La legge ‘spazza-corrotti’ e le nuove norme relative alla prescrizione
La legge n. 3 del 2019, c.d. spazza-corrotti, ha introdotto modifiche su alcuni aspetti della prescrizione[1], differendone l’entrata in vigore al 1° gennaio 2020. Trattandosi di norme più sfavorevoli rispetto alla disciplina previgente, la dottrina propende per l’irretroattività della legge[2]. Ciò pare infatti trovare conferma nella qualificazione della prescrizione quale istituto di diritto sostanziale da parte della Corte Costituzionale[3].
Passando al contenuto della riforma, essa modifica innanzitutto l’art. 158 cp, prevedendo la decorrenza del dies a quo della prescrizione dei reati continuati dal giorno in cui è cessata la continuazione. Viene così reintrodotta la previsione che la legge n. 251/2005 (detta ex Cirielli) aveva eliminato, superando la concezione unitaria del reato continuato.
Inoltre, per quanto riguarda la variazione del dies ad quem, si prevede che il corso della prescrizione rimanga sospeso dalla pronuncia della sentenza di primo grado o del decreto di condanna fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o dell’irrevocabilità di detto decreto. Si tratta della novità più rilevante in materia di estinzione del reato. Nota la dottrina che tale previsione doveva preferibilmente essere inserita nell’art. 158 cp, norma relativa alla decorrenza del termine di prescrizione del reato[4]. Il Legislatore ha invece scelto di prevedere un’ipotesi di sospensione del corso della prescrizione (art. 159 cp), la cui peculiarità è l’assenza di un momento in cui la prescrizione ricomincia a decorrere, essendo prevista una sospensione ‘definitiva’, fino al momento della sopravvenuta esecutività della sentenza che definisce il giudizio.
Tale determinazione legislativa prende le distanze dalla scelta operata con la riforma Orlando, che aveva previsto due casi specifici di sospensione del corso della prescrizione, per un totale massimo di tre anni. In particolare, nel regime ancora in vigore, ciascuna sospensione si estende per un lasso di tempo non superiore a un anno e sei mesi, termine che decorre dal deposito della motivazione della sentenza di condanna pronunciata in primo e/o in secondo grado.
La nuova disposizione legislativa, invece, non distingue tra sentenze di condanna e di assoluzione, ma, in breve, blocca il decorso della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, o dopo il decreto penale di condanna.
Tali trasformazioni sono state contestate dall’Unione delle Camere Penali, in relazioni a vari principi costituzionali, tra cui quello di presunzione di innocenza, dal momento che una condanna in primo grado permetterà di “considerare l’imputato – persino se assolto in primo grado – quale “eterno giudicabile”, assoggettato ad una pretesa punitiva priva di termini temporali e sostanzialmente illimitata”[5].
Si è poi osservato che la maggior parte delle prescrizioni si verifica durante le indagini preliminari[6], fase su cui la riforma non ha però avuto alcun impatto. Il rischio è quindi l’aumento del carico di lavoro nei gradi di giudizio successivi al primo, che si svolgeranno verosimilmente con minore celerità, essendo ormai bloccata la prescrizione, che non sarà più un fattore di accelerazione del vaglio giudiziario. Ciò avrà come probabile conseguenza processi la cui durata non è ragionevole, tematica particolarmente sensibile per l’Italia, con riguardo ai principi costituzionali ( art. 111 Cost.) e sovranazionali ( art. 6 CEDU).
Per concludere, pare necessario ricordare che un regime di prescrizione più severo deve essere affiancato alla previsione di adeguate risorse per l’apparato giudiziario. La prescrizione, da sola, è insufficiente per un efficace e celere accertamento delle responsabilità penali. Si tratta di un istituto caratterizzato da finalità precise, configurandosi come principio di economia dei sistemi giudiziari nazionali. Ciò è coerente anche con la natura rieducativa della pena, in quanto si ritiene che il trascorrere del tempo si accompagni a un affievolimento delle esigenze punitive dell’ordinamento. Anche sulla base di tali considerazioni, si è osservato in dottrina, le riforme penali volte all’ottenimento di risultati immediati possono nascondere criticità, se non vi è un corretto adeguamento rispetto al sistema nel suo complesso [7] .
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[1] Legge n. 3 del 2019 recante Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici.
[2] Gian Luigi Gatta, Una riforma dirompente, stop alla prescrizione del reato nei giudizi di appello e di cassazione, https://www.penalecontemporaneo.it/d/6440-una-riforma-dirompente-stop-alla-prescrizione-del-reato-nei-giudizi-di-appello-e-di-cassazione .
[3] Corte Cost. sent. n. 324/2008; Corte Cost. ord. 24/2017.
[4] Gian Luigi Gatta, cit; Parere del CSM sulla legge ‘spazza-corrotti, 19 dicembre 2018, p.10 https://www.csm.it/documents/21768/92150/parere+anticorruzione+19+dicembre+2018/056918e6-48e3-bc35-52da-c399ccb070ef
[5] Unione delle Camere Penali, Controriforma della prescrizione: l’appello dell’Accademia e dei Penalisti italiani al Presidente della Repubblica, 19 dicembre 2018, http://www.camerepenali.it/cat/9615/controriforma_della_prescrizione_lappello_dellaccademia_e_dei_penalisti_italiani_al_presidente_della_repubblica.html
[6] Parere del CSM, cit., pp. 10-11.
[7]Gaetano Insolera, La riforma giallo-verde del diritto penale: adesso tocca alla prescrizione, https://www.penalecontemporaneo.it/d/6321-la-riforma-giallo-verde-del-diritto-penale-adesso-tocca-alla-prescrizione .