venerdì, Marzo 29, 2024
Di Robusta Costituzione

La Festa della Liberazione

La Festa della Liberazione

  1. La Festa della Liberazione: un’introduzione 2. La strada per la Liberazione e l’Unità della Resistenza 3. Il fascismo e lo Stato d’eccezione 4. La Costituzione antifascista (non afascista)

 

“Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.

Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio[..].

Soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo”.

(P. Calamandrei, Lapide ad ignominia) [1]

 

 

1.La Festa della Liberazione: un’introduzione

La Festa della Liberazione è la festa nazionale che celebra la dura lotta della Resistenza combattuta per liberare l’Italia dal governo fascista e dall’occupazione nazista. La data è simbolica: indica il 25 aprile 1945, quando le principali città italiane vennero liberate dai partigiani e cadde la Repubblica di Salò.

Nell’arco temporale che va dalla caduta del regime fascista alla nascita della Repubblica queste forze si autolegittimano “potere costituente”: lottano per farsi costituenti di un nuovo ordine e, al tempo stesso, delegittimano non solo il regime fascista, ma anche la monarchia.  Se il fenomeno della “Resistenza” è stato lo spirito comune dei popoli del continente europeo che si “liberavano” dall’oppressione delle guerre, la Resistenza italiana si distinse perché  in essa coesistevano due anime: la Resistenza concepita  sia come “momento militare di lotta allo straniero” sia “come processo di rifondazione dello Stato” (sotto quest’ultimo aspetto, prese il nome di “Secondo Risorgimento” )[2].Per questo, la Festa della Liberazione assume in Italia una valenza peculiare.

Su iniziativa di Palmiro Togliatti (c.d. Svolta di Salerno)[3] i partiti, uniti nella comune lotta per la libertà, accantonarono momentaneamente la “pregiudiziale questione istituzionale”, anteponendo ad essa l’unità nella lotta al nazifascismo. La lotta per la “Liberazione” costituì, quindi, il preludio della “Repubblica”: la scelta della forma di Stato venne lasciata al “popolo” e sarà il popolo che, con referendum, sceglierà di essere “cittadino” della Repubblica italiana (2 giugno 1946)[4].

La festa, in particolare, è stata istituita con decreto legislativo luogotenenziale del Re Umberto II (principe e luogotenente del Regno d’Italia) su proposta del Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi (ufficializzata con legge n° 260 del 27 maggio 1949). Oggi  si festeggia nelle piazze italiane (è la festa del popolo che, in quelle piazze, ha riconquistato la libertà) e, a livello nazionale il Presidente della Repubblica (nella sua triplice funzione di Capo dello Stato italiano, garante della Costituzione e rappresentante dell’Unità nazionale) rende omaggio al “Milite Ignoto”[5], monumento ai caduti in guerra.

In questo articolo, celebrativo della Festa della Liberazione, si cercherà di porre l’accento sulle condizioni “giuridiche” (ex ante) che hanno permesso al Regime Fascista di insediarsi proclamando lo stato d’eccezione e, sulle “soluzioni giuridiche” (ex post) che la Resistenza ha elaborato quale antidoto all’instaurazione di  qualsiasi regime. La Costituzione è strutturalmente antifascista, edificata su solide basi proprio per impedire il ritorno di qualsiasi forma di fascismo. Prima però, si evidenzierà come la “Liberazione” sia stata la sintesi di tutte le forze politiche, unite e libere contro il pericolo comune: la dittatura fascista.

