lunedì, Settembre 16, 2024
Criminal & Compliance

La legge sugli schiaffi, sarà vera?

“Mazz e panell fann e figli bell” (bastone e pagnotta rendono i figli belli) dice un vecchio proverbio napoletano e pare che la Russia di Putin l’abbia preso alla lettera!

Il 7 febbraio il presidente russo ha firmato la controversa legge che prevede la depenalizzazione del reato di “percosse in famiglia” declassandolo ad un illecito amministrativo punibile con un’ammenda tra i 5mila e i 30mila rubli (80-470 euro), l’arresto da 10 a 15 giorni o 60-120 ore di servizio civile.

Il testo rimuove dal codice penale russo il reato di percosse in famiglia, l’equivalente del nostro art. 572 c.p. che prevede: “Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da due a sei anni. […]”.

In realtà non si tratta di analoghe fattispecie come potrebbe risultare a primo avviso, la fattispecie italiana prevede condotte varie, dai maltrattamenti fisici a quelli psicologici, con atti commissivi od omissivi che acquistano rilevanza penale per la loro reiterazione nel tempo. È necessario infatti, per la configurabilità del reato – lo ha ribadito la Cassazione sez. VI Penale, sentenza 13 novembre 2015 – 9 febbraio 2016, n. 5258 – che ci sia un’abitualità nella condotta, più atti collegati da un’unica intenzione criminosa di ledere l’integrità fisica o/e psichica della vittima.

Occorre che una serie di atti lesivi di diritti fondamentali della persona siano inquadrabili all’interno di una cornice unitaria caratterizzata dall’imposizione al soggetto passivo di un regime di vita oggettivamente vessatorio ed umiliante (Sez. 6, n. 45037 del 02/12/2010, dep. 22/12/2010, Rv. 249036).

Ancor più la Corte si è espressa precisando che il delitto in questione, relativamente al rapporto genitore-figlio, non si configura solo tramite l’uso di violenza fisica o psicologica ma anche venendo meno agli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione della prole previsti dall’art. 147 c.c.; una fattispecie, dunque ben diversa dal reato depenalizzato in Russia.

La legge di depenalizzazione riguarda infatti l’art. 116 del codice penale russo relativo alle percosse che non procurano danni fisici neanche lievi, atti sporadici, occasionali come schiaffi e strattonamenti all’interno del rapporto tra i coniugi stessi e figli; da qui l’espressione legge sugli schiaffi.

Non verrà più punito il marito che picchierà la moglie? O il padre che userà la violenza sui suoi figli? No, non è così!

La Duma, con la riforma in questione, ha cercato di colmare un vulnus legislativo per equiparare la condotta di un soggetto che dà uno schiaffo ad un bambino fuori casa, per questo solo multato, e la condotta di un genitore che punisce il figlio con uno scappellotto, punito con l’incarcerazione fino a due anni.

Lo stesso comportamento illecito, dunque, veniva sanzionato in maniera diversa soltanto perché commesso fuori dalle mura domestiche e da soggetti non necessariamente legati da un rapporto di parentela.

Per tutelare il delicato tema delle violenze domestiche resta in vigore – tra gli altri –  l’art. 117 del codice penale russo che determina l’insorgere di responsabilità penale in capo al soggetto che con frequenza provochi danni anche lievi, tramite percosse o simili, ai suoi familiari.

Il disegno di legge russo sembra dunque più vicino di quanto si creda alla legislazione italiana. In Italia esiste infatti il più semplice reato di percosse previsto dall’art 581 c.p. e dispone che “Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a trecentonove euro. […]”; si tratta di un reato di competenza del Giudice di Pace ai sensi del D.Lgs. 274/2000, il quale non può comminare pene detentive ma solo pecuniarie secondo modalità prestabilite.

Ebbene, la legge sugli schiaffi è vera, ma non è come tutti ve la raccontano!

Piera Di Guida

Piera Di Guida nasce a Napoli nel 1994. Ha contribuito a fondare “Ius in itinere” e collabora sin dall’inizio con la redazione di articoli. Dopo la maturità scientifica si iscrive alla facoltà di giurisprudenza Federico II di Napoli e nel 2015 diviene socia ELSA Napoli (European Law Student Association). Ha partecipato alla redazione di un volume dal titolo "Cause di esclusione dell'antigiuridicità nella teoria del reato- fondamento politico criminale e inquadramento dogmatico", trattando nello specifico "Lo stato di necessità e il rifiuto di cure sanitarie" grazie ad un progetto ELSA con la collaborazione del prof. Giuseppe Amarelli ordinario della cattedra di diritto penale parte speciale presso l'università Federico II di Napoli. Seguita dallo stesso prof. Amarelli scrive la tesi in materia di colpa medica, ed approfondisce la tematica della responsabilità professionale in generale. Consegue nel 2017 il titolo di dottore magistrale in giurisprudenza con votazione 110/110. Nell’anno 2016 ha sostenuto uno stage di 3 mesi presso lo studio legale Troyer Bagliani & associati, con sede a Milano, affiancando quotidianamente professionisti del settore e imparando a lavorare in particolare su modelli di organizzazione e gestione ex d.lgs. n. 231/01 e white collar crimes. Attualmente collabora con lo Studio Legale Avv. Alfredo Guarino, sito in Napoli. Ha svolto con esito positivo il tirocinio ex art.73, comma 1 d.l. n.69/2013 presso la Corte d'Appello di Napoli, IV Sezione penale. Nell'ottobre 2020 consegue con votazione 399/450 l'abilitazione all'esercizio della professione forense. Dal 27 gennaio 2021 è iscritta all'Albo degli Avvocati presso il Tribunale di Napoli. Un forte spirito critico e grande senso della giustizia e del dovere la contraddistinguono nella vita e nel lavoro. Email: piera.diguida@iusinitinere.it

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