Le leggi dello spazio e una potenziale conquista di Marte
Diritto internazionale aereospaziale
Andrew Gallagher Haley, rinomato giurista americano ritenuto unanimemente il padre fondatore dello space law, nel 1959 scriveva: “law must precede man into space” vale a dire “la legge deve precedere l’uomo nella conquista dello spazio” [1]. Gallagher coniò anche il termine “metalaw”, che può essere definito come “the entire sum of legal rules regulating relationships between different races in the universe” (l’intera somma delle norme giuridiche che regolano il rapporto tra diverse razze nell’universo). Una prospettiva affascinante del diritto, inteso come un linguaggio universale capace di regolare il dialogo con razze diverse nell’universo. Erano tempi diversi: era l’alba della guerra fredda e della conquista dello spazio da parte degli USA e dell’URSS, sembrava che gli uomini non si sarebbero più fermati, ben presto saremmo arrivati sulla Luna e, in un futuro prossimo, magari su Marte. Nel 1957 il lancio dello Sputnik iniziò a far sorgere interrogativi sulla natura giuridica degli space objects. La necessità di risolvere questi dubbi portò alla creazione, in seno alle Nazioni Unite, nel 1958, del COPUOS [2] (Committee on the Peaceful Uses of Outer Space) e dell’UNOOSA [3] (United Nations Office for Outer Space Affairs) il cui lavoro tra la fine degli anni sessanta e la fine degli anni settanta confluì nell’elaborazione di una serie di trattati che, ancor oggi, costituiscono la base giuridica dello space international law.
Outer Space Treaty
L’Outer Space Treaty [4], adottato il 27 Gennaio 1967 – due anni prima della “conquista americana” della Luna – costituisce ancora oggi la base del diritto aerospaziale internazionale. Fu firmato inizialmente solo da Gran Bretagna, USA e URSS, mentre oggi sono 107 i paesi ad aver ratificato il trattato, tra cui la Repubblica Popolare Cinese. Tale ratifica è di rilevante importanza perché significa che le principali protagoniste della conquista dello spazio (Russia, USA e RPC) sono riuscite a trovare una comunione di intenti in questo trattato.
Il testo è composto da 17 articoli che delineano i principi di fondo cui gli stati devono ispirarsi nell’esplorazione e nell’utilizzazione dello spazio extra-atmosferico, compresi la luna e gli altri corpi celesti. Il corpo celeste può essere definito come “un’entità fisica naturale presente nell’universo osservabile” mentre lo spazio extra-atmosferico può essere definito come “lo spazio delimitato dalla linea di Karman che si trova, convenzionalmente a 100 km dal livello del mare”. L’art. 2 del trattato enuncia il principio, in merito, più importante, in base al quale “lo spazio extra-atmosferico, compresi la luna e gli altri corpi celesti, non è soggetto ad appropriazione da parte degli Stati, né sotto pretesa di sovranità, né per utilizzazione od occupazione, né per qualsiasi altro mezzo possibile”.
Ciò significa che nessuna pretesa di sovranità può essere esercitata su territorio extraterrestre, anche se è solo uno stato ad aver finanziato e diretto le modalità di occupazione di tali spazi.
Dunque, per esempio, il fatto che durante l’allunaggio sia stata impiantata una bandiera americana non ha alcun significato legale: gli USA, pur avendo finanziato totalmente il progetto, non possono vantare alcuna pretesa di sovranità sul suolo lunare. Lo stesso discorso varrà quando, in futuro, l’uomo arriverà su Marte.
L’unica forma di sovranità potrà essere esercitata sul mezzo di trasporto che trasferirà l’uomo nello spazio extraterrestre o sul suo “campo base”. In particolare, la Registration Convention [5] adottata dall’Assemblea Generale delle NU nel 1974 e ratificata al 2017 da 64 stati, stabilisce che ogni oggetto spedito nello spazio extraterrestre deve essere registrato in un particolare albo tenuto dal COPUOS. Lo stato può esercitare una forma di sovranità e giurisdizione sull’oggetto registrato in tal modo.
Da questo punto di vista, la ISS [6] (International Space Station) costituisce un interessante caso giuridico, in quanto composta da vari moduli forniti da altrettanti paesi diversi. Dunque lo stato che ha fornito quel determinato modulo può esercitare la propria sovranità e giurisdizione? La risposta è sostanzialmente positiva. E’ da sottolineare, infatti, che questa particolare forma di cooperazione internazionale (da cui è, tuttavia, esclusa la RPC) è sottoposta ad uno speciale accordo intergovernativo (IGA International Space Station Intergovernmental Agreement [7]) che riprende il concetto espresso dalla Registration Convention, arricchendolo di disposizioni volte a garantire la corretta cooperazione tra gli stati (l’UE è considerato come uno stato unitario) sulla ISS.
Ritornando al contenuto dell’Outer Space Traty, occorre sottolineare che “gli Stati contraenti considerano i cosmonauti come ambasciatori del genere umano nello spazio extra-atmosferico e forniscono loro tutta la assistenza possibile in caso di incidenti” (art. 5) e che “sui corpi celesti sono vietati l’insediamento di basi e installazioni militari, l’insediamento di opere di difesa militare, gli esperimenti di qualsiasi tipo di arma e l’esecuzione di manovre militari. È lecita l’utilizzazione di personale militare a scopi di ricerca scientifica o a qualsiasi altro fine pacifico” (art. 4). Si sottolinea come queste due disposizioni, pienamente accettate sia dagli USA che dall’URSS, costituiscono un interessante punto di incontro tra le due parti nel pieno della guerra fredda. La scienza, mai come in quel caso, costituì un fondamentale punto di incontro tra gli stati.
Sulla base delle prospettive analizzate, occorre concludere che, prima ancora che scientifici, gli esperimenti devono essere giuridici; la colonizzazione di Marte, che oggi è un progetto reale e non più solo fantascienza, sarà possibile solo se, dal punto di vista del diritto internazionale, ci saranno gli strumenti giuridici adeguati.
[1] A. Haley, Space age presents immediate legal problems, edizione 1959
[2] http://www.unoosa.org/oosa/en/ourwork/copuos/index.html
[3] http://www.unoosa.org/
[4] http://www.unoosa.org/oosa/en/ourwork/spacelaw/treaties/introouterspacetreaty.html
[5] link: http://www.unoosa.org/oosa/en/ourwork/spacelaw/treaties/introregistration-convention.html
[6] La international Space Station è una stazione spaziale in orbita terrestre destinata alla ricerca scientifica. Per il legal framework : http://www.esa.int/Our_Activities/Human_Spaceflight/International_Space_Station/International_Space_Station_legal_framework
[7]
Altro approfondimento dal sito Ius in itinere, consultabile qui.
Classe 1993, laureato con lode in giurisprudenza (Federico II) in diritto dell’energia con una tesi dal nome “Europa-Cina: politiche energetiche a confronto”, frutto di un’esperienza di ricerca tesi a Shanghai (Koguan Law school). Attualmente svolge il tirocinio ex art 73 presso la Corte d’Appello di Napoli, I sezione penale.