 

2. La strada per la Liberazione e l’Unità della Resistenza

Il sentimento antifascista nacque contestualmente all’instaurazione del regime sia sul fronte interno con piccoli gruppi costretti alla clandestinità sia sul fronte esterno: molti esponenti della classe politica, quando compresero il tradimento della monarchia,  si rifugiarono oltrefrontiera. In particolare, a Parigi nacquero i primi movimenti antifascisti: si pensi alla “Concentrazione antifascista” o al movimento “Giustizia e Libertà” che avanzava programmi di democrazia e di giustizia sociale[6]. Nel resto della popolazione, il regime divenne impopolare con le sconfitte in guerra: le condizioni di vita giunsero al limite della sopportabilità, facendo fiorire tra gli italiani un sentimento di rivalsa.  Nel marzo del 1943 iniziarono gli scioperi nelle officine Fiat di Mirafiori e si propagarono giungendo, nell’aprile, a Milano: era solo l’inizio di quella che sarà la “Liberazione”. Fu, tuttavia, necessario lo sbarco degli Alleati (9 luglio) a far precipitare la situazione: il 25 luglio 1943[7] venne decretata la fine del regime – formalmente per voto del Gran Consiglio[8] – cui è seguita la nomina di Pietro Badoglio da parte del Re[9]. Fu il Gran Consiglio ad investire il re del compito di traghettare il Paese fuori dalla crisi, e lo fece tramite l’art. 5 dello Statuto Albertino[10] (ancora in vigore). Così, si fece appello alla Corona affinché ripristinasse la legalità costituzionale. Nonostante l’“entusiasmo indescrivibile[11] degli Italiani, la guerra continuò. Il Governo Badoglio, pur dichiarando sciolto il Partito fascista, annunciò il proseguimento della guerra. La censura politica proseguì e la Milizia fascista venne incorporata nell’esercito regio[12].

La guerra continuerà sino all’armistizio di Cassabile (3 settembre) [13], quando gli Alleati, essendosi oramai impadroniti di tutta la Sicilia, giunsero in Calabria. La situazione precipitò: lo Stato fascista cadde e il re abbandonò Roma. L’Italia era lacerata e divisa: il “Regno del Sud” che dichiarò guerra alla Germania, mentre al Nord Mussolini ricostruiva lo Stato Fascista Repubblica di Salò[14]. Fu allora che esercito e popolo si unirono in un’unica lotta: quella della Resistenza.  Il 9 settembre nacque il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) [15] che dirigerà la lotta per la Liberazione: si prefiggeva, difatti, lo scopo di “chiamare gli italiani alla resistenza” e “riconquistare all’Italia il posto che le compete nel consesso delle libere Nazioni”[16].

Il 25 aprile 1945, il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (Clnai)[17] assunse il potere “in nome del popolo italiano e quale delegato del Governo Italiano”, ed ordinò via radio l’insurrezione generale di tutti i territori occupati dai nazisti e dai fascisti: celebre l’annuncio di Sandro Pertini “Arrendersi o perire”[18]. Furono organizzati scioperi nelle officine Fiat a Torino e a Milano: lo stesso giorno, da queste città, iniziò la ritirata dei soldati nazisti e fascisti.

La Liberazione dal regime fascista avvenne attraverso una duplice legittimazione: politica (risultante dai rapporti di forza) e giuridica (attraverso il d.lgs.lgt. 151/1944)[19]. Essa consta di due fasi interconnesse: la delegittimazione della Corona e l’autolegittimazione dell’unità antifascista.

  • De-Legittimazione della Corona: la Corona, in una veste istituzionale anomala e nuova (la luogotenenza generale del Regno) è, al tempo stesso, elemento istituzionale di continuità statuale e di discontinuità della forma di Stato. Continuità in quanto “traghetta” lo Stato dal Regime alle mani della Resistenza; discontinuità in quanto rinuncia preliminarmente alla continuità del “Regno” (l’art. 1 del d.lgs.lgt. 151/1944 prevede che sarà il popolo a scegliere la forma istituzionale).
  • Autolegittimazione dell’unità antifascista: la Resistenza che confluì nel CLN costituiva “l’elementare substrato ideologico”[20] dell’unità antifascista. Quest’autolegittimazione è, quella che Massimo Luciani ha definito la “legittimazione sostanziale[21] dei padri fondatori, è la forza del potere costituente.

