giovedì, Marzo 28, 2024
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La gestione collettiva del risparmio

Il Testo Unico della Finanza (d.lgs. 58/1998, all’art. 1 comma 1 lett. n) definisce la gestione collettiva del risparmio come “il servizio che si realizza attraverso la gestione di OICR e dei relativi rischi”.

La definizione del testo unico quindi rinvia alla definizione di OICR (organismo di investimento collettivo del risparmio) data dall’art. 1 comma 1 lett. k)  per il quale risulta essere “l’organismo istituito per la prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio, il cui patrimonio è raccolto tra una pluralità di investitori mediante l’emissione e l’offerta di quote o azioni, gestito in monte nell’interesse degli investitori e in autonomia dai medesimi nonché investito in strumenti finanziari, crediti, inclusi quelli erogati, a favore di soggetti diversi da consumatori, a valere sul patrimonio dell’OICR, partecipazioni o altri beni mobili o immobili, in base a una politica di investimento predeterminata”.

Da quest’ultima definizione risultano gli elementi caratterizzanti la gestione collettiva del risparmio, quali:

  1. il patrimonio raccolto tra una pluralità di investitori;
  2. la gestione in monte nell’interesse degli investitori e in autonomia;
  3. la politica di investimento predeterminata.

Partendo dal punto 1. la raccolta del patrimonio tra una pluralità di investitori non implica necessariamente una dimensione “pubblica” della raccolta, riferita cioè indistintamente ad una pluralità di operatori, in quanto può riferirsi anche a collettività limitate di destinatari.

La caratteristica essenziale rilevante è la capacità strutturale del servizio a rivolgersi ad una pluralità di soggetti.

Per assurdo anche se ci fosse un solo investitore potremmo continuare a parlare di gestione collettiva, nel caso in cui la struttura organizzativa dello schema di investimento sia idonea comunque a coinvolgere una pluralità di investitori.

In merito al punto 2. la gestione in monte nell’interesse degli investitori e in autonomia indica un tipo di gestione non personalizzata e indipendente rispetto al singolo investitore. Non è presente alcun rapporto personalizzato tra gestore e investitore, quest’ultimo non può in nessun modo interferire con l’attività gestoria, se non con il potere di voto in assemblea in caso di fondi con natura societaria. “Il gestore persegue un programma predefinito e standardizzato al quale l’investitore partecipa (aderendo all’OICR), ma che prescinde da sue indicazioni o istruzioni specifiche”[1].

A riguardo della politica di investimento predeterminata va notato che la politica di investimento riguarda gli indirizzi e i limiti seguiti nella scelta delle attività oggetto di investimento. Le indicazioni concernenti la politica di investimento devono formare un quadro coerente in modo da far emergere con chiarezza il profilo di rischio-rendimento atteso del fondo. La società di gestione del risparmio indica nel regolamento almeno:

– le aree geografiche/mercati, le categorie di emittenti, i settori merceologici, le tipologie di imprese e la valuta di denominazione degli strumenti finanziari o dei beni;

– la composizione del portafoglio in termini di pesi massimi delle singole componenti, indicando la percentuale massima rispetto all’attivo che dette componenti possono raggiungere;

– se e con quale finalità il fondo intende operare in strumenti finanziari derivati, l’incidenza di tali strumenti sui rischi del fondo, tenendo anche conto degli impegni impliciti nella componente derivativa dei titoli strutturati nonché l’intenzione di utilizzare strumenti finanziari derivati per assumere posizioni corte nette;

– lo stile di gestione e le tecniche di investimento;

– ogni altro fattore rilevante nella definizione degli investimenti;

– gli eventuali vincoli di selezione degli investimenti sulla base di criteri etici o di finanza sostenibile;

– nel caso di “fondi a capitale protetto” o di “fondi garantiti”, le caratteristiche del prodotto e i termini della “protezione del capitale” o della “garanzia”;

– se rilevante, il livello massimo di leva finanziaria che l’OICR può assumere in rapporto al valore complessivo netto e le modalità con le quali tale leva è creata.

Il regolamento indica se il gestore può assumere, in relazione a specifiche situazioni congiunturali, scelte, anche diverse da quelle ordinariamente previste, volte a tutelare l’interesse dei partecipanti.[2]

Data la definizione possiamo ora vedere brevemente le categorie esistenti di organismi di investimento collettivo del risparmio.

