuose più gravi in materia tributaria vi è certamente la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, punita dall’art. 2 del dlgs. 10 marzo 2000, n. 74  con la pena della reclusione da 18 mesi a 6 anni. Esso si verifica quando taluno “al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni [annuali] relative a dette imposte elementi passivi fittizi”.

Il decreto legislativo 158/2015, adottato in attuazione della legge delega 24/2014, ha provveduto unicamente ad eliminare la parola “annuali” dal riportato comma 1, con la conseguenza che la sanzione penale si applica a tutte le dichiarazioni relative alle imposte sui redditi e all’IVA, anche a quelle presentate in occasione di operazioni straordinarie o durante procedure concorsuali.

Il secondo comma continua a recitare: “Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.

Secondo la Terza Sezione Penale della Cassazione, che ha annullato una sentenza della Corte d’Appello di Milano con sentenza n. 49570 del 16 dicembre 2015, la fattispecie delittuosa si considera perfezionata solo con l’effettiva dichiarazione della presentazione riportante elementi passivi fittizi poiché la dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture false non è punibile a titolo di tentativo.

Secondo la Corte, infatti, la norma è chiara nel definire la condotta criminosa come l’indicazione, nella dichiarazione sulle imposte sui redditi o sull’IVA, di elementi passivi fittizi, per cui tutto ciò che è antecedente alla dichiarazione non assume rilevanza ai fini dell’integrazione del reato.

Dei delitti di dichiarazione che sono disciplinati dal dlgs. 74/2000, questo è l’unico per il quale non è prevista una soglia di punibilità data la gravità del reato dovuta alla contabilizzazione e all’utilizzazione di documenti falsi in dichiarazione, accompagnate dal dolo specifico (“al fine di evadere le imposte”).

Per “fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” si intendono, stando al dlgs. 74/2000, “le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi”.

“Operazioni inesistenti”, invece, possono essere:

  1. operazioni mai effettuate e quindi inesistenti oggettivamente;
  2. operazioni effettuate, ma per le quali si indica una fatturazione superiore rispetto a quella reale (si compie, cioè, una sovrafatturazione);
  3. o, ancora, operazioni inesistenti soggettivamente, cioè operazioni che sono state effettuate ma tra  soggetti diversi , avvalendosi di soggetti interposti. È spesso questo il mezzo attraverso il quale viene realizzata la c.d. frode carosello, una frode fiscale piuttosto complessa che si realizza mediante vari espedienti. Il soggetto interposto generalmente è una società cartiera, cioè una società che non produce niente e non è operativa, ma viene creata unicamente per evadere le tasse (da qui il termine “cartiera”, trattandosi di un soggetto che si limita a … produrre carte!). In questo caso, il soggetto interposto incassa l’IVA sulla falsa fattura che ha emesso, senza riversarla poi allo Stato.

Laura De Rosa

Raccontarsi in poche righe non è mai semplice, specialmente laddove si intende evitare l’effetto “lista della spesa”. Cosa dire di me, dunque, in questa piccola presentazione per i lettori di “Ius in itinere”? Una cosa è certa: come insegnano le regole di civiltà e buona educazione, a partire dal nome non si sbaglia mai. Mi chiamo Laura De Rosa e sono nata nella ridente città di Napoli nel 1994. Fin da bambina ho coltivato la mia passione per la scrittura, che mi ha portato a conseguire col massimo dei voti nel 2012 il diploma classico presso il liceo Adolfo Pansini. Per lungo tempo, così, greco e latino sono stati per me delle seconde lingue, tanto che al liceo rimproveravo scherzosamente la mia professoressa di greco accusandola del fatto che a causa sua parlassi meglio delle “lingue morte” piuttosto che l’inglese. Tuttavia, ciò non ha impedito che anche io perdessi la mia ignoranza in proposito e oggi posso vantare un livello B2 Cambridge ed una forte aspirazione al C1. Parlo anche un po’ di spagnolo e, grazie al programma Erasmus Plus che mi ha portato nella splendida Lisbona, ora posso dire con fierezza che il portoghese non è più per me un mistero. Sono cresciuta in un ambiente in cui il diritto è il pane quotidiano ed ho sempre guardato a questo mondo come a qualcosa di familiare e allo stesso tempo estraneo, perché talvolta faticavo a comprenderlo. Approcciata agli studi legali, invece, la mia visione delle cose è cambiata e mi sono accorta come termini che prima mi apparivano incomprensibili e lontani invece rappresentano la realtà di tutti giorni, anzi ci permettono di vedere e capire questa realtà. Ho affrontato, nel mio percorso universitario, lo studio del diritto penale con uno spirito critico mosso da queste considerazioni e sono giunta alla conclusione che questo ramo è quello che, probabilmente, più di tutti gli altri rappresenta l’uomo. Oggi sono iscritta all’ultimo anno della laurea magistrale presso l’Università Federico II di Napoli e, nonostante non ci sia branca del diritto che manchi di destare la mia curiosità, sono sempre più convinta di voler dare il mio contributo all’area penalistica. L'esser diventata socia di ELSA sicuramente ha rappresentato per me un'ottima opportunità in questo senso. Scrivere per un giornale non è, per me, un’esperienza nuova. La mia collaborazione con “Ius in itinere” ha però un sapore diverso: nasce dal desiderio di mettermi in gioco come giurista, scrittrice e membro della società. Il diritto infatti, come l’uomo, vive e si sviluppa. E come l’uomo ha un animo, aspetto da tenere sempre presente quando ci si approccia a studi giuridici. Mia volontà è dare un contributo a questo sviluppo nell’intento e nella speranza di collaborare ad un diritto più “giusto” e più “umano”. Oggi nelle vesti di scrittrice, un domani in un ruolo ancor più attivo. Mail: laura.derosa@iusinitinere.it

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