Dopo aver “traghettato” lo Stato nelle mani della Resistenza, il re fuggì: permettendo, in questo modo, la continuità dello Stato.  É questo il  momento in cui i due momenti (delegittimazione e autolegittimazione) si saldano.  Ora è la Resistenza al fascismo che si fa continuità perché si autolegittima “Assemblea costituente” e poi, costituisce lo Stato stesso. Difatti, a guerra terminata, furono gli stessi partiti che avevano guidato l’Italia verso la Liberazione a prendere parte all’Assemblea costituente: la Costituzione generata da queste forze sociali non poteva non essere antifascista ed eretta sui valori di democrazia, di libertà ed essere dotata degli anticorpi necessari a respingere il ritorno ad un regime totalitario. Il popolo, nel segno dell’Unità, si ricompone nella Costituzione e, in nome della Libertà, ripudia la guerra.

Nel segno dell’Unità: la Costituzione è il risultato della sintesi delle forze politiche della Resistenza. Il neonato Stato Repubblicano si fa sintesi, si ricompone al proprio interno  (si pensi, ad esempio, all’Amnistia Togliatti)[22].

Nel nome della Libertà: il popolo si è ricomposto in nome della Libertà contro ogni sovrano. Si fa “sovrano” per non avere più un sovrano, per essere libero. Ma quel popolo, che aveva conosciuto l’orrore dell’oppressione, decide di dare un limite a quella stessa sovranità che ora gli appartiene (ex. art. 1 Cost. co. 2:  “la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione).

Ripudia la guerra: quel popolo, che aveva conosciuto l’orrore della guerra,  la ripudia nel nome della libertà degli altri popoli (ex. art. 11 Cost. co.1“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”) e la ripudia per se stesso: scegliendo la “ricomposizione” costituzionale.

La libertà del popolo, per il popolo e per gli altri popoli.  Questa è la Festa della Liberazione.

 

 3. Il fascismo e lo Stato d’eccezione

La Festa della Liberazione assume un’importanza simbolica contro il regime fascista, che aveva conquistato il potere con la forza, negando prima – di fatto- i diritti politici (le libere elezioni), poi quelli umani (leggi razziali) [23],  attraverso lo svuotamento delle prerogative del Parlamento (leggi fascistissime)[24].

Lo Statuto Albertino permise a Benito Mussolini di avocare “pieni poteri” attraverso una legge ordinaria[25] concernente la delegazione di pieni poteri al Governo del re per il riordinamento del sistema tributario e della pubblica amministrazione. Lo Statuto albertino era sì, difatti, una costituzione scritta, ma flessibile (e ottriata): garantiva il principio di legalità, non il contenuto delle leggi[26]. Una legalità formale: a Costituzione invariata veniva proclamato lo “stato d’eccezione” e, de facto, lo stato liberale [27] divenne  fascista[28]. Lo stesso avvenne in Germania, ove  Adolf Hitler fece leva sull’articolo 48 della Costituzione di Weimar[29]: una ferita ancora più grave, se si pensa che, quella di Weimar, era una Repubblica. Anche in questo caso lo Stato d’eccezione permise la trasformazione dello Stato. Trasformazioni chiamate “rivoluzioni”: ma la rivoluzione è un movimento che ha origine dal popolo (dal “basso”)  per stravolgere il potere costituito formando un nuovo patto sociale. Il nazismo e il fascismo non erano rivoluzioni (dal basso), ma veri e propri “colpi di stato” (dall’alto), scanditi dal progressivo svuotamento dei diritti liberali[30]  e dallo stravolgimento dell’ordinamento costituzionale che consentì ai partiti (fascista e nazionalsocialista) di prendere il potere.

In Italia fu la legge elettorale Acerbo[31] a determinare la svolta verso la dittatura[32]: essa stravolgeva l’impianto proporzionale, creando le condizioni di base per la “legale” instaurazione del fascismo, cancellando – di fatto – il pluralismo. Nel Parlamento, dopo le elezioni del 6 aprile 1924, il fascismo aveva la maggioranza e Giacomo Matteotti, segretario del nuovo Partito socialista unitario, che con vigore tenne un discorso in Parlamento contro l’illegalità delle elezioni, venne ucciso[33].

