mercoledì, Marzo 27, 2024
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La legittimazione a ricevere l’adempimento e il caso del pagamento al creditore apparente

legittimazione

La legittimazione a ricevere l’adempimento consiste nel potere di ricevere la prestazione con effetto estintivo del debito. Si tratta di una posizione di potere che spetta normalmente al creditore, ma può competere anche ad altri soggetti, come il rappresentante, la persona indicata dal creditore, la persona autorizzata dalla legge o dal giudice e che ha ad oggetto solo l’accettazione della prestazione e non anche la possibilità, per il soggetto legittimato, di agire per l’adempimento contro il debitore o di costituirlo in mora (facoltà che spetta solo al creditore o al suo rappresentante).

Dunque, non sempre si realizza una corrispondenza tra titolarità e legittimazione a ricevere l’adempimento. Infatti, nelle ipotesi di rappresentante, indicatario di pagamento o autorizzazione ex lege, i soggetti che ricevono il pagamento non sono titolari del credito. Ciò posto, regola generale in questo campo è che il pagamento eseguito a soggetto non legittimato è inefficace nei confronti del creditore, sicchè il debitore resterà obbligato nei suoi confronti e avrà diritto di chiedere la restituzione di quanto pagato al terzo, in quanto indebita[1].

Il pagamento al soggetto non legittimato, tuttavia, in alcuni casi, può avere efficacia liberatoria, sia in pendenza di circostanze che riguardano la sfera del creditore, sia in pendenza di circostanze che attengono alla sfera del debitore. Per ciò che concerne le circostanze riferite al creditore, si fa solitamente rinvio alla ratifica – che determina l’efficacia del pagamento alla stregua di una condizione sospensiva, non essendo il vizio della carenza di legittimazione, vizio di invalidità dell’atto, ex art. 1399 c.c. – e all’aver il creditore profittato dell’adempimento fatto al non legittimato, si badi che questa seconda ipotesi integra un mero fatto giuridico consistente nell’aver tratto un incremento economico dalla prestazione o nell’essere comunque la prestazione pervenuta nella disponibilità del creditore. Invece, per ciò che riguarda la sfera del debitore, ci si riferisce in particolare all’istituto del pagamento al creditore apparente, disciplinato dall’art. 1189 c.c. Infatti, il primo comma della riferita norma sancisce che “Il debitore che esegue il pagamento a chi appare legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche, è liberato se prova di essere stato in buona fede”.

Tale norma, evidentemente, fissa il principio dell’efficacia liberatoria del pagamento effettuato al creditore apparente, in presenza, però, di determinati presupposti, elementi che devono ricorrere congiuntamente: la buona fede e la situazione oggettiva di apparenza e, per alcuni, anche l’assenza di colpa del debitore. A riguardo, è d’uopo specificare che l’univocità delle circostanze, di cui all’art. 1189 c.c., deve essere intesa nel senso che deve trattarsi di circostanze che avrebbero indotto un soggetto di normale diligenza a ritenere effettivamente sussistente la legittimazione a ricevere. Di talché, ai fini dell’operatività della norma de qua, deve potersi enucleare un errore scusabile del debitore.

Si badi peraltro, come sottolineato da attenta dottrina, che tale norma può trovare applicazione anche nel caso in cui il debitore si serva di un ausiliario per l’adempimento, ove l’errore sulla legittimazione a ricevere il pagamento sia in capo a quest’ultimo, salvo che si provi che il debitore non sarebbe incorso in errore ove avesse effettuato personalmente il pagamento, ex art. 1189, 1 comma, c.c., venendo meno, in quest’ultimo caso, l’univocità delle circostanze, nel senso poc’anzi specificato. A ciò si aggiunga, per amor di completezza, che anche il pagamento effettuato al creditore apparente è soggetto a ripetizione, ex art. 2033 c.c., in quanto indebito soggettivo, in questo caso, però, non sarà il debitore ad agire nei confronti del creditore apparente, ma, il creditore nei confronti del legittimato apparente. Poi, sempre con riferimento all’ambito operativo dell’art. 1189 c.c, ci si è chiesti se la norma de qua possa trovare applicazione anche nel caso in cui vi sia errore sul titolo della legittimazione e non sull’identità del creditore.

A riguardo, si faccia il caso in cui l’errore investa l’esistenza di una procura che, invece, non è stata conferito o è stata revocata senza che la revoca sia stata portata a conoscenza del debitore. In riferimento a tale quaestio in dottrina non pare esservi univocità di opinioni. Infatti, per alcuni, in quest’ultimo caso non può trovare applicazione l’art. 1189 c.c., ma le norme dettate in tema di rappresentanza, l’atto, pertanto, è inefficace salvo ratifica ex art. 1399 c.c.

Diversamente, secondo altra parte della dottrina, anche in caso di rappresentante apparente può trovare applicazione l’art 1189 c.c., poiché il fenomeno dell’apparenza sarebbe espressione di un principio generale valido anche a fronte di fattispecie diverse e non sovrapponibili a quella disciplinata dall’art. 1189 c.c, ma con analoga ratio. A ciò si obietta che, melius re perpensa, le norme dettate in tema di apparenze sono eccezionali, non espressive di alcun principio generale, ma sono volte a realizzare un contemperamento di interessi in ragione degli specifici istituti cui ineriscono. In giurisprudenza, prevale l’orientamento per cui, ove l’errore riguardi la sussistenza del potere rappresentativo, affinchè possa considerarsi tutelabile la situazione di apparenza, è necessario un quid pluris, consistente nella colpa del falso rappresentate che abbia ingenerato con il suo comportamento l’affidamento incolpevole del terzo circa la situazione di apparenza. Si tratta di un criterio di collegamento considerato necessario al fine della produzione dell’effetto liberatorio del debitore nei confronti del rappresentato apparente, effettivo legittimato a ricevere l’adempimento, e della nascita dell’onere in capo a quest’ultimo di agire nei confronti del rappresentante apparente per ottenere la restituzione di quanto ricevuto indebitamente.

[1] V., art. 2033 c.c., “Indebito oggettivo”.

Elena Ficociello

Elena Ficociello nasce a Benevento il 28 luglio del 1993. Dopo aver conseguito la maturità classica presso l'istituto "P. Giannone" si iscrive alla facoltà di giurisprudenza Federico II di Napoli. Si laurea il 13 luglio del 2017, discutendo una tesi in diritto processuale civile, relativa ad una recente modifica alla legge sulla responsabilità civile dello Stato-giudice, argomento delicato e problematico che le ha dato l'opportunità di concentrarsi sui limiti dello ius dicere. A tal proposito, ha partecipato all'incontro di studio organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura presso la Corte di Appello di Roma sul tema "La responsabilità civile dei magistrati". Nell'estate del 2016, a Stasburgo, ha preso parte al master full time "Corso Robert Shuman" sulla tutela dei diritti fondamentali dell'uomo, accreditato dal Consiglio Nazionale Forense, convinta che un buon avvocato, oggi, non può ignorare gli spunti di riflessione che la giurisprudenza della Corte EDU ci offre. Adora viaggiare e già dai primi anni di liceo ha partecipato a corsi di perfezionamento della lingua inglese, prima a Londra e poi a New York, con la Greenwich viaggi. È molto felice di poter collaborare con Ius in itinere, è sicuramente una grande opportunità di crescita poter approfondire e scrivere di temi di diritto di recente interesse. Contatti: elena.ficociello@iusinitinere.it

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