L’OICR aperto permette ai partecipanti il diritto di chiedere il rimborso delle quote o delle azioni a valere sul patrimonio dello stesso, secondo le modalità e con la frequenza previste dal regolamento, dallo statuto e dalla documentazione d’offerta dell’OICR[3]; gli OICR chiusi sono invece definiti negativamente come tutti quegli organismi di investimento collettivo del risparmio che non sono aperti.

A causa della possibilità di rimborso delle quote o delle azioni dell’OICR aperto il patrimonio di questo risulterà, tendenzialmente, variabile nel tempo a differenza dell’OICR chiuso; questo si riflette necessariamente anche sulla politica di investimento dei due fondi: in quello aperto di privilegeranno investimenti caratterizzati da una spiccata liquidità e da un periodo di investimento a medio lungo termine, dovendo essere prontamente disponibili; in quelli chiusi invece non sono necessarie queste accortezze nella scelta degli investimenti.

Gli OICR hanno una forma contrattuale quando costituiti da un fondo comune, cioè “l’OICR costituito in forma di patrimonio autonomo, suddiviso in quote, istituito e gestito da un gestore” (art. 1, comma 1, lettera j, TUF).  Un OICR contrattuale è quindi un patrimonio separato[4], privo di personalità giuridica. In questi fondi comuni il rapporto che si rileva è tra investitore e SGR (società di gestione del risparmio, unico soggetto abilitato dall’ordinamento alla istituzione dei fondi contrattuali).

Oltre agli OICR in forma contrattuale nell’ordinamento italiano sono presenti anche OICR in forma societaria quali le società di investimento a capitale variabile (SICAV) e società di investimento a capitale fisso (SICAF).

Una SICAV è “l’OICR aperto costituito in forma di società per azioni a capitale variabile con sede legale e direzione generale in Italia avente per oggetto esclusivo l’investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante l’offerta di proprie azioni”[5]. L’investitore risulta quindi essere un’azionista e attraverso il voto può incidere sull’attività gestoria. Ad oggi in Italia abbiamo soltanto importato SICAV di diritto estero perché nessuna SICAV di diritto italiano risulta operante.

Una SICAF invece è “l’OICR chiuso costituito in forma di società per azioni a capitale fisso con sede legale e direzione generale in Italia avente per oggetto esclusivo l’investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante l’offerta di proprie azioni e di altri strumenti finanziari partecipativi”[6]. Principale differenza con le SICAV è quindi la tipologia di OICR, che è chiuso nelle SICAF.

Nella prestazione dei servizi di gestione collettiva si applicano specifiche regole di condotta, aventi i medesimi obiettivi della disciplina dei servizi di investimento. I gestori devono quindi operare correttamente, diligentemente e in modo trasparente assicurando la tutela dell’investitore e l’integrità del mercato.

[1] Filippo Annunziata, la disciplina del mercato mobiliare, non edizione, Giappichelli Editore, p. 214 (2017)

[2] Provvedimento della Banca d’Italia del 19 gennaio 2015 Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio, V.1.6.

[3] TUF art, 1 comma 1 lett. k-bis)

[4] Per approfondire il tema dei patrimoni separati: Giuseppina Capaldo, Patrimoni separati, Giuffrè Editore (2011)

[5] TUF art, 1 comma 1 lett. i)

[6] TUF art, 1 comma 1 lett. i-bis)

Riccardo Caramini

Riccardo Caramini nasce a Roma nel 1993. Dopo la laurea in Scienze Aziendali nel 2015 presso La Sapienza di Roma e il diploma in conservatorio nel 2016, nel 2018 si laurea con lode in finanza ed assicurazioni presso La Sapienza di Roma, specializzandosi nel comparto assicurativo. Dal 2018 ha deciso di collaborare con Ius in Itinere perché, citando Seneca nelle Epistulae ad Lucilium, «… nessuna cosa mi darà letizia, benché straordinaria e vantaggiosa, se la dovrò sapere unicamente per me. Se la sapienza mi fosse donata con questa clausola, affinché la tenga chiusa e non la diffonda, rinuncerei ...»

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