Per le forze della Resistenza ancorare la forma di stato democratica alla Costituzione fu l’obiettivo delle Costituzioni nate sulle ceneri della Seconda Guerra Mondiale[34]. Oggi tutto questo non sarebbe possibile perché allo stato d’eccezione viene dato un limite temporaneo, previsto o nella stessa Costituzione (Germania), o in legge ordinaria (Italia).  Lo Stato d’emergenza (che non è lo Stato di guerra) è disciplinato con limiti temporali e contenutistici[35]. Per evitare che in Italia fosse possibile un nuovo colpo di Stato a costituzione invariata, la Costituzione è stata dotata di “rigidità” e l’intera Costituzione è strutturata in un sistema di pesi e contrappesi, che la tengono in equilibrio (si pensi, ad esempio, alle “garanzie costituzionali”, la cui funzione è presidiare la Costituzione contro il potere delle maggioranze politiche contingenti).

 

4. La Costituzione antifascista (non afascista)

L’Italia Repubblicana si è eretta sulla sintesi di un sentimento comune: l’anti-fascismo. A futura memoria della lotta in nome della libertà contro il regime fascista, è stata elaborata la XII disposizione transitoria e finale: “È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. In deroga all’articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dall’entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista”.

L’interpretazione  di tale disposizione  è stata molto discussa. Nei lavori dell’Assemblea costituente fu Aldo Moro a proporre il lemma “anti-fascista” contro il monarchico Roberto Lucifero che, invece, proponeva il lemma “a-fascismo[36]. Queste, le parole di Aldo Moro:  “Non possiamo in questo senso fare una Costituzione afascista, cioè non possiamo prescindere da quello che è stato nel nostro Paese un movimento storico di importanza grandissima, il quale nella sua negatività ha travolto per anni le coscienze e le istituzioni. Non possiamo dimenticare quello che è stato, perché questa Costituzione oggi emerge da quella resistenza, da quella lotta, da quella negazione, per le quali ci siamo trovati insieme sul fronte della resistenza e della guerra rivoluzionaria ed ora ci troviamo insieme per questo impegno di affermazione dei valori supremi della dignità umana e della vita sociale”[37].

La differenza tra l’“alfa privativo” dell’a-fascismo e la preposizione “anti-” è la differenza che scorre tra la mera assenza e la dura opposizione: l’opposizione che evoca la Resistenza, la lotta per la Liberazione.  In Costituente si discusse anche sulla reale portata del divieto: avrebbe avuto ad oggetto qualsiasi forma di partito “fascistizzante” o “soltanto” la particolare esperienza storica che il fascismo aveva avuto nel nostro Paese? Fu Palmiro Togliatti a precisare che le parole “disciolto partito fascista” lo legano ad un’esperienza storica concreta, non ad un “concetto puro”.  Ad attuare tale disposizione è stata la Legge Scelba[38] con l’introduzione del reato di “apologia di fascismo”. Nel tempo, si è pensato che tale legge fosse incostituzionale (per violazione dell’art. 21 Cost.) ma la Consulta, chiamata a pronunciarsi su tale questione, ha negato tale violazione, precisando  che il reato si configura allorquando l’apologia non consista in una mera “difesa elogiativa” ma in una “esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista”[39].

A più riprese tale legge è stata definita anacronistica: ma la Corte di  Cassazione, rifiutandosi di adire la Corte costituzionale per la presunta violazione degli art. 3, 21, 117 -in relazione all’art. 10 CEDU- ha precisato che “l’esigenza di tutela delle istituzioni democratiche non risulta, infatti, erosa dal decorso del tempo”[40].

La giurisprudenza, quindi, sembra optare per la “democrazia militante” [41] volta a prevenire l’abuso del diritto: non si può, in nome della libertà di pensiero – tutelata dalla Costituzione-, eliminare un reato che è stato posto a strenua difesa della libertà, contro il fascismo  – che tali libertà non consentirebbe- . Ebbene, se la riorganizzazione del “disciolto partito fascista” continua a costituire un reato per lo Stato Repubblicano, come si difende lo Stato da eventuali forme di fascismo diverse da quello avutosi storicamente? Il fascismo è, difatti, un’ideologia sempre pronta a riemergere sotto nuove forme[42]. Umberto Eco[43] definì il concetto “puro” di Fascismo “Ur- Fascismo” [44]: un’ideologia sempre pronta a riemergere, sotto nuove forme. Ebbene, in questo caso non si fa riferimento alla disposizione ma all’intera Costituzione: è l’intera architettura costituzionale ad essere antifascista. La Costituzione, generata dall’antifascismo, si fonda su valori antifascisti. Il fascismo, prendendo il potere dall’alto, aveva negato le libertà, il pluralismo, l’uguaglianza.  L’Italia è ora una Repubblica democratica, legittimata dal popolo, fondata sulla libertà, sul pluralismo, sull’uguaglianza. La Repubblica è sintesi delle diverse forze pluraliste, nata dalla “Liberazione”, in nome della libertà del popolo italiano e contro la guerra “per la libertà degli altri popoli”.

A conclusione, si vuole qui riportare un passo, tratto dal “Fascismo eterno” di Umberto Eco, quale esemplare testimonianza della “Liberazione”. Egli ci racconta quando, il 27 luglio del 1953, andando a comprare il giornale, si rese conto della “libertà”: “Andai al chiosco più vicino e vidi che i giornali c’erano, ma i nomi erano diversi. Inoltre, dopo una breve occhiata ai titoli, mi resi conto che ogni giornale diceva cose diverse. [..] Fino a quel momento avevo creduto che vi fosse un solo partito in ogni paese, e che in Italia ci fosse il partito nazionale fascista. Stavo scoprendo che nel mio paese ci potevano essere diversi partiti allo stesso tempo [..]. Il messaggio celebrava la fine della dittatura e il ritorno della libertà: libertà di parola, di stampa, dissociazione politica. Queste parole, “libertà” e “dittatura”- Dio mio- era la prima volta in vita mia che le leggevo. In virtù di queste nuove parole ero rinato uomo libero occidentale”[45].

Questo, il monito della Festa della Liberazione:  “Libertà e liberazione sono un compito che non finisce mai. Che sia questo il nostro motto « Non dimenticate»”[46].

 

 

[1] Il generale Albert Kesselring fu il fedelmaresciallo tedesco cui era stata affidata la repressione partigiana. Fu processato e condannato a morte dagli Alleati per “crimini di guerra”, la pena venne poi commutata in ergastolo. Fu, tuttavia, liberato nel 1952 per motivi di salute. Dichiarò pubblicamente che gli italiani avrebbero dovuto dedicargli un “monumento” per il suo operato sul suolo italiano: fu allora che Piero Calamandrei scrisse il componimento “Lapide ad ignominia”.   Questi versi vengono spesso ricordati nelle celebrazioni della Festa della Liberazione: “il monumento” – cui Calamandrei fa riferimento- è la Costituzione (“il patto tra uomini liberi” ) che la Resistenza ha edificato sulla “dignità”, non sull’ “odio“.

[2] A. Desideri, M. Themelly, Storia e Storiografia (Il novecento, II tomo), Casa editrice G. D’Anna, Messina- Firenze, 1997, p.  870 ss. Non  tutti i Paesi d’Europa festeggiano la “liberazione”:  non è, quindi, scontato che una Festa della Liberazione vi sia.  Per curiosità, si ricorda che il 5 Maggio è la Festa della Liberazione in Danimarca e Olanda, l’8 Maggio è la festa della Liberazione in Francia ( la quale coincide con la Festa della liberazione “per eccellenza”, ossia la fine della Seconda Guerra Mondiale – la c.d. “Victory in Europe Day“).

[3] La situazione politica era gravida di tensioni che, ricompose – momentaneamente- Palmiro Togliatti nella “Svolta di Salerno” 27 marzo 1944. Pombeni, La questione costituzionale in Italia, il Mulino, Bologna, 2016, p. 83.

[4]  Questo articolo, celebrativo della Festa della Liberazione, è complementare all’articolo celebrativo della Festa della Repubblica cui si rinvia, su questa rivista a F. Cerquozzi, L’ identità della Repubblica, i simboli e la Festa del 2 giugno, 2/06/2020, disponibile qui: L’identità della Repubblica, i simboli e la Festa del 2 giugno – Ius in itinere.

[5] L’omaggio al Milite Ignoto non è un simbolo che ricorre soltanto nella Festa della Liberazione, è presente anche nella Festa della Repubblica, in quanto simbolo dei caduti in guerra per salvare la patria (eretto a fine della Prima Guerra Mondiale).

[6] A. Desideri, M. Themelly, op. cit.,1997, p. 665.

[7] M. Villone, L’alba della Repubblica, in Il tempo della Costituzione, Manuale online, Napoli, 2008, disponibile qui:  Villone-Alba-della-Repubblica-x-ASTRID.pdf (astrid-online.it), (ultima consultazione 24/04/2021).

[8] Come poteva il Gran Consiglio del Fascismo, organo consultivo, avere il potere di far cadere Mussolini (da cui dipendeva)? È la forza del “potere costituente”: sul punto, si veda: M. Villone, op. cit., 2006, p. 3.

[9] La monarchia, con questa operazione, cercava di separare le sorti della monarchia da quelle del fascismo, per questo, per revocare l’incarico al governo a Mussolini, chiese il pronunciamento di un organo costituzionale: il Gran Consiglio del Fascismo. D. Gallo, op. cit., p. 95 ss.

[10]Ex art. 5 dello Statuto Albertino: “Il Re solo appartiene il potere esecutivo. Egli è il Capo Supremo dello Stato: comanda tutte le forze di terra e di mare: dichiara la guerra: fa i trattati di pace, d’alleanza, di commercio ed altri, dandone notizia alle Camere tosto che l’interesse e la sicurezza dello Stato il permettano, ed unendovi le comunicazioni opportune. I trattati che importassero un onere alle finanze, o variazione di territorio dello Stato, non avranno effetto se non dopo ottenuto l’assenso delle Camere”. Lo Statuto Albertino è consultabile qui: STATUTO (unito.it) (ultima consultazione 24/04/2021).

[11] A. Desideri, M. Themelly, op. cit., 1997, p. 866.

[12] A. Desideri, M. Themelly, op. cit, 1997, p. 867.

[13] L’Armistizio di Cassabile con il quale l’Italia firmò la resa incondizionata agli Alleati, fu firmato il 3 settembre 1943 e reso noto soltanto l’8 settembre.

[14] La Repubblica di Salò fu uno “Stato fantoccio”, voluto dalla Germania nazista e guidato da Benito Mussolini, esistito tra settembre del 1943 e aprile del 1945.

[15] Il CLN era un’organizzazione politica e militare, interpartitica, con lo scopo di opporsi al fascismo e all’occupazione nazista in Italia.

[16] F. Sessi, Comitato di liberazione nazionale, Comitato centrale di liberazione nazionale, in E. Collotti, R. Sandri, F. Sessi, Dizionario della Resistenza, Torino, Einaudi, 2006, p. 414.

[17] Il comando del Clnai aveva sede a Milano ed era presieduto da Luigi Longo, Sandro Pertini, Alfredo Pizzoni, Emilio Sereni e Leo Valiani.

[18] Sandro Pertini, su “Radio Milano Libera”, annunciò: “Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire”.

[19] Al cui art. 1 stabiliva: “Dopo la liberazione del territorio nazionale, le forme istituzionali saranno scelte dal popolo italiano che a tal fine eleggerà, a suffragio universale diretto e segreto, una Assemblea costituente per deliberare la nuova costituzione dello Stato. I modi e le procedure saranno stabiliti con successivo provvedimento”.

[20] Atti Assemblea costituente, Aldo Moro nella seduta del 13 marzo 1947.

[21] M. Luciani, Antifascismo e nascita della Costituzione, in Politica del diritto, 1991, p. 183.

[22] Palmiro Togliatti, ministro di Grazia e Giustizia del governo De Gasperi, promulgò la c.d. “Amnistia Togliatti”, un provvedimento di amnistia e di indulto per i reati comuni politici e militari avvenuti durante il periodo dell’occupazione nazifascista (Decreto presidenziale del 22 giugno 1946, n. 4).

[23] Brevemente, si ricorda qui che nel 1938 venne istituito, presso il Ministero dell’interno il Consiglio Superiore per la demografia e la razza;  vennero fissati i “Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista” (regio decreto-legge del 5 settembre 1938, n. 1390) nonché i “Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri” (regio decreto legge 7 settembre 1938, n 1381), con quest’ultimo si revocava la cittadinanza italiana concessa agli ebrei stranieri dopo il 1 gennaio 1919 e si imponeva di lasciare il territorio italiano (Sul punto, si rimanda a D. Gallo, op. cit., 2013, p 82 ss.).

[24] Con l’espressione “Leggi fascistissime” si fa riferimento ad un insieme di provvedimenti volti a riformare l’ordinamento giuridico: a titolo esemplificativo si pensi che la “funzione di indirizzo politico” venne sottratta al Parlamento ed assegnata al “Gran Consiglio del Fascismo” (D. Gallo, op. cit., 2013, p. 66- 70.

[25] Legge 3 dic. 1922 n° 1601.

[26] P. Passaglia (a cura di), Poteri emergenziali e deroghe al principio di legalità, Dossier Corte costituzionale, 2011; disponibile qui (ultima consultazione 24/04/2021): Poteri emergenziali e deroghe al principio di legalità (cortecostituzionale.it).

[27] Lo Statuto Albertino, pur essendo la costituzione di una monarchia parlamentare, in quanto costituzione flessibile, era stata oggetto di plurime revisioni in senso liberale.

[28] A. Rocco, La trasformazione dello Stato. Dallo Stato liberale allo Stato fascista, La Voce, Anonima Editrice, Roma 1927.

[29] L’art. 48 della Costituzione di Weimar consentiva  al presidente del Reich di sospendere in tutto o in parte i diritti fondamentali per ristabilire l’ordine e la sicurezza pubblica. F. Lanchester, Le costituzioni tedesche da Francoforte a Bonn, pp. 62-88, Giuffrè, Milano, 2009.

[30] La Costituzione di Weimar fu la prima costituzione a contenere al proprio interno i “diritti sociali”, diritti che non vennero mai attuati.

[31] La legge Acerbo (legge 18 novembre 1923, n. 2444) fu la legge elettorale del Regno d’Italia adottata alle elezioni politiche del 1924, voluta da Benito Mussolini per assicurare al Partito Fascista una solida maggioranza parlamentare. Venne costituito un collegio unico nazionale, ripartito in 16 circoscrizioni. Rimase fermo il voto di lista, su liste concorrenti, con possibilità per l’elettore di esprimere due o tre preferenze. Venne introdotto il premio di maggioranza, sul punto, D. Gallo ne sottolinea le similitudini con la Legge Calderoli/ Porcellum. D. Gallo, op. cit., p. 61 ss.

[32] D. Gallo, ibid.

[33] D. Gallo, op. cit., p. 63 ss.

[34] A. Cerri, Giustizia costituzionale, in Enc. giur., 2007, p. 5: “Non si tratta, dunque, di negare la illegittimità dell’avvento di certi regimi, ma di osservare come questa illegittimità finì con l’essere coperta dal rispetto formale di alcune norme costituzionali «ultime»”.

[35] Ho trattato la questione dello Stato d’emergenza su questa rivista, cui si rimanda: “Stato d’emergenza e Costituzione”, Ius in itinere, 23/02/2020; disponibile qui: “Stato d’emergenza” e Costituzione – Ius in itinere.

[36] G. E. Vigevani, Origini e attualità del dibattito sulla XII disposizione finale della Costituzione: i limiti della tutela della democrazia, in Rivista di diritto dei media n. 1/2019, disponibile qui: paper1_vigevani.pdf (astrid-online.it), (ultima consultazione 24/04/2021).

[37] Atti Assemblea costituente, Aldo Moro nella seduta del 13 marzo 1947.

[38] Legge del 20 giugno 1952, n. 645.

[39] Sentenza Corte costituzionale n. 74/1958, disponibile qui): Corte costituzionale – Decisioni (ultima consultazione 24/04/2021).

[40] Sentenza della Corte di Cassazione n. 37577 del 2014. Per un commento alla sentenza, si rimanda a: A. Longo, I simboli ( del Fascismo) e il tempo (della Costituzione): pochi spunti suggeriti della sentenza della Corte di Cassazione n. 37577 del 2014, in Osservatorio Costituzionale, dicembre 2014; disponibile qui): Longo 12. 2014 37577_.pdf (osservatorioaic.it) (ultima consultazione 24/04/2021).

[41]  L’espressione “Democrazia militante” è di K. Loewenstein, Militant Democracy and Fundamental Rights, in American Political Science Review, 1937, (spec. pp. 417 ss.).

[42]Ad esempio, L. Canfora, evidenzia una “nuova forma di fascismo: il fascismo bianco o finanziario”. Sul punto, si veda: L. Canfora, La scopa di Don Abbondio. Il moto violento della storia, Laterza, Bari – Roma, 2018, p. 97; G. Tremonti, Uscita di sicurezza, Rizzoli, Milano, 2012, pp. 81-83. 119-120.

[43] U. Eco, Il Fascismo eterno, La nave di Teseo, Milano, 2019 ( raccoglie il discorso pronunciato da Umberto Eco in occasione di un simposio organizzato presso la Columbia University nell’aprile 1995 per celebrare la Liberazione dell’Europa).

[44] U. Eco, op. cit., 2019 ha condensato in diversi punti l’Ur- Fascismo ( fascismo eterno)  tra i quali: il culto della trazione, il rifiuto del modernismo, l’appello alle classi medie frustrate, la coltivazione della paura della differenza ( etc.);  contro il metodo utilizzato da U. Eco per elaborare le categorie del fascismo eterno (l’analogia), si veda E. Gentile:  “La pratica dell’analogia è molto diffusa nelle attuali denunce sul ritorno del fascismo, con un uso pubblico della storia in cui prevale la tendenza a sostituire alla storiografia – una conoscenza critica scientificamente elaborata – una sorta di “astoriologia”, come possiamo chiamarla, dove il passato storico viene continuamente adattato ai desideri, alle speranze, alle paure attuali”. E. Gentile, Chi è fascista, Laterza, 2019, pp. 6-7.

[45] U. Eco, op. cit., p. 48- 49.

[46] U. Eco, op. cit., p. 50.

Flaviana Cerquozzi

Laureata in Giurisprudenza presso l'Università La Sapienza di Roma nel 2023, con una tesi in diritto costituzionale, dal titolo   "La teoria dei controlimiti: la tutela della democrazia sostanziale ad extra", relatore Prof. Gaetano Azzariti, correlatore Prof. Alessandro Somma. E' specializzata in giustizia costituzionale presso l'Università di Pisa, autrice di numerosi articoli divulgativi e scientifici di Diritto Costituzionale. Attualmente svolge la pratica forense presso il Foro di Roma ed è Responsabile diritto costituzionale presso questa rivista. Da luglio 2023 cura la rubrica "DI ROBUSTA COSTITUZIONE" presso Ius in Itinere, che di seguito viene illustrata:

"La nuova rubrica di Ius in Itinere nasce dall’esigenza di riservarsi un momento di critica riflessione sui principi fondativi della nostra convivenza.
Lungi dall'essere "carta morta", gli insegnamenti costituzionali sono sempre vivi: la loro continua divulgazione ed attualizzazione -che questo spazio promuove- ne "irrobustirà" la necessaria conoscenza".
flaviana.cerquozzi@iusinitinere.it

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